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Quella relazione tra euroscettici e surplus tedesco

Il collante dei partiti euroscettici è il riferimento a un’Europa “tedesca”. Come mostrerebbe il surplus commerciale della Germania nei confronti dei partner dell’area euro. Ma l’avanzo commerciale tedesco è alto solo verso alcuni paesi, come Francia e Austria.

EUROSCETTICI A STRASBURGO

Alle elezioni europee del 25 maggio i partiti euroscettici hanno ottenuto un notevole successo elettorale. In Francia, al Front National di Marine Le Pen è andato un quarto dei consensi, con lo slogan “La nostra gente chiede solo una politica: la politica dei francesi per i francesi”. Nel Regno Unito il partito indipendentista (UKIP) di Nigel Farage ha raggiunto il 27 per cento dei voti mettendo al centro del suo programma elettorale l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Dopo il “bastaeuro tour”, la Lega Nord di Matteo Salvini ha superato il 6 per cento delle preferenze in Italia. E anche all’interno dello stabile quadro politico tedesco il partito anti-euro AfW (Alternative fur Deutschland) ha raggiunto il 7 per cento e sarà quindi rappresentato per la prima volta a Strasburgo. Nell’insieme, i partiti euroscettici avranno una quarantina di delegati all’interno del nuovo Parlamento europeo. Il loro successo elettorale marca una chiara discontinuità rispetto al passato che richiede di essere interpretata.

IL SURPLUS TEDESCO CON L’EUROZONA NON È ECCESSIVO

Fuori dalla Germania, il collante dei partiti euroscettici nei paesi dell’Eurozona è stato il riferimento martellante a un’Europa “tedesca” che con l’euro ha (avrebbe) fatto solo gli interessi della Germania. Molti hanno puntato il dito contro il surplus commerciale tedesco nei confronti degli altri paesi dell’area euro. Un eccessivo avanzo commerciale deriverebbe da “eccessive” esportazioni e “troppo scarse” importazioni, ambedue segni di un atteggiamento egoistico della Germania, incline a sottrarre mercato e posti di lavoro ai partner europei con le sue esportazioni senza poi fare la sua parte in termini di accresciute importazioni.
I dati sui flussi complessivi di commercio internazionale tra la Germania e i suoi partner commerciali sono tuttavia solo parzialmente coerenti con questa visione (peraltro basata sul falso presupposto che un euro esportato da un paese è uguale a un euro in meno prodotto nel paese di destinazione). In ogni caso, è vero, nel 2013 la Germania presenta un avanzo positivo di bilancia commerciale – l’eccesso delle esportazioni sulle importazioni di beni e servizi – che sfiora il 7 per cento del Pil. Un avanzo così elevato nei conti con l’estero è unico in Europa, essendo semmai caratteristico solo di esportatori di materie prime, come i paesi arabi o la Russia, oppure di paesi emergenti che dell’export manifatturiero hanno fatto la locomotiva del loro sviluppo, come la Cina.
Ma ben 5 dei 7 punti dell’avanzo commerciale tedesco nascono dagli scambi tedeschi con il resto del mondo diverso dai paesi dell’Eurozona. L’avanzo tedesco verso i paesi dell’area euro è dunque solo di due punti di Pil. Pare che sia Barack Obama a doversi lamentare della Germania più che i paesi dell’Eurozona (e lo ha fatto nel novembre 2013). Si può però anche aggiungere che i 2 punti di avanzo commerciale di oggi nei confronti dell’Eurozona erano quasi 5 prima della crisi nel 2007 e erano invece meno di 3 nel 1999, nel primo anno di introduzione dell’euro. Anche se i tedeschi esportano più di quanto importano dagli altri paesi dell’area euro, durante la crisi post-2007 il loro export è diminuito e le loro importazioni da questi paesi si sono invece accresciute, riportando il loro surplus commerciale di oggi più o meno ai livelli pre-euro.
Vista con gli occhi di oggi, quindi, l’introduzione dell’euro è stata neutrale sui conti con l’estero della Germania rispetto agli altri paesi dell’Unione. Non solo: vuoi in conseguenza di sforzi specificamente destinati a questo obiettivo, vuoi a causa della crisi che ha determinato una drammatica divergenza nei tassi di crescita tra le aree centro-nord e sud dell’eurozona, i dati di export e import tedesco mostrano che, nei sei anni che vanno dal 2007 al 2013, la Germania ha dato un contributo non marginale alla correzione degli squilibri all’interno dell’area euro.

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L’AVANZO TEDESCO E LA SIGNORA LE PEN

Ma allora, se va tutto bene, da dove vengono i consensi della signora Le Pen? Per rispondere bisogna guardare oltre i flussi aggregati di scambi e concentrarsi sugli scambi bilaterali. In un recente lavoro, Andreas Rees effettua proprio questo tipo di disaggregazione e mostra l’evoluzione della bilancia commerciale tedesca nei confronti di ognuno dei principali paesi dell’eurozona, decomponendo la variazione del saldo commerciale tra il 2007 e il 2013 in funzione della variazione dei flussi di export e di quella dei flussi di import. (1) I risultati (riportati nella tabella) indicano la presenza di situazioni molto differenti che aiutano a capire l’avanzata degli euroscettici.

