Undici milioni di lavoratori sono chiamati a decidere sulla destinazione del loro Tfr. Una scelta complessa per diversi motivi. Alla previdenza complementare spetta infatti il compito di compensare il minore livello di copertura fornito dal pilastro pubblico obbligatorio. Utile guardare all’esperienza degli Stati Uniti. Ma ancor di più sarebbe auspicabile il varo di un codice di autodisciplina volto a dettare norme di comportamento omogenee e tutti i soggetti che sollecitano l’adesione ai fondi pensione dovrebbero impegnarsi a osservarle. Circa 11 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato a partire dal 1 gennaio 2007 sono chiamati a scegliere se destinare il trattamento di fine rapporto (Tfr) maturando – ĆØ escluso infatti quello giĆ accantonato dallĀazienda – alla previdenza complementare, ovvero lasciare la cosiddetta “liquidazione” presso lĀazienda in cui prestano la loro attivitĆ . Per le aziende che occupano più di 50 addetti ĆØ previsto che in mancanza dellĀadesione alla previdenza complementare, il Tfr affluisca a un conto corrente della Tesoreria dello Stato gestito dallĀInps. Una scelta difficile Si tratta certamente di una decisione delicata e impegnativa. In primo luogo, perchĆ© implica un cambiamento di prospettiva circa la destinazione e lĀutilizzo del Tfr, quota non trascurabile del reddito vivo dei lavoratori italiani recante un valore marginale elevato, in particolare per i lavoratori a basso reddito. Oggi, la liquidazione viene percepita soprattutto come un capitale da investire o da utilizzare per specifici bisogni familiari. Destinare il Tfr ai fondi pensione significa invece utilizzare tali risorse per finalitĆ previdenziali, cioĆØ “trasferire” una parte del reddito attuale al periodo di pensionamento. La funzione sociale della previdenza complementare Si può plausibilmente affermare che la realizzazione della funzione sociale assegnata alla previdenza complementare dallĀarticolo 1 del decreto legislativo 252/05, e cioĆØ “assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale”, tali da compensare il minore livello di copertura fornito dal pilastro pubblico obbligatorio, dipenderĆ in buona misura dalla qualitĆ delle scelte dei lavoratori. Ć quindi oltremodo necessario mettere a disposizione degli interessati, attraverso una corretta e diffusa informazione, i mezzi per effettuare scelte davvero consapevoli e rispondenti alle loro esigenze previdenziali. La legge Finanziaria 2007 stanzia una ingente somma (17 milioni di euro) che dovrĆ essere utilizzata dal governo per svolgere una campagna pubblicitaria specifica, in coincidenza con il decollo della riforma. Imparare dagli Stati Uniti LĀesperienza statunitense risulta di particolare interesse. Dopo un lungo iter parlamentare, ĆØ stata recentemente approvata una legge che introduce elementi riformatori nel sistema di previdenza complementare degli Stati Uniti. In particolare, a partire da gennaio 2007, le aziende promotrici di piani pensionistici possono proporre ai loro dipendenti di avvalersi dei cosiddetti qualified fiduciary advisers, con il compito di fornire agli stessi consigli finanziari ad alcune precise condizioni: le commissioni ricevute per il servizio di consulenza non devono variare in relazione alle opzioni di investimento proposte agli iscritti; le raccomandazioni fornite devono essere limitate a quelle derivanti da un modello automatizzato di selezione degli investimenti, sviluppato secondo regole stabilite dal dipartimento del Lavoro e tale da non incorporare alcun vantaggio per investimenti nei confronti dei quali lĀadviser si trovi in una situazione di conflitto di interessi.
