Il greggio è rincarato di oltre il 60 per cento nel 2005. Ma le conseguenze per crescita e inflazione non sono le stesse registrate in altre crisi petrolifere. Soprattutto perché quello attuale è uno shock da domanda e non da offerta. Resta però una sostanziale vulnerabilità dei paesi occidentali. Prezzi crescenti del petrolio agiscono come una potente tassa sui consumatori che comprimono così la spesa per altri beni. La stagnazione dell’economia, poi, non consente di attutire l’impatto attraverso un incremento dei redditi. Con riflessi anche sui risparmi. Il prezzo del greggio (Brent dated) è aumentato di oltre il 60 per cento nel 2005 sfiorando i 67 dollari al barile allinizio di settembre. Lo stesso prezzo (variante Wti) era pari a 18 dollari nel 2001. Memori del primo grande shock petrolifero del 1973-74, governi, media e opinioni pubbliche hanno iniziato a preoccuparsi delle conseguenze per crescita e inflazione dei sostenuti prezzi delloro nero. Gli uffici studi si sono affrettati a rifare i conti. Sembra però che questa volta le cose vadano diversamente rispetto al passato. Perché? In questo momento di “calma dopo la tempesta” delluragano Katrina è forse utile fornire al lettore qualche elemento per chiarire limpatto macroeconomico degli aumenti del prezzo del petrolio. Limiteremo lattenzione alla prospettiva dei paesi sviluppati, nei quali viviamo. Cosa dice la teoria Il petrolio è in questa fase storica e con le tecnologie attuali un fondamentale fattore che influenza la performance economica dei vari paesi e delleconomia mondiale. Lo fa attraverso diversi canali. Cosa dicono i numeri Mentre il meccanismo attraverso il quale il prezzo del petrolio influenza la performance economica è sufficientemente ben compreso, la dinamica precisa e lampiezza degli effetti, che ne determinano poi gli esiti finali, sono piuttosto incerte e complesse. Lesperienza degli ultimi anni Questi effetti negativi non si sono ancora visti e se ci saranno, potrebbero rivelarsi meno drammatici. Sul perché sia così possiamo indicare alcune ragioni. Qualche considerazione sullItalia I paesi Ocse rimangono vulnerabili a incrementi nel prezzo del greggio. Dal primo shock petrolifero le importazioni nette si sono ridotte del 14 per cento, ma la dipendenza dallestero per questa materia prima resta pari al 56 per cento nel 2002. Questo vale in particolar modo per il nostro paese dove il peso dei consumi energetici sul Pil (5,2 per cento) è maggiore di quello di Francia (4 per cento) e Germania (3,2 per cento). Per saperne di più International Energy Agency (Iea) (2004) “Analysis of the Impact of High Oil Prices on the Global Economy”, mimeo, Parigi, maggio 2004. http://library.iea.org/dbtw-wpd/textbase/papers/2004/high_oil_prices.pdf International Monetary Fund (IMF) (2005), World Economic Outlook, Washington D.C., aprile. International Monetary Fund (IMF) (2005), World Economic Outlook, Washington D.C., settembre. http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2004/02/ Cologni, A. e M. Manera (2005), “Oil Prices, Inflation and Interest Rates in a Structural Cointegrated VAR Model for the G-7 Countries”, Feem Working Paper N. 101.
· Trasferimento di reddito dai paesi consumatori ai paesi produttori di petrolio: i primi devono pagare di più ai secondi le loro importazioni di greggio. Ciò influenza i rapporti di cambio tra le valute a causa del deterioramento della bilancia dei pagamenti dei paesi importatori.
· Aumento dei costi di produzione di beni e servizi: ciò determina una riduzione nei margini di profitto delle imprese a meno che queste riescano, in virtù della loro posizione sul mercato, a trasferire i maggiori costi su più elevati prezzi di vendita dei prodotti.
· Impatto sul livello dei prezzi e sullinflazione: questa è più forte quanto meno diffuse le condizioni concorrenziali dei mercati e dipende dalle richieste di adeguamenti salariali e dal tentativo delle imprese di ripristinare i margini di profitto erosi dallaumento del costo dei fattori produttivi.
