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Uscire dall’euro? No, grazie

A meno di due mesi dalle elezioni europee proliferano i movimenti anti-euro, abili a sfruttare il malcontento verso un’istituzione spesso percepita come troppo distante. Ma c’è qualcosa di vero nelle loro convinzioni e qualcosa di realizzabile nei loro propositi?

Il dibattito politico in vista delle elezioni europee è condizionato dalla propaganda di alcuni schieramenti politici, che fanno dell’uscita dell’Italia dall’Euro la loro bandiera, facendo leva sul malcontento creato dalla crisi economica e sulla distanza che separa sempre di più le istituzioni europee dai cittadini. È bene sgombrare il campo da equivoci e false convinzioni. Partiamo da alcune affermazioni, che possono essere ritenute “rappresentative” della corrente di pensiero anti-euro e cerchiamo di capire perché esse non sono corrette e cosa invece ci sia di vero in alcune di esse.

1) L’uscita dall’Euro può essere fatta nel giro di un week-end.
FALSO. 
La fase di transizione sarebbe molto difficile e rischiosa: in previsione dell’uscita dall’Euro, vi sarebbero forti spinte alla fuga di capitali all’estero, dettate dal timore di vedere i propri risparmi convertiti in una moneta destinata a svalutarsi. Per gestire la situazione occorrerebbe introdurre vincoli ai movimenti di capitale e probabilmente anche alla possibilità di ritirare denaro dalle banche. Questi vincoli dovrebbero durare per tutto il periodo necessario a convertire i sistemi informativi e contabili delle banche alla “nuova lira”, oltre che per introdurre le nuove banconote e monete. Ricordiamoci che l’euro è stato introdotto con un periodo di transizione di tre anni (1999-2001), durante il quale vi è stata una sorta di doppia circolazione di euro e lira, per quanto riguardava la moneta bancaria (in pratica per tutti i tipi di pagamenti tranne le banconote e le monete, che sono state introdotte all’inizio del 2002).

2)  L’uscita dall’Euro ci consentirebbe di aumentare produzione e occupazione, grazie alla svalutazione e al conseguente aumento di competitività.
FALSO, AL DI LA’ DEL BREVE PERIODO.
È vero che l’impatto immediato della svalutazione sarebbe un guadagno di competitività. Tuttavia, esso sarebbe presto compensato  dalla ripresa dell’inflazione, dovuta alla svalutazione della “nuova lira”: la spirale svalutazione-inflazione è un fenomeno che l’Italia conosce bene, alla luce dell’esperienza degli anni Settanta-Ottanta. Inoltre, l’Italia subirebbe molto probabilmente ritorsioni commerciali dagli altri paesi, che non starebbero a guardare inerti di fronte alla perdita di competitività conseguente alla rivalutazione della loro moneta rispetto alla “nuova lira”. Bisogna anche considerare le conseguenze per lo scenario macroeconomico europeo. L’uscita dell’Italia dalla zona euro comporterebbe la fine della moneta unica: partirebbe subito la speculazione contro i paesi destinati a seguire le sorti dell’Italia. La perdita di fiducia e la fuga di capitali dall’Europa getterebbero il continente in una pesante recessione, che investirebbe anche il nostro paese.

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3) La conversione dei titoli pubblici nella nuova lira, svalutata, alleggerirebbe il peso del debito pubblico.
FALSO.
Nell’ipotesi migliore, quella in cui tutto il bilancio pubblico venga ridenominato nella nuova lira, l’operazione sarebbe neutrale: tutte le entrate e le uscite del settore pubblico sarebbero in lire; in particolare, teniamo presente che tutti i redditi e i patrimoni, che sono la base imponibile che fornisce il gettito fiscale necessario per ripagare il debito, sarebbero in lire. Nell’ipotesi peggiore, in cui alcuni titoli di stato (emessi sui mercati internazionali) non possano essere ridenominati, il peso del debito pubblico aumenterebbe, perché parte di esso resterebbe in euro e si rivaluterebbe rispetto alla nuova lira (in pratica sarebbe un debito in valuta estera, destinata a rivalutarsi rispetto alla valuta nazionale). In aggiunta, questo problema riguarderebbe tutti i soggetti (imprese e banche), che hanno debiti verso soggetti esteri: il contenzioso sarebbe enorme, e in caso di esito sfavorevole alcuni di loro potrebbero ritrovarsi con un debito in valuta estera rivalutata, con un danno economico potenzialmente notevole.

4) La politica monetaria tornerebbe nelle mani della Banca d’Italia, e questo consentirebbe di “monetizzare” il debito pubblico.
VERO, MA…
È vero che ci riprenderemmo la sovranità monetaria, e che la nostra banca centrale potrebbe comprare titoli pubblici, comprimendo così il costo del servizio del debito. È anche vero però che se la Banca d’Italia non fosse d’accordo con questa linea di intervento, il governo dovrebbe imporsi su di essa, limitandone fortemente l’autonomia, valore ritenuto da tutti importante per una banca centrale. Ma, soprattutto, la soluzione della monetizzazione ha almeno due controindicazioni. 1) L’aumento della quantità di moneta finisce prima o poi per esercitare una pressione inflazionistica: non è un problema attuale, ma potrebbe esserlo in futuro, soprattutto in uno scenario di spirale svalutazione-inflazione. 2)  La “valvola di sfogo” della monetizzazione ha un ovvio effetto di azzardo morale: quale governo sarebbe indotto a tenere sotto controllo i conti pubblici, se sa che può sempre imporre alla banca centrale di comprarsi i titoli del debito pubblico?
Al di là di queste obiezioni, bisogna ricordare che l’acquisto di titoli pubblici (sul mercato secondario) è già attualmente previsto tra gli strumenti a disposizione della Bce (con il programma Omt), ed è già stato attuato, seppure in misura molto limitata (con le operazioni del Smp). Tuttavia, su questo fronte la Bce è costretta a muoversi con molta prudenza, scontrandosi contro la resistenza tedesca. Una delle ragioni di queste tensioni deriva dal fatto che, in caso di intervento, la Bce sarebbe costretta a comprare titoli di stato di singole nazioni, prestando così il fianco a chi la accusa di favorire alcuni governi (altamente indebitati). L’azione della Bce sarebbe facilitata se esistesse un debito federale (come negli Usa), che essa potrebbe acquistare. Ma ciò presuppone un salto di qualità nel processo di integrazione, che ci porti ad avere un bilancio e un debito a livello di federazione europea. E questo ci porta al punto seguente.

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5) L’euro è un progetto economico fallito.
FALSO.
Anzitutto l’euro non è un progetto economico, bensì politico. L’euro è stato introdotto in un’area economica caratterizzata da scarsa mobilità del lavoro e un livello di integrazione fiscale molto basso (il bilancio della Ue è una piccola percentuale del Pil dell’area): era chiaro fin dall’inizio che non si trattava di un’area valutaria ottimale. La sfida dei “padri fondatori” dell’euro era quella di “forzare” i paesi europei a fare un salto verso una maggiore integrazione fiscale e politica. Questo progetto è rimasto incompleto. La soluzione è completare il processo che ci deve portare verso una vera federazione di stati europei, non abbandonare il progetto.

6) L’Europa è lontana dai suoi cittadini.
VERO. Le istituzioni comunitarie, a cominciare dalla Commissione, sono complesse e in larga parte sconosciute dai cittadini; sfornano regole sempre più difficili da comprendere, perfino per gli addetti ai lavori (si pensi alle regole sulla finanza pubblica: fiscal compact, two-pack, six-pack, semestre europeo, etc.). Bisogna fare un enorme sforzo per avvicinare le istituzioni europee ai cittadini: semplificarle e legittimarle democraticamente. Se i leader politici europei non sapranno investire in questa direzione, anche vincendo la prevedibile resistenza della burocrazia di Bruxelles, sarà difficile averla vinta sul populismo anti-europeo.

La risposta di Angelo Baglioni ai commenti dei lettori.

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227 commenti

  1. Giovanni

    Non si dovrebbero accomunare euro ed Europa.

    • ProzacK

      Se ti riferisci al continente hai ragione. Qui però parliamo di Unione Europea e di come debba essere accelerato il processo di integrazione delle istituzioni locali alle comunitarie e viceversa sotto il necessario strumento aggregante della moneta unica: perchè competere in un mondo globalizzato come un moscerino quando possiamo unire le forze con altri stati?
      Il reale problema non è l’euro ma quello di scontare dinanzi agli stati membri anni e anni di governi incapaci, con programmazione politica appiattita alla tornata elettorale immediatamente successiva; governi che non hanno percepito la trasformazione politica delle istituzioni europee; partiti che, grazie alle liste bloccate, hanno candidato trombati dalle urne locali e da procedimenti giudiziari al parlamento europeo; presidenti del consiglio che davano spettacolo agli incontri chiave, con insulti o con cafonate varie.

      Io non voglio essere protetto da padrini, oggi gli USA domani (?) la Russia o la Cina. Io vorrei gli Stati Uniti d’Europa dove ogni Stato possa continuare a mantenere i propri tratti caratterizzanti ma al tempo stesso operare di concerto con gli altri per produrre benessere in base ai principi dello stato sociale condivisi già oggi dagli altri paesi membri.

      Tornare alla Lira farebbe venir meno quel potere negoziale, già assottigliatosi negli anni in cui l’Italia non ha avuto una minima attenzione alla programmazione economica ed industriale, perchè una moneta svalutata come gli anti-euro caldamente inneggiano non farebbe altro che mettere in mano ai nostri competitors gli strumenti per inghiottirci in un sol boccone ed essere stuprati dalla globalizzazione come è intesa oggi: ossia la transumanza delle multinazionali alla ricerca del profitto e allo sfruttamento dei territori meno profittevoli.

      Voglio proprio che qualcuno mi spieghi come le aziende italiane che operano nel mercato interno possano confrontarsi con le aziende che investono non in “liretta” ma in super-dollaroeuroyuanyenetc.
      Anche perchè non mi risulta che si viva di sola esportazione.

  2. ProzacK

    Uscire dall’Euro annienterebbe il potere negoziale del paese e la nuova liretta sarebbe l’arma definitiva per fare a pezzi la nostra economia.
    Caro prof. Baglioni, in merito alla scarsità di risorse energetiche e naturali del paese avrebbe qualche testo o articolo da suggerirmi per approfondire l’argomento? Grazie mille.

    • Enrica

      Non mi sembra che adesso abbiamo potere negoziale e la nostra economia vada a gonfie vele. L’esportazione è ai livelli degli anni ’80 e da sola come allora non riesce a tenerci su. Il nostro mercato è invaso da prodotti a basso costo importati, la domanda interna è sparita e ci stanno ormai abituando/ obbligando a vivere sempre con meno soldi al mese, vedi gli stipendi contrattati al ribasso. Io rivoglio le mie picocle e medie imprese italiane che creano, costruiscono, producono non in surplus in base ad una domanda interna che è stata soppiantata neanche tanto lentamente.

      • nextville

        Ma ti sfiora neanche lontanamente l’idea che questi che lamenti siano effetti della globalizzazione e non dell’euro?
        Quel piccolo mondo antico degli anni 80 che hai in mente è sparito! Non c’è più da nessuna parte: è l’isola che non c’è più. E non c’è nessuna uscita dall’euro che ti permetta di far tornare un passato economico sepolto. È come rimpiangere l’epoca bella dei treni a vapore: è inutile, non torna più. Bisogna attrezzarsi per il futuro, e senza Europa nessun paese europeo ha un gran futuro: finiremo tutti fuori dei primi 7-8 nel giro di pochi decenni.

    • Jacopo Piletti

      Questi qua credono che la credibilità della banca centrale non valga niente, quando basterebbe leggere su qualsiasi manuale di macro la formula della curva di phillips applicata alle politiche monetarie per capire il disastro.

  3. Mentuhotep II

    Un’Europa unita senza euro non solo è possibile (Uk, Rep. Ceca, Svezia, Norvegia) ma prima l’Italia esce meglio è. Pena la completa deindustrializzazione italiana (programmata a Berlino e Francoforte mossi da interessi economici).

    • Manfredi

      Una cosa è essere fuori e non entrare, un’altra cosa è essere dentro e uscirne. Anche solo i costi transazionali sono mostruosi.
      Aggiungo che se paesi piccoli (Svezia, Norvegia) o con una enorme tradizione di stabilità macro-economica (UK) possono permettersi, a malapena, di stare fuori dall’Euro (a malapena, perchè la UK è andata molto molto vicina al default e al bank-run nel picco della crisi, solo la natura anglo-sassone delle banche d’affari e dei media internazionali hanno permesso di coprire la UK dal rischio). Noi, con la tradizione di inflazione a due cifre e svalutazione che abbiamo, diventeremmo subito soggetti a speculazioni bestiali.

      • Michele

        La Norvegia non fa parte dell’Unione Europea.

      • nextville

        Inoltre vorrei ricordare che dal 1999 ad oggi l’Italia ha perso meno quote di mercato globale di UK (la perdita di quote è un fenomeno che accomuna tutto l’occidente, dato l’emergere della Cina e altri paesi un tempo sottosviluppati), a dimostrazione che stare in EU ma fuori dall’euro non è questo gran vantaggio in termini di export (per non parlare dell’import).
        Questo dipende dal fatto che il mondo è cambiato dagli anni 80 e precedenti: oggi la produzione avviene per catene del valore globale. Andate e leggervi qualche paper su cosa ciò comporta in termini di rilevanza del cambio.

  4. gesan

    Sul fatto che “tutti” dicano che la Banca Centrale debba essere indipendente dal governo, sarebbe meglio dire: tutti gli economisti neoliberisti e thatcheriani. Basta dare un’occhiata a quanto successe al nostro debito pubblico dall’81 in poi: schizzato su per via degli interessi sul debito. Altre considerazioni sparse. Il blocco della libera circolazione dei capitali? Magari. L’inflazione aumenta? Sempre meglio della deflazione in cui stiamo incartandoci (e vorrei ricordare che quando svalutammo nel ’92 non ci fu nessun panico inflazionistico, anzi!). Poi: cosa vi fa credere ancora che la Germania sia disponibile alla soluzione del più Europa? Basta guardare cosa è successo con la fantomatica “unione bancaria”: il processo sarebbe lungo e deleterio. E nel lungo periodo, come ben sappiamo, saremo tutti morti.

    • michele

      Guardiamoli i paesi in cui la banca centrale è sotto il controllo del governo, politiche populiste e demagogiche, uso della banca cenrale in campagna elettorale che crea uno stato più oligarchico che democratico. Davvero si vorrebbe tornare indietro ai tempi della DC? Siamo così pazzi?

      • Marco Disce

        Tutti gli stati del mondo prima delgli anni 80 avevano banche centrali non “indipendenti”. Era un mondo di populisti?

        • Michele

          Conoscendo come si comporta la gente che ha potere in Italia, preferisco sia la Bce a dettare le regole.

        • Agapito Malteni

          Magari no, ma era un mondo messo in ginocchio dall’inflazione

        • nextville

          All’epoca si è visto che quelli con banche centrali indipendenti erano governati meglio.

      • nextville

        Eh figurati, non si tornerebbe ai tempi della DC!
        Con quello che hanno in mente questi del no-euro e del money printing a gogo si seguirebbe diritti il destino di Argentina e Venezuela (salvo che questi sono ricchi di materie prime e noi no, quindi anche peggio).

    • Manfredi

      La necessità di avere una Banca centrale affrancata dal Governo è una necessità riconosciuta da praticamente tutti. E’ notoriamente l’unica maniera per impedire un inflazione rampante. Adesso viviamo il problema di essere vicini alla deflazione, ma non scordiamoci che per 40 anni il nostro mostro è stato l’inflazione a due cifre (ricordarsi gli anni ’70 e ’80, please).

      • Marco Disce

        1) Inflazione a 2 cifre solo tra 1974 e 1984 (10 anni, non 40)
        2) L’inflazione di quegli anni non era un problema dell’Italia nè un problema che avesse a che fare con le banche centrali: c’è stata in tutti i paesi occidentali ed è stata provocata da impennate al prezzo del petrolio dovute a guerre
        3) per tutti gli anni precedenti l’inflazione italiana non ha mai dato nessun problema.
        4) anche quando l’inflazione era a 2 cifre l’economia italiana andava meglio rispetto a come va adesso, l’Italia in quel periodo sorpassava il PIL del Regno Unito e diventava quinta potenza mondiale.

    • L’indipendenza non esiste, vi sarà la dipendenza dallo stato più forte.

    • miki

      Però ogni volta che si parla di inflazione, ossia della svalutazione monetaria che non comportò un aumento dei prezzi esagerato, si cita sempre l’emblematico esempio del 1992 trascurando che non ci fu un panico, verissimo.
      Ma le ragioni furono tre in quegli anni: 1. sfiducia da parte del consumatore e calo della domanda interna; è chiaro che se nessuno compra il prezzo scende. 2. beneficio dovuto al calo delle materie prime che fortunamente incisero poco sui prezzi finali (e noi siamo un paese che importa molta energia) 3. abolizione dell’indicizzazione dei salari, con tempestivo disinnesco del sistema automatico. Vorrei che invece si citasse la crisi valutaria del 1976 (qui non esisteva euro e la Banca d’Italia non era divorziata dal tesoro): chi si ricorda in quegli anni sa che una svalutazione della lira che portò a una perdita del valore interno quasi alla metà.
      L’euro come moneta ha un problema serio, ma credo che qui non si debba discutere tanto sulle sue debolezze che sono lampanti ma evitare il peggio con l’uscita immediata, ci sono troppe variabili che non possiamo stimare e soprattutto le reazioni irrazionali dei risparmiatori che fuggono facendo collassare il sistema bancario.

  5. Paolo Cianciabella

    Il dibattito scientifico e l’analisi politica sono molto più avanti di quanto riportato nell’articolo. L’Euro è un fallimentare esperimento economico che sta conducendo l’UE alla disintegrazione politica ed è la moneta degli undici paesi dell’EU che si trovano nelle peggiori condizioni economiche e sociali.

    • Michele

      “E’ la moneta degli undici paesi dell’EU che si trovano nelle peggiori condizioni economiche e sociali”
      E Bulgaria, Romania e Ungheria?

  6. Marco Disce

    L’1) è simile a quello che è successo a Cipro, che è stato comunque gestibile tanto che Krugman suggeriva ai Ciprioti di approfittarne per uscire direttamente dall’euro.
    Il 2) è un po’ contraddittorio: non si guadagna competitività e però gli altri stati attueranno ritorsioni perchè siamo troppo competitivi? Non torna, non la sta raccontando giusta. Comunque c’è un precedente che smentisce l’autore dell’articolo: nel 1992 l’Italia è uscita dallo SME svalutando del 20%: nessuna inflazione, nessuna spirale, nessuna ritorsione, aumento di competitività certificato dai dati e finanche da Mario Monti (“La svalutazione ci ha fatto bene”) – il quale, tra parentesi, fino al giorno prima suggeriva di impegnare il nostro oro pur di non svalutare.
    Il 3) è molto discutibile: avere debito in valuta estera è come averlo in valuta propria? Proprio uguale? La Banca centrale Italiana potrebbe veramente decidere di agire contro l’interesse nazionale? Che senso ha?
    Sul 4): l’azzardo morale della banca centrale c’è solo se la controlla il governo italiano? Se la controlla la Germania che spinge per tenere l’inflazione bassa perchè creditrice non è azzardo morale?
    Sul 5): le conseguenze della moneta unica nella vita di milioni di persone (cioè la costrizione ad attuare svalutazioni interne) sta riducendo il supporto verso l’integrazione, quindi se il fine era l’unione politica il mezzo “moneta unica” è in effetti fallimentare.

    • Jacopo Piletti

      Secondo te è giusto che una classe politica come la nostra spenda e spanda stile argentina con una banca centrale che dice sempre ” si padrone” ? a me sembra che l’argentina non stia proprio benissimo …..

      • Marco Disce

        Secondo te è più probabile che un banchiere centrale “indipendente” e non eletto da nessuno operi scelte per il bene della popolazione? Da dove verrebbe la sua rettitudine morale superiore a quella del politico?

  7. giorgio trenti

    L’euro ha impoverito tutti gli italiani. Ai professori d’economia ha tolto l’intelligenza. Ai tecnici italiani è stato tolto il diritto di gestire la propria moneta. Decide solo la Germania. Negli Stati Uniti d’America la gestione della moneta è stata fatta subito e dopo 5 anni il valore della borsa è ritornato normale. In Italia siamo diventati gli ultimi. Abolire l’euro immediatamente indebolirebbe solo la Germania e arricchirebbe l’Italia. Mi dispiace per la Germania che non ha nessuna colpa. La colpa è dei governi e dei tecnici italiani che si sono fatti colonia della Germania.

  8. Rinaldo Sorgenti

    Seguendo i punti indicati, vien da dire:
    1) OK, occorrerebbe definire tempi e modi per procedere, perchè no con una transizione che contempli la doppia moneta. Questo limiterebbe gli effetti “speculativi” e forse consentirebbe di recuperare gli squilibri che l’attuale situazione della moneta comune ha generato a favore di taluni (Germania, Olanda, …) e a danno di altri!
    2) Chissà perchè si devono guardare ed indicare solo ipotesi negative, L’Italia, anche in passato, ha dimostrato di saper “convivere” con l’inflazione, molto meglio di altri Paesi, proprio perchè notoriamente un Paese trasformatore e quindi vi è una notevole compensazione tra costi (import) e ricavi (export).
    Ritorsioni commerciali? Beh, la chiara evidenza che al momento vi è chi ne trae un eccessivo ed indebito vantaggio!
    3) Si, certo. Ma lo stesso si dovrebbe dire dei crediti.
    4) Si, ma quantomeno si avrebbe il diritto di decidere ed implementare quanto molti da tempo indicano che la BCE (e Francoforte) dovrebbero fare e che, invece, non viene fatto! Se stampare moneta vuol anche dire realizzare le infrastrutture che poi consentono al Paese di recupera indubbi svantaggi competitivi, non sarebbe poi un gran male.
    5) E’ “mascherato” come progetto politico ma, di fatto, è un progetto conomico a chiaro vantaggio di altri!
    Ma se è ben chiaro che il processo è fallimentare perchè carente delle altre azioni, allora si condizioni l’uscita all’immediata realizzazione dell’integrazione politica e fiscale! O no?
    6) Verissimo e bisogna mettere un freno all’incredibile proliferare di regolamenti, direttive ed assurdità, anche ideologiche (es. la ridicola “guerra” ai Cambiamenti Climatici), che hanno causato un danno economico e competitivo alla Ue enorme, sperperando un’enormità di risorse che avrebbero dovuto essere investite in cose più concrete ed urgenti.
    7) Chissà perchè, quando si parla di questo argomento, non si faccia mai riferimento ai numerosi Paesi che NON fanno parte dell’Euro pur essendo membri Ue28?
    Hanno subito tutti gli “sconquassi” ipotizzati sopra (?) e quali vantaggi? Ci sono Paesi grandi ed influenti ed altri minori, ma nessuno pare al collasso o prossimo al fallimento!