 

Il surplus commerciale della Germania nei confronti dei paesi dell’Eurozona, 2007-13

daveri avanzo tabella

Nella prima riga della tabella si legge che l’avanzo commerciale della Germania nei confronti della Francia è aumentato nel corso del tempo. Mentre – lo dicono i dati aggregati – la Germania riequilibrava i suoi conti esteri con l’Eurozona nel suo complesso, lo squilibrio estero è invece addirittura cresciuto nei confronti della Francia, a fronte di un marcato aumento dell’export tedesco in Francia (+9,5 per cento) e di un solo modesto incremento dell’import tedesco dalla Francia (del 2 per cento). Tra i paesi nella tabella, anche in Austria il surplus tedesco è rimasto molto elevato (vicino ai 20 miliardi di euro). E anche in Austria il partito euroscettico Freedom Party (FPO) ha sfiorato il 20 per cento dei voti, in crescita di 7 punti rispetto alle elezioni del 2009. Negli altri paesi dell’Eurozona dove il surplus tedesco è diminuito (Italia, Spagna, Portogallo, Olanda e Belgio), spesso a seguito della combinazione del calo dell’export e dell’aumento dell’import, l’affermazione degli anti-euro è stata più contenuta.
Sulla base dell’evidenza di oggi, non c’è bisogno di aderire a improbabili teorie mercantiliste del passato per concludere che un graduale riequilibrio dei conti con l’estero della Germania porterebbe con sé non solo una maggiore stabilità economica dell’Eurozona, ma anche una sua maggiore stabilità politica.

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(1) Andreas Rees, Unicredit Weekly Focus, n. 99, March 20, 2014.

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51 commenti

  1. Oppenheimer_ia

    Molto interessante.
    Vorrei solo far notare un refuso, assolutamente banale, e porre una domanda:
    – nel parlare di crisi, 2007 andrebbe corretto con 2008, dato che in europa ha “colpito” in quell’anno ( http://blogs.reuters.com/globalinvesting/files/2012/04/GermanOrders.jpg );
    – perché iniziare i dati nel 2007?

    • francesco daveri

      tradizionalmente si colloca nell’aprile 2008 l’inizio della recessione. con dati annuali, il 2007 è l’ultimo anno pre-crisi e il 2008 è il primo anno di crisi. in ogni caso le conclusioni non cambierebbero scegliendo il 2008 come anno di riferimento.

  2. Antonio Castelli

    Mi sembra un’analisi semplicistica. Punto primo gli squilibri commerciali Germania-Ue non si sono riequilibrati (pur rimanendo fortemente asimmetrici) a partire dal 2007-08 per un improvviso intento cooperativo tedesco. Semplicemente le importazioni di prodotti tedeschi sono diminuite per una perdita di potere d’acquisto degli altri paesi del sud europa a seguito della crisi. Lo scoppio della crisi nell’eurozona è anzi una conseguenza dell’indebitamento estero dei paesi periferici dovuta a un persistente deficit commerciale. Ridurre la tabella al periodo 2007-2013 è come osservare le conseguenze di una malattia dopo la sua fase acuta. Sarebbe molto più onesto allargare la tabella anche al periodo 1999-2007. On top of that, il fatto che la Germania, abbia un surplus commerciale così ampio (oltre la soglia massima imposta dall’Ue). non può essere scorrelato dalla perdita di competitività degli altri paesi europei. L’introduzione dell’euro non è stata affatto neutrale da questo punto di vista. Il cambio fisso ha consentito alla Germania di non rivalutare anche a fronte di un surplus crescente mentre per i paesi periferici il cambio si appesantiva progressivamente a causa della dinamica dei prezzi che in tutta l’eurozona sono cresciuti più velocemente che in Germania. Qui ancora una volta l’atteggiamento tedesco è stato tutt’altro che cooperativo visto che ha operato una massiccia compressione della quota salari per guadagnare ulteriore competitività nell’export.

    • Maurizio Cocucci

      Se il deficit commerciale fosse la causa della crisi, gli Usa dovrebbero essere alla pari dei Paesi del terzo mondo visto che dal dopoguerra sono stati costantemente in deficit e l’Italia oramai fuori dal tunnel dato che abbiamo un surplus da molti mesi.
      Che l’abbondante surplus sia da correlarsi alla perdita di competitività dei partner dell’eurozona mi riesce difficile accettarlo visto che come scrive l’autore la Germania lo consegue per la maggior parte verso le nazioni che non fanno parte dell’euro. Magari sarebbe utile approfondire il tema dell’export tedesco analizzando dati e settori merceologici oltre che mercati di sbocco. Ad esempio per quello automobilistico chiedersi come mai Volkswagen vende 2,4 milioni di vetture in Cina mentre gli altri marchi europei (non solo gruppo Fiat) non arrivano ad un decimo di quella quantità. Audi ha venduto nel 2013 478 mila vetture e Bmw 374 mila. Non sarà grazie all’euro? Poi per ciò che concerne la presunta compressione dei salari mi lasci dire che è un luogo comune privo di ogni fondamento visto che i salari a parità di potere d’acquisto e il costo orario del lavoro sono tra i più alti in Europa (al nono posto secondo Eurostat – 27.03.2014).

      • Antonio Castelli

        Se il deficit commerciale è lungo e prolungato qualche problema lo crea alla lunga anche in un paese che gode di sovranità fiscale e monetaria come gli Usa. Supponga ora di essere in un paese Ue in cui lo stato deve affidarsi ai mercati per finanziarsi senza possibilità di stampare moneta. Una scarsa competitività commerciale compromette la fiducia dei mercati in quel paese che fa salire lo spread. Il meccanismo avvia la ben nota spirale recessiva che i paesi del Sud Europa conoscono bene senza di fatto avere possibilità di uscita se non quella di aumentare le tasse per non far esplodere il debito pubblico e tagliare i salari per riacquistare competitività. Bello eh? Quanto ai salari tedeschi, possono essere anche i più alti del mondo dal punto di vista reale, io parlo della quota salari, cioè il rapporto tra il salario e la produttività. Se la produttività aumenta più rapidamente dei salari vuol dire che il datore di lavoro sta conseguendo un profitto sempre maggiore. E in Germania la quota salari è stata abbattuta verticalmente grazie alle tanto osannate politiche di flexsecurity: minijob a 400 euro al mese e elemosina statale dopo che ti licenziano senza preavviso. A parte il fatto che questo tipo di politica comporta un aumento della disuguaglianza (che può interessarci o meno) e del debito pubblico oltre i parametri (e questo già ci interessa di più) sicuramente non è un atteggiamento cooperativo verso i partner, visto che comporta per come è strutturata (male) l’Ue una corsa al ribasso dei salari per provare a competere. Competere a una gara in cui può vincere solo il più forte vista la nota rigidità dei salari verso il basso. In altre parole il vincitore designato è quello in cui al tempo t0 i salari sono più alti dato che ha più “spazio per tagliarli” prima che i suoi lavoratori muoiano di fame.

