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Cosa accade a chi cambia la legge elettorale

La maggioranza intende cambiare la legge elettorale a pochi mesi dal voto perché ritiene di poter conseguire risultati migliori col sistema proporzionale che con quello maggioritario. Ma sarebbe sbagliato pensare che la legge elettorale intervenga semplicemente cambiando l’esito, in termini di seggi, di una data distribuzione dei voti. L’esperienza indica che chi cambia la legge elettorale in genere perde voti. E i deputati e i senatori che approvano il cambiamento hanno una probabilità molto più bassa di essere rieletti dei loro predecessori o successori.

La maggioranza intende cambiare la legge elettorale a pochi mesi dal voto perché ritiene di poter conseguire risultati migliori con il sistema proporzionale che con quello maggioritario. In effetti, con il presente sistema “misto”, il centro-destra ottiene risultati sistematicamente migliori nella quota proporzionale che in quella maggioritaria. Anche le simulazioni degli effetti della riforma sulle intenzioni di voto espresse nei sondaggi sembrano fornire risultati più favorevoli al centro-destra, che riuscirebbe così a ridurre il suo distacco nei confronti di un centro-sinistra oggi accreditato della maggioranza dei consensi.
Ma è fuorviante pensare che la legge elettorale intervenga semplicemente cambiando l’esito, in termini di seggi, di una data distribuzione dei voti fra e all’interno degli schieramenti; le scelte di voto vengono in realtà esse stesse influenzate dalla riforma. L’esperienza storica indica che chi cambia la legge elettorale in genere perde voti. E come ci insegna la Francia, gli elettori possono punire ancora di più i Governi che unilateralmente cambiano le regole a proprio vantaggio poco prima del voto.
Se per i partiti è difficile prevedere l’effetto delle riforme sui loro risultati alle elezioni successive, questo compito è ancora più difficile per i singoli parlamentari. I precedenti storici dimostrano che i deputati e i senatori che approvano il cambiamento della legge elettorale hanno una probabilità più bassa di essere rieletti dei predecessori o di chi è loro succeduto in legislature successive.
La riforma proposta dalla Casa delle libertà in questo fine di legislatura in Italia aggiunge a questa incertezza ulteriori incognite: i) la competizione tra i partiti all’interno dello schieramento, ii) la possibilità che (dopo le elezioni) nascano nuove aggregazioni o nuovi partiti e iii) la complessità nei meccanismi di attribuzione del premio di maggioranza, in particolare al Senato. I parlamentari che voteranno a favore della nuova legge elettorale implicitamente voteranno per una maggiore flessibilità del loro lavoro. È bene che comincino a cercarsi una valida alternativa fin da subito.
Vediamo dunque in maggiore dettaglio cosa è successo in tutte le riforme di sistemi elettorali varate nei paesi Ocse dal 1960 in poi, procedendo in ordine cronologico.

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Francia

Il 10 luglio 1985 il Parlamento francese approvò una riforma del sistema elettorale che ripristinava il sistema proporzionale (in vigore fino al 1958). La riforma serviva, nelle intenzioni di François Mitterrand, a indebolire il centro-destra, dato in vantaggio nelle intenzioni di voto per il rinnovo dell’Assemblée Nationale. Grazie alla riforma, le elezioni del 16 marzo 1986 “regalarono” al Fronte Nazionale una pattuglia di 35 deputati (prima non era rappresentato in Parlamento). Ma ciò non impedì la vittoria del centro-destra che, appena tornato al Governo, ripristinò il sistema maggioritario, nel luglio 1986.

Nuova Zelanda

La legge elettorale è stata modificata, passando da un sistema maggioritario a uno misto, nel 1993. La riforma è stata approvata su iniziativa dei due partiti di maggioranza relativa, il National Party e il Labour Party. Alle elezioni successive (1996) i due partiti sono scesi dal 96 per cento al 67 per cento dei seggi in Parlamento. E solo il 56 per cento dei parlamentari del 1993 ha mantenuto il proprio posto dopo le elezioni mentre in elezioni precedenti e successive il tasso di riconferma dei parlamentari uscenti è stato mediamente superiore al 70 per cento.

Giappone

La riforma elettorale è stata varata nel 1994, per iniziativa del Governo in carica, anche qui passando da un sistema maggioritario a uno misto. L’intenzione era quella di indebolire il partito che aveva egemonizzato la scena politica nel Dopoguerra, il Liberal Democratic Party (Ldp), per favorire una maggiore alternanza. Ma le elezioni del 1996 riportarono al potere il Ldp e attuarono un ricambio maggiore che in passato dei deputati uscenti. I parlamentari giapponesi erano, infatti, tradizionalmente deputati a vita. Prima della riforma, i deputati Ldp avevano in media 58 anni e cinque legislature alle spalle. Dopo la riforma, il ricambio dei parlamentari eletti nelle zone urbane fu molto più pronunciato. Nelle zone non urbane l’organizzazione di sostegno del singolo candidato è infatti molto forte, spesso molto più forte di quella del partito di appartenenza.

