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Una dote troppo piccola per la Garanzia giovani

Il programma della Garanzia giovani è partito. Bene sgombrare il campo dall’illusione che possa davvero permettere di occupare centomila giovani. Va superata la dicotomia tra agenzie del lavoro pubbliche e private. L’esempio del sistema a “dote” della Lombardia. E le sue criticità.

TRE PROBLEMI PER LA GARANZIA GIOVANI

Il programma Garanzia giovani è partito, in ritardo, ma è partito. I problemi sono tre: i giovani iscritti sono 100mila, ma sembrano esserci troppe poche aziende disposte a accoglierli; come poche sono le Regioni che hanno attivato un sistema di accreditamento dei servizi al lavoro; e siccome c’è libera concorrenza (un ragazzo campano si può rivolgere anche a un centro per l’impiego lombardo), alcune Regioni rischiano di anticipare i soldi del cofinanziamento e poi non essere capaci nemmeno di partire con il programma.
I tre problemi mettono a nudo la vera natura del programma: un test formidabile della capacità di funzionamento dei centri per l’impiego e del coordinamento tra Regioni. Su entrambi i fronti non brilliamo per efficienza, eppure esistono anche in Italia esperienze che possono essere di esempio: il sistema dei servizi al lavoro della Lombardia, lungi dall’essere perfetto, ha tuttavia una sua funzionalità e almeno si è corretto nel tempo per far fronte agli errori più gravi.
Sgombriamo il campo da due equivoci. Primo, il programma Garanzia giovani non è un programma di occupazione, ma di occupabilità: sarebbe sicuramente meglio che i giovani venissero inseriti al lavoro e che quindi gli incentivi monetari fossero orientati all’inserimento piuttosto che alla formazione, ma è inutile illudersi, nessuno pensa di trovare un lavoro a 100mila giovani con i soldi europei. Già tanto sarebbe spendere bene le somme a disposizione, per migliorare i servizi al lavoro in tutte le Regioni e non solo in alcune.
Secondo, è un’altra illusione pensare che il programma possa funzionare sulle gambe dei centri dell’impiego pubblici: sono troppo pochi e troppo poco dotati di risorse umane e di contatti con le imprese che dovrebbero fornire le occasioni di lavoro. È dunque necessario l’accreditamento di servizi privati al lavoro, purché si ricordi l’obiettivo vero del programma, evitando che i soldi europei finiscano solo nelle tasche delle agenzie private senza produrre risultati per i giovani.

IL SISTEMA LOMBARDO

Il problema principale dei sistemi di servizi al lavoro che si fondano sulle agenzie private è che esse minimizzano il rischio di insuccesso privilegiando i servizi meno “rischiosi”, quali la formazione, invece che l’inserimento al lavoro o gli incentivi a creare impresa. In assenza di qualsivoglia misura di efficacia delle attività di formazione, è ovvio che questo comportamento rischia di creare più lavoro per i formatori che per i giovani formati.
In secondo luogo, i servizi privati hanno la tendenza a scegliere i beneficiari più facili da formare o da ricollocare, sempre per massimizzare la probabilità di successo.
La prima questione è di difficile soluzione, andrebbe forse risolta alla radice, pagando solo per gli inserimenti e poco o niente per la formazione. Ma così si ritorna alla base: allora era meglio un programma di sussidi all’impiego e non un programma di occupabilità. In mancanza di questo, però, sarebbe sicuramente opportuno un sistema di valutazione e di pubblicità dei programmi formativi, ad esempio attraverso un albo pubblico dei programmi di formazione migliori con il loro tasso di soddisfazione dell’utente e il loro successo in termini di occupazione: insomma, un ranking, simile a quello delle università.
Il secondo problema è relativamente più facile. La Regione Lombardia sulla scorta dell’esperienza passata e di quella internazionale l’ha risolto così: esistono quattro fasce di aiuto cui sono associati i destinatari degli interventi in relazione alle loro difficoltà di collocazione nel mercato del lavoro, date dall’incrocio delle variabili di età, genere, posizione nel mercato del lavoro e livello di istruzione. In base alla fascia, viene finanziato un ammontare economico di cui è titolare la persona (la cosiddetta dote). La persona può spendere questa cifra presso un ente pubblico o privato a sua scelta a fronte di un menu di servizi che possono essere la formazione, l’inserimento al lavoro o l’aiuto all’autoimprenditorialità. Ogni ente pubblico o privato di servizi al lavoro ha un budget sempre più vincolato ai risultati ottenuti.
Il sistema ha le potenzialità per funzionare meglio di tanti altri messi in campo da Regioni molto più indietro con l’organizzazione. Non mancano, tuttavia, alcune critiche rilevanti. Molti servizi sono pagati a processo, cioè sono svincolati dai risultati (il bilancio di competenze, l’orientamento, il coaching, le certificazioni delle competenze). In molti casi c’è il rischio che si tratti di un rimborso troppo generoso verso gli operatori privati. Inoltre, alcune agenzie hanno messo “in dote” persone che sarebbero state assunte comunque incamerando subito i soldi sicuri della dote. (1)
Alcuni enti virtuosi, poi, che hanno aperto poche doti, solo là dove hanno valutato una reale possibilità di effettuare percorsi sensati di inserimento al lavoro, sono stati penalizzati nella seconda ripartizione delle risorse perché han dimostrato poca capacità di spesa. Così, capita che enti che hanno il 100 per cento di assunzioni rispetto al numero di doti aperte abbiano avuto un calo di soldi disponibili.
Alcuni di questi problemi possono essere risolti o migliorati: già ora il premio per l’inserimento al lavoro è vincolato alla durata complessiva del rapporto di lavoro che deve essere non inferiore a 180 giorni; inoltre il target dei soggetti trattati e collocati è per oltre il 50 per cento appartenente alla fascia 3, ovvero dei soggetti non facili da collocare. Infine il programma di monitoraggio della dote evidenzia come tra i primi dieci operatori ce ne siano alcuni pubblici e altri soggetti accreditati diversi dalle agenzie del lavoro private che registrano ottimi risultati in termini di collocamento. (anche se dubitiamo che la competitività degli enti pubblici possa essere mantenuta a lungo in un contesto dove quelli privati possono liberamente decidere l’utilizzo degli utili del loro lavoro, mentre gli enti pubblici hanno incentivi del tutto distorti.)
In attesa di una vera valutazione d’impatto della dote, il limite è un altro: la Lombardia, che presenta un modello di incontro domanda/offerta di lavoro tra i più sperimentati e che può contare su oltre 650 sportelli distribuiti su tutto il territorio regionale ha collocato in sei mesi appena 4.387 persone, di cui poco più di 800 a tempo indeterminato. Come faranno alcune Regioni, talvolta senza neppure un chiaro modello di accreditamento degli enti privati, a collocare decine e decine di migliaia di persone, in un contesto in cui mancano concrete opportunità di lavoro?
Le aspettative su Garanzia giovani vanno ridimensionate e concentrate sul miglioramento del sistema pubblico-privato in tutte le Regioni, non solo su forme di servizio civile retribuito, che peraltro in Germania, Regno Unito e Danimarca hanno prodotto più danni che benefici.