  9. michele

    Una cosa che ho scoperto guardando i grafici ISTAT è che nel periodo in cui la banca d’italia era sotto il controllo del governo in italia c’era alta disoccupazione, bassa occupazione e alta inattività, nulla paragonabile ai giorni nostri. I no euro non lo dicono che si stava molto peggio prima.
    Ora, in confronto è una pacchia!

  10. Roberto

    Complimenti per l’articolo Prof. Baglioni, in pochi punti ha spiegato in modo chiaro le falsità che si sentono da quei politici che credono di risolvere tutti i problemi uscendo dall’euro.
    Questo articolo andrebbe diffuso come manifesto per far capire agli italiani cosa significa un’ipotetica (per me impossibile) uscita dall’euro ed i passi che bisognerebbe fare per migliorare l’integrazione europea.

  11. pierpier

    Che uscire dall’euro non sia un passeggiata siamo d’accordo non è cosi facile e indolore, ma la situazione attuale e prospettica non è migliore, siamo in deflazione , disoccupazione record, impossibilitati a fare manovre per la crescita anzi con il fiscal compact sprofonderemo ancora di più nell’abbisso, deindustializzazione in corso, insomma mi pare un quadro devastante, ci sono possibilità che il quadro cambi ? Fino ad oggi no, bisogna vedere cosa succede alle europee, ma al momento la politica germanica mi pare continuare l’austerità e le cosiddette riforme strutturali ovvero verso il baratro per noi ; potrebbe essere che cambino anche nel senso che forse alla Germania potrebbe convenire uscire prima. Una volta fatto un errore, cioè invertire l’ordine dei fattori ovvero prima le istutuzioni e poi l’Euro ( che si doveva fare) adesso la vedo dura e uscire dall’euro potrebbe essere la alternativa più realistica e alla fine più conveniente.

    • nextville

      Sì, piove, è colpa dell’euro..

      Non siamo in deflazione, abbiamo un’inflazione bassa (determinata al 70% da fattori esogeni: calo dei prezzi dell’energia), ma dovreste andare a spiegare alla massaia che avete in mente di far salire di più i prezzi uscendo dall’euro.
      Peraltro la disoccupazione è la stessa del 1977, epoca in cui l’euro non c’era.
      Dubbio atroce: che ci possano essere periodi di crisi anche senza essere nell’euro?
      Ma ovviamente è molto facile usare l’euro come capro espiatorio di tutto, cioè attribuire all’euro fenomeni come la delocalizzazione o persino l’automazione, cioè fenomeni economici e tecnologici globali giganteschi che ci colpirebbero in maniera molto più pesante se fossimo fuori dall’area euro. Pare che i vedovi votino di più contro il governo uscente del campione di controllo, incolpando inconsciamente il governo della loro privata disgrazia.

  12. Gustavo Rinaldi

    Tutti ricordiamo la grande inflazione europea nel 2001-2003 dopo che l’euro si era deprezzato di circa il 30%. Tutti ricordiamo la grande inflazione del 95-98 dopo la grande svalutazione del 92.

  13. Luca Tempesta

    Io leggo questi articoli e non capisco se è semplice incompetenza o collaborazionismo…
    Incredibile. O forse no.

    1) Il debito pubblico italiano nasce (e poi cresce e pasce) dal 1981, anno del divorzio tra min. del Tesoro e Bankitalia voluto da Andreatta e accettato da Ciampi, con la supervisione di Spadolini e la firma d’avallo di Pertini Sandro, l’allora presidente della Repubblica. All’epoca il rapporto debito/PIL era pari al 58%. Da quel giorno è cresciuto al ritmo del 5,35% annuo, sino ad arrivare al 135% attuale.
    Da quel giorno l’Italia ha pagato in soli interessi 3000 miliardi di euro attualizzati, ovvero, 91 miliardi l’anno. Un interesse costante del 5% ogni 14 anni raddoppia il proprio montante. L’economia italiana avrebbe dovuto crescere del 5.5% l’anno solo per impattare gli interessi. Per chi non lo sapesse: prima del divorzio, il min. del Tesoro e la Banca d’Italia concordavano il tasso di interesse con cui vendere i titoli di stato: essi erano sempre inferiori all’inflazione reale. Se le aste andavano parzialmente (o del tutto) deserte la BdI comprava tutto il pacchetto e, inoltre, accreditava gli interessi stessi al Tesoro. In pratica, la creazione di moneta avveniva priva del peccato originale: il debito usuraio.

    2) Oggi l’Italia ha rating Standard&Poors di BBB, ad un passo da “junk” (spazzatura), nel 1998 il nostro rating era AA. Il Giappone ha rating S&P AAA, nonostante il rapporto Debito/PIL è al 235%, i loro titoli decennali pagano lo 0,70% di interessi. Lo Yen si è svalutato del 30% negli ultimi 6 mesi e sono alla ricerca disperata di una INFLAZIONE maggiore del 2%.
    Giorno 15/01/2014, il Giappone ha emesso un bond (i nostri BTP) a 30 anni con rendimento lordo del 1,655%. Alcuni mesi fa, gli stessi BTP a 30 anni emessi dall’Italia hanno “elargito” un rendimento del 4,9%. La differenza abissale di rendimento fa capire UNIVOCAMENTE circa il rischio che si assume chi acquista i nostri BTP. In 30 anni la differenza diventa del 97,35% in più rispetto ai bond giapponesi. Un decurtamento del 30% che accuserebbero gli investitori stranieri derivante da un ritorno alla Lira, sarebbe comunque AMPIAMENTE ripagato dalla differenza di rendimento, non solo verso i titoli giapponesi ma anche verso i bond USA, tedeschi, francesi, inglesi, australiani, canadesi, norvegesi, svizzeri e di TUTTI quei Paesi che godono almeno di rating A+. Chi si preoccupa di questo o è stolto o è in malafede. Se facessimo un paragone con una scommessa calcistica in un match Barcellona VS Atalanta, avremmo: la vittoria del Barcellona a 1,10 il pareggio a 5 e la sconfitta a 50 … quale evento immaginate si possa verificare più facilmente e a rigor di logica? Giocando ognuno si assume i propri RISCHI.

    3) La Corea del sud, nel 1997 svalutò la propria moneta del 120%: in meno di 2 mesi il WON coreano passò da 800 a 1800 per ogni singolo dollaro USA. Dal 2000 ad oggi il Won coreano ha perso il 60% del suo valore. E loro che fanno? Crescono al ritmo del 3/5% l’anno. Sono i TERZI esportatori netti al mondo. L’inflazione coreana è stabilmente intorno al 3% da moltissimi anni. Sembra che i loro politici abbiano preso a modello l’Italia del boom economico, quella stessa Italia che nel 1992 svalutò la Lira del 30% e che nel 1993 ebbe inflazione calante dell’1% (da 5,5% a 4,5%): se la gente non guadagna non spende e l’inflazione scende, a prescindere da quanto tu svaluti la moneta.

    4) Lex-monetae. E’ quella legge grazie alla quale TUTTI i debiti che NON sono espressi sotto giurisdizione anglosassone possono essere tramutati in una nuova moneta. Ad esempio, se quando avevamo la Lira avessimo voluto un’altra valuta per eliminare gli zeri in eccesso, e l’avessimo chiamata “sesterzo”, TUTTO il debito (sia nazionale che estero) sarebbe stato ridenominato in “sesterzi” per DECRETO-LEGGE. A tutt’oggi, i possessori ESTERI di debito pubblico italiano detengono il 32% del totale, ovvero € 670 miliardi ca. il debito TOTALE (privato e pubblico) denominato sotto legislazione inglese (devi ripagarlo nella stessa valuta che ti è stata prestata) ammonta al 10/12% del totale aggregato, pari a $300/350 miliardi ca. anche i mutui verranno riconvertiti, alle stesse condizioni, in nuova valuta. A meno che non siate stati così avventati ad averlo sottoscritto in sterline o dollari. TUTTO il debito sarà ripagato in nuove Lire (tranne quello assunto sotto giurisdizione inglese che sarà regolato come accordi e come legge vuole), senza dare DEFAULT (significa fallimento), neanche parziale. Gli investitori esteri non potranno fare altro che adeguarsi poiché il rischio che si sono assunti al momento della stipula era OTTIMAMENTE ripagato dai LAUTISSIMI INTERESSI.

    5) Le materie prime, l’energia e il petrolio che l’Italia è costretta a comprare all’estero sono da sempre ripagati con le valute forti (dollari, marco, franchi, yen, sterline ecc.) provenienti dal nostro export e dal turismo. Dal giugno 2012 al giugno 2013 la bilancia commerciale italiana ha avuto un SURPLUS (differenza positiva tra export-import) di circa 30 miliardi di dollari. L’Italia risulta essere il QUINTO esportatore netto al mondo, dopo Cina, Germania, Corea del sud e Giappone. (Il Brasile, sesto, è a + 10 miliardi di surplus, ben lontano da noi). E’ doveroso capire come una Nazione importa da un’altra e come la paga. La camera di commercio con l’estero è nata all’uopo. Non tutti sanno che una Nazione per comperare merce dall’estero deve prima acquistare la moneta di quello Stato in cui quel tale prodotto viene realizzato. Se vuoi comprare una Toyota nuova, ti rechi presso il concessionario, ti scegli il modello, il colore ecc, lo paghi (non importa come) e ti porti via l’auto. Pensi che sia finita qui? NOSSIGNORE, da qui comincia, e questo esempio vale per ogni singolo prodotto che importiamo/esportiamo. Lo Stato italiano, tramite la camera di commercio estera compera gli Yen necessari per pagare l’auto da me acquistata e pagata, in euro oggi e in Lire sino a prima della moneta unica europea. Lo stesso fanno i giapponesi quando acquistano una Ferrari o un abito di Armani o un etto di parmigiano. Questo è ciò che accade miliardi di volte al giorno per le transazioni estere. Tanto più vendi prodotti all’estero e/o attrai turisti stranieri in Patria e tanto più sarà richiesta la tua moneta: il valore della tua valuta sale. Prima legge dell’economia: molta richiesta fa alzare il prezzo del prodotto. Che esso sia un’auto, un abito, un etto di parmigiano … o moneta. Altro esempio: come sappiamo le merci più richieste al mondo, tra cui spicca il petrolio, vengono contrattate in dollari USA. Per una fornitura di petrolio dal Qatar, lo Stato italiano prima deve acquistare dollari USA e poi pagherà il giusto prezzo al Qatar. Il Qatar aumenterà le sue scorte di dollari USA per il controvalore incamerato dalla vendita di quel petrolio e userà quei dollari per comperare ad es. frumento dall’Ucraina o carbone dalla Cina; se i dollari non dovessero bastare sarà costretto anche il Qatar a comperare dollari. (questo è il vero potere degli USA).
    E’ abbastanza chiaro il concetto? Un SURPLUS di bilancia commerciale è SEMPRE in valuta pregiata.
    Il prezzo di un litro di super, all’industria, costa 55 centesimi, il resto per arrivare a 1,7 euro sono TASSE che un quasi-Stato che non può più EMETTERE moneta è COSTRETTO ad AUMENTARE COSTANTEMENTE. Uno Stato che NON può emettere moneta NON può fare politica monetaria, ergo NON può fare politica economica, ergo Non può fare politica industriale, ergo NON può fare politica del lavoro. Uno Stato che NON bette più moneta può ESCLUSIVAMENTE TAGLIARE le SPESE.

    6) L’Italia, non avendo materie prime, dai tempi di Marco Polo, Le importa, le trasforma in loco e poi le rivende a 20 volte tanto, lasciando gran parte dei margini nella filiera italiana (in salari, tasse, dividenti ecc). Questo lo si faceva molto meglio con una valuta debole piuttosto che con una forte (Giappone e Corea del sud sono lì a farcelo capire l’ennesima volta). L’interesse franco-tedesco di realizzare la moneta unica e di costringere l’Italia a farne parte scaturiva dalla paura di avere un concorrente così temibile, padrone della propria politica monetaria che veniva usata per il bene della collettività. L’Italia, nel 1985 era la QUINTA economia del mondo, ora fatichiamo enormemente a rimanere nei primi 10 posti. Nonostante la bil commerciale continua ad essere ampiamente positiva.
    Ovvero, oggi in euro, come domani in Lire, continueremmo a pagare le bollette energetiche con la valuta pregiata derivante dalla bilancia commerciale: della moneta forte NON ce ne può fregare di meno. Anzi, più svaluti la moneta nazionale e più aumenterà l’export (legge di Marshall-Lerner: ad ogni punto % di svalutazione monetaria corrisponde un incremento dell’export pari a +1,7%) e più attirerai turisti con valuta pregiata, invogliati a visitare l’unicità italiana, e/o a comperare prodotti italiani, con sconti come ci fossero i saldi tutto l’anno. Nello stesso tempo, ragionando all’inverso, minori saranno le tue importazioni di prodotti realizzati dove il tuo cambio è penalizzato.

    7) A quali italiani fa comodo l’euro? Alle multinazionali, alla grande industria, che approfitta della deregulation per abbassare i salari e le pretese sindacali dei dipendenti, alle industrie che hanno delocalizzato, al sistema bancario e a tutti coloro che spaventa il rischio-cambio. Compreso gli idioti che vogliono fare viaggi a eurodisney senza dover cambiare moneta.

    8) Negli ultimi 35 anni siamo stati governati da una banda di criminali che ha pensato alle proprie carriere ed interessi privati. Siamo stati traditi! Traditi e svenduti al nemico.

    • Jacopo Piletti

      Sisi, quindi seguiamo il modello argentino? Ops ho ricordato cosa fanno i politici cialtroni nei paesi come il nostro.

    • enrico

      complimenti per l’analisi!
      (ma sei Bagnai sotto un altro nome?)

    • rob

      “Negli ultimi 35 anni siamo stati governati da una banda di criminali che ha pensato alle proprie carriere ed interessi privati. Siamo stati traditi! Traditi e svenduti al nemico.”
      Caro Tempesta 2014 meno 35 fa 1979! Io personalmente credo che l’inizio del declino di questo Paese inizi proprio da quegli anni. Personalmente indico due date: 1968 fine del sistema scolastico. 1970 fine del sistema-Paese con l’avvento folle delle Regioni. Da quelle date in poi finendo di esistere un sistema-Paese sono scomparsi piani industriali, progetti politici-economici lungimiranti. pianificazioni etc. Il sistema regionale non fu creato per una esigenza di miglior funzionamento del Paese, ma soltanto per scopi politici ( becera politica) quello di creare un parallelo al Governo nazionale per fare posto agli appetiti della sinistra chiusa dal potere DC. Nel 1992 l’ultima spallata con un blitz della magistratura si elimina completamente una intera classe politica creando un vuoto poltico istituzionale dove un orda di famelici masanielli di spessore a malapena localistico si sono tuffati con una voracità tipica del “popolano che entra nel palazzo”. La frittata finale la riforma del titolo V . Attenzione sarebbe troppo comodo prendersela soltanto con i “politici” patti scellerati tra sindacati, confindustria, burocrazia hanno fatto il resto. Nel 1970 la Germania partiva con un piano industriale nel settore auto ( la VW era quasi in fallimento) e creò in sinergia con sindacati/industria/Stato, il progetto Golf tuttora vincente.
      Nello stesso anno un patto a dir poco scellerato creo l’ Alfasud e L’Arnia un piano da commedia all’italiana, la fine si è vista. Ho voluto portare questi esempi perchè oggi è fin troppo facile dire usciamo dall’euro, come se l’uscita da un sistema
      (attenzione sistema non moneta) fosse la panacea di tutti i mali. Io non ci credo! Io credo che un vuoto culturale, politico, istituzionale, economico di 40 anni non si risolve con una forzatura del genere. Non credo assolutamente che l’economia di questo Paese, per le ragioni che Lei ha esposto, possa contare ancora sulla svalutazione come concetto vincente ( l’illusione dei padroncini veneti insegna). Questo Paese essendo privo di materie prime doveva progettare nel tempo la conversione delle sue produzioni in alta tecnologia ( chimica, elettonica, alimentare, auto etc) con un patto industria-università e sfruttando la nostra migliore qualità: creatività e fantasia. La micro industria era il nostro futuro ( per micro intendo industria di ricerca non piccola) e non le mega acciaierie o altro. Ma senza cultura , senza sistema-Paese, senza politici, ma con tanti politicanti come si può fare?

    • giulioPolemico

      Il debito pubblico (1) non nasce certo dal divorzio tra min Tesoro e BdI. Questa è l’ennesima mitologia di chi è favorevole alla moneta nazionale.
      Il debito pubblico nasce dal malgoverno che ha fatto dello Stato italiano uno stipendificio dove ficcarsi, dagli sperperi, dalle ruberie, per sanare i quali lo Stato ha dovuto rastrellare soldi sul mercato dei capitali.
      Non è vero che tutte le politiche dipendano da quella monetaria. La politica industriale dipende da quanto impulso dai alla ricerca scientifica: cosa c’entra la valuta?
      Il punto 2) è fantasia pura. Io che il mercato dei TdS lo conosco bene, posso garantirti che le cose stanno ben diversamente: il Giappone può permettersi la sua situazione non perché ha lo yen libero di fluttuare, ma perché è una nazione solida, stabile, affidabile, con un grande comparto scientifico. Nel mercato dei TdS la credibilità è tutto, ed è quella che perderemmo completamente se adottassimo una nostra piccola moneta per il nostro piccolo e malandato Paese.
      Non credo (punto 7) che il ritorno alla lira influirebbe sullo sfruttamento dei lavoratori da parte delle grandi industrie.
      Potrei proseguire. Hai fatto una grande bomba di dati e i tipici italiani ci sono cascati (bello il riferimento al “nemico” del punto 8): le forze oscure che tramano nottempo. Impareggiabile il ritratto di Germania e Francia spaventatissime dalla potenza dell’Italia, tanto da volerla nell’euro solo per poterla imbrigliare e dominare: l’Italia una superpotenza e noi italiani non ce n’eravamo accorti).

      • Marco Disce

        “Il debito pubblico nasce dal malgoverno che ha fatto dello Stato italiano uno stipendificio dove ficcarsi, dagli sperperi, dalle ruberie, per sanare i quali lo Stato ha dovuto rastrellare soldi sul mercato dei capitali.”
        Se fosse come dici tu vorrebbe dire che l’Italia ha avuto una spesa pubblica del tutto fuori misura rispetto al resto dei paesi europei, ma questo non risulta:
        http://2.bp.blogspot.com/-rrWhqgte5Bo/ToDq0N-MpxI/AAAAAAAACHI/7_T-7DyXoU8/s1600/spesa+percentuale+pil.png
        Quello che invece dicono i dati è questo:
        http://carnegieendowment.org/images/article_images/ItalyRealIR.jpg
        cioè che il tasso di interesse reale dal 1980 in poi è rimasto stabilmente intorno al 5% fino a metà degli anni 90, a fronte di una crescita economica del 3%, il che non lasciava molto scampo: se fai austerità riduci la crescita del Pil, se non la fai ti aumenta il debito assoluto.

        • giulioPolemico

          Faccio una considerazione generale, non solo rivolta a te. Il vostro problema è che voi non siete in grado di interpretare le formule e i grafici che citate a getto continuo. Se uno mi dice che l’Italia non ha avuto una spesa pubblica al di sopra delle sue possibilità (e che adesso in termini di debito pubblico ne paga le conseguenze), vuol dire che non conosce quello di cui parla. Già il fatto che la spesa pubblica italiana sia stata improduttiva automaticamente significa che è stata fuori misura, perché è stata inutile (e, peggio, dannosa: corruzione, clientelismo, inefficienza, parassitismo, ecc.). Tutti voi sostenitori di una valuta nazionale guardate i numeri ma non li capite: i numeri sono indispensabili (e ti parla uno che qualche libro di matematica e fisica in vita sua lo ha sfogliato) ma bisogna guardare a cosa realmente significano questi numeri: il nozionismo scolastico senza il buon senso e la conoscenza della Storia (per non ripetere gli errori) porta completamente fuori strada.
          Proponete soluzioni anacronistiche che avevano funzionato in un mondo che non esiste più e fate paragoni tra termini disomogenei, portando esempi fuorvianti: in un altro post (non tuo) si citava il caso della Corea del Sud, ma l’Italia e la Corea del Sud sono due situazioni, due sistemi sociali, due mentalità, due universi completamente disgiunti e la ricetta della Corea del Sud non è significativa per l’Italia. In un altro post citate il grande governatore Baffi, contrario a una moneta unica. Ma lui era contrario alla sua epoca, 40 anni fa, e magari all’epoca aveva ragione, ma bisognerebbe conoscere la sua opinione se fosse vissuto nel mondo di oggi.
          Credete che il nostro piccolo staterello malmesso, isolandosi possa davvero sopravvivere nella mischia della competizione mondiale come se si fosse ancora all’epoca delle città-stato circondate da alte mura, con il fossato, il ponte levatoio e la moneta con l’effigie del sovrano. Però anche chi ha studiato ma non ha buon senso (e questo è il caso disonorevole), assiste al vostro fuoco accelerato con tutti i pezzi a disposizione, di citazioni, numeri, grafici, inferenze e relazioni (quasi tutte da vagliare con estrema cautela) e ci casca: siamo italiani.

          • Marco Disce

            “Già il fatto che la spesa pubblica italiana sia stata improduttiva automaticamente significa che è stata fuori misura, perché è stata inutile”

            1) Chi e quando avrebbe misurato la “produttività” della spesa italiana e l’avrebbe confrontata con quella degli altri stati UE?
            2) Che significa “spesa pubblica produttiva”? I sussidi che Francia e Germania elargiscono a disoccupati in cerca di lavoro sono “spesa produttiva”?
            3) Che problemi dovrebbe portare secondo te la “spesa improduttiva” all’economia? Si tratta solo di un trasferimento di denaro da Tizio a Caio, denaro che in ogni caso viene speso per comprare i prodotti di qualcuno che “produce”. Hai paura che le persone sussidiate o assunte dal pubblico siano una risorsa sottratta al privato “produttivo”? Se fosse così non esisterebbe la disoccupazione e avremmo le aziende alla disperata ricerca di personale.

      • Luca Tempesta

        L’Ungheria a breve uscirà dall’eurozona, l’Islanda ha già ratificato il ritiro della sua candidatura e l’Inghilterra provvederà al referendum entro la fine del 2015.