        • Maurizio Cocucci

          Ho trovato interessante nonchè stimolante buona parte del suo commento nonostante non ne condivida buona parte, ma poi mi cade sul tema dei minijob. Ancora con questa storia di questo genere di contratti che sono presenti dal lontano 1977 (!) e che dal 2003 hanno semplicemente subito una riduzione del cuneo fiscale. Taglio apportato per il semplice fatto che in Germania (come in quasi tutti i Paesi civili) è previsto un sostentamento al reddito per chi è indigente (in particolare per i disoccupati) e in precedenza molti percepivano l’assegno pubblico e lavoravano saltuariamente in nero perchè i contratti riguardanti i “Geringfügige Beschäftigung”, ovvero gli impieghi minori, prevedevano un aggravio non indifferente. Il governo Schröder quindi cosa ha fatto, con il secondo dei quattro pacchetti di riforme Hartz ha ridotto il peso fiscale e contributivo su quasi tutte le tipologie di questo genere di contratti in base al ragionamento: che contributo può dare fiscalmente uno che guadagna qualche centinaio di euro al mese? Oppure che pensione può maturare? Tagliamo quindi il carico dovuto a queste voci e prevediamo sanzioni pesanti verso chi paga un lavoratore senza formalizzare il contratto. In questo modo si è ridotta (e di molto) la spesa assistenziale. Sarebbe un esempio anche per noi se ci sforzassimo di approfondire gli argomenti. Si parla spesso di quanto costerebbe un reddito minimo o (preferibilmente dal mio punto di vista) un assegno di disoccupazione a tempo indeterminato e la cifra appare troppo alta, ma questo perchè non si tiene conto che molti disoccupati lavorano comunque, solo che non è dichiarato. Stia tranquillo che la competitività dei prodotti tedeschi non è influenzata dalla cameriera al Biergarten che lavora il weekend o dal garzone che scarica e carica casse di birra per una quindicina di ore settimanali, perchè è questa la media di ore che svolgono i minijobber nonchè la tipologia di attività. Operai e impiegati sono retribuiti ben di più che 450 euro al mese.

    • francesco daveri

      eh alle volte uno si potrebbe risparmiare tante energie solo leggendo con un minimo di attenzione ciò che è scritto nell’articolo che commenta.
      nella prima parte dell’articolo ho spiegato (ma è la parte scritta e non è contenuta nella tabella, capisco che leggere sia impegnativo per alcuni) che il surplus tedesco vs EZ era un po’ meno di 3 ppts del Pil nel 1999, poi è andato a 5 nel 2007 e ora è sceso a 2. Come vede non ho escluso a mio piacimento sotto-periodi (ripeto: è anche scritto nel pezzo, se lo legge). Dalla salita e ridiscesa del surplus tedesco al punto iniziale io traggo la conclusione che l’euro è stato più o meno neutrale sul surplus commerciale della Germania verso l’area EZ nel suo complesso. lei su quale dato basa le sue granitiche convinzioni?
      Sempre volendo leggere quello che ho scritto (non è obbligatorio, ma dopo tutto scrive un commento al mio pezzo, non sta cogliendo un’occasione per dare la stura delle sue convinzioni prive di sostanza empirica) nel mio pezzo scrivo “vuoi in conseguenza di sforzi specificamente destinati a questo obiettivo, vuoi a causa della crisi che ha determinato una drammatica divergenza nei tassi di crescita tra le aree centro-nord e sud dell’eurozona”. Come dire che ho consapevolezza di ciò di cui parla. Detto questo tuttavia rimane il fatto che la Germania ha ANCHE importato di più da questi paesi.

      • Antonio Castelli

        Professore ma mi scusi, supponiamo che il livello del surplus tedesco (in figura, se sono riuscito a allegarla) ritorni esattamente al livello che aveva alla fine degli anni ’90. Questo vuol dire che l’introduzione dell’ euro è stata neutrale? Certo se misuriamo l’accreditamento estero tedesco a t0 e tf potremmo dire che la variazione non è eccessiva. Ma possiamo ignorarne l’andamento in questo intervallo temporale.
        L’andamento ci dice che la Germania ha sfruttato la sua posizione dominante per acquisire un gigantesco surplus estero fornendo anche massicciamente e irresponsabilmente credito ai Piigs, e in definitiva portando il sistema al collasso contribuendo a eroderne le fondamenta (le singole economie dei partner). Una volta che i buoi sono scappati che la Germania ha lucrato (anche a spese dei partner) un surplus consistente ha iniziato a ridurre il suo surplus per lo più a causa di un calo dell’export. Dire che l’euro è stato neutrale rispetto al surplus tedesco è come dire che il disastro di Chernobyl è stato neutrale rispetto all’incidenza dei tumori nella regione circostante perché i valori del 1985 sono simili a quelli del 2014.

        • francesco daveri

          Giusto. Rimane però che se oggi il surplus della Germania è tornato al livello del 1999, vuol dire che l’euro ha avuto un effetto solo temporaneo sul surplus.

          • Come vengono riportati i soldi in Italia, trasferiti in Germania grazie al surplus?

          • Ettore

            Scusi se insisto con la mia obiezione logica che sorge spontanea esaminando i suoi dati e il suo ragionamento: il surplus tedesco verso l’Eurozona si è ridotto in ragione della crisi; ma, allora, se non ci fosse stata la crisi a quanto sarebbe arrivato? Se dal 2000, anno di partenza ufficiale dell’euro per le transazioni commerciali, al 2007 i suoi stessi dati ci dicono che è salito progressivamente ( da +3 a +5). Si è poi ridotto per via della crisi, quindi dobbiamo dedurne che la crisi è strutturale nell’eurozona? Ossia, per ridurre i surplus, ci vogliono le crisi? A me sembra che questa sia la logica conclusione che si evince dai suoi stessi dati! Ergo non si può affermare logicamente che l’euro stato neutrale! Le crisi, anche in economia, sono eventi traumatici delle normali e regolari dinamiche macroeconomiche, monetarie e commerciali. Per sostenere che l’euro sia stato neutrale come fa lei, bisogna anche sostenere che la crisi è strutturale nell’eurozona perché è funzionale alla riduzione dei surplus!