Italia

Non c’è bisogno di andare lontano per documentare gli effetti paradossali delle riforme della legge elettorale e l’incertezza che comportano per il futuro di chi le approva. Basta comparare le proiezioni svolte al momento del cambiamento della legge elettorale nell’estate 1993 con l’esito delle elezioni del 27 marzo 1994 per rendersi conto che la riforma portò a risultati molto diversi da quelli auspicati da chi l’aveva sponsorizzata. La Democrazia Cristiana aveva votato compatta a favore della riforma sia alla Camera che al Senato sulla base di studi che la accreditavano di una pattuglia tra gli 80 e i 180 deputati alla Camera. Ma pochi mesi dopo la Dc ottenne, assieme a reduci del Psi e del Pri, nel Patto per l’Italia, solo quattro deputati e grazie allo scorporo. Appena il 25 per cento dei senatori venne riconfermato. Nelle elezioni immediatamente precedenti e in quelle successive ne fu invece rieletto il 45 per cento. Alla Camera il tasso di riconferma fu del 30 per cento contro il 45 per cento delle elezioni successive e una media del 60-70 per cento in quelle precedenti. Certo, eravamo in piena tangentopoli, ma il ricambio di tre senatori su quattro e di due deputati su tre, non può essere solo il frutto dell’offensiva giudiziaria di quegli anni.

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Un ultimo dato su cui riflettere

Dunque, le riforme del sistema elettorale possono riservare sgradite sorprese a chi le realizza.
Il disinteresse in genere manifestato dai cittadini nei confronti delle legge elettorali non significa che questi rimarranno passivi di fronte a una eventuale riforma, soprattutto se viene varata in extremis e con palesi finalità di alterare l’esito elettorale. Anche in Giappone, all’atto della riforma del 1994, solo il 15 per cento degli elettori riteneva che la riforma della legge elettorale fosse molto importante. Eppure, la riforma ottenne risultati opposti a quelli auspicati da chi la proponeva. Forse perché gli elettori sembrano pronti a punire chi cambia le regole intervenendo sul loro esercizio del diritto di selezionare la classe politica. E i sondaggi disponibili suggeriscono che la riforma oggi non è popolare in Italia, neppure tra gli elettori di centro-destra.
Non è un caso che di riforme dei sistemi elettorali se ne facciano così poche: anche prendendo in considerazione i paesi al di fuori dell’area Ocse, dal 1960 a oggi meno di un paese su quattro ha cambiato il sistema elettorale.
Noi ne abbiamo appena fatta una e i partiti e gli elettori si stanno ancora adattando al cambiamento. Vale davvero la pena di farne un’altra?

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16 commenti

  1. Renato Tubére

    Le statistiche da Lei riportate, caro professor Boeri, parlano chiaro. Ma il sistema elettorale italiano sta funzionando così male che persino il ritorno ad un proporzionale come quello oggi in vigore nella Toscana gioverebbe al rilancio della politica in Italia.
    E l’opposizione, invece di fare calcoli col bilancino sugli eventuali seggi persi col nuovo sistema proporzionale, dovrebbe fare le barricate su altri temi ben più importanti di questo.
    Come le scelte economiche in materia di prezzi, lavoro, mercato libero o pseudo tale, grandi opere non fatte, federalismo incompiuto, ecc. ecc.

    • La redazione

      Concordo che ci siano temi più importanti del sistema elettorale. Ma l’eredità di conti pubblici disastrati e di un sistema elettorale proporzionale è un mix esplosivo. Il fatto e’ che un sistema proporzionale accentua la competizione all’interno della coalizione, dunque rende più difficili accordi su scelte politicamente difficili perchè è troppo forte l’incentivo a dissociarsi da queste scelte per strappare voti ai “propri alleati”.

  2. Enrico Bruzzone

    Il Mattarellum fà schifo, è involuto come la politica italiana. Ma con questo metodo Berlusconi è stato eletto e con questo se ne deve andare!…..poi si vedrà.