      • Luca Tempesta

        Ah dimenticavo, Ungheria non mi sembra che abbia di questi problemi. Cacciata da Ue, Bce, Fmi, è rinata: ha tagliato il costo di acqua, luce e gas del 20%, i biglietti dell’autobus del 10% e l’Iva dal 27% al 5%, dimostrando che un’alternativa all’austerità esiste e sarebbe ora che anche gli italiani protestassero affinché tali politiche vengano adottate anche in Italia.

  14. Giuseppe Bertoncello

    Argomentazioni per lo più settarie e antiscientifiche. Mi stupisco che La voce le pubblichi!
    In particolare:

    – punto 2): l’esperienza dello Sme insegna che alle svalutazioni seguono, eccome, aumenti di competitività e di produzione. Dire che è falso è una palese negazione dei dati di realtà. La divaricazione dell’Italia dai paesi core dell’Europa, sia in termini di Pil che di produttività, avviene dalla seconda metà degli anni ’90, ossia da quando il tasso di cambio viene bloccato.

    – punto 4): è falso che ci sia unanimità di consenso sui benefici della totale indipendenza delle banche centrali. Anzi, c’è un corpo crescente di opinione che sostiene il contrario. D’altra parte, la più indipendente delle banche centrali è la Bce, che presiede alla politica monetaria della più fallimentare tra le aree economiche del pianeta. Se dobbiamo giudicare non in base ai dogmi ma ai risultati, la piena indipendenza della banca centrale appare una ricetta per il sottosviluppo.

    – punto 4 bis): la monetizzazione di debiti eccessivi è stata in passato una via “virtuosa” per superare crisi potenzialmente esiziali, e imboccare la strada della crescita e della piena occupazione. Fu così nel trentennio keynesiano che assicurò prosperità a tutto l’Occidente dopo la seconda guerra mondiale. Non si capisce perché Baglioni a quei successi preferisca i fallimenti delle attuali politiche di austerità.

    – punto 5): l’Euro è un progetto economico e politico fallito, o – se Baglioni preferisce – in via di fallimento. Non si capisce, in base alle evidenze empiriche, cos’altro dovremmo dire. In 7 anni di tremenda crisi non si è fatto alcun passo reale verso una maggiore unione politica. Al contrario, ad ogni svolta si sono imposte scelte dettate da interessi nazionali, oppure corporativi, oppure istituzionali di centri di potere che fanno tutti capo a una “eurocrazia” totalmente dimentica degli interessi di una “collettività europea”, che evidentemente non esiste. La Grecia è il simbolo di quanto l’euro sia stato svuotato di ogni valenza di unione, pace e prosperità per diventare strumento di divisione, dominio e sfruttamento del più debole.

    Potrei continure. Ma penso che possa bastare.

    Giuseppe Bertoncello

    • Tutto vero, aggiungo che con l’euro in Italia negli ultimi anni si sono uccise 300 persone, quindi è una moneta ” assassina”.

    • gianfranco

      Quando deciderai di lavorare a gratis, troverai un mucchio di ditte che ti offriranno lavoro altro che disoccupazione e se vuoi vendere qulcosa basta che lo regali e vedrai che vendi tutto subito, se queso lo chiami competività.
      saluti

  15. Enrica

    Mi dispiace ma se continuiamo così quando l’Euro salterà, la nostra economia, ora barcollante, sarà più simile a Berlino dopo i bombardamenti, con la differenza che anche tutto il know how se ne sarà andato o sarà stato comprato e per ricostruire ci vorranno 30 anni con buona pace di chi adesso ne ha 20/30/40.
    Se invece uscissimo le materie prime ci costeranno di più, ma a questo punto invece di importare, visto che siamo pieni di debito estero, le poche aziende rimaste, se hanno ancora un soffio di vita e lo stato acconsente a fare un po’ più debito cercando meno soldi dalle imposte, cioè se ne frega del tetto del 3%, potranno ricominciare a produrre semilavorati che ora sono spariti ma se aspettiamo ancora sarà veramente finita. Così forse potrebbe ripartire l’occupazione e di conseguenza la domanda interna.
    Il punto è: facendo così ci servono che so 10 anni per tirarci su?
    Ma continuando con questa moneta non è forse vero che ce ne serviranno 30?

  16. giulioPolemico

    Aggiungerei:
    7) Se si tornasse alla “Nuova lira”, tutti i risparmi degli italiani verrebbero espressi nella nuova moneta, molto svalutata rispetto all’euro, e perderebbero di potere d’acquisto. È vero che si svaluterebbero gli attuali 2000 mld di euro di debito pubblico, ma si svaluterebbero anche gli attuali 5000 mld di euro di risparmi degli italiani. Se la svalutazione con una ipotetica Nuova lira fosse del 10 %, ma credo sarebbe molto maggiore, avremmo 200 mld in meno di debito pubblico, ma avremmo anche 500 mld in meno di potere d’acquisto da parte dei nostri risparmi: visto che l’Italia produce ben pochi beni, se dovessimo comprare un farmaco prodotto (come molti) negli USA, un’automobile, un cellulare, un litro di benzina, con la nostra liretta molto svalutata dovremmo utilizzare mezzo stipendio.
    In altre parole, ci saremmo rovinati da soli.

    • Marco Disce

      La svalutazione è verso altre valute estere, non verso i beni e i servizi in generale, quindi non si traduce integralmente in riduzione del potere d’acquisto. D’altra parte il sud europa sta sopportando una tremenda recessione da un paio d’anni proprio al fine di produrre la svalutazione di salari e prezzi che serve per riallineare la competitività con quella tedesca, quindi non ha senso lamentarsi se questo risultato viene ottenuto tutto insieme senza passare attraverso la recessione.

    • Il debito privato viene dimenticato, se gli italiani sono ricchi, basta mettere una patrimoniale e pagare il debito, ma penso che la frase che gli italiani sono ricchi è solo una farsa.
      Il debito statale è insostenibile per gli italiani, ben venga l’inflazione che ne alleggerisce il carico.

    • Manshoon

      L’Italia nel 2011 ha importato beni e servizi per 500 MLD di dollari.
      Con la lira spenderemmo, bene che vada, 50 MLD in più ogni anno per comprare pane, pasta e alluminio. Ma potremmo vendere all’estero occhiali e tondini di ferro, sperando pareggino la bilancia commerciale, cosa che non succederà.
      Quindi debito pubblico alle stelle.
      È già successo, e c’è chi ne ha nostalgia.
      Che paese incredibile…

    • fringpack

      Si sbaglia. questa perdita del potere d’acquisto varrebbe solo se si volessero acquistare prodotti esteri. Basterebbe acquistare prodotti italiani vivendo di domanda interna. So già la sua risposta. “Si, ma certi beni come le materie prime dovremo comunque acquistarli da fuori con la nostra lira svalutata”. E io le rispondo, “certo, ma i prezzi dei beni esteri non contengono solo la frazione riguardante le materie prime ma anche costi di trasporto, lavorazione, remunerazione della manodopera ecc i quali non dipendono dalla valuta che uno stato adotta poichè non vengono materialmente importati.”

  17. Guest

    L’1) è simile a quello che è successo a Cipro, che è stato comunque gestibile tanto che Krugman suggeriva ai Ciprioti di approfittarne per uscire direttamente dall’euro.

    Il 2) è un po’ contraddittorio: non si guadagna competitività e però gli altri stati attueranno ritorsioni perchè siamo troppo competitivi? Non torna, non la sta raccontando giusta. Comunque c’è un precedente che smentisce l’autore dell’articolo: nel 1992 l’Italia è uscita dallo SME svalutando del 20%: nessuna inflazione, nessuna spirale, nessuna ritorsione, aumento di competitività certificato dai dati e finanche da Mario Monti (“La svalutazione ci ha fatto bene”) – il quale, tra parentesi, fino al giorno prima suggeriva di impegnare il nostro oro pur di non svalutare.

    Il 3) è molto discutibile: avere debito in valuta estera è come averlo in valuta propria? Proprio uguale??? La Banca centrale Italiana potrebbe veramente decidere di agire contro l’interesse nazionale? Che senso ha?

    Sul 4): l’azzardo morale della banca centrale c’è solo se la controlla il governo italiano? Se la controlla la Germania che spinge per tenere l’inflazione bassa perchè creditrice non è azzardo morale?

    Sul 5): le conseguenze della moneta unica nella vita di milioni di persone (cioè la costrizione ad attuare svalutazioni interne) sta riducendo il supporto verso l’integrazione, quindi se il fine era l’unione politica il mezzo “moneta unica” è in effetti fallimentare.

    • gianfranco

      Possibile che non riesci a capire che il problema non è l’euro, ma come è messa la economia italiana: sprechi, rigidità, ignoranza, burocrazia etc. etc. tutta una organizzazione lenta incompetente ed ignava ?

    • nextville

      “Il 2) è un po’ contraddittorio.” È scritto chiaramente: il vantaggio di competitività è solo immediato (nel medio-lungo termine si sa che le “svalutazioni competitive sono droga” che subito ti tira su ma poi ti lascia più debole). In ogni caso, anche questo vantaggio immediato è subordinato alla implausibile inazione altrui. L’uscita dallo SME, un sistema di bande di oscillazione delle monete nazionali, non è nemmeno lontanamente paragonabile al cambiare la moneta nazionale in modo unilaterale, una mossa che può provocare un cataclisma finanziario!
      Ci è già stato detto che ci sarebbero conseguenze pesanti.

    • Domenico Napolitano

      E’ pure vero che nel ’92 ci furono importanti flussi di denaro in entrata garantiti dalle svendite di stato. La speculazione di quell’anno era anche finalizzata a spaccare lo SME e costringere l’Italia a svendere i suoi gioielli industriali che, a causa della nascente Comunita’ Europea, avrebbe comunque dovuto vendere. Non sono un economista, tuttavia, credo la situazione dell’Italia in vent’anni e totalmente cambiata e non è detto che le soluzioni adottate all’epoca possano dare gli stessi risultati oggi.
      Nei primi anni ’90 l’Italia era ancora in grado di insidiare il quarto posto nella classifica del G7 e aveva un’economia che mostrava i primi segni di cedimento. Oggi è diventato un Paese moribondo con un’economia industriale in cerca di autore: si vivacchia con la grande qualità offerta dalle PMi ma, senza innovazione e senza velocizzare la macchina dello Stato, anche queste moriranno, A quel tempo eravamo tra i leaders mondiali della chimica e delle comunicazioni: oggi che cosa siamo?
      Lei investirebbe in un paese dove vince chi corrompe di più e dove non sai quanto ti costerà gestire un’azienda visto che le normative cambiano di continuo?

  18. Jacopo Piletti

    Secondo i seguaci di bagnai, passare alla bunga bunga lira ci permetterà allo stesso tempo di svalutare e scambiare liberamente in europa(ricordiamoci che l’Ue è uno dei nostri maggiori partner commerciali); si come no, prendete il libro di microeconomia e leggetevi la teoria dei giochi.

    • Mik

      L’inghilterra cosa fa?

    • Alex

      Svalutando i tuoi prodotti costano meno in europa. Cosa dice “il libro di microeconomia” a riguardo?

    • fringpack

      Cosa c’entra la teoria dei giochi? me lo può spiegare per favore?

    • cala mar

      Forse tu e mi sembra più improtante, dovresti prendere in mano il libro di MACROECONOMIA!

    • nextville

      Esatto, non vedono le contromosse: come se a muovere fosse sempre e solo il bianco.

  19. scutmai

    Non ho tutte le sue lauree e tutte le sue competenze, ma mi risulta che per impedire la fuga dei capitali dalle banche cipriote, le stesse rimasero chiuse.
    E’ morto qualcuno?
    Le risulta che siano riusciti a spostare capitali durante la chiusura?
    Ah dimenticavo, questo è successo nell’€!
    Mi scusi sa, per la mia pochezza, ma per un paese che scivola in deflazione, l’inflazione che sale è un bene o un male? Però lei saprà certo trovare argomenti che sostengano la tesi contraria, che una sana deflazione è un toccasana per l’economia e la ripresa.
    “La perdita di fiducia e la fuga di capitali dall’Europa getterebbero il continente in una pesante recessione”..mentre adesso stiamo attraversando una fase di crescita straordinaria,un autentico BOOM!
    Sta usando armi spuntate,perchè la gente sta vivendo quello che lei usa come arma di terrorismo.”Attenti che arriva la melma!”,mentre noi ci siamo dentro fino al collo.
    Con il passaggio ad una nuova valuta,il debito aumenterebbe:le risulta che sia calato?
    Senza contare che il debito in sè,è un valore neutro,mentre conta la bontà del debito,cioè se esso può essere risarcito…mah…

    • Maurizio Cocucci

      Dalla Grecia sono usciti dal 2009 al 2012 almeno 72 miliardi di euro e trasferiti in Paesi a valuta forte (non necessariamente euro). 100 miliardi nei primi tre mesi del 2012 dalla Spagna. Questo senza che si fosse arrivati ad una richiesta formale di uscita dall’euro.

    • Jacopo Piletti

      Si il debito è calato, ci sono costati meno interessi, tra l’altro se avessimo rispettato molto prima i i vincoli di bilancio saremmo messi molto meglio. Ah per la cronaca, Draghi sta pensando di fare un acquisto di bond per evitare la deflazione, quindi più europa invece che meno.

    • La fuga dei capitali è già avvenuta, non si sono mossi quelli che non potevano fuggire.
      L’inflazione controllata è un bene, la deflazione è un male.
      Il debito attuale potrà essere pagato solo con la moneta cattiva, ossia con l’inflazione.
      Con l’inflazione abbiamo lo spostamento della ricchezza dalla classe della rendita a quella del lavoro e delle imprese.

    • nextville

      Se a te piace l’idea andare a cercarsi di subire (prevedibilmente per più lungo tempo) una situazione di blocco delle banche di stampo cipriota-2013, allora uscire dall’euro è certo una bella occasione per fare quell’esperienza su di sè, con la differenza però che i ciprioti hanno comunque in tasca/banca una moneta forte, mentre noi finiremmo per averne una svalutata del 30% come minimo (e in predicato di continue successive svalutazioni, date le intenzioni dichiarate dei no-euro).
      Se a te piace l’idea di tornare in una pesante recessione, perchè la lenta ripresa attuale non ti basta contento tu, ma vai a fare l’esperimento su un altro paese, prima.

  20. Massimo Montali

    Non mi intendo di economia ma vedo che i “populisti” a favore dell’uscita unilaterale dall’euro argomentano con grafici, dati, link ai siti di statistica e siti istituzionali di finanza nazionali ed internazionali, mentre i “democratici europeisti” ripetono sempre le stesse tesi come se fossero verità incontrovertibili senza mai sentire il bisogno di allegare un grafico o una tabella a sostegno. Questo articolo ne è un classico esempio. E’ tempo di confrontarsi sul terreno della scienza economica piuttosto che su quello della propaganda.

  21. tommaso sinibaldi

    Complimenti a Luca Tempesta per l’ottimo post.
    Aggiungerei solo che collocherei il “punto di svolta” per il debito pubblico italiano non tanto nel del divorzio Tesoro-BI, quanto nella adesione italiana allo SME (fine 1979) e nel concomitante (e non casuale, credo) avvento di Ciampi al posto di Baffi. Baffi era contrario ai cambi fissi e quindi allo SME : aveva capito che tutto il mondo andava verso i cambi flessibili, che costituivano il nuovo ordine monetario internazionale e che consentivano, come la storia ha dimostrato, immensi vantaggi. Con la stretta di Ciampi nel 1980 i tassi di interesse reali passarono da 5-6 punti negativi ad altrettanti positivi : e si sono mantenuti intorno a questi livelli mostruosi ( 5-7 punti positivi) per quasi 20 anni, fino al 1998.
    Da qui nasce (e cresce) il debito pubblico italiano e il progressivo strangolamento della struttura industriale del paese.

  22. ravaglia gianni

    Un dato è certo: stare nell’euro ci garantisce di pagare il nostro immenso dedito a tassi da primi della classe.
    Volere uscire significa che uno Stato pieno di debiti,
    incapace di rinnovarsi, con una classe dirigente bacata decide di non onorare più il proprio debito e vuole cominciare a stampare moneta in proprio.
    Ma, chiediamoci: che credibilità avrebbe quella moneta? Nessuna! e con nessuna credibilità chi la comprerebbe quella moneta? Nessuno! per cui si dovrebbe aumentarne progressivamente la stampa per pagare stipendi e pensioni.
    L’inflazione diventerebbe galoppante e si mangerebbe il 30-40 % dei risparmi nazionali e del potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni.(Ricordiamoci la fine fatta dalla Repubblica di Weimar che aveva trovato il modo di non onorare i debiti di guerra stampando, appunto,carta moneta!) Avremmo certo recuperato competitività ma, a quale prezzo per la nostra credibilità internazionale (essenziale per chi come noi ha accumulato un immeso debito) per i risparmi, il potere d’acquisto di salari, stipendi e pensioni.
    Senza considerare che il debito, pur inflazionato dovrebbe essere acquistato da qualcuno.
    Basta chiedersi chi comprerebbe i nostri titoli di Stato dopo che quelli in essere fossero stati svalutati del 30-40% per capire che le tesi di uscire dall’euro è pura propaganda.
    Una vera frode a danno dei cittadini tutti.
    Gianni Ravaglia

  23. Maurizio Cocucci

    Buon articolo che schematizza alcuni punti importanti riguardanti la questione euro e Europa.
    In ogni caso la discussione è puramente accademica perchè nessun governo responsabile chiederà mai l’uscita unilaterale del nostro Paese. Una cosa è ascoltare l’opinione, sicuramente legittima ma priva di competenza, di comuni cittadini che hanno ragione di essere arrabbiati per la situazione economica ma della quale l’euro non ha alcuna responsabilità.
    Altro è l’opinione di banche e imprese attraverso le loro associazioni di categoria che avrà sicuramente maggiore attenzione.
    Il loro punto di vista non può che essere contrario visto che da una scelta del genere ne deriverebbero danni finanziari notevoli, basti pensare per le banche ai prestiti ricevuti da altri istituti di credito stranieri espressi in euro e da restituire nella medesima valuta. Idem per le imprese di grandi dimensioni che emettono obbligazioni i cui prestiti non potranno essere convertiti nella neovaluta.
    Il governo poi non mancherà di ascoltare l’opinione autorevole di chi conosce bene i mercati finanziari in quanto gestisce la collocazione sul mercato dei titoli del debito pubblico.
    Occorre poi tenere a mente la questione giuridica, perchè i trattati prevedono l’uscita dalla UE, non quella solo dall’euro. E’ quindi facilmente ipotizzabile che in caso di una richiesta del genere venga coinvolta la Corte Europea di Giustizia per conoscere se ciò sia possibile in quanto non esplicitamente previsto.
    Mi riesce quindi difficile credere che un governo decida di passare sopra questi pareri e di dare invece ascolto a voci poco autorevoli portando il Paese in una situazione dagli esiti incerti, ma facilmente negativi.
    In ogni caso si dia pure il via al dibattito destinato comunque ad esaurirsi a metà giugno prossimo quando inizieranno i mondiali di calcio.

  24. Marco

    Che vi devo dire….Io faccio l’ingegnere e non sono certamente un esperto. Pero’ credo di saper ragionare con la mia testa e soprattutto di seguire i ragionamenti degli altri. Da questo punto di vista, leggendo tutti i commenti (soprattutto quello di Luca Tempesta, che ringrazio e che mi è sembrato veramente ottimo), comincio anch’io a capire che occorra uscire dall’Euro: Il prof. Baglioni non mi ha convinto neanche un po’.

  25. Guest

    Vi è un’unica grande verità oggettiva. La crisi più grande è stata scatenata dai mutui subprime negli USA e ha travolto tutto il Mondo cambiandolo per sempre. Ma nessun, e dico nessun, professore ha mai previsto nulla del genere. Perchè? Non esistono teorie matematiche o economiche che spieghino l’avidità della speculazione iperfinanziaria che hanno spinto gli intermediari finanziari più grandi del Mondo a giocarsi il tutto per tutto per il più del tutto ovvero il nulla. Salvo poi accorgersene e chiedere agli Stati di salvarli. Se un giorno spiegheranno questi avvenimenti con teorie certe, allora le altre teorie come quelle di questo articolo saranno forse degne di credibilità.

  26. Radhamantis

    Chissà se non ci fosse stata la crisi del 2008, probabilmente noi italiani avremmo rimandato ancora le riforme (dopotutto l’abbiam fatto per 20 anni..)

  27. Massimo Matteoli

    Il fatto che la situazione attuale dell’Euro non sia la migliore non significa che per guarire la malattia si debba uccidere il malato.
    L’Europa deve diventare, ad un tempo, più solidale ma anche più federale e questo non è facile, né per i tedeschi ma nemmeno per tutti gli altri, noi compresi.
    La strada però è questa e spero proprio che alla fine sia percorsa fino in fondo, perchè i costi politici prima ancora che economici di una rottura dell’Unione sarebbero enormi.
    I troppi che stanno tornando con nostalgia all’idea di “stato nazionale”, dimenticano cosa questo ha significato per l’Europa in termini di guerre e tragedie.

    In campagna elettorale, poi, si dà la stura al peggio.
    Si ricomincia con molta leggerezza a parlare di referendum sulla moneta unica o di uscita pura e semplice dall’Euro.

    Bene fa La Voce ha cercare di spiegare cosa succederebbe se questa ipotesi diventasse realtà.
    Basti pensare a quanto costerebbe a tutti noi (in soldi veri e non a discorsi) se i mercati internazionali avessero solo un dubbio fondato sul fatto che che Salvini e Grillo possano avere successo.

    Gli italiani farebbero bene a capire che per una manciata di voti si sta speculando sui loro risparmi.

  28. gab

    Innegabile il punto 1, per le banche il costo dell’uscita sarebbe enorme considerando la crisi di fiducia e la chiusura degli sportelli.
    Concordo con il punto 4, preferisco una BCE indipendente rispetto al potere esecutivo, in quanto scomparirebbe il problema della sostenibilità del debito ma i vari governi abuserebbero della possibilità di “stampare moneta” (opinione personale)
    I punti 2 e 3 sono però previsioni poco fondate: l’uscita da una moneta sopravvalutata porterà sicuramente ad un miglioramento della competitività proprio perchè la svalutazione è il frutto di 10 anni in cui abbiamo perso in competitività a causa dei differenziali d’inflazione, poi è vero che la svalutazione a sua volta potrà creare altra inflazione ma nell’uscita dallo sme non c è stata aumento dell’inflazione ne tantomeno ritorsioni commerciali.
    Per non parlare della pesante recessione di cui parla alla fine del punto 2, adesso dove siamo?!
    Anche il punto 3 è poco fondato: per le casse dello stato l’uscita dall’euro sarebbe una manna dal cielo (riconversione del debito in lire, possibile monetizzazione del debito o banca centrale che garantisce i titoli pubblici, crescita economica) sono tanti i motivi che alleggerirebbero il debito.
    Sono d’accordo che nascerebbero molti contenziosi riguardo la conversione di debiti e crediti privati nelle nuove valute europee ( in caso di uscita dell’Italia molto difficilmente l’euro sopravviverebbe)
    punto 5: sicuro che l’euro sia un progetto politico?
    A me sembra una soluzione estrema al fallimento del sistema dei cambi fissi; è un mezzo che favorisce la grande imprenditoria e il sistema finanziario eliminando il rischio di cambio e inflazione ma con tante altre controindicazioni.
    Se è vero che è un progetto politico si sta rivelando sbagliato.