      • Ettore

        Scusi,Professore, ma a mio avviso,dai suoi stessi dati,si evince che l’introduzione dell’euro non e’stata affatto neutrale! Se il surplus ante-euro Germania vs Eurozona era di 3 punti P.i.l,e sale a 5 dal 2000 fino al 2007( fase ante crisi e periodo nel quale l’introduzione dell’euromoneta dispiega il massimo dei suoi effetti),si evince proprio che l’introduzione dell’euro ha favorito l’economia tedesca! Il riequilibrio post 2007 ( il surplus cala a 2) e’dovuto alla crisi,ad un fattore di rottura delle normali dinamiche commerciali,macroeconomiche e monetarie! Mi spiego meglio. Se non ci fosse stata la crisi riequilibratice del surplus ( poi bisognerebbe isolare quanta parte del riequilibrio e’dovuta al calo della domanda interna dei paesi Pigs,ossia meno import dalla Germania,e quanta parte e’dovuta all’aumento dell’export dei paesi periferici vs Germania; a spanne credo che la partemaggiore sia dovuta piu’ad un calo delle importazioni dei paesi in crisi a causa del calo dei consumi)il surplus tedesco versus EZ a quanto sarebbe arrivato? Altrimenti dovremmo dedurne che per riequilibrare il surplus la crisi nell’Eurozona e’strutturale/necessaria? Secondo me e concordo con l’analisi fatta dal Prof.Boitani sulla voce info ( non so se l’ha letta) l’EZ e’viziata da alcune rigidita’di fondo ( salari nominali), ed e’basata in maniera eccessiva sulla competitivita’tra le economie x cui favorisce il paese strutturalmente piu’competivo,ossia la Germania. Infatti il surplus a +5 lo dimostra.

  3. Roberto Boschi

    Caro Professore,
    da un ricercatore del suo rigore scientifico, non mi sarei aspettato una tale mistificazione dei dati. Procediamo con ordine.
    1) nel 1999 l’Euro era già in funzione perché la parità era già stata attivata fin dal 1996! E’ quindi ai dati del 1995 che bisognerebbe fare riferimento per la situazione a cambi flessibili.
    2) Il riequilibrio delle partite correnti che, come i fatti dimostrano, si è verificato nei Piigs dal 2009 ad oggi è dovuto al “crollo” dell’import non solo dalla Germania, ma anche dal resto di tutto il mondo per la drastica riduzione della domanda interna di questi paesi. Quindi, i paesi periferici non sono diventati più competitivi o se lo hanno fatto l’effetto è marginale. Questi paesi, fra cui noi in prima fila, hanno semplicemente diminuito i consumi e gli investimenti (ecco il calo di domanda dei prodotti tedeschi).
    3) Dietro all’export e al surplus corrente della Germania c’è, sicuramente, una maggiore competitività acquisita in anni di minima se non nulla crescita dei salari nominali, di logica bassa domanda interna e quindi di bassa inflazione. In quegli anni nell’Europa del sud esplodevano i consumi, e l’occupazione nei settori non tradable, finanziati dal risparmio tedesco. Se ci fosse stato cambio flessibile questo avrebbe agito da “riequlibratore” naturale e, soprattutto, le banche tedesche non avrebbero finanziato il credito facile del sud Europa, in primis perché tale operazione avrebbe comportato molto più rischi di perdite in conto capitale o in conto interessi.
    4) Far discendere il risultato “non eccezionale” dei partiti “no Euro” dell’Italia rispetto ai loro cugini di Francia ed Austria dal riequlibrio o meno dei flussi commerciali da e verso la Germania è una bella intuizione, ma è tutta da provare. Oltretutto in Italia i partiti euro-scettici erano perlomeno 2 palesi (Lega e Fratelli d’Italia vogliono l’uscita dall’euro) ed uno, i 5 stelle, comunque critico (nel programma c’è il referendum sull’Euro): totale 30%, quindi oltre il dato del Front National francese. Già questo forse mette in crisi la sua intuizione.
    Quindi, per chiudere, se si vuol fare giornalismo, bene un articolo su un’idea come questa da, ma le tesi politiche ed economiche hanno bisogno di ben altri approfondimenti: d’altra parte Lei ce lo dimostra molto bene nel suo sensazionale filone di ricerca su produttività dei fattori e flessibilità del lavoro.

    • Maurizio Cocucci

      Ma dove avete letto che in Germania i salari nominali sono cresciuti poco se non nulla? O s’intendevano quelli reali? Anche l’affermazione seguente sulla presunta bassa crescita della domanda interna in Germania mi lascia perplesso: bassa in base a cosa?

    • francesco daveri

      la sua asserzione 1) è priva di fondamento. l’euro comincia nel 1999. ve le suonate e ve le contate tra di voi per far assomigliare la realtà alle vs teorie. ma alcune volte i fatti sono fatti. come la data a partire dalla quale le transazioni finanziarie hanno cominciato ad essere regolate in euro.
      sul 2): sono anche aumentate anche le importazioni tedesche di prodotti da questi paesi. ad un tasso di crescita ben più grande di quello sperimentato dall’economia tedesca in questo periodo.

