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Il gioco in Italia: dati e problemi

Contrariamente a quanto si crede, gli Italiani non sono i più avidi giocatori d’ Europa, né i più tassati. E’ giusto tassare il gioco, come tutte le altre attività socialmente dannose, anche se le tasse sul gioco colpiscono i più poveri, soprattutto in Italia dove il gioco più diffuso e tassato è il Lotto, praticato soprattutto dalle categorie sociali più deboli. Ma non ha senso tassare il gioco, e poi promuoverlo attivamente con campagne pubblicitarie. Lo Stato dovrebbe invece impegnarsi in attività capillari per disincentivarlo, come ha fatto per fumo, alcol e droga.

Nel 2004, gli Italiani hanno speso per i giochi legali (quelli gestiti dall’ Amministrazione dei Monopoli, che ringrazio per avermi fornito tutti i dati che seguono) circa 24 miliardi di euro, più di 400 euro a persona. Ma poiché probabilmente non più di 25 milioni di individui diversi hanno giocato, ogni giocatore in media ha puntato almeno 1000 euro. Solo per il Lotto gli Italiani hanno puntato 11,7 miliardi.
Ma contrariamente a quanto si crede, l’ Italia non è il paese europeo con la più alta propensione al gioco. Nel 2003 (ultimo anno per raffronti internazionali) l’ Italia ha registrato una giocata annuale media pro-capite superiore alla Germania, simile alla Francia, e inferiore alla Spagna e soprattutto al Regno Unito. Nel 2004 le giocate italiane sono aumentate di quasi il 50 percento rispetto al 2003, ma anche così il dato italiano non è probabilmente superiore a quello spagnolo.

Una truffa organizzata?

Nel 2004, le vincite totali hanno rappresentato il 54 percento delle puntate, ma con notevoli variazioni tra giochi diversi: il 45 percento nel Lotto, oltre il 70 percento nelle scommesse sportive. Persino i casinò, non certo degli istituti di beneficenza, in media restituiscono ai giocatori di roulette circa i 36/37, ossia più del 97 percento, delle puntate totali. Le entrate erariali (incluse le destinazioni “sociali”) dal gioco sono state nel 2004 di circa 7.5 miliardi di euro, circa 0,6 punti percentuali del PIL. Il gioco è dunque una truffa organizzata dallo Stato contro i suoi cittadini?
È importante distinguere tra controllo statale e tassazione dei giochi. Entrambi hanno una loro logica. La giustificazione classica per il controllo statale dei giochi è che altrimenti essi finirebbero nelle mani della malavita organizzata. In effetti, secondo esperti del settore, il lotto clandestino è oggi fortemente ridimensionato, grazie alla maggiore automazione e alla velocizzazione dei pagamenti del lotto legale a partire dal 1994. Rimangono alla malavita soprattutto le sale da gioco clandestine e le slot machines; ma anche quest’ ultime sono in drastica diminuzione negli ultimi due anni, per l’ ampliamento del mercato legale. Praticamente tutti i maggiori paesi europei, con la parziale eccezione del Regno Unito, hanno un regime di monopolio statale sui giochi.
Quanto alla tassazione, il gioco è una attività senza alcuna utilità sociale, anzi con molte esternalità negative, a partire dai suoi effetti sulle famiglie dei giocatori compulsivi. Come tutte le attività socialmente perniciose, è perfettamente razionale tassarlo, così come si tassano alcol e sigarette. Questo è infatti ciò che fanno tutti i paesi europei. Anche in questo caso, l’ aliquota fiscale implicita media, cioè la percentuale delle puntate totali che finisce all’ erario (più le destinazioni “sociali”), non è superiore ad altri paesi: sempre nel 2003, era tra il 25 e il 28 percento in Italia, Spagna e Francia, quasi il doppio in Germania, e decisamente inferiore solo nel Regno Unito.

 

La regressività delle tasse sul gioco

Senonchè le tasse sul gioco sono molto regressive. E questo non solo perché una gran parte dei giocatori appartiene alle classi di reddito più modeste, ma anche perché la stessa aliquota fiscale implicita è molto diversa a seconda dei giochi. Infatti, nel 2004 i due giochi con la più alta aliquota fiscale (il 42 e il 53 percento rispettivamente) sono stati il Lotto e il Superenalotto, che sono praticati soprattutto da individui con livelli di istruzione limitata e dai pensionati. L’ aliquota fiscale implicita media è stata invece solo del 5 percento sulle scommesse sportive, che sono praticate quasi esclusivamente da individui con livelli di istruzione superiori e con un reddito medio-alto.
La stessa composizione delle giocate porta a ritenere che la tassazione sul gioco sia più regressiva in Italia che in altri paesi europei. Infatti, il Lotto e le altre lotterie sono di gran lunga il tipo di gioco più popolare in Italia, con oltre il 60 percento delle giocate; le scommesse sportive hanno un ruolo prevalente in Francia e soprattutto nel Regno Unito.