In secondo luogo, la scelta dellĀinvestimento previdenziale ĆØ per sua natura alquanto complessa giacchĆ© numerosi sono i fattori da tenere presente, cosƬ come rilevanti sono gli elementi di incertezza per il singolo: ad esempio, crescita salariale, composizione del nucleo familiare, struttura e capacitĆ di crescita del patrimonio finanziario e immobiliare, ammontare della pensione pubblica attesa. Infine, molteplici sono le forme previdenziali proposte, ciascuna delle quali offre diverse possibilitĆ alternative di investimento, corrispondenti ad altrettanti profili di rischiositĆ .
Tuttavia, accanto alle informazioni sulla previdenza di base e complementare, sarebbe veramente utile rendere disponibile un servizio di assistenza personalizzato, al riparo da conflitti dĀinteresse, che consenta ai lavoratori di individuare tra le alternative possibili quelle più rispondenti ai loro bisogni previdenziali e coerenti con il loro profilo personale: etĆ , professione, reddito, composizione del nucleo familiare, e cosƬ via. LĀassistenza dovrebbe essere rivolta anche a coloro che hanno giĆ aderito a forme pensionistiche complementari, per aiutarli a valutare tempo per tempo la congruitĆ della prestazione pensionistica che il fondo pensione ĆØ in grado di offrire in prospettiva, rispetto agli obiettivi previdenziali attesi dagli stessi aderenti.
Per estendere allĀItalia tale modello si incontrano diverse difficoltĆ : la “lontananza” dei fondi pensione italiani dalla dimensione aziendale, prevalente negli Stati Uniti; lĀassenza di una rete consolidata di consulenti indipendenti; lĀabitudine del legislatore a considerare i prospetti informativi lo strumento principe per aiutare lĀinvestitore a orientarsi; la scarsa chiarezza sui poteri sanzionatori previsti in capo alle autoritĆ di vigilanza in caso di misselling.
Eppure, la previsione di regole rigorose nei rapporti con la clientela risulterebbe fondamentale anche in Italia. Nel mercato previdenziale italiano coesistono infatti diversi prodotti pensionistici (fondi pensione negoziali, fondi aperti, polizze assicurative con finalità previdenziali, i cosiddetti Pip) i quali, ancorché accomunati dalle medesime finalità e da analoghi benefici fiscali, si differenziano sotto vari profili, sia di ordine strutturale che gestionale, oltre che per le commissioni applicate.
Tale realtà richiede un elevato grado di consapevolezza e professionalità da parte di tutti gli operatori coinvolti. Ci si riferisce ai datori di lavoro e ai sindacati che sono la trincea più avanzata nel rapporto con i lavoratori chiamati a decidere. Ci si riferisce anche alle istituzioni finanziarie (banche, Sgr, compagnie di assicurazione), promotrici dei fondi aperti e dei Pip, che impegneranno le rispettive forze di vendita in una campagna che si immagina lunga e aggressiva.
Le maggiori opportunitĆ di business che si apriranno nel prossimo futuro per le istituzioni promotrici di prodotti pensionistici non dovrebbero condurle a trascurare la funzione specifica della previdenza complementare di assicurare lĀulteriore copertura previdenziale di cui i lavoratori italiani avranno bisogno per vivere serenamente la loro etĆ anziana.
Sarebbe quindi auspicabile il raggiungimento di unĀintesa per rendere possibile il varo di un codice di autodisciplina volto a dettare norme di comportamento omogenee che tutti i soggetti che sollecitano lĀadesione ai fondi pensione dovrebbero impegnarsi a osservare.
In tal modo, accanto alla responsabilitĆ individuale di ciascuno nella determinazione delle proprie scelte previdenziali si realizzerebbe una responsabilitĆ sociale, con istituzioni e operatori nella posizione di garanti della protezione degli aderenti. Anche per evitare lĀinsorgere di fenomeni di misselling, come quelli avvenuti nel Regno Unito negli anni Ottanta, quando al collocamento di prodotti pensionistici individuali inadeguati a garantire il reddito previdenziale prospettico dei lavoratori seguirono colossali risarcimenti posti a carico delle istituzioni finanziarie responsabili.
(1) H.R. 4 The Pension Protection Act of 2006.
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