  4. Sergio Cesaratto

    Non si possono che condividere i primi due commenti, e davvero si trasecola di fronte a tanto semplicismo. C’è inoltre da tener conto che il formidabile avanzo tedesco verso il resto del mondo contribuisce a rafforzare l’euro a danno dei paesi periferici che avrebbero bisogno di un cambio più debole. Ma anche questo non sarebbe che una maniera di scaricare sul resto del mondo il fatto che il principale mercato europeo, quello tedesco, non tira e che l’Europa impone politiche deflazionistichei. E’ l’Europa che dovrebbe rilanciare la domanda aggregata, il che porterebbe magari a un euro più debole ma questa volta ciò sarebbe giustificato agli occhi del resto del mondo.

  5. pierpier

    Mi associo ai commenti già fatti, altrimenti non si capirebbe la cura da cavallo di Monti che aveva lo scopo di ammazzare la domanda interna e quindi le importazioni e invertire il segno della bilancia commerciale.

  6. Jorge Pirola

    La tesi merita attenzione, ma i dati in premessa, sulla preponderanza del surplus tedesco verso paesi extra euro, non sembrano tener conto dell’effetto Rotterdam e Anversa, di cui al seguente articolo:
    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-18/senza-ue-surplus-si-sgonfia-063854.shtml?uuid=ABRes8BB
    Anche a me risulta che buona parte delle importazioni tedesche da Belgio e Paesi Bassi sia costituita in realtà da merci extra europee in transito. Escludendo questo effetto, che tende a riequilibrare la bilancia commerciale verso la zona euro, i saldi commerciali tedeschi con gli altri paesi europei apparirebbero molto più squilibrati e quelli con il resto del mondo ben più in equilibrio, con una situazione ben diversa da quanto appare a prima vista.

    • francesco daveri

      Grazie molto utile. In effetti nell’articolo ho riportato la tabella con i saldi bilaterali che costituiscono il vero punto dell’articolo. Difficile trarre conclusioni da poche osservazioni ma mi ha colpito che l’aggiustamento tedesco è avvenuto verso molti paesi EZ ma non verso la Francia e non verso l’Austria. E proprio in questi due paesi si è avuto un super-boom degli euroscettici. Ecco il nocciolo del mio pezzo in poche parole.

  7. Alessandro Del Prete

    Professore,
    ha scritto che il gruppo degli euroscettici avrà circa 40 seggi nel parlamento europeo: qual è la fonte di questo suo dato? Il dato peggiore che ho trovato sui vari siti di informazione è 129 seggi, e qualche quotidiano riporta 130-150 seggi. Nel 2009 ottennero 64 seggi.

    • francesco daveri

      Ho preso il dato del FT per il gruppo “Europe of Freedom and Democracy” http://www.ft.com/intl/cms/s/0/6ab558d2-e292-11e3-a829-00144feabdc0.html?siteedition=intl#axzz32zwBk8HO

      • Alessandro Del Prete

        Quello è il vecchio gruppo creato da Nigel Farage. Esistente dal 2009. I partiti euroscettici avranno 130-150 seggi, Efd compreso.

        • Maurizio Cocucci

          Ma il Movimento 5 Stelle è euroscettico? Non mi sembra, hanno sempre ripetuto che per loro conta la volontà degli elettori da espletarsi attraverso un referendum (costituzionale?). Una posizione precisa non l’hanno mai presa, quindi non li inserirei tra i dichiarati apertamente euroscettici.

          • Alessandro Del Prete

            Si lo è. Legga la mia risposta sopra a Daveri.

        • francesco daveri

          Grazie della precisazione. Posso dire che nell’economia del mio pezzo la numerosità del gruppo degli euroscettici non è poi così importante? E poi, come dice sotto Maurizio Cocucci, i cinque stelle non sono (per ora) euroscettici.

          • Alessandro Del Prete

            Se non era così importante perchè l’ha scritta? 🙂

            In ogni caso, era solo una precisazione, visto che la leggono in molti, presumo che la correttezza dei numeri sia fondamentale per fornire una corretta informazione ai suoi lettori.

            Su M5S: nel link reuters (e anche su tutti gli altri siti d’informazione) che ho fornito sopra, M5S viene inserito correttamente tra i movimenti euroscettici. Hanno posizione ambigua su €, ma sono contro le politiche della troika.

            Oggi Grillo si è incontrato con Farage proprio per verificare la fattibilità di gruppo unico, se non fossero euroscettici non ci sarebbe stato alcun colloquio.

      • Alessandro Del Prete

        EFD è il gruppo creato da Nigel Farage, esistente già nel 2009, ed aveva ottenuto 32 seggi nel 2009, compresa la Lega Nord che vi aderì.

        I partiti euroscettici in queste elezioni, compresi quelli che non erano in EFD, dovrebbero aver ottenuto in queste elezioni, dalle stime attuali, tra i 110 e i 140 seggi.

        I “nuovi” partiti euroscettici, non presenti nel 2009, si sono riuniti oggi a Bruxelles per cercare di formare un nuovo gruppo, guidato da FN. La Lega, che ha ottenuto 5 seggi, lascerà il gruppo EFD e si sposterà in questo gruppo.

        UKIP invece sta cercando di far confluire M5S nel gruppo EFD.

        http://www.reuters.com/article/2014/05/26/us-eu-election-idUSBREA4N0DK20140526

  8. La tabella da pubblicare è la seguente surplus della bilancia dei pagamenti tra i paesi euro per i dieci anni antecedenti all’adozione della moneta unica e i dieci anni successivi, i valori cambiano si passa da un deficit della bilancia dei pagamenti ad un surplus di oltre 1000 miliardi di euro. Fare i conteggi dopo il 2007 si falsifica il dato, in ogni caso è chiaro che al surplus della Germania risponde necessariamente il deficit degli altri paesi, ossia ricchezza Germania e povertà per i paesi deficit, naturale quindi che tale surplus si riduce sempre di più, in effetti l’Autore afferma che è passato dai 5 punti prima del 2007 ai 2 punti di oggi. Oggi si dovrà ridistribuire tale ricchezza acquisita dalla Germania, considerato che non vi l’integrazione fiscale, l’unico modo per redistribuirla e’ stampare la moneta. Ben vengano quindi le politiche monetarie espansive con strumenti non convenzionali, a mio avviso l’unica misura da attuare e un Qe di almeno 500 miliardi annui per circa dieci anni, in proporzione ai rispettivi debiti stati euro, non riesco a capire come in Italia si possa applicare l’acquisto dei crediti dalle banche, non siamo pronti su tale politica, poi non risolve il problema del costo del debito statale, lo spread non deve esistere, deve essere uguali per tutti gli stati con la stessa moneta, ricordiamoci che l’Italia ha subito un golpe finanziario nel 2011, le banche tedesche vendendo il debito italiano fanno dato il via all’aumento dello spread, questi scenari devono essere evitati in futuro si crea un’influenza straniera sulle politiche domestiche.