  29. L’Autore dell’articolo verrà smentito dai fatti, già ieri Draghi ha annunciato un intervento di 1000 miliardi di acquisto titoli statali paesi euro ( in proporzione per evitare aiuti di stato), Draghi sarà costretto ad effettuare questa misura di politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali perché l’Europa sta scivolando verso la deflazione e quindi non ha già alternative, si deve accettare un aumento dell’inflazione e una svalutazione del cambio, sono questi i presupposti per la ripresa.
    Ciò precisato le risposte giuste alle domande non sono quelle date ma le seguenti:
    1) l’uscita dall’euro deve essere fatta in un week-end, altra vista fu l’introduzione dell’euro, oggi dobbiamo solo cambiare il nome, vi sarà, se Draghi non fa ciò che ha promesso la rottura dell’area valutaria, non è detto che si torni alla lira, forse e’ più probabile che la Germania torni al marco, sicuramente non vi sarà l’area valutaria attuale che ha trasferito oltre 1400 miliardi alla Germania
    ( surplus bilancia pagamenti Germania dall’introduzione dell’euro);
    2) l’Autore deve capire che se vi è la rottura dell’area valutaria, la causa deriva dalla politica monetaria svolta da Draghi, quindi una eventuale rottura dell’area valutaria porterà ad una politica monetaria espansiva come quella della?
    Fed che provocherà aumento Pil, meno disoccupazione, ecc; la risposta è contraria a quella data;
    3) naturale che la politica monetaria cambia gestire, il problema della monetizzazione non esiste, poi non è detto che se viene monetizzato non vi sarà più il controllo pubblico sui conti, oramai il pareggio del bilancio è un’obbligo per tutti i paesi, la diminuzione della spesa pubblica è un obbligo per competere in un mondo globalizzato come quello attuale, quindi un’eventuale politica monetaria espansiva serve solo per fare ripartire la macchina.

  30. Guest

    Purche’ – mi scuso anticipatamente per i toni un po’ accesi – ci si dia una mossa

    Studiare, in Italia, non serve a nulla.
    Qualche pezzo di carta, un ph.d, quasi alla seconda laurea, a scanso preventivo…di…repliche.
    Codesto paese(llo) sta evaporando.

    Principale imputato?
    Le svalutazioni – so-called- competitive.
    CI si è svalutati, insieme: competenza, MERITO, cervello, ecc.

    Capitalismo ed imprenditoria parentale, tra una Balena Bianca, ed una…prece….

    Caro Professore, pensioni e quasi 20 milioni di pensionati (oltre alla casse dell’INPS!!) dovrebbero essere i principali temi, con disoccupazione a doppia cifra, zero crescita e 5 mafie (anche ipostasi per illegalità dilagante, qui)
    Bonne chance

  31. Che poi, quelli che auspicano l’uscita dll’Euro, sono i primissimi che se ne andrebbero subito in banca a raccogliere i loro risparmi, in Euro, per pararsi le chiappe e speculare XD

    Fan soldi ora con libri e conferenze e poi li usano per far ancora più soldi dopo con il trading. Mica scemi 😀

  32. né grillino né leghista

    Svalutazione non è inflazione, svalutazione non è inflazione! La storia ce lo insegna. Negli anni ’70 c’era inflazione a causa di fenomeni esogeni (crisi petrolifere) non perché si svalutò. Nel ’92 si svalutò perché non riuscimmo più a sostenere il cambio fisso dettato dalla SME. No inflazione. Non è vero che l’Italia utilizzò l’arma della “svalutazionecompetitiva” per pigrizia o recupero di produttività e competitività poiché poco disciplinata, ma come strumento di difesa da attacchi esterni, che minano l’economia del paese. Ed è quello che sarebbe necessario ora. Passando ad un cambio euro-nuova lira 1 a 1, la nuova moneta gradualmente si deprezzerà fino ad un livello più consono alla nostra economia. Non a caso lo fece solo 3 volte (due negli anni ’70 e nel ’92), e non a caso lo fece anche l’Inghilterra nel 2008 e non ci furono morti, né tra creditori esteri o interni.

  33. gianfranco

    D’accordo su tutto
    ma il punto 2 degli antieuro è certamente il piu’ imbecille:
    è chiaro che svalutando si vendono di fatto di più i propri prodotti perchè ad un prezzo inferiore.
    Seguendo la stessa logica, basterebbe regalarli e ci sarebbe una esplosione di export da rendere insufficiente la produzione.

  34. Pinobici

    Mi limito al Punto 5
    Euro progetto politico non economico. Cioè € è nato male, e lo dice, non funziona così com’è, e lo dice, ma va tenuto perché spinge all’integrazione politica. In sostanza la teoria di Prodi Padoa Schioppa Ciampi etc… (e vediamo i risultati).
    In buona sostanza chi va in Germania a convincerli all’integrazione politica?

  35. Ettore

    Ho letto tutti i post,quello di Luca Tempesta è molto puntuale e circostanziato, mi piacerebbe che il Prof. Baglioni gli replicasse perché le sue obiezioni sono valide secondo me.
    Non sapevo della faccenda della Corea del Sud, sono andato a cercarmi qualcosa in Rete, in effetti mi sembra che Quello che ha scritto Luca Tempesta sia vero. Comunque sono valide e fondate anche le argomentazioni del Prof. Baglioni.
    La verità, a mio avviso, è che nessuno sa con certezza cosa accadrebbe se uscissimo dall’euro, non ci sono precedenti nella letteratura economica perché l’uscita da un’area valutaria comune non si è mai verificato. Ho letto molto sull’argomento per cui mi sono fatto la seguente opinione elaborando quanto letto con le mie conoscenze personali.
    Complessivamente ritengo che se uscissimo per noi sarebbe peggio perchè le argomentazioni sviluppate nell’articolo ( sono quelle esplicitate dalla maggior parte degli economisti più prestigiosi tranne Bagnai e qualche altro; da precisare che non è vero che Krugman avrebbe sostenuto che l’Italia dovrebbe uscire dall’euro!) sono fondate e pertinenti.
    L’economia non è una scienza esattA, è ovvio che su ogni questione c’è sempre qualche economista che la pensa diversamente. Ma la maggior parte degli economisti ritengono che l’uscita dall’euro sarebbe peggiore del rimanervi anche con tutti i vincoli e limiti attuali. disegno di legge di revisione costituzionale. È ovvio che l’Europa monetaria e politica ha tanti difetti, molte cose dovrebbero cambiare. Forse sarebbe stato meglio non entrare, ma uscire sarebbe un rimedio peggiore del male!
    La principale argomentazione dei fautori dell’uscita dall’euro, ossia che con la svalutazione torneremmo competitivi, a mio avviso non tiene conto di due fattori. Primo, il mondo di oggi non è quello degli anni 80/90, allora il livello di integrazione dei mercati era molto più ridotto, la Cina e i Brics praticamente non esistevano commercialmente parlando;
    il mercato era prevalentemente quello interno, e quello europeo, i competitor asiatici non esistevano,ora è tutto piu’ complesso e difficile, l’equazione svalutazione= competitivitA’= crescitA del Pil per vie esterne non è cosi automatica come i fautori dell’uscita sostengono! Secondo, nessuno tiene conto di un fattore a mio avviso importante: se svalutiamo uscendo dall’euro, gli altri paesi non staranno mica a guardare facendo aggredire i loro mercati senza colpo ferire! Potrebbero benissimo( tranne la zona euro) svalutare anche loro ( guerra valutaria), oppure praticare ritorsioni commerciali tipo barriere tariffarie e non tariffarie ( che sono anche peggio, già orA paesi come la Cina ne fanno ampio uso con successo!), dazi doganali,etc. Anche i paesi intra euro potrebbero farlo, una volta che l’Italia uscisse per svalutare, gli altri paesi potrebbero reagire con ritorsioni commerciali di vario tipo che potrebbero vanificare la svalutazione competitiva anche all’interno dell’area euro.

  36. Mire

    Io sono per l’euro, ma mi rendo conto che il punto fondamentale è il n.5.
    L’euro era ed è un progetto politico irrealizzabile, se non nel lunghissimo termine. Semplicemente manca per ora la volontà popolare (politica, appunto) di integrarsi completamente e di cedere sovranità ad un unico governo europeo, accettando di convivere e pagare un prezzo per i veri o presunti difetti/colpe degli altri popoli. Quindi, perché accettare le chiarissime difficoltà del percorso di oggi, se non ci interessa veramente raggiungere il traguardo finale?

  37. Guest

    Fuor di polemica, se l’intento era ‘divulgativo’…..
    2.5 x 10_15, il DEBITO ITALIANO IN LIRE pre-euro (2.5 000 000 000 000 000), divenuti ‘solo’ 1.3 X 10_12…(+700bn euro di debito in pochissimi anni)
    5 mafie, che reclamano rappresentatività politica ed altro, pare giusto…sic!
    Bisogna affrontare i nodi strutturali del paese, con la stessa fermezza con cui si denuncia – condivisibilmente- la stupidita’ di uscire dall’euro.

    dove sono i) un piano integrato di azioni per il Paese ii) l’indicazione delle priorità?
    Non ho letto una riga, in Italiano, su cosa fare per rifare il Paese.

    L’Italia va considerata e trattata come un Paese emergente, caro Professore
    GCI 2013/2014 (source: 2013 World Economic Forum)= RANK 49, score 4.41….
    Cyprus 58…score 4:30…
    Colombia 69
    Vietnam 70 (score 4.18)
    http://www3.weforum.org/docs/GCR2013-14/GCR_Rankings_2013-14.pdf

  38. Giovanni

    Riconosco di essere ignorante in materia di economia e mi pongo alcune domande. Se l’uscita dall’euro ci permetterebbe di svalutare la nuova moneta e di favorire così le esportazioni, non potremmo ottenere lo stesso risultato riducendo i prezzi? Si dirà che i prezzi sono già all’osso e che ridurli è impossibile, ma cosa cambierebbe svalutando? Attualmente in realtà il problema dell’Italia non è l’esportazione, ma i consumi interni. Una svalutazione che aumentasse la povertà non sarebbe peggiorativa della situazione? Infine penso che i confronti con il ’92 o con la Corea o altro non provino nulla, sono contesti del tutto diversi.

  39. Andrea B

    Per Baglioni:
    Dato il carattere della tematica secondo me adesso l’autore è l’intervistato e chi commenta sono i giornalisti, magari disattenti e con la puzza sotto il naso, ma pur sempre con il microfono in mano.
    L’articolo ha risposto ad una domanda che il giornalista (il pubblico) avrebbe fatto.

    Adesso il pubblico sta facendo la seconda e la terza domanda.. l’autore (in un certo senso intervistato) non può non rispondere perchè questo interessante articolo si ridurrebbe a dichiarazione da TG1, in gergo minzolinismo, una serie di dichiarazioni contrastanti senza dialettica tra le parti.
    Non deve diventare un talk naturalmente, ci deve comunque essere uno stop, ma rispondere solo alla prima domanda ignorando le seconde è inutile.
    Ovviamente non tutte (troppe) ma neanche nessuna!

  40. Mauro Artibani

    Che c’azzecca la lira ?

    Senta questa: Il reddito medio in Italia ha subito una diminuzione di circa 2.400 euro rispetto al 2007. Lo riferisce l’Ocse. Si tratta, precisa l’analisi, di
    una delle riduzioni in termini reali più significative nell’eurozona, dove in media, la diminuzione è pari a 1.100 euro.

    Adesso senta quest’altra, la dice Bertolussi: dall’inizio della crisi alla fine del 2013 i consumi delle famiglie italiane al netto dell’ inflazione sono crollati del 7,6 per cento. Ciò vuol dire che la spesa, in valore assoluto, è diminuita di 66,5 miliardi di euro.

    Esattamente tra queste due notizie sta ficcata la crisi.

    Per tutta risposta, in questi tempi grami di
    denari ma pure di idee, si dibatte a spronbattuto di euro si , lira no; lira si, euro no.

    Orbene, il problema sta nell’uscire dall’euro o nell’entrare in un’altra Europa?
    L’ Europa di una economia, finalmente liberata dei trucchi reflattivi, che si faccia nuova di zecca.
    Già, quell’Economia dei Consumi che gli
    accademici non scorgono, le facoltà non insegnano ed i politici misconoscono.
    Là dove produzione e consumo giocano alla pari
    dentro un sistema circolare e continuo; dove i primi danno l’input al moto e i secondi, con l’output, quel moto lo rendono perpetuo, per fare quella crescita
    che fa la ricchezza.
    Ecco, appunto, la “Libero Marcato Spa”, dove
    agiscono quegli operatori di mercato: milioni di Imprese producono valore,
    centinaia di milioni di Consumatori producono il consumo di quel valore.
    Pure dentro gli Stati e tra gli Stati ci sono aree dove si produce più di quanto si consuma ed
    altri dove accade l’inverso. I primi hanno bisogno di acquirenti, i secondi di venditori.
    Gli squilibri nelle bilance commerciali di quei paesi lo mostrano, esponendo costi e ricavi.
    Lo mostra quella parte di debito fatta per dare sostegno al tenore di vita necessario a smaltire le merci prodotte altrove.
    Questo accade perché, pur spendendo tutti un’ unica moneta, per generare ricchezza,
    questa viene mal allocata per remunerare adeguatamente i titolari di quelle
    risorse produttive che fanno la crescita: quelli che con la spesa fanno il 60% di quella ricchezza.
    Se la crisi risulta avere origine dal reddito
    erogato dalle imprese a chi lavora, insufficiente ad acquistare quanto prodotto;

    Se questa insufficienza ha impallato il
    meccanismo dello scambio, dando la stura alla recessione dei paesi del sud e
    alla stagnazione di quelli del nord;
    Se sprazzi di deflazione gridano e mettono in allarme pure Jens Weidmann, il falco della Bundesbank;
    Se, se, se: insomma non c’è più trippa per gatti, per
    nessuno.
    Quanto di tutto questo possa essere ritenuto
    responsabile l’euro, lo si può intuire.
    Come invece la lira possa risolvere tal garbuglio
    non è dato pensare.
    Bando alle ciance, andiamo al sodo:
    quando in quel mercato unico l’offerta si mostra in eccesso, svalutandone il valore per difetto di domanda, si impone la necessità di riportare in
    equilibrio quel commercio squilibrato, acquistando l’unica merce scarsa sul banco della spesa: la domanda.
    Tocca a chi vende importare quella merce che fa smerciare il già prodotto, fa riprodurre dando continuità al ciclo, fa crescere l’economia per fare utili.
    Viene pure riequilibrato lo squilibrio tra le bilance commerciali dei paesi associati.
    Uno spazio unico, senza dazi nè gabelle si mostra conveniente, con un’unica moneta ancor di più.
    Senza farla troppo lunga, tant’è:
    “La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per ricapitalizzare chi, nella “Libero Mercato S.p.A.”, con la spesa, remunera.

  41. MAssimo

    E chi ci farebbe queste ” ritorsioni commerciali ” ? Gli stessi che sperano nella resstituzione del nostro debito ? Se hanno così paura del nostro miglioramento di competitività allora vuol dire che la manovra non è così sbagliata. Ma se fanno ritorsioni da barzelletta a Putin per essersi ripreso la Crimea figuriamoci se le vanno a fare a noi per una decisione assolutamente legittima. Saremo padroni del nostro destino o no ?

  42. Ivo C

    Fantastico, la maggior parte dei commenti inizia con “non mi intendo di economia” e simili. L’ignoranza economica infatti è il vero male italiano, senza di essa saremmo usciti dall’euro da un pezzo (o meglio, non ci saremmo mai entrati).

    Sono d’accordo solo sul punto 1,6 e un po’ sul 4. Un’uscita dall’euro dovrebbe essere fatta in 1-2 anni con la doppia circolazione euro/nuova lira. Nel lungo termine avremmo problemi? Bene, meglio morire di euro adesso! Ottima scelta.

    A proposito, l’ultimo precedente storico è stata la svalutazione del 92′, e non mi sembra di ricordare inflazione al 30% ne tantomeno mi sembra che il paese sia fallito. Anzi, la borsa di milano nei due anni seguenti ha sovraperformato quella tedesca!

    Quali sono i due paesi in Europa finanziariamente più avanzati? Svizzera e Inghilterra. Quanti di loro hanno l’euro? Nemmeno uno, mica sono scemi!

    Ci sarebbe da discuterne troppo, un post non basta. Fuori dall’euro!

  43. Giorgio

    Da un sito che solitamente propugna il libero mercato, anche senza particolare logica (vedi i casi di monopolio naturale e i servizi pubblici), non mi sarei mai aspettato un articolo che spiega i “grandi” vantaggi di impedire il libero scambio delle valute. Insomma, secondo l’autore è meglio un sistema simil-gold-standard a cambi fissi (ché una valuta unica in sistemi economici nazionali, con dinamiche dei prezzi e delle retribuzioni molto diverse anche a causa del dumping sociale delle riforme Hartz in Germania, è di fatto come un insieme di diverse valute ma con cambio fisso e immutabile), in cui gli squilibri economici per forza di cose si sfogano sui lavoratori (e questo lo afferma la teoria economica standard), che non un sistema in cui tali squilibri portano, in modo perfettamente naturale e coerente con il libero scambio, all’aggiustamento dei tassi di cambio. Il richiamo poi alla spirale “svalutazione-inflazione” è privo di fondamento: quando mai in Italia il pass-through svalutazione-inflazione è stato prossimo o addirittura superiore ad uno!?

    • Maurizio Cocucci

      Dumping salariale tedesco tramite le riforme Hartz? Ecco le conseguenze della dilagante disinformazione.
      Hartz Konzept:
      Pacchetto N.1 (Hartz I): riforme che hanno interessato l’apprendistato, la formazione professionale durante lo studio e di alcune normative legate al lavoro.
      Pacchetto N.2 (Hartz II): Riforma riguardante i lavori saltuari (occasionali) a tempo determinato caratterizzati da contratti “atipici”, già presenti dal 1977 ma fino ad allora poco utilizzati. Questi dal 2003 si dividono in due categorie in base al tetto massimo di compenso mensile/annuale: minijobs (450/5.400 €) e midijobs (850/10.200 €). Questi contratti godono di particolari benefici fiscali e contributivi e non riguardano i lavoratori ordinari (operai e impiegati) perché destinati a particolari attività.
      Pacchetto N.3 (Hartz III): trasformazione degli uffici per il lavoro in agenzie per il lavoro.
      Pacchetto N.4 (Hartz IV): riforma in materia di sostentamento al reddito in caso di disoccupazione e/o redditi al di sotto dei livelli minimi.
      Di queste, quella di cui tanto si parla (a vanvera) riguarda i minijobs e la cosa curiosa è che destano scandalo al di fuori della Germania, dove vengono appunto illustrati erroneamente. In breve qualsiasi lavoratore che svolga un lavoro da 40 ore settimanali (operaio, impiegato) non ha un minijob anche perchè pagando meno contributi e imposte lo Stato ci perderebbe. Questi contratti sono destinati a lavori secondari che prima erano retribuiti “in nero” (non diverso da quanto accade in tutto il mondo, compresa l’Italia). Dato che in Germania era diffuso lavorare senza un contratto ufficiale e percependo quindi un compenso non soggetto a imposte e contributi al quale poi però si aggiungeva il sussidio di disoccupazione, a molti cittadini quasi conveniva questa situazione e di conseguenza la riforma voleva porre un freno facendo in modo che ai datori di lavoro non convenisse economicamente il non stipulare un regolare contratto in quanto a loro costa oggi ‘solo’ circa un 30% in più del compenso pattuito. Dall’altra sono state poi previste severe sanzioni a chi comunque intenda proseguire nell’illecito. Della infondatezza di un presunto dumping salariale basta guardare al costo del lavoro orario nell’area euro, Eurostat ha pubblicato da poco i dati aggiornati che mostrano come il costo orario in Germania sia ancora tra i più elevati.

      • Marco Disce

        Scusa eh ma se non è dumping salariale questo:
        http://bilbo.economicoutlook.net/blog/wp-content/uploads/2011/09/Eurozone_real_wages_growth_2000_2008.jpg
        Il punto fondamentale rimane questo: l’inflazione annuale media tedesca si è attestata all’1.5% negli anni 2000-2008, tutto il resto dell’eurozona ha avuto inflazioni più alte, questo semplice fatto (quale che ne sia la causa) ha creato distorsioni degenerative del mercato che non hanno niente a che fare con una presunta maggiore “bravura” dei tedeschi rispetto agli europei del sud o ai francesi.

        • Maurizio Cocucci

          Le riforme Hartz non hanno nulla a che vedere con l’andamento dei salari. In merito a quanto indicato in figura occorre anche leggere i grafici nel contesto in cui sono elaborati. Tra l’altro quel grafico è troppo generico in quanto sempre l’istituto di statistica di Wiesbaden ha pubblicato quello relativo alla crescita dei salari nominali e reali e da questo risulta che la crescita nel settore manifatturiero è in linea con quella dei prezzi. La Germania aveva ad inizio “era euro” un costo del lavoro notevolmente più alto rispetto ai più diretti concorrenti e al fine di recuperare competitività imprese e sindacati si sono accordati per far crescere le retribuzioni meno della produttività al fine di giungere ad un allineamento con il costo del lavoro orario presente altrove e difatti questo divario si è ridotto seppur ancora oggi un ora in Germania costa in media 31,5 euro contro i 27-28 in Italia. Il dumping salariale è cosa ben diversa.

    • giulioPolemico

      Di fatto, la svalutazione è un’inflazione intenzionale. Se diminuisci il potere d’acquisto della moneta, è come se mantenessi invariato il potere d’acquisto ma alzassi i prezzi dei beni al consumo.
      Mi sembra che questo sia sufficiente, come legame.

  44. rob

    La tua analisi può essere anche vera, ma la svalutazione è come chi ha il mal di testa e si prende l’aspirina, la mattina dopo il mal di testa torna! La svalutazione può essere uno strumento di aggiustamento ad un sistema che funziona. Avrò salame negli occhi ma qui io non vedo sistema, vedo una arretratezza paurosa, tempi della burocrazia che si scontrano con la realtà e la velocità dei mercati e della rete. Sono 30 anni che nessun parla di piano industriale adattabile alla nuova realtà. Abbiamo tentato di salvare la chimica della Montedison cercando di venderla ad un produttore analfabeta di varecchina, con la nostra storia noi nella chimica avremmo dovuto nel 2014 vendere solo brevetti.