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(1) Al fine di sanzionare le agenzie peggiori sarebbe utile anche un’associazione tra le agenzie stesse, che si occupi di mantenere alti gli standard.

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  1. Mauro Lecchi

    Ringrazio per l’articolo che mi ha permesso di chiarire alcuni punti oscuri, riguardo all’esperienza di una persona a me vicina. Questa persona è stata destinataria di una dote nell’ambito Dote Unica Lavoro Lombardia, fascia di intensità massima, di 6 mesi, scaduta a fine maggio. Dopo il bilancio di competenze e i servizi preliminari, e l’accettazione del piano d’intervento, l’operatore privato accreditato è “scomparso”. Non solo nessuna proposta di colloquio da parte delle aziende, ma anche evidente scarsa disponibilità a rispondere al telefono e alle e-mail (in quel caso, proprio nessuna risposta), per capire se c’erano novità. Però, voi m’insegnate che i soldi dalla Regione se li son presi comunque, proprio perché hanno fornito quel servizio preliminare di orientamento al lavoro. Ha senso, a questo punto, pensare a un rinnovo della dote? E dove, dalla stessa agenzia, da un’altra agenzia? Ma quei servizi di orientamento verranno riproposti? a lei non servono a nulla, dopo 6 mesi (ormai un po’ di più) la situazione è assolutamente identica. Sarebbero una scocciatura soltanto, per lei. E Garanzia Giovani? Avrebbe i requisiti anche per quella. Ma non è la stessa cosa, in Lombardia? Quali vantaggi aggiuntivi avrebbe rispetto alla sola Dote Unica Lavoro rinnovata? Oppure è obbligatorio parteciparvi in caso di rinnovo?
    Mi pare di capire che le iscrizioni sono due: Dote Unica Lavoro (a livello regionale), e Garanzia Giovani (a livello nazionale), ma il sistema in Regione è quello della dote e i servizi offerti sempre quelli.
    Mi scuso se ho posto troppe domande tutte insieme, ma dato che conoscete la materia e sembrate abbastanza indipendenti, vorrei anche un vostro parere, grazie.

  2. zanzarone

    Il sistema Dote Unica Lavoro in Lombardia funziona effettivamente come descritto nell’articolo (salvo alcune piccole integrazioni che sarebbero necessarie… per esempio (1) sul fatto che gli enti “pubblici” (meglio istituzionali?) non hanno forse gli utili (e perchè no?) ma hanno certamente entrate (per esempio relative al costo del personale) che prescindono dalla gestione quindi dovrebbero essere più competitivi nel tempo e non meno… ed anche (2) sul fatto che i servizi “a processo” vengono si effettivamente pagati ma sono una parte molto limitata rispetto alla premialità che viene data in caso di effettiva collocazione della persona…
    in ogni caso, la questione più spinosa, per quanto mi riguarda, è che a tutt’oggi (e siamo oramai a inizio settembre 2014) dopo le richieste di accelerazione rivolte agli operatori (sic!) in Regione Lombardia la Garanzia Giovani ancora non c’è !
    Quel che c’è è l’utilizzo di Dote Unica Lavoro “come se” fosse Garanzia Giovani, ma senza i servizi previsti a favore dei giovani e delle imprese da quest’ultima (es.: rimborso 50% indennità di tirocinio, servizio civile, ecc.) e senza un atto amministrativo che dica con chiarezza e certezza quando e come tali servizi saranno disponibili… non sarà certo contabilizzando gli utenti di Dote Unica Lavoro che hanno meno di 29 anni che si potrà sostenere di aver realizzato Garanzia Giovani in Lombardia: servono i servizi pensati per i giovani, che ancora oggi non ci sono !

  3. zanzarone

    anche utile evidenziare che strumenti come il servizio civile, quando realizzato non nelle PA (per ovvi motivi) ma, per esempio, nelle cooperative sociali, ha prodotto oltre il 50% di assunzioni al termine dell’esperienza: un risultato che nessuno strumento di politiche attive del lavoro ha mai raggiunto e si è mai nemmeno sognato di raggiungere…

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