· Impatto sui mercati finanziari: la riduzione dei profitti aziendali (con leccezione delle imprese del settore oil & gas), la politica monetaria restrittiva con il conseguente aumento dei tassi dinteresse, laumento dellinflazione influenzano negativamente i valori di mercato di azioni e obbligazioni.
· Impatto sulla spesa privata e sulle finanze pubbliche: a causa della bassa elasticità di prezzo della spesa energetica privata (benzina, riscaldamento), il maggiore prezzo del petrolio fa aumentare tale spesa comprimendo i consumi di altri beni e servizi, mentre riduce ancorché in misura limitata il gettito delle imposte gravanti sui consumi energetici con conseguenze per i bilanci pubblici.
· Impatto sui comportamenti dei soggetti economici: la riduzione della business and consumer confidence può indurre minori investimenti delle imprese e minore spesa privata, nonché una accelerazione di provvedimenti di politica monetaria, se si modificano le aspettative di inflazione.
Alla luce degli eventi del 2004, il Fondo monetario internazionale e lAgenzia internazionale dellenergia dellOcse (Iea) hanno condotto alcune simulazioni.
La Iea ha valutato per il periodo 2004-2008 le differenze tra uno scenario base dove il prezzo (medio) del petrolio resta costante a 25 dollari al barile e un caso dove laumento è sostenuto a 35 dollari. Si registra un significativo impatto negativo nel breve periodo (2004-2005) quando il deterioramento delle ragioni di scambio riduce il reddito che a sua volta porta a una caduta dei livelli di consumo e investimento. Il Pil diminuisce dello 0,4 per cento in ciascun anno. Le perdite si attenuano man mano che il commercio globale in beni non-oil e servizi si riprende. Nel complesso del quinquennio di simulazione, il Pil risulta inferiore dello 0,3 per cento in media rispetto allo scenario base. Limpatto sullinflazione è più pronunciato, con un balzo medio dello 0,5 per cento durante lintero periodo di proiezione. Leffetto si fa sentire soprattutto nel secondo anno, il 2005. Limpatto recessivo del più alto prezzo del petrolio comporta una perdita di 400mila posti di lavoro nei paesi Ocse, equivalente a un aumento dello 0,1 per cento nel tasso di disoccupazione durante i primi quattro anni di simulazione. In seguito allaggiustamento completo verso il basso dei salari conseguente al deterioramento delle ragioni di scambio e dei redditi, il tasso di disoccupazione ritorna sul finale al livello dello scenario base. La bilancia commerciale Ocse peggiora a causa del maggiore costo dellenergia importata: il deterioramento nel conto corrente raggiunge un picco nel 2006 a oltre -50 miliardi di dollari rispetto al caso base (-32 nel 2004 e -42 nel 2005).
Il Fondo monetario ipotizza invece un prezzo del greggio che cresce al livello di 80 dollari al barile (un valore vicino in media a quello di fine anni Settanta-inizio anni Ottanta in termini reali) e declina successivamente per ritornare al livello dello scenario base nel 2009, a riflettere la riduzione nellattività economica e nella domanda di greggio e la maggiore offerta. Leffetto dimpatto è una riduzione del Pil reale dellarea euro dello 0,6 per cento (0,8 per cento negli Usa) e un aumento del tasso di inflazione dello 0,9 per cento (1,3 per cento negli Usa). Limpatto sarebbe più consistente se lincremento fosse percepito come permanente (la crescita economica sarebbe dello 0,3-0,5 per cento più bassa), e se la fiducia di consumatori e produttori risultasse peggiorata (portando a unulteriore riduzione dello 0,8 per cento nel Pil del primo anno di simulazione rispetto al caso base). Infine, se il prezzo del petrolio salisse addirittura a 120 dollari al barile, la crescita economica sarebbe del 2,3 per cento inferiore e linflazione maggiore del 5 per cento nel primo anno di simulazione rispetto al caso base. Le aspettative di inflazione salirebbero significativamente rendendo più difficile la reazione della politica economica, la cui credibilità sarebbe minacciata, allontanando così laggiustamento nel medio periodo.