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Alzare o abbassare le tasse sul gioco?

Chi sottolinea gli aspetti perniciosi del gioco probabilmente vedrebbe di buon occhio un aumento dell’ aliquota implicita, così come alte tasse sono una parte integrante di ogni campagna contro il fumo e l’ alcol (si noti però che vi è un limite a questo aumento: oltre una certa aliquota, lo Stato riconsegnerebbe il gioco nelle mani della malavita organizzata). Chi sottolinea invece l’ iniquità e la regressività dell’ imposizione fiscale sul gioco vorrebbe diminuire l’ aliquota implicita del Lotto, magari alzando quella delle scommesse.
Purtroppo non è ovvio cosa succeda quando si cambia l’ aliquota implicita. Supponete che vincano i fautori di una aliquota più bassa. Da un lato, una aliquota minore (cioè vincite attese più alte per ogni euro puntato) aumenta il rendimento atteso di ogni euro puntato; dall’ altro fa sì che si debba puntare meno per ottenere la stessa vincita attesa. Il primo effetto (nel gergo degli economisti, l’ effetto sostituzione) porterebbe a giocare ancora di più; il secondo (l’ effetto reddito) a giocare meno. Se prevale il primo, il risultato sarà opposto a quello che molti probabilmente si augurano: ridurre la propensione al gioco delle categorie più deboli.

Più informazione

Come si vede, il problema non ha una soluzione facile, anche perché non possediamo gran parte delle informazioni di cui abbiamo bisogno per valutare gli effetti di un cambiamento. Ma credo si possano fare tre considerazioni.
Primo, ogni giocatore dovrebbe essere informato sulla percentuale di vincite media (per esempio nei precedenti 12 mesi) nel gioco su cui sta puntando. Ciò può essere fatto facilmente, per esempio obbligando i concessionari a stampare questa informazione su ogni foglio di giocata.
In questo momento, è lecito pensare che pochi si rendano conto che i giochi restituiscono in media solo il 54 percento delle giocate, e molto meno nel caso dei concorsi più popolari come Lotto e Superenalotto. A questo scopo, ho fatto una piccola indagine fra un campione rigorosamente non rappresentativo, i miei colleghi de lavoce.info e dell’ IGIER (Università Bocconi), chiedendo loro quale percentuale delle giocate va a vincite, erario, e concessionari e rivenditori. I risultati sono nella tabella in fondo all’ articolo. Gli economisti si confermano una categoria molto cinica: la media delle risposte sulla percentuale delle vincite è il 38,9 percento contro un dato reale del 54 percento nel 2004; di riflesso, la media delle risposte sulla percentuale all’ erario è il 38,9 percento, contro un dato per il 2004 del 31 percento. Ma ciò che è interessante è la straordinaria dispersione delle risposte: per gli intervistati, la percentuale delle vincite va da un minimo del 4 percento ad un massimo del 70 percento. Nemmeno gli economisti hanno un’ idea molto precisa del rendimento implicito dei giochi. Sarebbe interessante indagare se gli individui che giocano al Lotto (molti intervistati si sono premurati di comunicarmi che non lo fanno) si aspettano un rendimento atteso più alto degli economisti intervistati.
Per quanto detto prima, non è ovvio quale effetto una migliore informazione sul rendimento atteso avrà sul volume totale delle giocate. Ma sotto l’ aspetto morale non vi sono dubbi: uno Stato civile non può sfruttare l’ ignoranza dei suoi cittadini per sbancarli.
L’ Amministrazione dei Monopoli ha fatto della trasparenza un punto centrale delle proprie campagne pubblicitarie: ma in nessuna parte del suo sito sono riuscito ad ottenere dati chiari e sistematici sulle percentuali per l’ erario e le percentuali delle vincite. Basta invece digitare “Massachusetts Lottery” in Google per arrivare, dopo altri due clicks, al bilancio della Lotteria del Massachusetts – che, forse non a caso, ha pagato in vincite sia nel 2002 che nel 2003 il 71 percento delle giocate.

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Chi ne beneficia, oltre allo Stato?

Secondo, un dato apparentemente anomalo dei giochi italiani è rappresentato delle alte commissioni. Il compenso per le ricevitorie del Lotto (il cosiddetto “aggio”) è l’ 8 percento; il compenso di Lottomatica (al netto dell’ IVA) è stato nel 2003 del 5,7 percento delle giocate totali. Nello stesso anno la somma di commissioni, bonus e spese amministrative della lotteria del Massachusetts (circa 4 miliardi di dollari di giocate) era il 7,3 percento delle giocate, circa la metà del Lotto italiano.