  9. rob

    I successi della Le Pen vengono da una Nazione che vive di ricordi e di grandezza che fu, una grandezza e una ricchezza che non c’è più da tempo! Riguardo la Germania aldilà dei numeri e delle tabelle basterebbe comparare alcune produzioni industriali con altri Paesi. Se prendiamo con paragone l’Italia. Settore auto: Mercedes, Audi, Opel a fronte di Fiat?? Settore chimico: Henkel, Bayer, Basf, Uhu a fronte di chi? Settore elettrico-elettronico: Bosch, Abb, Siemens, Aeg a fronte di? E potrei andare avanti. Allora non è solo questione di euro, se alla Golf rispondiamo con l’ Arnia o l’ Alfa Sud non c’è moneta che tenga.

    • ABB è una società svizzera. Kuka è tedesca. Ad ogni modo parlare oggi di ‘società di bandiera’ non ha molto senso.

      • rob

        Non ha molto senso per Noi? Vedo che tutti gli altri le difendono alla grande! Prima di definirle società di bandiera le definirei gruppi efficenti e importanti con cervello e cuore nel territorio.

  10. Tommaso Leso

    Vabbè ma per forza esportano meno in Europa dopo la crisi – il mercato interno di Italia, Spagna e in parte Francia è a livelli catatonici.

    • francesco daveri

      Ma la Germania importa di più da loro. E la crescita dell’import tedesco è molto maggiore della crescita del Pil della Germania. Questo come lo spiega nel suo schema?

      • Dati bilancia pagamenti 1998/2012 rapporti commerciali paesi dell’Uem:
        Francia -58,64 miliardi
        Germania + 1.226,20 miliardi
        Italia -349,25 miliardi
        Spagna -706,85 miliardi
        Il credito accumulato dalla Germania nel periodo in esame equivale al debito dei tre maggiori paesi dell’eurozona. I quattro paesi citati, che rappresentano complessivamente l’80% del Pil hanno un equilibrio commerciale rispetto ai paesi esterni all’eurozona. L’equilibrio commerciale con l’estero è principalmente dovuto al cambio fluttuante che compensa nel medio gli squilibri commerciali.
        Non si può uscire da tale trappola se non vi è un meccanismo che fa compensare gli squilibri interni all’eurozona, i paesi in avanzo dovrebbero fare politiche interne che riducano tale avanzo, ciò non viene fatto e quindi l’unica soluzione è per i paesi in deficit diventare come i cinesi, lavorare anche la notte e quindi ridurre il costo del lavoro per aumentare la produttività delle imprese private (non sto parlando di Pubblica amministrazione, che è un altro problema, ma i servizi della P.a. non incidono direttamente sulla bilancia dei pagamenti). Non penso che questo sia l’obiettivo dell’unione che all’art.3 afferma un miglioramento della qualità della vita.

  11. Nicola Branca

    Non comprendo come possa affermare che l’introduzione dell’Euro sia stata neutrale. È diventata neutrale (la introduzione dell’Euro), solo dopo l’introduzione dell’austerità. Dopo l’austerità, si è ridotto il deficit commerciale di Italia, Spagna, Portogallo. Però professore, non può accoppiare questi paesi ad Olanda e Portogallo, senza fare un minimo cenno al “Rotterdam Antwerp effect”.

    Se è giusto il discorso sul “Rotterdam Antwerp effect” il surplus della Germania verso l’area Euro aumenta e verso “rest of the word” diminuisce.
    Ah, ma noto nel suo curriculum presente in questo sito, una consulenza alla Commissione Europea.

    Ok. Però lei dovrebbe, quando scrive di Europa, dichiarare il suo conflitto di interessi.

    Nicola Branca

    PS dell’effetto Rotterdam se ne parla anche in un documento BCE. Segue il link

    http://www.bancaditalia.it/eurosistema/comest/pubBCE/mb/2013/gennaio/mb201301/articoli_01_13.pdf

    • francesco daveri

      Veda la risposta al commento di Jorge Pirola sotto.
      PS Lo sa che è ridicolo quello che ha scritto sul mio (presunto) conflitto di interesse? Ma sa quanto grande è la commissione europea?

      • francesco daveri

        Per essere precisi, “consulente della Commissione Europea” vuol dire aver partecipato in qualità di valutatore allo screening dei suoi progetti di ricerca e aver ricevuto finanziamenti per progetti di ricerca. Non capisco perché questo dovrebbe influenzarmi nello scrivere ciò che penso sull’Europa. La Commissione Europea non è il Grande Fratello.