  45. rob

    “Quali sono i due paesi in Europa finanziariamente più avanzati? Svizzera e Inghilterra”. E’ un paragone che non regge poiché ambedue i Paesi da lei citati fanno riferimento a sistemi internazionali diversi dal nostro Paese. La lira ha la stessa credibilità di una sterlina o di un franco-svizzero?

    • Ivo C

      Non è un problema di credibilità ma di controllo. Se non hai sovranità monetaria un investitore sa che sei alle mercé di qualcun altro. Lei tolga le tasse sul capital gain in Italia e si riprenda la sovranità monetaria, poi andiamo a vedere dove porteranno i soldi gli investitori. Per quanto riguarda la svalutazione del ’92 invece che mi dice?

      • rob

        Le ha risposto Cocucci: una moneta a livello internazionale deve essere riconosciuta. Il controllo puoi averlo a livello locale ma quando sei nel mondo le dinamiche sono diverse. Inutile parlare delle svalutazioni del ’92 o di altri anni, il problema di questo Paese non si risolve con le aspirine è un problema di natura culturale e quindi strutturale . Per rilasciarmi i documenti di una Soa hanno impiegato 5 anni perché si erano persi i documenti, 1 azienda su 10 non risponde ad una e-mail, il passaggio di proprietà di un’auto in Olanda si fa con 30 secondi spendendo 9,50 euro, in Italia un mio amico concessionario ha venduto un mercedes di 15 anni valore 2000 euro con passaggio di proprietà di 1200 euro. Credo che comprendi che finchè siamo a bere allo stesso bar tutto va bene, ma le dinamiche per stare nel mondo sono diverse già negli atteggiamenti. Figurarsi nel fare accettare una moneta.

        • Ivo C

          Inghilterra e Svizzera, ma anche Cina, Stati Uniti, India, etc. sono “nel mondo” e non mi sembra che stiano male perché non hanno l’euro. Ed ha perfettamente ragione lei, l’Italia è inefficiente, ecco perché ha bisogno di una moneta svalutata. Non siamo tedeschi (e dopo 4 anni passati in Germania mi creda, non vorrebbe neanche diventarlo) e non possiamo morire di euro mentre aspettiamo di diventarlo. Quindi prima si migliora, e poi eventualmente si va a giocare con l’euro, non il contrario. Comunque, nessuno mi ha ancora risposto: perché se avete ragione voi Milano dopo il ’92 ha sovraperformato Francoforte?

      • Maurizio Cocucci

        Quanto ha affermato è facilmente smentibile e lo può fare lei stesso. Confronti i tassi di interesse sia nominali ma in particolare quelli reali tra Paesi aventi simile rating. Ad esempio se confronta Brasile e Italia vedrà che un titolo decennale brasiliano paga oggi il 12,70% a fronte di un tasso di inflazione del 5,58%, contro un rendimento ad oggi dei nostri Btp decennali pari al 3,24% e una inflazione del 0,4%. Vedrà che anche mettendo a confronto i migliori della classe non riuscirà a dare una spiegazione legata alla moneta o alla sovranità o meno monetaria. La Germania ad esempio paga oggi tassi inferiori con l’euro (oggi in senso lato) di quando aveva il marco e quindi la presunta sovranità, dico presunta perché da statuto la Bundesbank è sempre stata indipendente dal governo federale e non era (sempre da statuto) prestatrice di ultima istanza.

        • Ivo C

          Primo, anche quando avevamo la lira e l’inflazione a due cifre i titoli di stato rendevano di più, quindi c’era un tasso netto positivo, come il suo esempio sul Brasile. Secondo, una moneta rappresenta l’economia sottostante. La Germania ha sempre fatto una politica restrittiva per evitare un’altra Weimar (nella loro testa) ed aveva un marco giustamente fortissimo che la limitava nell’export. Grazie all’euro essa ha di fatto svalutato il suo “marco” mentre noi abbiamo apprezzato la “lira”, ecco perché ora vanno a gonfie vele e noi malissimo. La moneta deve essere libera di fluttuare per permettere l’equilibrio, e l’euro non rappresenta la nostra economia essendo almeno del 30% sopravvalutata rispetto alla lira. Terzo “Vedrà che anche mettendo a confronto i migliori della classe non riuscirà a dare una spiegazione legata alla moneta o alla sovranità o meno monetaria”. La Svizzera ha di fatto imposto un cambio a 1.23, perché può stampare i franchi che vuole. Se avesse avuto l’impossibilità di agire sul cambio il franco sarebbe schizzato sotto la parità con l’euro ed avrebbe ucciso tutto il loro export. Chiaro che se sei un paese del terzo mondo non è avendo la sovranità monetaria che risolvi tutti i tuoi problemi, ma noi eravamo la quinta potenza mondiale prima di impantanarci.

          • Maurizio Cocucci

            La Germania non ha in testa l’iperinflazione della repubblica di Weimar, semplicemente non ha le rivalutazioni automatiche di salari e (in particolare) pensioni che invece abbiamo noi. Ecco perché i tedeschi hanno la fobia dell’inflazione. Adottiamo questa politica e vedrà che anche noi avremo timore di un aumento anche solo della tazzina del caffè.
            Riguardo alla sua affermazione che andremmo malissimo riguardo alle esportazioni a causa di una valuta troppo forte, le suggerisco di leggersi i dati Istat. Se invece vogliamo parlare di crollo della domanda interna allora è diverso.

          • Ivo C

            Si che la ha, se lo faccia dire da uno che in Germania ci ha lavorato 4 anni. E poiché ci ho lavorato 4 anni, le dico anche che il mio salario è stato sempre rivalutato con l’inflazione + bonus. Quindi è male informato. Li legga lei i dati Istat, potrebbe scoprire che il saldo delle esportazioni nette negli ultimi anni è dovuto al crollo della domanda interna, operazione voluta da Monti, Letta & Co. Insomma per sostenere l’euro e riequilibrare la bilancia commerciale si è deciso di impoverire gli Italiani. Bell’affare quest’euro! Mi manda un link dove si vedono queste esportazioni esplodere con l’euro?
            Mi spiega perché tutte le potenze mondiali hanno svalutato negli ultimi 5 anni (USA, Inghilterra, Giappone, Svizzera e Cina). Aspetto sempre che qualcuno trovi una risposta al fatto che nel ’92, quando svalutammo del 30-40%, la borsa italiana sali di quasi il 100%, facendo meglio della tedesca. Ma non doveva esserci una catastrofe?

  46. Luca

    punto 1) l’uscita dall’euro ha carattere immediato (come del resto lo ebbe l’uscita dallo Sme), la preparazione può durare mesi e deve rimanere riservata. In ogni caso, quando saremo costretti ad uscirne non importerà a nessuno se ci
    vorrà un week end o un mese. Ne riparleremo alla prossima crisi, quando lo spread tornerà a salire (o lei pensa davvero che quello del 2007 sia stato
    l’ultimo shock economico asimmetrico della storia?).
    punto 2) la spirale svalutazione inflazione dovrebbe spiegarmela meglio. In un mercato il prezzo di qualsiasi cosa (anche di una valuta) è dato dall’incrocio della domanda e dell’offerta, non c’è nessuna spirale. Negli anni ’70 l’inflazione era alta in tutti i paesi industrializzati a causa degli shock
    petroliferi del 1973 e 1979. In Italia è stata più alta che in altri paesi perché si scelse di proteggere di più che all’estero il mercato del lavoro con bassi tassi d’interesse reali (perché eravamo in recessione e perché il consenso dei comunisti aumentava). Comunque, la disoccupazione nel 1977 era al
    7%, e nonostante un’inflazione a due cifre non ci sono notizie di suicidi d’imprenditori veneti in quel periodo.
    punti 3 e 4) Ritornare a fare politiche monetarie vuol dire poter tornare a fare politiche industriali e sociali, anche se ovviamente il ritorno alla lira non
    risolve il problema del debito pubblico. Il debito pubblico va tenuto sotto controllo con politiche adeguate e con l’aiuto di Banca d’Italia come avvenne
    fino al divorzio del 1981 (e prima dell’impennata del debito pubblico causato dall’aumento dei tassi d’interesse). In ogni caso, una crescita economica
    aiuterebbe il rapporto debito/Pil più dell’austerity imposta dagli ultimi governi.
    punto 5) L’euro è una moneta e basta. Solo un fanatico può vederci qualcosa di diverso.
    Punto 6) L’Europa è lontana dai suoi cittadini. Ma che cosa vuol dire? I cittadini europei sono l’Europa, se non è davvero così, non mi importa niente chi sia, ne
    quanto vicina sia, questa Europa.

    • Manshoon

      “Ritornare a fare politiche monetarie vuol dire poter tornare a fare politiche industriali e sociali.” Non vedo il nesso e non c’è traccia di spiegazione: come se la qualità di una classe dirigente aumentasse se ha in mano i cordoni della borsa. In Italia. Semplicemente fuori dal mondo. Altri paesi Ue hanno politiche industriali e sociali decenti pur non avendo sovranità monetaria.

      • Luca

        La spiegazione è molto semplice: la permanenza nell’euro ha richiesto l’esecuzione di ben definite politiche di austerità che avevano il preciso scopo di diminuire i consumi e riequilibrare il saldo delle partite correnti con l’estero. Va da sé che, se non fossimo stati nell’euro, la naturale svalutazione del capitale (la lira) avrebbe reso le importazioni meno convenienti e il consumo di prodotti esteri sarebbe stato sostituito con quello di prodotti nostrani, senza alcun impatto sulla domanda interna complessiva.

        • michele

          L’entrata nella UE ci ha anche permesso di abbassare il costo del finanziamneto, secondo alcuni calcoli, dal 90 a oggi, l’Italia ha rispairamto, in interessi, 750 miliardi di EURO. Anche quelli sono soldi che sono stati utilizzati per politiche sociali, industriali ed economiche.

          • Luca

            Eh già, ha ragione lei! Ma ha visto però quanto è aumentato il debito? Quello privato, naturalmente, di cui nessuno parla. Va da se che sé diminuiscono i tassi d’interesse c’è chi si indebita di più, e magari è proprio quell’imprenditore a cui abbiamo detto che invece doveva metterci i soldi suoi perché era sottocapitalizzato. Possiamo decidere: o paghiamo tassi d’interessi un po’ più alti di ora (ma comunque più bassi di quelli che ci saranno poco prima di uscire dall’euro), oppure pagare tassi d’interesse più bassi per un debito semplicemente più alto.

    • Ettore

      La tua analisi e’interessante ma spiegami una cosa: come fai a stabilire in maniera cosi meccanicamente deterministica che con il ritorno alla lira si innescherebbe un circolo virtuoso svalutazione= competitività= esportazioni= aumento del Pil per vie esterne? E’ un’ipotesi avallata da una parte della letteratura e da qualche caso empirico, infatti citi il caso della Corea del Sud. Ma anche la dinamica svalutazione,aumento dell’inflazione= perdita di competitività è parimenti suffragata dalla letteratura economica e da molti casi concreti! Poi c’è un’altra variabile che nessuno considera. Gli altri paesi,a cominciare da quelli europei,non assisteranno mica impassibili alla svalutazione competitiva! Reagiranno con ritorsioni commerciali,barriere tariffarie, dazi, barriere non tariffarie, guerre valutarie,etc La Cina, il Brasile e la Russia già adesso usano ampiamente con successo barriere varie per scoraggiare la penetrazione delle merci nei loro mercati infatti gli Usa si lamentano sopratutto di questo nei confronti dei cinesi che chiudono il loro mercato alle loro merci e aggrediscono il mercato degli altri paesi con il dumping sociale e commerciale,non rivalutano lo yuan, etc. I Paesi intra euro, se l’italia uscisse per svalutare, userebbero tutti gli strumenti a loro disposizione per proteggere i loro mercati.

      • Luca

        Il trattato che istituisce il mercato comune vieta la discriminazione fiscale di un prodotto proveniente da un altro paese membro. Pertanto, non comprendo quale tipo di ritorsione avrebbero nei nostri confronti gli altri paesi europei.
        Del resto, proprio mentre le scrivo (e dall’introduzione del cambio fisso nel novembre 1996) la Germania sta di fatto svalutando (non potendo rivalutare) e noi non abbiamo mai potuto discriminare nessuno dei loro prodotti.

  47. Maurizio Cocucci

    Chi contraddice il primo punto dell’articolo del prof.Baglioni sostenendo che un cambio di valuta si potrebbe attuare nell’arco di qualche settimana se non addirittura in un fine settimana credo non sappia nemmeno di cosa si parli. Intanto l’uscita prevede la modifica di trattati contenenti norme ben precise a cui volenti o nolenti ci si deve attenere. Ammesso che il Governo ottenga l’approvazione del Parlamento, poi, si deve comunicare alla Ue (precisamente al Consiglio d’Europa -capi di Stato e di Governo-) la nostra intenzione di lasciare l’eurozona ai sensi dell’art.50 del trattato sul funzionamento della Ue, che però prevede la richiesta di uscita dalla Ue e non solo dall’euro. Ma tralasciamo al momento questo particolare aspetto giuridico e supponiamo che sia possibile abbandonare la moneta unica e rimanere nella Ue. Occorre che la procedura venga comunque concordata con i partner e che si accettino i tempi che occorreranno (non certo qualche settimana o un weekend). Una moneta è un’unità di conto negli scambi e presupposto fondamentale è che questa venga accettata come mezzo di pagamento. Ora, una cosa è farla accettare per decreto ai cittadini di una nazione, un’altra è farla accettare agli stranieri. Cosa intendo dire? Che noi possiamo anche oggi stampare una nuova moneta e usarla tra di noi a livello comunale, regionale o statale come forma di pagamento, ma per farla accettare a livello internazionale occorre un riconoscimento internazionale che non può prescindere dal rispetto di ben definite norme che non includono “colpi di testa” da parte di uno Stato. Quindi noi possiamo tranquillamente uscire dall’euro ma rispettando l’iter procedurale, in particolare quello contenuto nei trattati e ciò significa che è necessario adeguarsi ai tempi che saranno necessari per il suo espletamento.

    • Luca

      Sui trattati internazionali che hanno istituito l’euro non si fa menzione di alcuna procedura di “euro exit”. Quindi non capisco cosa intenda dire con “iter procedurale”.

      • Maurizio Cocucci

        Nell’articolo 50 del Trattato sull’Unione Europea e altri articoli in esso richiamati, che riguardano la possibilità di un Paese membro di chiedere l’uscita dalla Ue vi sono due possibilità: la prima è che il Consiglio Ue (magari sentendo il parere della Corte di Giustizia Europea) respinga la sola richiesta di uscita dall’euro oppure, seconda possibilità, che si faccia una interpretazione flessibile e si permetta quindi l’uscita dall’eurozona ma non dalla Ue. Questa seconda ipotesi sarebbe già formalmente possibile chiedendo l’uscita dalla Ue per poi presentare richiesta di rientro senza però chiedere l’adesione all’euro. Una uscita completa dalla Ue avrebbe invece conseguenze catastrofiche.

    • stefano cianchetta

      Sull’interpretazione dei trattati le consiglio di leggere il parere di un presidente di sezione del Consiglio di Stato (L. Barra Caracciolo) che si è estesamente occupato di questo tema: “la fuoriuscita dall’euro, per revoca del proprio libero consenso (che tale deve rimanere nel tempo), consente allo Stato che manifesti tale volontà di accedere allo status di membro dell’Unione con deroga”. Sulla normativa cui fare riferimento, ossia l’art.50 Tfue piuttosto che l’art.60 della Convenzione di Vienna: “rispetto alla integrale considerazione del vincolo Ue-Uem, non si tratti di ricorrere all’art.50 del Tue (recesso volontario “acausale”), bensì alle più fondate e funzionali disposizioni del diritto dei trattati (convenzione di Vienna), connesse ai ben diversi casi dell’ “inadimplenti non est adimplendum” e della “eccessiva onerosità sopravvenuta” (cosiddetta clausola “rebus sic stantibus”)”.

      • Maurizio Cocucci

        Conosco la posizione di costui avendo avuto modo sia di leggere alcuni suoi scritti che di vedere in video un suo intervento. E’ una posizione che trovo priva di autorevolezza, non per la persona ma per i contenuti espressi nel merito di una ipotesi di uscita dall’eurozona.

        • stefano cianchetta

          Gentile Maurizio,
          sarebbe così cortese da indicarmi quale punto, della assai dettagliata disamina di Barra Caracciolo, lei reputa privo di fondamento? Non la convince la Convenzione di Vienna? Potrebbe brevemente spiegare? Conosce la posizione del Prof. Giuseppe Guarino? Reputa anche queste priva di autorevolezza? Guarino arriva a datare, al 1° gennaio 1999, un “colpo di stato”, espressione “usata quando si modifica in aspetti fondamentali il sistema costituzionale di uno stato – scrive – con violazione delle norme costituzionali vigenti”. Secondo Guarino il regolamento 1466/97 è contro la stessa lettera dei Trattati e priva di fatto gli stati democratici della loro politica fiscale. Con l’entrata in vigore del regolamento, “la democrazia è stata soppressa”, scrive Guarino. Sarebbe sufficiente, secondo lei, una motivazione di questo tipo per utilizzare l’art. 60 della Convenzione di Vienna? Nelle condizioni attuali, io non credo che l’Italia possa farsi promotrice di una azione politica volta allo smantellamento ordinato della zona euro e al ripristino della legalità costituzionale (sono troppi gli anni di propaganda purtroppo). Casomai sarà la Francia a prendere iniziativa o forse la stessa Germania quando non riuscirà a rientrare oltre dei crediti che vanta verso i Piigs (spinti prima alla deflazione e poi all’insolvenza).
          Certamente credo anche che sarebbe necessario un qualche tipo di accordo con la Fed per garantire un passaggio ordinato alle nuove valute. Inoltre su un punto sono d’accordo con lei: una svalutazione competitiva (eccessiva e non ancorata ai Rear) non sarebbe accettata di buon grado dai partner. Viceversa, una moderata svalutazione difensiva (volta a riallineare il cambio ai fondamentali) sarebbe perfettamente accettabile. Non ho sentito parlare di dazi o di movimento di portaerei quando la Polonia o l’Inghilterra hanno svalutato del 20-30% nel 2008!
          Oltretutto la distruzione della domanda interna sud europea e il conseguente surplus Uem (del 3% circa) comincia a creare qualche problema anche al resto del mondo (“esportiamo” deflazione e disoccupazione, alcuni paesi extra-Uem potrebbero non gradire, alla lunga). Almeno la Cina aveva la “scusa” dello sviluppo.

  48. Enrico

    Un mio professore diceva “chi è origine dei suoi mali pianga se stesso”. Non un commento sui nostri problemi (come Italia) e su come affrontarli. Se anche uscissimo dall’Euro non avremmo alcun beneficio: stesse mafie, stessa mancanza di infrastrutture, stessa classe dirigente miope (da noi votata e rivotata), debito in crescita (ma ve li vedete questi a stampare moneta?), stessa evasione, etc.

    • Luca

      Uscire dall’euro significa che da quel momento il rischio di cambio tornerà ad essere di competenza degli investitori. Chi ama il libero mercato (anche delle valute) si adeguerà, e i lavoratori ringrazieranno perché non dovranno essere più loro a pagare, con l’austerità, le correzioni necessarie a mantenere il cambio fisso. No more free lunch my dear.

      • Enrico

        Ha ragione a dire che sono i lavoratori a pagare, ma pagano anche le aziende e la ragione non è l’austerità dell’euro, bensì il cuneo fiscale.
        Diciamolo: non si abbasserà passando alla lira perchè dobbiamo mantenere uno Stato pachidermico.
        Grazie della risposta.

        • Luca

          Ha ragione anche lei, a pagare sono le aziende. Hanno pagato prima la perdita di competitività con gli altri paesi dell’area euro e, in seguito, da quando hanno accettato di svalutare il lavoro con la precarietà prima e l’austerità dopo, hanno pagato la diminuzione della domanda interna. Perché la riduzione degli stipendi è quella cosa che funziona solo se lo faccio ai miei lavoratori ma i tuoi continuano ad avere i soldi per comprare i miei prodotti.

      • michele

        Oddio, con l’uscita il cambio sarà drogato dalla banca centrale e se fosse in mano al governo tutto sarebbe tranne che in un regime di libero mercato…

    • Marco Disce

      Con lo stesso ragionamento è anche inutile combattere la mafia: tanto anche se la sconfiggi tutti gli altri problemi rimangono tali e quali: stesso traffico, stessa evasione fiscale, stessi politici ladri della casta, stessa inefficienza della PA, etc.

      • Enrico

        Quello che intendevo dire è che i problemi alla radice dello stato delle cose, in Italia, sono più interni che esterni e che sarebbe utile prioritizzarne la risoluzione.
        A me piacerebbe vedere i partiti ed i politici che si scannano sulla questione della lotta alla mafia con la stessa verve che usano per richiedere l’uscita dall’euro.

      • Enrico

        Il senso del mio commento era relativo al fatto che i problemi interni sono probabilmente molto maggiori dell’impatto della moneta unica; auspicando con questo una prioritizzazione (ad esempio sarebbe meglio ridurre evasione ed impatto della criminalità organizzata prima di discutere euro si/euro no)
        Comunque grazie per aver puntualizzato una possibile ambiguità.

        • Marco Disce

          “i problemi interni sono probabilmente molto maggiori dell’impatto della moneta unica”
          Sulla base di quali valutazioni? Come fai a sapere se l’impatto sull’economia dei problemi che hai elencato è maggiore o minore della moneta sopravvalutata del 30%? A me pare che tutte le evidenze che abbiamo suggeriscono il contrario e cioè che il problema più grave è proprio la moneta sopravvalutata. Considera che:
          1) il grave problema economico che ha l’Italia adesso è analogo a quello di Spagna, Francia, Portogallo e Grecia, che non condividono i problemi italiani
          2) l’Italia con quegli stessi problemi è cresciuta ed è diventata una potenza industriale
          3) nel 1992 l’uscita dal cambio fisso fu sufficiente a rilanciare l’economia Italiana sofferente, anche se continuavano a sussistere i problemi citati
          E in ogni caso: i problemi che indichi tu richiedono anni o decenni per essere risolti, mentre il problema della moneta sopravvalutata si può risolvere entro mesi. Quindi non avrebbe comunque senso dare la priorità agli altri problemi.

