Dalla revisione sui dati di finanza pubblica del triennio 2001-2003 e dall’andamento nel 2004 apprendiamo di aver vissuto gli ultimi anni sul filo del rasoio del limite del 3 per cento. Per il 2005, le maggiori incertezze riguardano l’effettiva realizzabilità di alcune misure decise nella Finanziaria. E non mancano le una tantum, comprese quelle che producono costi per il futuro. Ancora una volta si conferma che il sistema di controllo della spesa pubblica è poco efficace e trasparente, incapace di raccogliere le informazioni in modo completo e tempestivo.

Quest’anno l’Istat ha rispettato solo a metà la tradizionale scadenza del 1° marzo per la pubblicazione dei primi dati di consuntivo sull’andamento dell’economia italiana. A causa “di importanti guasti informatici” non sono stati presentati i dati sull’andamento dell’economia reale, ma solo il quadro della finanza pubblica e il dato del Pil nominale.
Un’altra sorpresa è stata la revisione dei dati di finanza pubblica relativi agli anni 2001-2003, che comporta un aumento del rapporto tra indebitamento netto e Pil di 0,4 punti nel 2001, 0,3 punti nel 2002 e 0,5 punti nel 2003. Apprendiamo così di aver vissuto gli ultimi anni sul filo del rasoio del limite del 3 per cento: il rapporto avrebbe in effetti toccato il 3 per cento nel 2001, il 2,6 per cento nel 2002 e il 2,9 per cento nel 2003.


La revisione dei conti pubblici nel 2001-2003


Revisioni dei dati relativi ad anni precedenti non sono una novità, ma in genere sono limitate, tranne eventi eccezionali, all’ultimo anno. Questa volta, invece, le revisioni hanno riguardato, in modo consistente, l’intero triennio 2001-2003. La causa principale di queste revisioni è la contabilizzazione come maggiori spese dei conferimenti di capitale effettuati dallo Stato alle Ferrovie (+3.615, +4.078 e +3.934 milioni di euro rispettivamente nel 2001, 2002, 2003). Questa revisione è spiegata dall’Istat come frutto di una più attenta analisi dei conti delle Ferrovie, che ha evidenziato perdite di esercizio per il periodo 2001-2003. Lo Stato, l’azionista, ogni anno effettua conferimenti di capitale alle Ferrovie, che in quanto tali sono trattati come partite finanziarie, senza effetti sul disavanzo della Pa (la logica è che queste operazioni modificano la composizione, ma non il livello dell’attivo patrimoniale della Pa). Se, tuttavia, le Ferrovie evidenziano una perdita di esercizio, quelle somme vengono considerate non più alla stregua di un aumento di capitale bensì come trasferimenti a ripiano delle perdite e, quindi, spesa pubblica a tutti gli effetti con conseguente aumento del disavanzo. Se questa è la spiegazione tecnica della revisione, si resta tuttavia perplessi nell’apprendere di perdite di esercizio 2001-2003 evidenziate con tanto ritardo.
Oltre a ciò, nel 2003 si sommano anche altre revisioni delle voci di bilancio dovute ad aggiornamenti e a una più accurata analisi dei dati. Anche l’anno scorso vi erano state, relativamente al 2002, notevole revisioni, ma il saldo tra maggiori entrate (5,7 miliardi di euro) e maggiori spese (6,4 miliardi di euro) tendeva ad annullarsi, senza effetti significativi sul disavanzo. Le revisioni rese note quest’anno dall’Istat, relativamente al 2003, riguardano di nuovo numerose voci di entrata e di uscita, soprattutto dovute ai consuntivi degli enti territoriali e previdenziali delle amministrazioni pubbliche, e anche a fonti più aggiornate sulle operazioni di Tesoreria dello Stato, ma il saldo netto di questi aggiustamenti contribuisce questa volta a peggiorare il disavanzo. Tra le revisioni effettuate dall’Istat emerge in modo particolarmente preoccupante il minore incasso, rilevato a distanza di oltre un anno, e pari a 2.203 milioni di euro, dei contributi degli enti previdenziali (Inps, Inail, Inpdap).
La morale è ancora una volta quella di un sistema di monitoraggio e controllo della spesa pubblica poco efficace e trasparente, che non riesce a raccogliere e trattare le informazioni in modo completo e tempestivo.