        • Anzi dovrebbe essere il contrario, chi ha avuto un ruolo, qualunque esso sia all’interno della commissione, sarà più ascoltato degli altri, quindi se Lei crede che Draghi stia uccidendo le nostre imprese con la sua politica monetaria che alla fine non garantisce nemmeno la stabilità della valuta, se Lei crede che l’intervento promesso da Draghi sulle cartolarizzazioni dei crediti bancari non sia l’ennesimo regalo alla Germania, se Lei crede che la politica della Merkel sia imperialistica e non europeistica alzi la sua voce, che a differenza della nostra sarà sicuramente più ascoltata. Il popolo ha espresso il suo dissenso all’attuale politica economica europea, chi in un verso chi nell’altro, tutti sono contro alla Germania. Ritengo che se si vuole salvare l’Europa, in questo momento ci siano i presupposti, parlare di integrazione politica/fiscale va bene, ma è un obbiettivo di medio e lungo periodo, parlare di rifare gli accordi europei sul fiscal compact, si perde ulteriore tempo, alla fine obbligare gli enti pubblici a non spendere di più di ciò che incassano è una cosa giusta, non ci rimane a questo punto che la politica monetaria, che non deve essere orientata verso le banche ma verso gli stati, la Bce deve acquistare sul secondario almeno il 40% del debito pubblico di ogni paese euro! l’operazione può essere diluita in più anni, naturale che non deve essere sterilizzati gli effetti sulla liquidità, in primis non gli spread dei paesi euro saranno tutti uguali, le banche torneranno a fare il loro mestiere di prestare i soldi alle imprese, l’immissione della liquidità nel sistema permetterà un aumento dei prezzi e una svalutazione del cambio sul dollaro. Per gli investimenti pubblici in infrastrutture, ritenute utili a livello europeo, si dovranno emettere gli eurobond, si potrà utilizzare il fondo salva stati che non avrà più senso di esistere, non vi saranno più stati da salvare. L’intervento che al contrario vuole fare Draghi sulle cartolarizzazioni bancario non è altro che l’ennesimo regalo ai tedeschi.

      • Nicola Branca

        Non ho capito la sua risposta a Pirola. Lei si focalizza su Francia ed Austria. Da noi 5 stelle 21%, Lega 6%, Fdi 4%, totale 31%. Le sembra poco? Se si continua con le politiche correnti, a mio avviso sono da prevedere reazioni elettorali e non solo elettorali anche peggiori. Cercare di indorare la pillola, focalizzandosi su Austria e Francia e trascurando i Piigs, non mi sembra rendere un buon servigio alla sua professione e alla comprensione e risoluzione dei problemi. Non sono un economista e di Grande fratello non so niente. Sull’effetto Rotterdam credo sia meglio approfondire: non sempre i numeri dicono la verità.

        • francesco daveri

          Gliela rispiego. Il mio è un pezzo positivo (vuole spiegare un fatto: l’avvento degli euroscettici in funzione di una variabile osservabile, il surplus tedesco). Non è un pezzo con forti implicazioni normative ,anche se alla fine tiro solo la conclusione che minori squilibri nell’eurozona avrebbero benefici anche politici.
          Vediamo allora. Dice che in Italia gli euroscettici hanno preso molti voti. La Lega guadagna qualche punto, FdI non saprei. Totale: 10 per cento. Poca roba rispetto al 20 per cento in Austria e al 25 in Francia. Il M5S è un voto di protesta più ampio, non è anti-euro (almeno non lo era prima delle elezioni). Se ora Grillo va con Farage, è una sua scelta, non è il mandato che ha chiesto agli elettori.
          Ah, scrivo quello che penso e non penso a fare servizi alla mia professione né a nessun altro, né a indorare pillole.

          • rob

            Stiamo con i piedi per terra. Il 25% della Francia non è guadagnato da Le Pen ma perso da un impresentabile nullità come Holland. Di fronte ad un personaggio di un simile livello di mediocrità ci sono due reazioni umane: vado al mare oppure voto contrario (attenzione non contro, ma contrario: è una cosa diversa). Stiamo parlando di un Paese come la Francia dove il passato ha un peso e un personaggio non all’altezza crea questa reazione.

          • francesco daveri

            Sono d’accordo sul giudizio su Hollande. Ma è un fatto che i consensi sono andati alla Le Pen e non all’UMP. E questo richiede una spiegazione

          • rob

            A mio modesto avviso l’astensionismo come il voto contrario (non contro) hanno una connotazione culturale. Più è alto il livello culturale e la capacità di critica e di analisi maggiore può essere un voto verso l’astensionismo o per assurdo, anche se in forma minore, contrario (“ti invio un segnale”). Minore è la capacità di critica, la scarsa cultura e più si è attratti da chi “sollecita la pancia” (Le Pen) costoro votano contro (amico-nemico) e non avendo capacità di analisi un piatto di minestra è un segnale più forte di un progetto lungimirante. Io non ho dati ma sono convinto che Le Pen per i motivi di cui sopra abbia pescato anche nelle banlieues. Si potrebbe ipotizzare che con Le Pen si dava un segnale più forte che con Ump. Nell’analisi di un Paese come la Francia, per motivi storici e di costume, non possiamo sottovalutare l’ aspetto culturale.

  12. francesco daveri

    ho riportato per completezza un’informazione riassuntiva da una fonte. in ogni articolo ci sono cose più e meno importanti. che siano 40 o 129 non cambia nulla del contenuto del mio articolo.

  13. Sara

    Buongiorno Professore, innanzitutto grazie per il suo articolo. Ammesso (e io concordo) che “l’introduzione dell’euro è stata neutrale sui conti con l’estero della Germania rispetto agli altri paesi dell’Unione”, credevo fosse ritenuto “significativo” per lo meno il vantaggio competitivo della Germania rispetto agli altri paesi Ue proprio con il Rdm: di sicuro non sono da rimpiangere i tempi di svalutazione periodica della lira e il marco forte ma mi pare un fenomeno abbastanza consolidato che i prodotti tedeschi siano “volati” negli Usa più intensamente dopo il congelamento delle valute. Io l’ho personalmente osservato per quanto concerne l’industria meccanica: è forse una scusa per coprire la perdita di competitività dei nostri prodotti? Se lo fosse gradirei la sua spiegazione! Grazie!

    • Stefano

      All’autore porrei la stessa domanda di Sara, qui sopra. Grazie per l’articolo!