          • Enrico

            Capisco il suo ragionamento e non voglio fare polemica, il mio ovviamente non si basa su alcun dato incontrovertibile, come d’altronde ogni altra presa di posizione (altrimenti non ci sarebbero tutte queste discussioni). Ribadisco una mia profonda convinzione (senza pretesa di universalità): fino a che continueremo ad attribuire i problemi a fattori esterni non risolveremo mai quelli interni. I problemi di oggi sono anche dovuti a scelte fatte nel passato (non solo all’introduzione dell’euro), scelte che hanno condizionato il futuro industriale (ho lavorato negli Stati Uniti e le assicuro che c’è un abisso in termini di produzioni tecnologiche, che in Italia sono ormai praticamente assenti).

          • Marco Disce

            “fino a che continueremo ad attribuire i problemi a fattori esterni non risolveremo mai quelli interni”

            Ma risolvere il problema “euro” non richiede tempo (si può uscire in meno di un mese) e non impedisce di affrontare contestualmente o successivamente tutti gli altri problemi.

  49. Maurizio Cocucci

    Non capisco cosa intende con “finanziariamente più avanzati”. Ma non importa, quello che vorrei invece capire è il presunto legame esistente tra la ricchezza o la povertà di un paese e la moneta. La nazione più ricca al mondo (ricchezza espressa anche in termini diversi) e quella più povera hanno entrambe valuta propria e sovranità monetaria. L’eurozona sta in mezzo. Quindi, dove sta la differenza? Nel logo della moneta adoperata? Si vuole dire che se adottassimo il dollaro andremmo meglio di oggi? E meglio ancora se adottassimo il franco svizzero? Se a seguito della svalutazione della lira nel 1992 non ci fu un rialzo dell’inflazione fu perché l’anno successivo andammo in recessione con crollo dei consumi e aumento della disoccupazione. Ci fu poi un crollo delle materie prime, in primo luogo il prezzo del petrolio calò del 30% nell’arco di un paio d’anni. Lei ricorda favorevolmente quel periodo? Io no. Ricordo di amici e conoscenti che persero il lavoro. Ma forse si consola guardando un grafico che mostra come la nostra bilancia commerciale sia stata in attivo per qualche anno. Disoccupato ma felice di vedere che esportiamo più di quanto importiamo? Io preferisco il contrario. A proposito, gli Stati Uniti non hanno mai avuto la bilancia commerciale in attivo.eppure ciò non impedisce loro di avere una situazione di dinamica positiva per quanto non completamente invidiabile.

    • Luca

      Io però non ricordo che negli anni successivi al 1992 il Pil sia crollato di 8 punti percentuali come è successo questa volta.

    • Marco Disce

      “quello che vorrei invece capire è il presunto legame esistente tra la ricchezza o la povertà di un paese e la moneta”
      Il legame non è tra ricchezza e moneta ma tra la *dinamica* della ricchezza di due stati e la dinamica del tasso di cambio tra le loro monete. Che succede se uno stato con moneta più “debole” fissa il cambio con uno a moneta “forte”?
      Per capire questo legame le chiavi sono:
      – differenziali di inflazione
      – tassi di cambio reali
      – effetto Balassa-Samuelson
      – ciclo di Frenkel

    • Ivo C

      Io ricordo mio padre andare a lavorare all’estero per mancanza di lavoro, prima della svalutazione, e ritornare un anno dopo, dopo la svalutazione, con gli occhi sgranati dicendo “Ma come e’ possibile che in anno sia cambiato tutto?”. Lei dimentica che noi eravamo la quinta potenza mondiale prima di iniziare il processo di perdita di sovranità monetaria.
      Io non ricordo di essere diventato ricco entrando nell’euro, e non credo proprio che lo sarò uscendo.
      Le ricordo anche che la disoccupazione in Italia era più bassa prima di entrare dell’euro, quella della Germania invece, era più alta. Ma quali altri dati di fatto bisogna tirare fuori per convincervi che l’euro è un pacco dei tedeschi?

  50. Marco Disce

    1) Stai dicendo che altri paesi metterebbero dei dazi verso di noi per compensare un vantaggio di breve periodo e sostanzialmente irrilevante negli equilibri economici? Non mi sembra un comportamento razionale.
    2) La svalutazione prodotta dall’uscita dall’euro è un riallineamento del cambio strutturale e permanente, non è assolutamente paragonabile a quando si svaluta mediante manovre della banca centrale sui mercati valutari, pertanto i suoi effetti sui tassi di cambio reale verso gli altri paesi (cioè sulla competitività) non sono temporanei, sono definitivi.
    3) Lo Sme nel 92 non era più a bande di oscillazione, era a cambio fisso.
    4) Il discorso dell’articolo è incentrato sulla pura e semplice svalutazione, quale che ne sia il motivo, quindi tutto ciò che è stato detto in proposito è evidentemente errato se è smentito dall’esperienza del 1992.
    5) Le conseguenze pesanti ci sono *anche* nel rimanere dentro un cambio rigido ad oltranza (vedi Argentina e vedi Grecia), si tratta di stabilire quali conseguenze pesanti si vogliono sopportare e chi si vuole far pagare: i creditori tedeschi o i cittadini del sud europa.

  51. Marco Disce

    La crisi non riguarda l’Italia, riguarda tutto il Sud Europa incluse Francia e Spagna, quindi non ha nessun senso cercarne la causa in problemi specificamente italiani che non siano condivisi dagli altri. L’unico elemento condiviso dagli stati in crisi è la perdita di competitività dei prezzi prodotta dai differenziali di inflazione con la Germania e l’impossibilità di aggiustare i cambi per riallineare la situazione.

  52. Marco Disce

    L’inflazione esplose solo dal 1973 al 1984 a causa di crisi energetiche che non c’entravano nulla con la dipendenza o indipendenza delle banche centrali.

    • giulioPolemico

      Quelli furono i due picchi, ma l’inflazione in Italia c’è sempre stata perché i mercati hanno sempre percepito la debolezza (anche politica) dell’Italia. In altre parole, dietro la lira c’è sempre stato un Paese disordinato, fragile, sbandato; solo che all’epoca l’Italia si trasformava da nazione agricola a nazione industriale, con il famoso boom economico, e allora l’economia tirava comunque. Ma il boom economico, e qui sta tutta l’ignoranza di chi vuole il ritorno alla lira, non è stato dovuto alla presenza di una moneta nazionale libera di fluttuare, è stato dovuto al fatto che gli italiani non avevano frigoriferi, non avevano auto, non avevano televisori e le fabbriche vendevano perché il mercato era vergine. Adesso che il mercato è saturo, le fabbriche non vendono più e licenziano e chiudono. Ma questo non perché adesso c’è l’euro. Perché la tv, la macchina e il frigo ormai ce l’abbiamo tutti e le fabbriche non riescono più a venderne altri. Come vedi la “libera” lira non ha creato il boom economico, come l’euro “bloccato” non ha creato la crisi.

  53. Marco Disce

    In sostanza preferisci essere colonizzato da un paese straniero che agisce nel suo interesse nazionale (e non nel nostro)?

  54. Marco Disce

    1) Non si capisce che cosa c’entra il debito pubblico con il saldo import-export
    2) Gli anni in cui il debito pubblico è andato alle stelle (dal 1980 al 1992) sono stati quelli dell’adesione allo Sme, cioè gli anni in cui abbiamo fissato il cambio con gli altri paesi europei
    2) Dal 1993 al 1996 abbiamo avuto il cambio fluttuante e la lira a prezzo di mercato, il risultato è stato un boom dell’attivo della bilancia commerciale, poi abbiamo rifissato il cambio e la bilancia commerciale è andata a picco, insomma tutto esattamente all’opposto dello scenario che descrivi

    • giulioPolemico

      Mi scusi, ma tutti voi che siete contro l’euro, dico proprio tutti, collegate fatti che non c’entrano niente tra di loro e non conoscete la Storia.
      Il debito pubblico che citavi è andato alle stelle non perché abbiamo aderito allo Sme, precursore dell’euro, ma perché si manifestavano in modo crescente gli effetti dei titoli di stato e buoni postali emessi negli anni ’70 e ’80 con interessi a due cifre per battere l’inflazione degli anni ’70 e ’80, proprio la stessa forte inflazione che avremmo di nuovo se ritornassimo alla lira (che si svaluterebbe subito perché la forza di una valuta è data dalla solidità della sua economia, del suo sistema industriale e scientifico, e lì noi faremmo subito una brutta fine).
      Anche perché l’andamento che rilevi non si è avuto per gli altri Paesi che hanno aderito allo Sme e che a differenza di noi non hanno fatto la nostra brutta fine. Quindi il problema non è stata l’adesione allo Sme (e in prospettiva all’euro), ma il fatto che in Italia lo Stato si è indebitato per regalare pensioni a persone di 44 anni e pagare milioni di statali a fare quasi nulla. E alla fine questa mentalità dissennata ci ha portato all’attuale situazione. Ma l’euro non c’entra nulla.

      • Marco Disce

        1) Io non ho collegato nulla qui, ho solo chiesto conto di alcuni collegamenti che venivano fatti da te tra debito pubblico e bilancia commerciale.
        2) Questa cosa che dici non l’ho mai sentita da nessuna parte, mi indichi la fonte di questa teoria? Quanto sarebbero stati i rendimenti nominali degli anni 70? E negli anni 80-90? Anche in US hanno avuto inflazione a 2 cifre negli anni 70 eppure i tassi di interesse nominale sono stati più alti dopo che durante l’inflazione, guarda: http://www.economics.utoronto.ca/jfloyd/modules/usintinf.jpg
        3) Ma tu lo sai quali erano le ragioni della “forte inflazione” degli anni 74-84 che ha riguardato quasi tutti i paesi occidentali? Era dovuta a crisi energetiche: http://en.wikipedia.org/wiki/1973_oil_crisis quindi mi spieghi in base a quale logica il ritorno alla lira dovrebbe riportare di nuovo delle crisi energetiche in tutto il mondo?

        4) Di quali “altri paesi” stai parlando? L’italia era un paese che agganciava la sua valuta a una più forte (l’ecu) e per tenere il cambio sopravvalutato era obbligato a tenere tassi di interesse altissimi pompando il debito e/o ammazzando la crescita. Gli stati del nord non dovevano fare lo stesso sforzo visto che per loro (in particolare per la Germania) l’aggancio all’ecu equivaleva ad una svalutazione.

  55. Marco Disce

    Chi ha detto l’idea che una svalutazione produca una “pesante recessione”? Normalmente succede esattamente il contrario, e infatti nel 1992 dopo la svalutazione c’è stata la ripresa.

  56. Marco Disce

    Delle due l’una:
    1) O l’Italia ha attualmente un’economia debolissima e allora l’euro è per lei una moneta fortissima rispetto ai fondamentali economici e quindi insostenibile a meno di far esplodere la disoccupazione e la recessione ai livelli della Grecia
    2) O l’Italia può salvo qualche ritocco può rendersi abbastanza competitiva da avere un’economia adeguata all’euro.
    Se siamo nel caso 1 come tu suggerisci allora dobbiamo uscire di corsa e ogni ritardo ci avvicina sempre di più al collasso.
    Se siamo nel caso 2 allora non c’è fretta di uscire ma comunque se usciamo non è un dramma.

  57. scutmai

    Tornare in una pesante recessione? Perché? Quando sei uscito da quella iniziata nel 2008? Disoccupazione a 2 cifre,imprese che chiudono,gente che deve migrare per lavorare: questa è l’economia reale dentro la quale viviamo. Il governo cipriota ha cercato di svendere privatizzando tutte le utilities del paese. Deve essere merito della moneta forte. La gente è scesa in piazza e il ministro dell’economia si è dovuto dimettere facendo cadere il governo. Sai cosa succede se hai una moneta troppo forte per la tua economia e non puoi svalutarla?Succede che svaluti i salari. Però, con una bella moneta forte è tutta un’altra vita, non come con la liretta, quella del boom, quella degli anni ’80, quella degli anni in cui crescevamo…

  58. scutmai

    La promessa di Draghi sta a quella di Berlusconi di qualche decina di anni fa; un bell’annuncio prima delle elezioni europee, sembra quasi una promessa elettorale, con il beneplacito della Germania, che teme le spinte eurocontrarie. Vedrai che acquistoni, dopo il 25 maggio…0,4% di calo del debito,e non hanno organizzato feste? Il debito puoi anche ripagarlo tutto, ma è il modo in cui lo fai che realmente conta. E’ come se tu avessi in banca tutti i soldi per pagare il mutuo, lo saldi, ma poi non hai più niente da mangiare. Utile, non trovi? Noi stiamo distruggendo la nostra economia,sposando politiche recessive anziché espansive: geniale! I risultati sono sotto i nostri occhi, ammesso di averceli sgombri dalle fette di prosciutto.

  59. Claudio61

    Il problema è che chi dice che uscire dall’euro non è possibile non suffraga il suo pensiero con esempi numerici comprensibili (come fa invece, ad esempio Luca Tempesta). Anch’io ero d’accordo, ma se uno fa due conti della serva (io sono un fisico, non un economista) si rende conto che le cose non sono così chiare. Supponiamo di decidere di uscire dall’euro. Inizialmente manterremo una parità di 1/1 tra la nuova moneta (che chiameremo lira) e l’euro, ma ben presto saremo costretti a svalutare. Supponiamo, in un anno, di svalutare del 40%, questo vuol dire che, dopo un anno, 1 euro=1,4 lire. Supponiamo ancora di non attuare nessuna misura di protezione dei salari dalla svalutazione (ci mettiamo cioè nel caso peggiore possibile): in prima approssimazione succederà che pagheremo un caffè (che ora paghiamo 1 euro) 1,4 lire perché il caffè viene totalmente importato, mentre continueremo a pagare un pacco di spaghetti (prodotto in modo completamente autoctono), che prima pagavamo 1 euro, con 1 lira. Inoltre, se non proteggiamo il salario in qualche modo, io, che prima prendevo 1000 euro al mese, ora prenderò 1000 lire al mese. Sembrerebbe quindi che io sia più povero. Quando però il pacco di spaghetti viene venduto all’estero, e quindi pagato 1 euro, il venditore incassa 1,4 lire e quindi ogni 2500 pacchi venduti potrà permettersi di pagare uno stipendio al mese in più e il che vuol dire assumere persone (oppure aumentare lo stipendio ai suoi dipendenti). Un paese nel quale il rapporto import/export è nettamente favorevole a quest’ultimo sembrerebbe quindi guadagnare, in ricchezza, da un’operazione di svalutazione di questo tipo.
    Inoltre in un paese nel quale si innesta un circolo virtuoso che porta ad un aumento dell’occupazione o degli stipendi e quindi dei consumi, è facile che, al netto di speculazioni varie, gli interessi sul debito pubblico diminuiscano e quindi non è forse del tutto peregrino pensare che questa diminuzione degli interessi possa in qualche modo riassorbire la svalutazione. Ora, tutti dicono che uscire dall’euro sarebbe un azzardo impensabile, quindi mi viene da pensare che in tutto il ragionamento che io ho fatto ci sia un baco. Però non riesco a capire dove e mi piacerebbe che qualcuno me lo spiegasse confutando in maniera convincente con un controesempio.

    • rob

      Un paese nel quale il rapporto import/export è nettamente ”
      attenzione con queste favolette del Paese esportatore i dati fiscali dei pezzi di carta con la realtà sono molto diversi chi “esporta” viene rimborsata l’ IVA non dico altro.

      • Luca

        Al momento di istituire il mercato comune si sia deciso, solo per quanto riguarda l’Iva, di derogare al principio della tassazione nel paese d’origine, applicando invece quello del paese di destinazione, proprio perché le aliquote non erano armonizzate all’interno dei paesi membri. Non dico altro.

    • Luca

      Se la lira si svalutasse del 40% (e sarebbe comunque molto di più di quanto le stime più attendibili calcolano), l’inflazione non sarebbe mai pari alla svalutazione. Ci sono tanti casi storici, anche recenti, che lo dimostrano. Ad esempio, nel 1992, quando uscimmo dallo SME (svalutando il 20%) l’inflazione diminuì leggermente. Poi ci sono i casi della crisi asiatica, di quella russa, di quella messicana, etc. etc. e in nessun caso l’inflazione è mai stata pari alla svalutazione.

      Per quanto riguarda il vantaggio della svalutazione per le esportazioni rispetto allo svantaggio nelle importazioni, è un problema di elasticità.

      Questo articolo aiuta a chiarire il problema:

      http://goofynomics.blogspot.it/2013/02/marshall-lerner-astenersi-piddini.html

    • Enrico

      Mi associo alla domanda, aggiungendo però un piccolo contributo: se la possibilità di battere moneta e svalutare fosse la panacea per risolvere tutti i problemi economici, allora perchè ci sono Paesi con una propria moneta molto poveri? (L’esempio della Corea, spero del sud, può stare bene, ma i livelli di benessere coreani sono comparabili con i nostri?)

      • stefano cianchetta

        La Corea del Sud ci ha di recente superato in termini di reddito ppp (con lo Won) pur essendo a due passi dal “gigante cinese”. Il confronto con questo paese (per certi versi simile a noi per N° abitanti, assenza di materie prime, alto debito) è molto interessante: come noi, la Corea del Sud è estremamente dipendente dall’estero per l’energia (80% dei consumi) ed in particolare dal petrolio. Nel 2005 importava petrolio per il 3.6% del Pil (persino più di noi)! “Oil is overwhelmingly the most important source of primary energy in South Korea . Indeed, South Korea ’s 50 percent dependence on oil as a fuel source is significantly higher than even Japan ’s 47 percent, which represents the highest level among the Group of Seven (G-7) industrialized nations ”
        Dimenticavo, la Corea ha goduto pure di cattiva fama in termini di corruzione. Eppure…

    • michele

      Qualche appunto:
      1) noi non abbiamo tutto quel grano in Italia, vai su google e scoprirai che la pasta che tu mangi è fatta con grano importato, stessa cosa l’olio d’oliva.
      2) L’energia per produrre? Dove la compriamo? O in dollari o in euro, voglio proprio vedere quando il pieno costerà il doppio
      3) Le materie prime? L’acciaio dell’Ilva non basterà per produrre tutto in proprio, dobbiamo importare…
      4) Nessuno tiene conto dei sicuri dazi che gli altri paesi imporranno sulle nostre importazioni, l’imprenditore, per poter esportare, pagherà fior, fior di imposte, perciò le nuove assunzioni saranno un miraggio.

      Comunque, basta guardare i dati Istat su occupazione, disoccupazion e inattività.
      Con la lira c’era una disoccupazione medio-alta, occupazione e altissima inattività.
      Ora abbiamo alta occupazione, disoccuazione medio-alta e bassa inattibità.

    • Maurizio Cocucci

      Il “baco” sta proprio nella semplicità con cui si pensa di risollevare l’economia con una semplice variazione del tasso di cambio tra una nuova moneta nazionale che si vorrebbe adottare in luogo dell’euro e le altre. Dato che Lei è un fisico le faccio un esempio che rientra nel suo campo. L’azienda Italia esporta circa un terzo della propria poduzione mentre il restante è venduto internamente. Con l’adozione di una neo-lira si vorrebbe usare la leva di questo 30% di export per risollevare il peso che risiede nel restante 70%, ma questo è del tutto inconsistente perchè, da fisico, sa bene che la leva funziona esercitando pressione sul lato più lungo, il braccio-potenza, non su quello più corto (il braccio-resistenza). Non tutti vivono di export, che ne è di quelle attività che commercializzano prodotti di importazione?
      Sicuramente avrà assistito a dibattiti televisivi o letto sugli organi di informazione la posizione delle aziende attraverso le figure di imprenditori e di rappresentanti delle loro associazioni e queste sono in larghissima parte contro l’abbandono dell’euro. Perchè? Dovrebbe invece essere i primi a richiederlo visto che la semplicistica soluzione prospettata farebbe aumentare le loro vendite.
      La risposta è che un deprezzamento di una valuta non si traduce in aumenti delle vendite se non per un periodo limitato e si trascina allo stesso tempo una serie di effetti molti dei quali sono negativi (aumento dei costi dei prodotti acquistati, dei tassi di interesse). Quando si fa riferimento ai presunti vantaggi della svalutazione del 1992 non si menziona che l’anno successivo si andò in recessione e si persero 300 mila posti di lavoro e altrettanti l’anno seguente. C’è chi le fa vedere solo il grafico della bilancia commerciale che è stato positivo per qualche anno. La recessione non fu causata dalla svalutazione ma la svalutazione non ha evitato la recessione.

      • Luca

        La recessione non l’ha evitata nemmeno l’euro, ed è stata molto più pesante di quella del 1992. Inoltre, il saldo della partite correnti si mantenne in attivo crescente dall’uscita dallo Sme del 1992 fino al 1997 con i primi effetti dell’istituzione del cambio fisso con il marco (novembre 1996).

        • Maurizio Cocucci

          La moneta, qualunque sia, non mette al riparo dalla crisi così come non è artefice di crescita. Il fatto che la crisi iniziata nel 2008 abbia avuto effetti più pesanti non ha nulla a che vedere con l’euro e avessimo avuto la lira non sarebbe stato diverso anche se per la gente comune la prospettiva di “stampare” moneta rappresenta la soluzione più facile da comprendere.

      • Claudio61

        Purtroppo è proprio questo che non mi convince. Non è, a suo parere, ipotizzabile in nessun modo che i benefici derivanti dall’export (nell’esempio, molto semplicistico, che facevo prima cercavo di dimostrare come vendendo sul mercato estero alcuni prodotti “autoctoni” si riuscisse ad aumentare la ricchezza attraverso la possibile crescita dei posti di lavoro oppure dei salari) possano innescare un circolo virtuoso che porti ad un aumento (considerevole) anche dei consumi interni? Cioè, se più gente lavora oppure se il salario medio cresce, non è ipotizzabile anche un aumento della domanda che vada ad impattare sul mercato interno (con conseguente ulteriore crescita di posti di lavoro e/o di salari medi)? Scusatemi per l’approccio probabilmente un po’ troppo semplicistico (sempliciotto forse), ma davvero sto cercando di capire se una possibile uscita dall’euro sarebbe portatrice di conseguenze così drammatiche.