  3. roberto puzone

    Certamente la riforma elettorale attuata precedentemente richiede una revisione, e tra i principali punti che vedo poco messi in risalto c’è il fatto che la necessità di una sistema maggioritario si giustifica per esigenza di governabilità mentre resta indispensabile una maggiore rappresentativita proporzionale per tutto cio che riguarda i diritti civili e in primis le eventuali riforme costituzionali.
    E’ ben noto che le riforme costituzionali richiedono dei quorum la cui entita viene del tutto falsata se i rappresentanti sono stati eletti col maggioritario! Mi indigna che tale importante e attuale argomento non abbia fatto tacciare di incostituzionalità la riforma stessa. Di ciò ritengo ci siano gravi e perduranti responsabilità nei partiti maggiori di destra e sinistra, nonchè di chi era tenuto a salvagurdare la costituzione.
    Ciò detto però, una riforma oggi non guarda ai problemi reali ma ai conti “delle serva”. Una riforma quindi va fatta solo a inizio legislatura e con ampia maggioranza.

    cordiali saluti

    Roberto Puzone

  4. luigi vincenzo

    Ma il problema non è una legge lettorale, e non lo potrà mai essere. Un eletto anche per alzata di mano, se possiede i requisiti etici e morali si impone sempre e comunque, e governa con il carisma che gli deriva dalla appropriatezza culturale e dal senso delle istituzioni.
    Anche con la legge proporzionale i 65 parlamentari con pendenze giudiziarie saranno candidati nelle liste di FI o AN o CCD ecc al 1°2° 3° posto per essere cumunque eletti.
    maggioritario o proporzionale il problema è a monte.
    Quando il potere politico viene esercitato per convenienze personali, oltre le regole generali e costituzionali, ogni riforma elettorale produrrà scompensi e ingovernabilità ed al cittadino non resta che l’illusione della libertà perduta.

    • La redazione

      Non contano solo le persone, ma anche le organizzazioni di cui fanno parte e che, peraltro, scelgono queste persone.

  5. Francesco Donato

    Vorrei fare una considerazione. Dai commenti letti su questo e altri forum ho notato che la discussione si base quasi esclusivamente sul merito della riforma. Ci sono sostenitori del proporzionale e del maggioritario, tutti scontenti. Vorrei spostare l’attenzione su un altro aspetto della riforma, il metodo. E’ corretto che una parte politica decida di cambiare la legge elettorale (parlo del caso specifico ma lo stesso discorso vale anche per altre iniziative della parte politica avversa) solo ed unicamente per un proprio, presunto, tornaconto? E’ corretto che la legge elettorale diventi merce di scambio per accordi tra partiti polici, come se si trattasse della presidenza di una qualunque bocciofila?

  6. Lorenzo Cassata

    Questo testo non riporta “statistiche” (come dice un commentatore), ma “esempi”. Le dimostrazioni “per esempio” sono utili e produttive nelle conversazioni da bar o anche da salotto. In un articolo scientifico non hanno alcun valore.
    In particolare mi permetto di far notare che la popolazione non vota un partito o una coalizione in base a se e come ha cambiato la legge elettorale. Vota in base all’appartenenza “ideale/ideologica”, in base al carisma dei singoli candidati, ai programmi, alla propria considerazione sull’operato complessivo del partito o della coalizione ecc.
    Perciò, ad esempio, se la DC perse nel ’94 (peraltro si chiamava già PPI, comunque trascuriamo i dettagli) tutti sanno che dipende non dalla legge elettorale, ma perché venne falcidiata da una serie di scandali, insieme agli altri partiti dell’ex “pentapartito” (do you remember “Tangentopoli”?).

    • La redazione

      I do remember very well. Basta che rilegga il mio intervento, in cui parlo di Tangentopoli. E cerco sempre, per quanto possibile, un counterfactual, evidenza su cosa sarebbe potuto avvenire senza la riforma. Ad esempio, guardo ai dati sul turnover dei parlamentari prima e dopo la riforma della legge elettorale, ipotizzando che questo si sarebbe manifestato anche in quella tornata elettorale se non ci fosse stata la riforma. Mi sembrava utile segnalare come sia singolare il fatto che questo turnover aumenti sempre in corrispondenza del cambiamento della legge elettorale. Poi ognuno è libero di interpretare questa ricorrenza (non oso chiamarla regolarità stasticità data la paucità di osservazioni disponibili) come vuole. Cordiali saluti

  7. Enrico De Lea

    Del Mattarellum si è detto tutto il male possibile (Sartori in primis). Del sistema che adesso ci viene proposto vedremo gli effetti in futuro. Certo, se il cambiamento l’avesse effettuato un governo di centrosinistra, quanti “dagli al golpe comunista” da parte di tanti “liberali” …
    Comunque un profilo certissimo di incostituzionalità è dato dalle liste bloccate, in cui, mancando il voto di preferenza, di fatto si instaura un vincolo di mandato tra l’eletto ed il capo del suo partito che l’ha collocato in una certa posizione piuttosto che in un’altra della lista. In ogni caso il cittadino sarà “libero” di eleggere un simbolo di partito e non un parlamentare; sarà poi il numero di voti al simbolo a determinare quale candidato sarà eletto… Un modello bulgaro, o un modello Acerbo?