    • Maurizio Cocucci

      Sicuramente un cambio “frenato” può sostenere maggiormente le esportazioni e migliorare la bilancia commerciale, ma questo continuo riferimento al cambio quale fattore principale che avrebbe lanciato le esportazioni tedesche mi sembra una semplificazione. Dai dati provvisori dell’istituto di statistica di Wiesbaden nel 2013 l’export della Germania ha toccato i 1.093,8 miliardi di euro, le importazioni sono state pari a 896 miliardi con conseguente surplus di circa 197 miliardi di euro. Le esportazioni verso gli Usa sono state di circa 88 miliardi contro i 48 miliardi di merci importate, quindi ben il 20% del surplus la Germania lo registra verso gli Usa. Non dispongo dei dettagli dei prodotti maggiormente esportati verso gli Usa ma se rispecchiano l’andamento generale le tre principali categorie sono: veicoli (190 miliardi); macchinari (163 miliardi); prodotti chimici (106 miliardi). Quindi prodotti non particolarmente sensibili al prezzo rispetto ad altri fattori o comunque non come altre categorie. La Germania, va ricordato, registra ininterrottamente surplus della bilancia commerciale dal 1952 e questo nonostante la loro valuta, ovvero il marco tedesco, si sia costantemente apprezzata nei confronti del dollaro oltre che sulle altre (da 4 marchi per un dollaro degli anni ’60 a 1,7 marchi di fine anni ’90). E’ vero che hanno registrato un progressivo incremento del surplus dalla fine dello scorso millennio e quindi in corrispondenza dell’introduzione della moneta unica, ma va anche precisato che tale risultato, derivante da un notevole aumento delle esportazioni, lo hanno conseguito grazie all’apertura di mercati prima esclusi. Inoltre hanno registrato un progressivo aumento delle esportazioni nonostante un apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro, segno che non è il prezzo l’elemento principale che ha sospinto l’export tedesco. Guardare al solo fattore prezzo, per economie avanzate come la nostra, rischia di farci vedere la situazione da una prospettiva non ottimale. Non è su prodotti molto sensibili a tale fattore su cui la Germania ha puntato e lo stesso deve valere anche per noi.

  14. Maurizio Cocucci

    Premesso che non condividere alcune impostazioni dell’Ue non implica essere contrari alla moneta unica, la posizione ufficiale del M5S non è né a favore né contraria, vi sono solamente dei giudizi personali. Si prenda 33 secondi per ascoltare cosa risponde sulla questione Grillo: http://tg24.sky.it/tg24/politica/2014/05/23/beppe_grillo_intervista_sky_tg24_roma_elezioni_europee.html#_

    • Alessandro Del Prete

      Per lei i colloqui con Ukip di M5s sono dovuti alla simpatia di Grillo oppure all’essere entrambi i movimenti euroscettici?

      Inoltre, basta guardare i siti di informazione internazionale, li conteggiano tra gli euroscettici.

      Le dichiarazioni ambigue di Grillo sono dovute alla posizione di Casaleggio, che è favorevole alla moneta unica.

      Grillo è contrario, ma lo è anche la base di M5S.

      • Maurizio Cocucci

        Evidentemente i simpatizzanti M5S che conosco e che o non sono favorevoli all’uscita dall’euro oppure non hanno una posizione ben precisa, rappresentano un’eccezione, quella che confermerebbe la regola. Ma per curiosità, lei che ruolo ha all’interno del movimento? Per quanto riguarda gli accordi con il partito inglese Ukip (però non con il FN!) e, forse, con il tedesco Afd, non significano nulla perché dovrebbe oramai sapere che il Parlamento Europeo non ha alcuna voce in capitolo sui trattati e quindi su Fiscal Compact e moneta unica.

  15. Alisernio

    Scusate l’ortodossia, ma non eravamo una unione?
    Abbiamo un rapporto Centro-Periferia.

    Tendere tutte le politiche, nella/e nazioni del centro, al mantenimento di queste asimmetrie, (compressione della domanda interna e mantenimento del perenne surplus) ed impedire con la propria influenza qualsiasi mossa tesa al riequilibrio dei paesi periferici è tutt’altro che una cooperazione! I presupposti dell’unione monetaria erano un po’ diversi.

    Fissando il cambio si hanno effetti positivi (sempre per i paesi del centro), e si interrompe la tendenza di ogni moneta al suo naturale apprezzamento/deprezzamento. Data la situazione, i paesi del centro hanno vantaggio nel mantenere le poro posizioni, e non rendono possibile, per i periferici, colmare il gap, nonchè la realizzazione della fantomatica area valutaria omogenea che tanto preme a questa Unione (alla quale, date le peculiarità culturali ed economiche delle varie nazioni, non ho mai creduto).

    Considerando il fatto che ogni paese membro ha ceduto la propria sovranità monetaria e con essa la possibilità di aggiustamento, da un lato non si apprezzano le monete relative ai paesi che esportano, dall’altro le economie più deboli perdono un sistema difensivo. Credo vada tutto a vantaggio del centro. Non credo sia ingenuità considerare bravi gli esportatori e cattivi gli importatori (per ovvi motivi). Credo sia un problema di democrazia. Visto che le vittime sono comunque i salari reali e lo stato sociale.

    Sarebbe il compito degli stati trainanti sostenere con le importazioni le economie dei loro partners, e la generale crescita a vantaggio di tutti. Dato che per ora gli stati centrali stanno godendo della loro posizione, senza alcun segnale di cambiamento di linea da parte loro, non vedo nel semestre italiano alcuna possibilità di cambiare o di far cambiare idea in tal senso.
    Mi scuso per il mio (euro)scetticismo, da non confondersi con nazionalismo o anti europeismo.

    L’impressione del semplice, e io modestamente lo nacqui, è che questa gara al massacro vada a vantaggio di alcuni, certo non dei cittadini europei, men che meno dei lavoratori e dei redditi in generale, che subiscono in ogni caso gli effetti di austerity o di svalutazioni interne.
    Va da sè che nonostante gli interessanti discorsi, l’avanzata degli scettici sia ahimè fisiologica, e per niente legata alla misura dello squilibrio nella data regione, bensì alla maturità della discussione in merito in ogni singola nazione.

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