Lintensità energetica relativa al petrolio, cioè il consumo di petrolio per unità di Pil, si è dimezzata negli ultimi trenta anni. La maggior parte dei paesi industriali sono diventati più flessibili, particolarmente i mercati del lavoro, e finanziariamente più sofisticati. In seguito alla crescente liberalizzazione dei mercati e allaccresciuto ruolo delle forze del mercato, gli aumenti di prezzo del petrolio sono divenuti meno persistenti e i prezzi più reattivi a flessioni nella crescita economica rispetto agli anni Settanta. Le aspettative di inflazione sono più ancorate grazie a una maggiore credibilità delle politiche monetarie e a limitate pressioni dei costi verso lalto. Soprattutto, però, quello attuale si configura come uno shock da domanda e non da offerta come le crisi passate. Più che strozzature nella produzione e nellofferta, sono i crescenti consumi energetici globali a spingere il prezzo allinsù. E poiché deriva dalla crescita economica robusta, gli effetti sul Pil dovrebbero essere meno traumatici. Per contro, leffetto sui prezzi tende a essere più duraturo, con un rientro alla normalità meno rapido e qualche imbarazzo per le autorità di politica monetaria.
Alla luce di queste considerazioni, il Fondo ha rivisto le proprie simulazioni, supponendo che il prezzo del petrolio aumenti per uno shock da domanda e che le aspettative di inflazione restino immutate. In questo caso, un incremento persistente del 10 per cento del prezzo comporta una riduzione del Pil mondiale dello 0,10-0,15 per cento. Leffetto cumulato dal 2003 sarebbe dunque dell1-1,5 per cento. Il prolungarsi della situazione ha recentemente indotto la Banca centrale europea a rivedere allingiù di alcuni decimi di punto le stime di crescita dellEurozona, all1-1,6% questanno e 2,1-2,3 il prossimo. Contestualmente, linflazione viene data al 2,1-2,3 per cento questanno, in crescita rispetto all1,8-2,2 per cento delle previsioni precedenti. Per canto suo, la Commissione europea ha tagliato le previsioni di crescita dellintera area per il 2005 all1,2per cento dal precedente 1,6 per cento.
Le simulazioni Ocse suggeriscono che, con un raddoppio del prezzo del greggio, lo shock si traduce in prezzi più alti dell1 per cento lanno successivo e dello 0,2 per cento due anni dopo (contro 0,6 e 0,1 per cento di Francia e 0,4 e -0.1 per cento di Germania). La crescita economica italiana rallenta poi dello 0,3 per cento un anno dopo e dello 0,1 per cento nel secondo anno. Recentissime analisi confermano che laumento del prezzo del petrolio del 40 per cento tra il primo trimestre del 2004 e il primo trimestre del 2005 induce un effetto negativo sul Pil già dal primo trimestre: -0,09 per cento e -0,56 per cento a tre anni. Linflazione aumenta dello 0,41 per cento e dello 0,85 per cento, rispettivamente dopo quattro e otto trimestri.
Data lelevata incidenza delle tasse sui carburanti, gli aumenti del prezzo del petrolio portano a maggiori entrate fiscali. Di qui la resistenza del Tesoro, vista la situazione dei conti pubblici, a sterilizzare gli effetti per i consumatori. Negli Usa un raddoppio dei prezzi della benzina produrrebbe una riduzione dei consumi di un mero 5 per cento. In altre parole, i prezzi crescenti del petrolio agiscono come una potente tassa sui consumatori che hanno quindi meno soldi da spendere in altri beni. E la stagnazione delleconomia non consente di attutirne limpatto per mezzo di maggiori redditi. In questa situazione anche i risparmi tendono a risentirne.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Rodolfo
Il petrolio si compra in dollari usa.
Nel 2004 con 73 euro si comprava 1 barile di petrolio.
Nel 2008 con 72 euro si compra un barile di petrolio.
Penso di avervi messo in condizione di capire.