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Notti insonni aspettando un gol

“I Mondiali hanno scandito i tempi della nostra vita e scandiranno quelli di chi verrà”. Niente poteva prepararci meglio ai Mondiali dei racconti di Federico Buffa trasmessi da Sky sui capitoli precedenti di questo evento senza uguali. Di ognuna delle precedenti edizioni ci è rimasto qualcosa che ci fa guardare la prossima con occhi diversi.

Questo sarà il primo mondiale senza Enzo Bearzot, il CT di Spagna 1982, il capitolo più amato da noi italiani over 40, forse perché pieno di simboli. Cenerentola che diventa principessa, Davide che batte Golia, la fedeltà e la lungimiranza che vincono su chi guarda solo alle indicazioni dell’attualità. La sconfitta dello short-termism, direbbe un economista. Da allora nessun giornale osa scrivere che l’Italia non ha speranze di vincere i Mondiali, anche quando, come in Sudafrica, abbiamo palesemente una squadra senza capo né coda. Oggi però siamo tutti a sperare che entri Immobile al posto di Balotelli perché magari cambierà la squadra come fece Paolo Rossi nel 1978 in Argentina o Schillaci a Italia 1990. O persino a illuderci, come ha fatto un quotidiano sportivo, che Darmian sia il nuovo Cabrini. Ci chiediamo se Messi saprà prendere in mano l’Argentina e portarla al successo da solo, come fece Maradona nel 1986 o se sarà svuotato come il Ronaldo della finale parigina del 1998. Non ci serve il fisico Stephen Hawking per capire che essere il Paese organizzatore aiuta a vincere (Francia e Inghilterra lo hanno fatto solo a casa loro), ma d’altra parte ricordiamo anche che il Brasile è l’unica tra le squadre che hanno vinto più di una volta a non averlo mai fatto in casa (la sconfitta del 1950 al Maracanà verrà più volte evocata nei prossimi giorni). Sappiamo che una squadra europea non ha mai vinto in Sudamerica, ma anche che nei Mondiali fuori dall’Europa finora chi ha vinto l’ha sempre fatto per due volte successive (Uruguay nel 1930 in casa e 1950 in Brasile, Brasile nel 1962 in Cile e nel 1970 in Messico, Argentina nel 1978 in casa e nel 1986 in Messico, ancora Brasile nel 1994 negli Stati Uniti e nel 2002 in Corea/Giappone). Toccherà ancora alla Spagna, vincitrice in Sudafrica nel 2010, allora? Difficile: solo l’Italia e il Brasile hanno vinto due volte consecutive. E che ne è della massima di Gary Lineker, capocannoniere nel 1986, secondo cui il calcio è uno sport in cui si gioca in 11 contro 11 e alla fine vincono i tedeschi? Sono 24 anni che la Germania non vince i Mondiali e 12 che non va in finale. Che ne è del calcio africano che avrebbe dovuto esplodere e invece si perde sempre quando la posta in gioco diventa rilevante?
Ma la domanda più importante non riguarda i verdetti del campo. Occorre innanzitutto interrogarsi sul futuro dei Mondiali. Le proteste dei cittadini brasiliani di questi giorni, gli scioperi a San Paolo, dove ci sarà la partita d’esordio, fanno capire come i Mondiali non siano solo una festa sportiva. La credibilità della Fifa è ai minimi termini dopo che è emerso quello che era ovvio e cioè che l’assegnazione dell’edizione del 2022 al Qatar era assai difficile da giustificare razionalmente. I sospetti che ci sia stato un giro di tangenti e favori dietro la decisione della Fifa sono sempre più forti. E a peggiorare il tutto c’è la decisione di Joseph Blatter di ricandidarsi per un quinto mandato alla presidenza. Saranno capaci le varie federazioni a trovare un accordo per un presidente meno impresentabile a capace di ristabilire la reputazione della Fifa?
Privo ormai del mio unico oracolo, il polpo Paul, lascio ad altri le risposte a queste domande e le previsioni e mi preparo ancora una volta ad un mese con tanta televisione, qualche notte insonne, pranzi e caffè con i miei colleghi con il calcio come unico argomento di conversazione. Mia moglie mi ha chiesto di stamparle il calendario delle partite. Credo sia per andare all’Ikea quando è meno affollata. Mio figlio ha detto che le partite vuole vederle con i suoi amici. Mia figlia credo appartenga alla ristrettissima minoranza che non sa nemmeno dove si giocano i Mondiali quest’anno. Sarò solo nella notte del 21 giugno a vedere Honduras-Ecuador. Tiferò per l’Honduras quella notte: ricordo ancora nitidamente il loro portiere nel 1982, Arzù, e la sconfitta immeritata contro la Jugoslavia. Ha proprio ragione Buffa: i Mondiali scandiscono i tempi della nostra vita e qualche volta fermano pure il tempo.

 

In allegato il dossier della scorsa edizione:

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  1. Francesco

    A parte un piccolo, comprensibile lapsus (Arzu, non Arzù), bellissimo articolo. Panunzi, un esteta del calcio sul filo della memory lane, non potrà non apprezzare questa serie qui (han fatto tutte le edizioni dal 1974 al 2010): http://www.lundici.it/2014/06/le-squadre-che-hanno-fatto-i-mondiali-2010-progetto-per-una-germania-multietnica/

  2. Fausto Panunzi

    Grazie del link e dei complimenti. Anche io ricordavo Arzu, ma pare non sia così (anche se l’accento è sbagliato) http://elpais.com/diario/1982/11/30/deportes/407458808_850215.html

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