    • Luca Tempesta

      Il tema del costo delle materie prime è senz’altro un caso interessante anche se, come quasi tutti i temi simili a questo sono di fatto i peggiori che i pro-Euro hanno escogitato per difendere la loro causa. Ovviamente non esiste una tesi univoca che sappia rispondere alla questione dell’incidenza dei costi delle materie prime sulla produzione industriale. Infatti un petroliere che si ritrova a fare profitti solo ed esclusivamente sulla materia prima avrà un’incidenza dei costi sul suo business decisamente rilevante, così come esaminando ogni settore, vi saranno incidenze che rasentano lo zero. Prendiamo l’esempio dell’automobile
      Domanda 1: quanto costa mediamente un’automobile?
      Risposta 1: l’automobile mediamente costa 20.000 Euro.
      Domanda 2: con cosa è fatta l’automobile in questione?
      Risposta 2: l’automobile in questione è fatta di ferro.
      Domanda 3: quanto pesa l’automobile?
      Risposta 3: l’automobile pesa 1.000 Kg.
      Domanda 4: quanto costa l’automobile al Kg.?
      Risposta 4: l’automobile costa 20 Euro al Kg.
      Domanda 5: quanto costa invece il ferro al Kg.?
      Risposta 5: il ferro costa 0,60 centesimi al Kg. se si tratta di materia prima nuova, costa 0,20 centesimi al Kg. se si tratta di materia prima riciclata.
      Domanda risolutiva 6: nell’ipotesi di una svalutazione della nuova Lira del 20% quanto verrebbe a costare il ferro?
      Risposta risolutiva 6: nel caso di ferro nuovo il prezzo salirebbe a 0,72 centesimi al Kg. e nel caso di ferro usato il costo salirebbe a 0,24 centesimi al Kg.
      Domandone finale 7: può un aumento di 0,04 centesimi al Kg. influire sul prezzo al Kg. finale dell’automobile?
      Lasciate la risposta al vostro interlocutore e traete le dovute conclusioni tutti assieme appassionatamente.
      E’ evidente che tutto ciò che influisce alla determinazione del prezzo finale siano altri costi ed il cosiddetto valore aggiunto, e che contribuiscano molteplici fattori: manodopera (con relativi carichi fiscali), ammortamento impianti e macchinari, ammortamento stabilimenti, progettazione, valore del marchio, marketing, pubblicità, tasse, iva, etc., tutti importanti fuorché, nel caso scelto – che però è tipico e rappresentativo della quasi totalità dei casi – la materia prima. Possiamo farlo anche con la benzina?

      • Maurizio Cocucci

        Nessuno (o quasi) di coloro che masticano un po’ di economia mette in dubbio che una svalutazione possa temporaneamente alzare la lancetta della bilancia commerciale, però qui il problema è far ripartire l’economia nel suo complesso. Si può avviare il motore di una automobile che ha la batteria scarica semplicemente spingendola per un po’, ma se le manca la benzina lo si può fare quanto si vuole ma il motore non partirà mai. Tutte queste soluzioni pro-export sono inutili quanto appunto spingere un’automobile a cui manca il carburante. Il problema è la domanda interna non l’export, sebbene un po’ di sostegno magari operando sui cambi sarebbe ben accetto. Pensare di risolvere la crisi economica con le esportazioni è del tutto ridicolo e le esperienze passate sono tutte a dimostrarlo. E’ sufficiente che si spenda un po’ di tempo andando sul sito dell’Istat e dai dati storici si faccia una analisi degli effetti del cambio della lira su export, Pil e occupazione. Se però vuole convincere qualcuno che invece ciò sia possibile allora stimi, utilizzando una matrice matematica, le conseguenze per i vari settori dell’economia di una svalutazione (anche a valori diversi, es.20, 30 o 40%) con particolare riguardo in termini finali su Pil e occupazione. Cioè dovrebbe essere in grado di valutare i benefici per le aziende dedite all’export, raggruppandole per classi di export, e stimare poi l’effetto sull’intera economia.

        • Marco Disce

          “Nessuno (o quasi) di coloro che masticano un po’ di economia mette in dubbio che una svalutazione possa temporaneamente alzare la lancetta della bilancia commerciale, però qui il problema è far ripartire l’economia nel suo complesso”.
          Questo discorso non vale per l’uscita dall’euro. Non stiamo parlando di una svalutazione qualsiasi. Il discorso che fai tu vale per una svalutazione artificiale indotta da azioni (temporanee e di breve periodo) della banca centrale. Ma l’uscita dall’euro è una cosa del tutto diversa: la variazione dei tassi di cambio è strutturale e definitiva, non è un fenomeno temporaneo, la lira non avrà mai la forza che ha adesso l’euro a meno che l’economia Italiana non diventi essa stessa più forte.
          “Pensare di risolvere la crisi economica con le esportazioni è del tutto ridicolo”
          Sei fuori strada: non si tratta di superare la crisi con le esportazioni, dopo la svalutazione aumenterebbero anche le quote di mercato sul mercato interno, cioè importeremo di meno e consumeremo di più prodotti e servizi prodotti da noi.
          “Se però vuole convincere qualcuno che invece ciò sia possibile allora stimi[…] le conseguenze per i vari settori dell’economia di una svalutazione […] con particolare riguardo in termini finali su Pil e occupazione”.
          Questo calcolo lo ha fatto l’economista francese stimando per tutti gli stati del sud una crescita intorno al 20% in 3 anni dopo l’uscita dall’euro:
          http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=11&pg=6338

          • Maurizio Cocucci

            Si sta facendo un po’ di confusione. Se dovessimo mai (e io sottolineo mai) uscire dall’euro per tornare ad una valuta propria, questa non sarebbe più legata a nessun altra pertanto il cambio sarebbe deciso dal mercato, mercato che con ogni probabilità la deprezzerebbe (termine appropriato in presenza di cambi flessibili) sull’euro e sulle altre valute. Una volta che si raggiunge questo equilibrio saranno le normali dinamiche a decretare in seguito aggiustamenti (differenziali di inflazione, delle partite correnti, manovre monetarie della banca centrale etc). Quello che al momento è oggetto di discussione è però la prima parte e le sue conseguenze, poi quanto accadrà in seguito non è possibile prevedere, ovvero non si può ad oggi affermare con certezza che una neo-lira sarà destinata ad essere come quella che abbiamo conosciuto. Parlando quindi della prima fase sicuramente si avrà un beneficio del saldo commerciale da questo deprezzamento, ma è opinione di quasi tutti gli studi che questi benefici poco si trasmetteranno su Pil ed in particolare sull’occupazione. In merito all’articolo preferirei leggere l’intero documento (o paper per dirla in inglese) e non il riassunto.

  60. giulioPolemico

    A parte il fatto che per un bene estero, i costi di lavorazione, manodopera, e anche trasporto (se la Golf è importata, e il trasportatore è tedesco, il trasporto costa in euro), concorrono a definire il prezzo finale al consumatore, e quindi, ben al contrario di quanto dice Lei, quelle componenti dipendono eccome dal cambio tra valute, ma Lei pensa davvero che l’Italia potrebbe isolarsi dal resto del Creato e come se fosse una macchina a moto perpetuo, vivere unicamente di quello che produce? Cioè, pensa davvero che l’Italia, che ormai non produce quasi più nulla (perché nessuno ha più investito in scienza e tecnologia) riesca a vivere, come Lei scrive, solo di prodotti italiani? E se io ho bisogno di un medicinale, di un telefono, di un’automobile, visto che in Italia non se ne producono, come faccio? Torno sulle palafitte?

  61. giulioPolemico

    Concordo e aggiungo: sempre che i cinesi non si mettano a fare occhiali. Un popolo che disprezza la Storia è destinato a fare una brutta fine.

  62. Marco Disce

    Il mercato globale è in espansione visto che la Cina oltre ad aumentare la produzione aumenta di pari passo anche il consumo. Pertanto “perdere quote” non è una misura di impoverimento. La misura corretta dell’andamento della ricchezza del paese è la variazione del Pil pro capite. Il Pil pro capite di Italia e UK è stato allineato per anni e ha iniziato a divergere proprio a partire dall’aggancio finale della lira all’ecu e poi all’euro dal 1996, guarda:
    https://www.google.com/publicdata/explore?ds=d5bncppjof8f9_&ctype=l&met_y=ny_gnp_pcap_pp_cd&hl=en_US&dl=en_US#!ctype=l&strail=false&bcs=d&nselm=h&met_y=ny_gdp_pcap_pp_kd&scale_y=lin&ind_y=false&rdim=region&idim=country:GBR:ITA&ifdim=region&hl=en_US&dl=en_US&ind=false

  63. Marco Disce

    Il modello argentino sarebbe agganciarsi ad una moneta troppo forte fino al momento in cui sei costretto a sganciarti per collasso economico interno? E’ esattamente quello che stiamo seguendo adesso.

    • Jacopo Piletti

      Veramente stanno per fallire anche con la loro moneta dello spendi quanto ti pare e inflazione a volontà…

      • Marco Disce

        Hanno seguito anche il modello cambio rigido e politiche restrittive e sono effettivamente falliti (non “stavano per”), quindi hai scelto un pessimo esempio se volevi sponsorizzare l’euro.

        • Jacopo Piletti

          peccato che lo stesso draghi consigliava un taglio della spesa e non un aumento delle tasse

  64. Marco Disce

    “e avessimo rispettato molto prima i i vincoli di bilancio saremmo messi molto meglio”
    1) L’Italia è praticamente l’unica che rispetta i “vincoli di bilancio”, la Germania è stata la prima a sforarli (ed è anche grazie a quello sforamento che ha messo le basi per la successiva conquista dei mercati europei)
    2) Rispettare i vincoli di bilancio non equivale a stare meglio: equivale a fare più austerità e quindi a frenare la crescita.

    • Jacopo Piletti

      Spendere male non vuol dire crescere bene, mentre spendendo poco in maniera oculata puoi ottenere ottimi risultati senza doverti indebitare fino al collo.

      • Marco Disce

        Che significa “crescere bene”?

        • Jacopo Piletti

          nel senso cerare un economia basata tutta sulla spesa pubblica, vedi il caso fiat, da noi stava sul mercato grazie ai soldi nostri perchè non vendeva un tubo. Gli incentivi statali vanno bene per un po’ ma non per l’eternità

          • Marco Disce

            Cioè secondo te l’economia italiana nel suo complesso cresceva solo grazie agli incentivi alla FIAT?!?!?

          • Jacopo Piletti

            Nono solo a quel caso, banan. Prima lo stato spendeva come se non ci fosse un domani, aiuti di stato a pioggia senza finanziare un economia solida. Pensi a casi come il sulcis o il mercato del fotovoltaico.

          • Marco Disce

            Dove sono i dati che dimostrano che i finanziamenti dello stato Italiano per le attività economiche nazionali erano “eccessivi”? Eccessivi rispetto a che poi? Gli altri paesi non finanziavano la loro economia? le integrazioni al reddito che la Germania elargisce ai minijobber non sono a loro volta “aiuti di stato a pioggia” a tutte le aziende nazionali (che possono così offrire salari bassi che altrimenti sarebbero fuori mercato)? In quel caso vanno bene?

          • Jacopo Piletti

            Dipende da cosa finanzi: aziende morte che non hanno più senso di stare sul mercato non vanno tenute vive, all’integrazione al reddito sono molto favorevole seguendo lo schema americano proposto da Friedman.

  65. michele

    No, solo che se fai il furbo con il cambio, ne paghi le conseguenze. E puoi appellarti a tutti i santi in paradiso, ma siamo in un mercato globale.

  66. michele

    A me pare che difendendo l’euro, si difendano implicitamente tutti coloro che hanno redditi fissi immutabili, pensionati in primis. Con la Lira il numero dei poveri si moltiplicherebbe per 3.

  67. Marco Disce

    Giusto, rettifichiamo:
    “E’ la moneta degli undici paesi dell’Ue che hanno registrato il più grave peggioramento delle condizioni economiche e sociali”

  68. Marco Disce

    Nessuna delle “riforme” che l’Italia sta facendo ha un effetto positivo sull’economia dell’Italia o la mette in condizioni di affrontare meglio una crisi.

  69. Marco Disce

    Se tu hai un panificio e nessuno ti compra il pane perchè fuori mercato il prezzo lo abbassi o preferisci fallire?
    Sei consapevole del fatto che l’austerità serve per ridurre i salari e recuperare così la competitività che hai perso e non puoi recuperare con l’aggiustamento del cambio?

  70. Marco Disce

    Sì ma intanto la crisi del 2008 è finita e il mondo ha ripreso a crescere più o meno tutto, tranne l’eurozona:
    http://supplieddemand.files.wordpress.com/2013/10/domestic_demand1.png

  71. Cristina

    Difficile fare previsioni su cosa comporterebbe l’uscita dall’ euro ma il mio dubbio rimane un altro: se la Germania continua con questa politica monetaria, perché da questa riesce ad “aspirare” per così dire posti di lavoro e crescita dei paesi della periferia non ci troveremo comunque “costretti” ad uscire dalla moneta unica quando saranno altri a decidere e lo faranno solo quando in Italia sarà stata completamente spolpata? Penso che sarebbe opportuno che ci giocassimo le carte fin tanto che qualcosa abbiamo ancora in mano; in questo senso un referendum sul fiscal compact sarebbe a mio parere utile, perché è proprio attraverso questo strumento che si vuole definitivamente provvedere alle svendite nei paesi periferici.

    • Maurizio Cocucci

      La politica monetaria è effettuata dalla BCE, non dalla Germania, che la persegue nei limiti del suo mandato (stabilità dei prezzi) ed in misura del tutto indipendente. Qualsiasi cambiamento negli obiettivi assegnati deve passare attraverso l’approvazione da parte di tutti i Paesi membri. Le chiacchiere che si leggono sull’influenza di questo o quel governo sulla politica della Banca Centrale Europea sono solo chiacchiere giornalistiche. Il referendum che cita non si può fare perché la nostra Costituzione non lo consente.

  72. Alessandro

    Sconsolante leggere taluni commenti. Rispondere nel dettaglio al sig.Tempesta e ai suoi seguaci sarebbe lunga e il tempo, come si sa, è una risorsa scarsa. Consiglio tuttavia la lettura dell’ottimo articolo “I negazionisti dell’euro” di Alberto Bisin (non proprio uno sprovveduto) che riassume in maniera eccellente le argomentazioni degli “anti-euro” smontandole una ad una. In estrema sintesi – ed è quello che traspare primariamente da molti dei commenti in questione – si è fatta largo la teoria che Bisin chiama della “moneta filosofale”, ovvero la panzana che semplicemente coniando (e stampando allegramente) moneta potremmo uscire dai nostri guai di lungo periodo che, ahimè, con l’euro hanno ben poco a che vedere (produttività in declino, peggioramento degli indici di istruzione, corruzione endemica, massima evasione fiscale nell’area Ocse), etc. Detto questo, i difetti della governance dell’area euro sono molti ed hanno indubbiamente contribuito ad esacerbare il clima recessivo nell’Ue, ed è bene ribadirlo. Ma da qui a giustificare un “ritorno alla lira” come foriero di maggiore crescita economica ce ne corre, eccome. Ci sono molte altre soluzioni (vedi le proposte di Paolo Manasse, o di George Soros etc., ma sarebbe lunga) ben più ragionevoli.

    • Luca

      Intanto il grafico del costo del lavoro unitario è fuorviante, perché dipende da quanto produci (e quindi da quanto vendi). E, se le tue vendite calano, a causa della mancanza di competitività causata da una moneta troppo forte, mentre il costo del lavoro rimane stabile, ecco che magicamente aumenta il costo unitario! Il costo orario del lavoro italiano, invece, è nella media UE. Peccato che Bisin dimentichi di dire quanto è aumentato il debito privato, durante gli anni dell’euro: 1995 72% – 2012 187%. Certo che pago di meno gli interessi, ma (che strano!) questo mi fa indebitare di più. Lo dice anche il vice presidente della BCE.

      • Alessandro

        Argomentazioni interessanti, che tuttavia non smentiscono uno solo degli assunti dell’articolo. Il problema non sta nel costo del lavoro italiano (che non e’affatto uno dei piu’elevati dell’Ue, e questo e’assolutamente corretto), bensi’nella produttivita’ e in quel rapporto tra retribuzione e produttivita’del lavoro che sia chiama CLUP (costo del lavoro x unita’di prodotto), che resta piu’elevato della Germania e di altri paesi appartenenti alla stessa valuta, l’euro . La relazione tra aumento del debito privato e appartenenza all’euro mi pare alquanto debole. Il costo potenziale in termini di aumento del debito privato (“drogato”, e’ vero, dai bassi tassi di interesse) e’stato inferiore al risparmio derivante dalla spesa per interessi. Se poi i policymakers italiani dal 1998 in poi non sono stati capaci di aiutare la crescita economica beneficiando di un interest rate environment irripetibile, questo e’un problema loro (ma soprattutto nostro), ma darne la colpa all’euro (in paese con il tasso di crescita del pil piu’basso dell’intera Ue negli ultimi 15 anni) mi sembra abbastanza ingenuo.

        • Luca

          “La relazione tra aumento del debito privato e appartenenza all’Euro mi pare alquanto debole”.

          A me invece pare un pensiero piuttosto debole, quello di chi crede di diminuire il debito (privato) introducendo un sistema che, mediante tassi d’interesse più bassi, rende più facile l’indebitamento.
          La riprova ce l’ha andando a vedere sul sito dell’OCSE l’aumento degli investimenti diretti esteri (IDE) in Italia durante gli anni 2000.
          Se ci pensiamo bene, in fondo, è tutto piuttosto semplice. Prima dell’Euro, un europeo che voleva investire in Italia (attratto dagli alti tassi d’interesse del nostro paese) doveva fare i conti con l’oscillazione del cambio nominale, e l’eventuale svalutazione della lira. Introdotto l’Euro, abbiamo fatto una promessa a quell’investitore, e cioè che l’aggiustamento del cambio reale (quello nominale ovviamente rimane fisso) sarebbe stato a carico del fattore lavoro.
          Quindi, ora e sempre (finché rimarremo nell’euro), per rendere più competitive le imprese, e aggiustare il CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto) dovremo contare solo sulla precarizzazione e sui bassi salari, con tutto quello che questo comporta sulla domanda interna.

    • Non vi è dubbio che la soluzione migliore sarebbe fare le riforme che rendano il paese più reattivo e giusto e magari azzerare gli sprechi la evasione la corruzione ecc e infine dotarsi di una banca centrale vera come tutti i paesi del mondo hanno tutti nessuno escluso infine restare dentro la moneta unica e proseguire nel cammino.
      Peccato che per fare ciò necessita che qualcuno sia accondiscendente ma non lo è semplicemente perche significherebbe fare una sola vera nazione ciò è non solo utopistico ma contro gli interessi di chi ha la golden share in europa o mi sbaglio.

  73. marioribaz

    1) Non vi è ombra di dubbio che vi sarebbe un bank run dato che, la nuova valuta, ovvero la futura lira, si svaluterebbe nei confronti dell’euro. Questa è la principale ragione per cui le trattative per l’uscita
    dall’euro con i partner europei e gli organismi finanziari internazionali dovrebbero essere gestite in segreto. L’autorità italiana dovrebbe annunciare l’introduzione della nuova lira nel giorno di venerdì, in coincidenza con la chiusura delle banche ed i mercati finanziari
    ed vietare, per quel weekend, il ritiro di contanti dai bancomat. Alla mezzanotte tra domenica e lunedì la nuova lira sarebbe reintrodotta e tutti i salari italiani, i prezzi ed i depositi bancari sarebbero convertiti.
    Per stampare le nuove monete lire e le nuove banconote servirebbero circa 6 mesi; forse meno, ipotizzando l’aiuto di istituti poligrafici di altri paesi. Durante il periodo di transizione si può confidare
    nell’ampia diffusione dei sistemi di pagamenti elettronici; è possibile anche consentire il pagamento in euro-cash per i primi 6 mesi ed il ritiro dai
    bancomat, ma ovviamente bisognerebbe imporre limitazioni al ritiro (100 euro a settimana potrebbero andare bene).
    2) Le stime del gap di competitività accumulato in Italia
    dal 1999 al 2013 nei confronti dei paesi del nord europa, in particolare la Germania, suggeriscono che, la svalutazione della nuova lira nei confronti dell’euro
    sarebbe del 30%. Ciò significa che le esportazioni italiane diventerebbero più convenienti per i consumatori esteri e le importazioni meno convenienti per i consumatori italiani. Basandomi sulla letteratura economica del pass-trough e sulle condizioni di Marshall Lerner, ritengo implausibile che l’inflazione in
    Italia scoppierebbe negli anni seguenti. Stime spannometriche mi suggeriscono che , essendo import/gdp italiano=30%., un deprezzamento della nuova lira del 30% si trasferirebbe in un aumento dell’inflazione italica del +10%, spalmato
    su più anni, per le naturali rigidità dei prezzi /contratti. Per prevenire ondate inflazionistiche il governo italiano dovrebbe certamente introdurre un framework monetario e fiscale credibile, adottando un preciso inflation targeting, come fece il governo Uk nel 1992, dopo l’uscita dall’Erm. Per quanto riguarda ipotetiche guerre commerciali le escluderei, visto che un uscita
    dall’euro non implica necessariamente un uscita dall’Ue: l’Italia entrerebbe nel gruppo di quei paesi dell’Ue con la propria valuta nazionale (Eea-Efta)
    3)Il suo ragionamento è corretto nell’ipotesi in cui tutto
    il debito pubblico fosse detenuto da banche/risparmiatori italiani: i dati mostrano tuttavia che il debito pubblico italiano è in mano per il 35% circa a soggetti esteri. Dando per assodato una
    svalutazione, ciò significa che questo 35% di debito estero sarebbe pagato con la nuova lira, quindi calerebbe il rapporto debito/PIl. Ciò è possibile per il principio giuridico della “lex monetae”, che stabilisce che un governo è libero nell’adottare la moneta che
    preferisce. Il 98% del debito pubblico italiano è emesso secondo la legge italiana, quindi i vecchi contratti di debito sarebbero semplicemente
    ridenominati nella nuova lira. Tuttavia, aldilà di questo default implicito, la mole del debito pubblico italiano richiederebbe probabilmente anche un default
    esplicito, per abbassare il debt to gdp ratio al 60-80%.
    Per quanto riguarda i rapporti di debito in euro da parte
    del sistema bancario/sistema industriale italiano, le stime suggeriscono che le percentuali di contratti secondo la legge italiana siano inferiori (80% e 35%
    rispettivamente). Per quanto riguarda queste quote, esse possono essere semplicemente convertite nelle nuove lire, senza problemi giuridici. Le quote rimanenti dovranno essere ripagate in euro,quindi con un aggravio rispetto al caso 0. La nuova italia, liberata dalla molesoffocante di debito pubblico in seguito ai default pubblici impliciti/esplicìti dovrebbe aiutare
    finanziariamente questi casi.
    4)La nuova Banca d’Italia diventerebbe
    sicuramente meno indipendente rispetto alla BCE, perché, inevitabilmente, soprattutto dopo il default pubblico italiano implicito/esplicito, ci sarebbe
    un periodo di tempo di 2-3 anni in cui sarebbe costoso finanziarsi sui mercati e quindi la Banca d’Italia si troverebbe a finanziare parte del debito pubblico e ad offrire liquidità in abbondanza per sostenere/stabilizzare il sistema bancario italiano. Dopo il default comunque le finanze pubbliche italiane diventerebbero più sostenibili e non vi sarebbe
    di sicuro nececessità di finanziarsi ogni anno per 200-300 mld€ , come negli ultimi anni: anzi, in seguito alla svalutazione della lira e alla ripresa delle
    esportazione è probabile che si raggiunga addirittura un surplus di bilancio. Ribadisco l’importanza di un framework monetario/fiscale credibile, con un inflation
    targeting preciso, per evitare spirali inflazionistiche, che ridurrebbero il vantaggio di competitività dovuto al deprezzamento della nuova lira.
    5)L’unica possibile via per restare
    nell’Area euro è, a mio avviso il PADRE PLAN proposto da Pierre Bertrand Sturdza Charles Wyplos nel febbraio 2014, ovvero un colossale monetizzazione/ristrutturazione del debito pubblico di tutti i paesi europei, in % alle quote detenute nel capitale della BCE. Ciò consisterebbe in un acquisto da parte della bce di bond di paesi area euro al valore facciale , swappandoli in bond perpetui a interesse 0.
    In questo modo i governi nazionaliavrebbero a disposizione un prezioso tesoro annuo di decine di miliardi per attuare seri programmi economici/industriali. Il piano è molto preciso e prevede delle misure punitive molto efficaci nei confronti del moral hazard.
    6)Dubitando che l’ultimo piano verrebbe mai accettato, l’Italia dovrebbe a mio avviso usare maggiormente come arma di negoziazione nei tavoli europei la
    minaccia di default totale sul debito estero, che andrebbe a colpire prevalentemente le banche francesi/olandesi/tedesche. Questa arma sarebbe
    estremamente efficace, a mio avviso, per evitare l’introduzione del fiscal compact, dal prossimo anno.