 

Una campagna contro il gioco, non per il gioco

La terza considerazione è forse l’ unica conclusione certa che mi sento di offrire. Come abbiamo visto, ha perfettamente senso tassare il gioco per disincentivarlo. Ma è lecito dubitare che questo sia lo scopo dello Stato italiano: se lo fosse, non si spiegherebbero le dissennate campagne pubblicitarie per promuovere il gioco; né l’ introduzione di sempre nuove misure (come nell’ ultima finanziaria) per aumentare l’ offerta e l’ appetibilità dei giochi, con lo scopo evidente di raggiungere sempre più giocatori. La stessa discussione a livello di politica economica si è sempre centrata su come massimizzare i ricavi del gioco, arrivando persino a cartolarizzarli; mai si è discusso come minimizzarne i costi sociali.
Il gioco ha effetti individuali e sociali molto simili alla droga: crea assuefazione, rovina individui, distrugge famiglie, e alimenta la malavita. Eppure lo Stato non si sognerebbe mai di lasciar tappezzare le nostre strade da manifesti che magnificano le qualità dell’ ultima fornitura di eroina arrivata dall’ Afganistan. Allo stesso modo, lo Stato dovrebbe proibire la promozione di qualsiasi forma di gioco; dovrebbe invece impegnarsi in attività capillari per disincentivarlo, esattamente come ha fatto per alcol, fumo e droga.

 

Un piccolo poll non scientifico sui giochi legali

 

 

Percentuale vincite

Percentuale erario

Percentuale concessionari. Aggio, etc.

 

poll

Dati 2004

poll

Dati 2004

poll

Dati 2004

Media

38,9

54,3

38,9

31

21,8

14,7

Dev. Standard

18,9

 

15,1

 

8,9

 

Minimo

4

 

20

 

5

 

Massimo

70

 

70

 

40

 

Numero risposte

24

 

24

 

24

 

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Sommario 7 febbraio 2005

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La scuola e la famiglia

  1. anonimo

    Perdonatemi, ma è mia convinzione che la distribuzione delle giocate sia concentrata in maggior parte la parte meridionale del nostro paese, che accoglie anche tra l’altro la maggioranza delle persone con reddito più basso (di fatto, ma talvolta non dichiarato) e anche la maggior parte del gettito destinato a invalidi (di fatto, ma talvolta falsi). Credo che il gioco del lotto sia un buon modo per far rientrare un po’ di questo denaro nelle casse pubbliche.

  2. Valerio

    Ricordo che subito dopo il terremoto abruzzese ci furono delle proposte per istituire una lotteria per raccogliere i fondi per la ricostruzione, ma poi questa proposta non è stata accolta. Capisco il nobile intento e capisco anche che se fosse stata accettata il Governo avrebbe dovuto sentirsi obiettare che la ricostruzione l’avrebbero pagata gli italiani e non lo Stato (comunque pagato da tutti). Tuttavia ho ben presente l’ultimo manifesto che in questi giorni pubblicizza il montepremi milionario del superenalotto: "Il più alto!". Questa società e questi governi, soprattutto con questo debito pubblico crescente e desiderosi di aumentare i propri privilegi economici e difficilmente ridurli, pongono al centro della propria attività il profitto e non la persona! Nonostante molti si riempiano la bocca con il sostegno alla gente e la difesa della famiglia, non viene fatto nulla per rendere le persone il più indipendenti possibile e creare una vera società democratica e con pari diritti e opportunità. Quello che importa è solo l’interesse personale e questo viene fatto coincidere e misurato soltanto col denaro!

  3. Marcello Novelli

    Premetto, non sono un giocatore, nel senso che non ho mai giocato un euro. Quindi parlo da osservatore esterno che da questa mania del gioco ci guadagna e basta. Io sono convinto che, come per il fumo e l’alcol, ma anche per la droga, il cittadino adulto debba essere considerato come tale e che quindi non servano leggi restrittive. Concordo invece che vadano tassati a dovere i comportamenti che non aiutano la societa’ e che in questo, piu’ che nei proibizionismi, si esercita l’azione di governo. Per quanto riguarda l’informazione, dato che ogni gioco ha nelle sue regole la percentuale della puntata che viene distribuita come vincita, basterebbe pubblicare delle tabelle chiare che illustrino a tuitti questa percentuale. E’ compito di chi governa anche evitare di pubblicizzare i comportamenti che vanno contro il benessere dei suoi cittadini, anzi, dovrebbe educarli facendogli capire che la ricchezza e’ figlia del duro lavoro piu’ che della fortuna.

  4. Carlo Carminati

    In effetti il Lotto è una sorta di tassa sulla stupidità: basti leggere le meravigliose pagine dedicate da lottomatica La stupidità va tassata, ma non andrebbe incentivata: ce n’è fin troppa in giro.

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