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I conti pubblici nel 2004


Passiamo ora ad occuparci del 2004: ancora sul filo del rasoio. Il rapporto tra indebitamento e Pil è stato pari al 3,02 per cento, contro una previsione del 2,9 per cento.
Il comunicato del ministero dell’Economia sottolinea come il rapporto sarebbe stato pari al 2,7 per cento “con i criteri contabili invalsi sin dagli anni Novanta” e senza le riclassificazioni indicate da Eurostat, che nel 2004 ammonterebbero a 4 miliardi (in realtà, per il 2004 l’Istat cita solo le Ferrovie per 2,7 miliardi, ve ne sarebbero quindi altre, non specificate, per 1,3 miliardi).
È tuttavia un ragionamento poco convincente, in quanto i criteri contabili non sono cambiati (il ripiano di perdite di un’impresa pubblica è sempre stato considerato spesa pubblica), ma semplicemente si è scoperto che anche nel 2004 Ferrovie era in perdita, per 2.665 milioni di euro. Né il comunicato stampa del ministero (né quello dell’Istat) spiegano poi quali altre riclassificazioni contabili incidano sul risultato 2004. Comunque sia, il rapporto disavanzo/Pil nel 2004 ha raggiunto la soglia massima consentita in ambito comunitario. E sarebbe stato di gran lunga superiore (vicino al 4 per cento) se nel 2004 non si fossero realizzati ancora consistenti introiti una tantum, derivanti da dismissioni di immobili (3 miliardi di euro, circa), condoni (altri 3 miliardi circa, nonostante lo slittamento al 2005 di due rate del condono edilizio) e varie anticipazioni di imposta, introdotte soprattutto con il decreto di novembre 2004 (circa 4 miliardi). Molti di questi incassi straordinari, che dovranno essere coperti con misure strutturali in futuro, si riflettono in importi ancora notevolmente elevati delle entrate in conto capitale. Queste ultime, pur quasi dimezzandosi rispetto al 2003, che aveva registrato incassi da condono eccezionali (circa 20 miliardi di euro), restano comunque molto più elevate (1 per cento del Pil) rispetto a quanto osservato nel 2001 e 2002 (rispettivamente 0,3 per cento e 0,4 per cento del Pil). Al netto di questi prelievi straordinari, non è vero che la pressione fiscale si abbassa nel 2004, rispetto al 2003, ma rimane stabile.
Nell’insieme, i risultati 2004 non si discostano molto da quelli 2003: il disavanzo passa, come si è detto, dal 2,9 al 3 per cento. Vi è, tuttavia, un’importante qualificazione da fare: anche nel 2004 è continuata la discesa della spesa per interessi (-0,3 per cento del Pil). Per converso, peggiora di 4 decimi di Pil l’avanzo primario, in termini assoluti la diminuzione è di quasi il 40 per cento tra il 2001 e il 2004 (da 43,6 a 27 miliardi di euro). Ciò contribuisce a spiegare il rallentamento della discesa del rapporto tra debito pubblico e Pil: solo mezzo punto, contro i 2,7 punti nel 2002 e gli 1,7 punti del 2003. Nonostante la crescita nominale del Pil nel 2004 sia stata maggiore di quella degli anni precedenti. È infatti la crescita nominale ciò che conta nel determinare l’andamento del rapporto debito/Pil e non quella reale, a differenza di quanto sembra credere il ministero dell’Economia, che nel suo comunicato esprime soddisfazione per la riduzione del rapporto “nonostante la bassa crescita”. Insomma, se i dati verranno confermati, ma qualche dubbio sul loro carattere definitivo è lecito nutrirlo, data la varietà delle revisioni di anno in anno effettuate dall’Istat, ce la siamo cavata per il rotto della cuffia. La vicenda delle revisioni conferma la sensazione di debolezza del sistema di monitoraggio della spesa e di scarsa trasparenza dei conti.
Per il 2005, le prospettive non sono diverse. Le maggiori incertezze riguardano l’effettiva realizzabilità di alcune misure decise nella Finanziaria 2005: dal lato delle entrate, le previsioni di gettito dagli studi di settore (3,6 miliardi) e dal condono edilizio (2 miliardi); dal lato delle spese, la tenuta della regola del 2 per cento nelle sue varie versioni (che, nel complesso, dovrebbe comportare minori spese per 10,5 miliardi nel 2005). Le una tantum ci accompagneranno anche nel 2005 e ve ne saranno del tipo peggiore, quelle che producono costi per il futuro: incassi per 7 miliardi da dismissioni di strade e immobili pubblici con conseguente spesa per affitti o pedaggi negli anni successivi.
Sarà, insomma, un altro anno sul filo del rasoio.

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Tabella 1. Conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche


rapporti al PIL














 


 


 


 


 










VOCI ECONOMICHE


2001


2002


2003


2004










USCITE














Spesa per consumi finali


18,8%


19,0%


19,5%


19,2%










di cui: redditi da lavoro dipendente


10,8%


10,8%


11,1%


11,0%










consumi intermedi


5,1%


5,0%


5,1%


4,9%










prestazioni sociali in natura


2,6%


2,6%


2,6%


2,7%










Prestazioni sociali in denaro


16,6%


17,0%


17,3%


17,3%










Altre uscite correnti


2,4%


2,5%


2,7%


2,7%










Uscite correnti al netto interessi


37,9%


38,4%


39,4%


39,2%










Interessi passivi


6,5%


5,8%


5,3%


5,0%










Totale uscite correnti


44,4%


44,2%


44,7%


44,2%










Totale uscite in c/capitale


4,2%


3,8%


4,4%


4,1%










Totale uscite complessive


48,6%


47,9%


49,1%


48,3%










ENTRATE














Imposte dirette


15,0%


14,2%


13,7%


13,6%










Imposte indirette


14,5%


14,7%


14,4%


14,4%










Contributi sociali effettivi


12,3%


12,5%


12,7%


12,7%










Contributi sociali figurativi


0,3%


0,3%


0,3%


0,3%










Entrate fiscali correnti


42,1%


41,7%


41,1%


41,0%










Altre entrate correnti


3,3%


3,2%


3,1%


3,3%










Totale entrate correnti


45,4%


44,9%


44,2%


44,3%










Imposte in c/capitale


0,1%


0,2%


1,7%


0,8%










Pressione fiscale (a)


42,2%


41,9%


42,8%


41,8%










Altre entrate in c/capitale


0,2%


0,2%


0,3%


0,3%










Totale entrate in c/capitale


0,3%


0,4%


2,0%


1,0%










Totale entrate complessive


45,7%


45,3%


46,2%


45,3%










Saldo corrente


1,0%


0,7%


-0,5%


0,0%










Indebitamento netto


-3,0%


-2,6%


-2,9%


-3,0%










Saldo primario


3,6%


3,2%


2,4%


2,0%










(a) Imposte dirette, indirette, in c/capitale, contributi sociali effettivi e figurativi in rapporto al Pil.

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