    • Maurizio Cocucci

      Ci sarebbero molte obiezioni da muovere in merito ai punti che ha elencato circa un possibile programma di uscita, mi è sufficente comunque farle notare il primo: per una decisione del genere serve l’approvazione del Parlamento (il nostro) e finchè non modificano la Costituzione significa attraverso una discussione alle Camere in seduta pubblica con tanto di dibattiti e voto finale, prima in una Camera e poi nell’altra.

  74. Jacopo Piletti

    L’inghilterra non gioca con tutte le nostre regole.

  75. Jacopo Piletti

    Se io incomincio a invadere il mercato con merce a poco costo secondo la teoria dei giochi rispondi con dei dazi doganali.

  76. chinacat

    “The Failure of the Euro” by Martin Feldstein:
    “The euro should now be recognized as an experiment that failed. This failure, which has come after just over a dozen years since the euro was introduced, in 1999, was not an accident or the result of bureaucratic mismanagement but rather the inevitable consequence of imposing a single currency on a very heterogeneous group of countries. The adverse economic consequences of the euro include the sovereign debt crises in several European countries, the fragile condition of major European banks, high levels of unemployment across the eurozone, and the large trade deficits that now plague most eurozone countries”

    • Maurizio Cocucci

      Sono anni che lui ed alcuni altri economisti gufano contro l’euro. Le loro cupe previsioni (“L’euro riporterà la guerra in Europa”) mi sembrano quelle dei ‘maghi’ ad inizio anno quando leggono gli oroscopi. Sarebbe interessante registrarle e poi tirarle fuori ogni fine anno.

      • Giorgio

        Magari sarebbe meglio documentarsi prima di riportare (tra virgolette!) frasi che Feldstein non ha mai scritto, ma è stato accusato di aver scritto da parte di commentatori superficiali (d’altronde, se non fossero superficiali non supporterebbero l’euro). Ecco la spiegazione di Feldstein: “In my Foreign Affairs article I noted that a political union with a single currency had not prevented the United States from having a terrible civil war. That comment led the editors of Foreign Affairs to put the caption “EMU and War” on the cover of that issue, attracting attention to my article but also leading many who didn’t actually read the article to believe that I was saying that EMU would lead to a European civil war.” http://www.nber.org/feldstein/ReflectionsonAmericansViewsoftheEuroExAnte.pdf
        PS Considerando il tracollo economico cui ci ha condannato l’euro, o Feldstein ha ragione o è lo jettatore più pericoloso della storia.

        • Maurizio Cocucci

          La frase, una procazione certo, l’ha scritta e basta fare una rapida ricerca (si trova anche su wikipedia). Ovvio che non si riferiva a guerre vere e proprie, ma a conflitti di tipo sociale. Ovvero lui sosteneva che mentre l’obiettivo della moneta unica era di avvicinare le nazioni ed evitare ulteriori guerre, in realtà l’effetto sarebbe stato il contrario alimentando conflitti (politici).
          Per quanto riguarda il tracollo economico si è ancora in attesa della relazione causa-effetto euro-crisi. L’economia dell’eurozona si sta riprendendo da una crisi non causata da una moneta e per quanto concerne la nostra economia in particolare dipenderà dalle riforme che faremo sia a livello statale che aziendale, visto che una parte della nostra perdita di competitività dipende dalle imprese stesse.

          • Ancora una volta ti ricordo che la crisi partita dagli Usa non ha colpito in maniera uniforme ma i numeri dicono che la Germania e non cito le cause di crisi non ha visto nulla ora lo stesso si può dire tra sud italia e nord o tra florida e california grazie ai trasferimenti e ai bilanci da stato unico centrale la crisi non è stata terribile per qualcuno e addirittura un’occasione di crescita per un altro e ripeto non analizzo le cause ma gli effetti della crisi.
            Se qualcuno si trova in vantaggio deve aiutare chi è in ritardo e non applicare sansioni o addirittura farsi ripianare errori quali sono stati gli acquisti a man bassa di subprime e titoli del debito greco italiano ecc da parte delle banche tedesche e francesi. queste premesse portano infatti alla lunga ma non troppo a conflitti prima sociali e spero solo sociali.

  77. giulioPolemico

    Mi pare che con un minimo di buon senso qualunque persona riuscirebbe a capire che:
    – se veramente indipendente non sarebbe a libro paga del politico di turno;
    – l’indipendenza della banca centrale è un fondamento della vita democratica. Sennò il politico di turno la userebbe a suo vantaggio e a discapito della collettività.

    • Marco Disce

      Ma tu credi che il banchiere centrale “indipendente” dai politici sia anche indipendente da qualsiasi altra persona, associazione, gruppo di potere, oligarchia, eccetera? E se invece è vicino a qualche oligarchia che spinge per una politica a suo vantaggio (come suggerisce Paul Krugman qui:
      http://krugman.blogs.nytimes.com/2014/04/06/oligarchy-and-monetary-policy/?_php=true&_type=blogs&smid=tw-NytimesKrugman&seid=auto&_r=0 ) e a discapito dei cittadini come possono difendersi questi ultimi visto che non è una carica elettiva e non è sostituibile dai politici eletti?

      • giulioPolemico

        Veramente è elettiva. La Bce, e non solo, è sempre stata elettiva. Non lo è mai stata Bankitalia, fino a poco tempo fa, ma tu uscendo dall’euro rivorresti Bankitalia. Da un lato vuoi ritornare a Bankitalia, ma non sai che non era elettiva, dall’altro la vuoi invece elettiva.

        • Marco Disce

          Il tema è “banche centrali indipendenti” e “banche centrali controllate dalla politica”. La Bce è unanimemente considerata come una Bce totalmente indipendente dal controllo politico di tutti gli stati membri tranne uno (la Germania). Vedi tu se ti sembra la soluzione ideale per l’economia Italiana.
          La Banca d’Italia fino al 1979 era di fatto subordinata al governo, poi hanno deciso di bloccare i cambi con lo Sme e quindi il governo ha dovuto cedere potere al banchiere centrale che a sua volta in virtù degli accordi europei doveva inseguire al rialzo il marco tedesco.

  78. Marco Disce

    No, prima del 2008 l’Italia non stava benissimo, stava perdendo competitività da 10 anni e l’economia andava avanti solo grazie a un continuo con l’estero del settore privato per finanziare i consumi di prodotti esteri.

  79. Marco Disce

    “si avrà un beneficio del saldo commerciale da questo deprezzamento, ma è opinione di quasi tutti gli studi che questi benefici poco si trasmetteranno su Pil ed in particolare sull’occupazione”

    Di quali studi parliamo? In base a quale logica il PIL non dovrebbe trarre beneficio da un aumento della domanda visto che la nostra attualmente *è* una crisi di domanda?

    • Maurizio Cocucci

      In base alla domanda interna. La domanda estera è costantemente cresciuta e se quella interna avesse avuto lo stesso andamento (export 1998: 220mld – 2011: 375mld € – fonte Istat) non staremmo qui a parlarne. Nel 1992 grazie alla svalutazione le esportazioni ebbero un incremento ma l’occupazione registrò una perdita di 300mila unità nel 1993 e altrettante l’anno successivo, segno che ad un aumento delle vendite all’estero non corrisponde necessariamente un aumento del Pil (che nel 1993 fu negativo) e in particolare dell’occupazione.
      Coloro che sostengono l’equazione ritorno alla lira=ripresa economica non riescono a comprendere la differenza tra domanda interna ed estera, dove è la prima oggi ad essere in difficoltà (per usare un eufemismo), non la seconda e quindi puntare sulle esportazioni pensando di creare centinaia di migliaia, o anche più, di posti di lavoro è inconsistente.
      Suggerisco di prestare attenzione all’opinione dei diretti interessati di coloro che il lavoro lo dovrebbero “creare”, le imprese, leggendo ad esempio documenti come questo nell’immagine allegata elaborato dal Centro Studi Confindustria in cui si spiega perchè tale equazione è inconsistente.

      • Marco Disce

        La domanda interna non può costituire un problema:
        1) se sei padrone di gestire la politica monetaria e fiscale la puoi alimentare con politiche espansive
        2) la svalutazione, come già detto prima, aumenta la competitività interna dei prodotti interni, quindi aumenta automaticamente la domanda interna di prodotti italiani (anche supponendo di lasciare inalterata la domanda interna) e questo incrementa la produzione.
        Quanto a Confindustria, chiediamoci quali interessi difendono i suoi vertici e se questi coincidono veramente con quelli delle piccole e medie imprese italiane. Se ai vertici ci sono industriali che hanno delocalizzato hanno tutto l’interesse a mantenere la moneta forte.

  80. Marcello

    1) L’uscita dall’Euro può essere fatta nel giro di un week-end. Proprio per i motivi che Lei dice l’uscita deve essere fatta in un week-end per evitare la fuga di capitali (che purtroppo un po’ ci sarà perché ci sono sempre gli amici degli amici che sapranno prima).
    2) L’uscita dall’Euro ci consentirebbe di aumentare produzione e occupazione, grazie alla svalutazione e al conseguente aumento di competitività. Certamente. Perché la svalutazione (uscita dal marco e entrata nell’euro) lo può fare solo la Germania? Quando siamo usciti dallo Sme (il proto euro) dopo pochi mesi ci siamo ripresi alla grande. I mercati scommettono contro l’esistenza dell’euro da anni, non sarebbero sorpresi. Sanno che è l’euro che frena l’europa (con la E minuscola) e che senza il vecchio e rancoroso continente riprenderà ( a meno dell’Europa del Nord)
    3) La conversione dei titoli pubblici nella nuova lira, svalutata, alleggerirebbe il peso del debito pubblico.
    Gentile dott. Baglioni, si è dimenticato di dire a quanto ammonta in % il debito non rinominabile. A me risulta una percentuale che si conta sulle dita di una mano.
    4) La politica monetaria tornerebbe nelle mani della Banca d’Italia, e questo consentirebbe di “monetizzare” il debito pubblico.
    Il problema oggi è della inflazione troppo bassa. Tra il nero e il bianco ci sono infinite scale di grigio così come tra una inflazione bassa e una eccessivamente alta ci sono diversi punti intermedi. Perché la politica della BdI dovrebbe per forza arrivare a generare una iper-inflazione? Non potrebbe gestire una inflazione di qualche punto percentuale e basta. Il punto è assai debole.
    5) “Questo progetto è rimasto incompleto. La soluzione è completare il processo…” Si ma lo devono volere tutti. Un processo di unione dove per periodi ridotti di tempo un’area deve essere disponibile ad aiutare una in difficoltà, dove esiste una banca centrale che fa la banca centrale. Queste cose alcuni paesi semplicemente non le vuole.

    6) Siamo d’accordo, ma la situazione rende il tutto più in salita.

    • Maurizio Cocucci

      1) Un cambio di moneta non lo si può fare nell’arco di un weekend sia sotto il profilo operativo che quello legislativo. Operativo perché non si tratta di sostituire il logo del conto corrente, ma anche poter disporre di banconote e monete. Poi c’è appunto l’aspetto legislativo perché serve discutere e concordare l’uscita con i partner in quanto ci sono diversi trattati in essere. Puoi anche svegliarti e annunciare che da quella mattina il Paese ha una nuova moneta alla faccia di trattati e regole, il problema è che una moneta deve essere accettata come mezzo di pagamento anche all’estero, non solo dai cittadini italiani, altrimenti è come presentarsi in un negozio di Barcellona e pretendere di pagare con i buoni pasto. Una azienda come potrebbe fatturare in una neo moneta che non sarebbe accettata?
      2) Quello che viene divulgato del periodo 1992-1996 è l’andamento della sola bilancia commerciale, non il Pil, crollato nel 1993 (l’anno successivo dell’uscita dallo Sme) e i 300 mila posti di lavoro persi sempre quell’anno e altrettanti quello successivo segno che l’incremento delle esportazioni non ha creato lavoro a sufficienza per compensare quelli persi. Forse questo dovrebbe far riflettere sulla semplicità con cui viene divulgata l’equazione: uscita dall’euro – nuova moneta – svalutazione – aumento delle esportazioni e dei posti di lavoro. Nel caso ci fossero dubbi basta guardare indietro ai periodi in cui la lira si deprezzava molto su dollaro e marco eppure l’occupazione cresceva agli stessi ritmi dei periodi precedenti.
      3) Il peso del debito pubblico rimarrebbe lo stesso in quanto verrebbe convertito quasi interamente nella nuova moneta così come il Pil, quindi il rapporto rimarrebbe uguale. Quello che non si potranno convertire sono le obbligazioni delle aziende private e delle banche, in particolare la passività della Banca d’Italia verso le altre banche centrali dell’area euro e che al 31 dicembre 2012 ammontavano a circa 254 miliardi di euro.
      4) Monetizzare il deficit o gran parte di esso? Potrebbe fare una analisi lei stesso circa l’ammontare di base monetaria necessaria per fare questo e paragonare il suo fabbisogno di crescita con quella che c’era quando avevamo la lira e monetizzavamo parte del deficit. Potrà appurare che è necessario un incremento maggiore di allora, di allora cioè di quando avevamo inflazione a due cifre.
      5 e 6) L’euro è un progetto da aggiornare e portare avanti, nessuno sostiene che così come è ora vada bene.

  81. Al punto 1 si ricordi quando uscimmo dallo sme a fine 92 non necessitarono tre anni per farlo e i risultati in termini di pil e occupazione non furono tragici tanto da far dire al prof monti di allora che la svalutazione ci aveva fatto bene peccato che nel 96 ci catturarono ancora con le regole per entrare nello euro al punto 2 si può obbiettare che il Giappone da poco e la inghilterra nel 2008 hanno svalutato le loro divise con conseguenti inflazioni no proprio tragiche anzi al punto tre applicando la lex monetae con cambio uno a uno il debito resta uguale tranne quello in valuta cioè dollaro usa che è il 3% del totale quindi trascurabile al punto 4 si può obbiettare che finalmente verrebbe applicata la costituzione italiana che vuole la banca centrale di proprietà del tesoro e che politici spregiudicati hanno separato opponendosi poi al suo reintegro al punto5 mi trovo in sintonia con Lei infatti è un progetto fallito ma solo per la parte più debole della europa quindi prendo atto al punto 6 sono ancora in sintonia con Lei ma non chiami populisti chi cerca di salvare dal neocolonialismo il propio paese e magari dia una mano anche Lei.

  82. Alessandro Marangon

    Concordo con quanto scritto, ma siamo davanti ad un bivio dove il problema che ci viene posto davanti è l’Europa e non sono d’accordo. Il problema potrebbe essere fare un piano serio per ridurre in % l’acquisto di energia dall’estero e ancora resterebbe il petrolio. Ma fondamentalmente il problema vero è l’attuale classe dirigente Italiana incapace di riformare se stessa: qualsiasi cosa può essere progettata (in durata anni) per uscire dall’euro può essere fatta per rimanere nell’euro, ma non con questi centri di potere, non di certo con questo finto governo. Se dover scegliere Europa si o Europa no (con tempi e metodi corretti) vuol dire spazzare via chi ci ha portati a questo “malessere” ben venga come processo attento di ristrutturazione. Sino a qui, rimanendo fermi su questo modo di operare, di cose certe e positive ne vedo poche, molto poche. Vedo forse solo la Grecia che si avvicina inesorabile.

  83. Enrica

    La globalizzazione è diretta conseguenza dell’abbassamento degli standard di vita e di stipendio, creati ad hoc da qualcuno in virtù di non so cosa o in funzione di accordi bilaterali. Aggiungici l’ingresso in una moneta a cambio fisso, il fatto che qualcuno di questa unione abbia provveduto ad abbassare gli stipendi, quello che stanno facendo ora in Italia, già nel 2003, mettici il mantenimento dello status quo e della diabolica macchina statale, vedi Expo ed ecco il gioco è fatto. Considerando una famiglia di 2 persone senza figli e con un reddito di 5000 euro al mese netto, tolto il mutuo e le spese vive, diciamo che restano 3500 euro vado ad acquistare un’utilitaria di seconda mano o magari cerco qualcosa di un po’ meglio, vado all’Ikea o ricomincio ad apprezzare l’arredamento made in Italy? Compro un ombrellone cinese da 69 euro o uno italiano da 250? La globalizzazione ci mollerà non appena nei paesi da dove è arrivata il tenore di vita si alzerà, prima o poi. E noi invece distruggiamo la nostra domanda interna, ma secondo te 60 milioni di persone sono un mercato insignificante?

  84. Graz

    Punto 3. Una nazione sovrana non ha bisogno di reperire risorse dalle tasse per pagare il debito. In realtà la spesa pubblica ha una direzionalità inversa: prima lo stato spende e poi decide di fornire ai cittadini uno strumento di risparmio sicuro e garantito al 100%: il titolo di stato. Le tasse servono per controllare l’inflazione e far accettare la moneta dai cittadini e non hanno alcuna relazione con la spesa.
    A dimostrazione di ciò uno stato sovrano può benissimo spendere ciò che vuole senza emissione di titoli di stato. Sorvolo sugli altri punti per mancanza di tempo ma tutte le affermazioni sono tutte alquanto debolucce.

  85. Nicola

    Buongiorno a tutti. Sono veramente sorpreso che oggi ci sia ancora qualcuno che creda alla favola dell’uscita dall’euro! Svalutazione del debito ok, ma del credito ne vogliamo parlare? Quello non si svaluterebbe? Per non parlare dell’inflazione. Mettiamo l’esercito al confine e spariamo a chi porta fuori capitale? L’Europa è un sogno, è il futuro, è l’unica strada. Dobbiamo diventare una confederazione di stati: Stati Uniti d’Europa. E’ l’unica via!

    • Roberto Rizzolio

      Sig. Nicola, chi vive sognando, muore ca…ntando. La svalutazione è la perdita di valore sul mercato esterno,
      l’inflazione su quello interno.
      Di quale credito va parlando, in materia di svalutazione? Lei ha crediti verso esteri? Guardi che se la lira va giu’ i suoi crediti in valuta estera vanno su della stessa % Sono i suoi debiti in valuta estera che aumentano in caso di svalutazione, la casa, resta in Italia, non gliela portano mica a Berlino, I debiti statali sono controllati dall’emissioni della Banca D’Italia. Quando l’euro, appena nato ha svalutato del ( se non ricordo male ) 30%, cosa le e’ successo? E l’inflazione DI FATTO all’arrivo dell’euro non le dice niente? Quello che costava 1000 lire costa 2000, un euro, questo e’ una favola o non conta? Saluti. RRizzolio

  86. antonio

    E quindi dovremmo stare dentro le politiche monetarie decise dalla BCE istituto indipendente e non sottomesso agli stati sovrani?la BCE che decide le politiche in base alle economie diverse degli stati e dunque favorendo i più forti contro i più deboli.Sarebbe questa una forma repubblicana europea oppure una oligarchia? Nessuna banca può essere indipendente e contro il diritto interno ed internazionale.Solo gli stati sono indipendenti e sovrani

  87. cambiare monete ancora secondo me fa bene inglese

  88. Roberto Rizzolio

    Con buona pace del Sig. Baglioni:
    L’euro é un progetto politico? Chi l’ha votato? I risultati sono positivi? Non sono passati 17 anni?
    Non ritiene che il comportamento di Francia e Germania sia lesivo dei nostri interessi? Non ritiene che ogni paese debba avere pari dignita’? Non ritiene gli interventi in politica estera di Francia, particolarmente in Libia, lesivo dei nostri interessi? Cio’ non confligge con l’unita’ europea? Il fatto che Francia e Germania
    guardino il loro unico interesse specifico la dice lunga sull’Europa come soggetto unico…
    Come lega obbligatoriamente la svalutazione all’inflazione, di grazia?
    Considera equilibrato il rapporto euro-lira euro-marco euro-franco?
    Come mai l’euro alla sua prima apparizione ha subito una forte svalutazione?

  89. Roberto Rizzolio

    Visto che l’Europa e’ il migliore dri mondi.
    Sig. Baglioni, come considera il litigio tra Germania e Olanda per spartirsi la prima presidenza della Bce? Come considera Le regole interne in materia bancaria -leggi sovrane- che la Germania si e’ data in conflitto con l’idea generale europea?
    Come considera i bloccaggi nazionalistici della Francia verso partnership ove gli italiani siano legittimamente favoriti senza che nessuno, dico nessuno, in Europa ci metta il becco? Come considera i passati, Germania, e i presenti, Francia, sforamenti del rapporto deficit pil e il fatto che a noi, congrui, vengano fatte le pulci per dei decimali? Come considera gli aiuti distato Francesi che passano sotto il silenzio e gli attivi, praticamente in nero
    della Kfw? Le va bene tutto cio’? Beato lei,
    per me e’ un po’ indigesto, ma non è grave, io non sono un professore, bensi un modestissimo imprenditore. Che pero’
    per esperienza pratica, non teorica ritiene che gli interessi del nostro paese siano fuori da questo consesso, visto le prove che ha dato. Saluti. R.Rizzolio
    p.s.. notera’ che non ho parlato della risposta europea al problema dell’immigrazione economica, peraltro coerente con la folosofia europea: i problemi a noi e i benefici a loro…

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