  8. francesco d'angelo

    Mi sembra che ormai la legislazione si stia orientando in tutti i settori ad applicare il metodo della cooptazione (tipico del feudalesimo non delle democrazie)sia nella pubblica amministrazione(spoil system) che nelle procedure elettorali(liste bloccate) si cercano di introdurre meccanismi in cui la scelta viene effettuata dai massimi vertici politici in violazione dei principi democratici che vorrebbero che le scelte siano diretta emanazione del popolo(scelte effettuate dal basso).

  9. andrea de martini

    Non trovo più le parole per esprimere il disgusto e l’indignazione che provo a fronte di quanto sta accadendo in Parlamento. Sono un insegnante e a scuola cerco di educare i miei studenti ai valori della tolleranza e del rispetto delle leggi: e soprattutto cerco di insegnare che le regole sono di tutti, che tutti devono concorrere a formarle e che solo all’interno di regole condivise si giocano poi i vari ruoli della comunità scolastica stessa (e più tardi, nella società). Poi, quale sommo esempio, il nostro Parlamento ci propone questo squallido teatrino della furbizia e della meschineria, in cui tutti i vizi dell’Italietta sono magnificamente rappresentati. Chiudo citando una poesia poco conosciuta di Giorgio Caproni, intitolata “Alla patria”: “Laida e meschina Italietta./Aspetta quel che ti aspetta./Laida e furbastra Italietta.” (NB. E’ del ’78: nihil sub sole novi?)

  10. Ugo Domenichini

    Approvo l’ osservazione del sig. Francesco d’Angelo che mette in evidenza come la legge elettorale proporzionale appena approvata alla Camera introduce un sistema di cooptazione . Le segreterie dei partiti stabiliscono chi può essere votato e viene di fatto eliminata dalla soglia di sbarramento anche la possibilità teorica che possa presentarsi un candidato “indipendente”. La scelta della classe dirigente diviene meno democratica e meno trasparente in quanto mediata dai partiti. Diventerà più difficile introdurre elementi di novità o interpretare le esigenze di cambiamento provenienti dalla società. Spero che si possa almeno tentare qualche riforma correttiva.

  11. dino

    Io per la verità spero che l’attuale il Berlusconem venga abrogato da Prodi se vincesse le prossime elezioni. Ma dispero, perchè in realtà il proporzionale è voluto da tutti i partiti per motivi di “restaurazione”. Però mi stupiscono molto le indignazioni di tutti. La zappa sui piedi se la sono data gl’italiani disertando il referendum sull’abolizione della quota proporzionale. Come al solito chi è causa del suo male pianga se stesso. E come al solito gli italiani hanno brillato per insipienza e miopia: ma si fidavano veramente dei partiti?

  12. vittore da rin

    Ricordo male io dal momento che seguo poco la politica o pochi anni fa siamo andati a votare un referendum con cui il popolo italiano a grande maggioranza si è espresso per sostituire il sistema elettorale proporzionale con uno maggioritario? E poi i politici cui andava male il maggioritario sono riusciti a snaturarlo con il mattarellum?
    Ma ora come e perchè una maggioranza di parlamentari si permette di cambiare radicalmente quella che era stata la volontà dei cittadini italiani? Cittadini e non sudditi loro, questi signori parlamentari dovrebbero mettersi bene in testa che sono loro al servizio dei cittadini elettori e non viceversa. Che ancorchè assurdamente pagati e privilegiati non possono andare contro una volontà popolare così chiaramente espressa. Ritenevano l’uninominale non più applicabile per qualsialsi voglia motivo, avrebbero dovuto indire un altro referendum e verificare se la volontà degli elettori era mutata. Questo indipendentemente dal fatto che uninominale o proporzionale andremo sempre ad eleggre una classe di professionisti della politica di scarsa onestà e di poche capacità, specchio di una società che non riesce ad esprimere niente di meglio.
    Vittore Da Rin

  13. francesco

    Il sistema elettorale ora maggioritario poi proporzionale(con liste bloccate) ha un solo fine assicurare alla classe politica la conservazione e il perpetuarsi nel tempo senza possibilità di ricambio. D’altraparte mi sembra che le facce sia a destra che sinistra sono sempre le stesse.
    Concordo con un precedente intervento. Il nuovo sistema inoltre potrebbe consentire al premier berlusconi di recuparare quei voti del ceto moderato che con il maggioritario potrebbero invece riversarsi sui partiti moderati del centro sinistra.

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