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Una pensione da non anticipare

La normativa sui fondi pensione prevede che gli iscritti possano richiedere anticipazioni della posizione individuale maturata, fino al 75 per cento del totale dei versamenti effettuati. E’ un regime molto liberale, giustificato dalla necessità di mantenere le stesse regole che vigono per il Tfr. Ma comporta il rischio di compromettere la possibilità di garantirsi una rendita pensionistica complementare per l’età anziana. I lavoratori vanno sensibilizzati sulle gravi ripercussioni di un ricorso anticipato al risparmio previdenziale.

La normativa sui fondi pensione contiene numerose aporie che presto o tardi dovranno essere oggetto di riflessione. Un aspetto merita tuttavia un’attenzione immediata per i riflessi negativi che determina per la credibilità del sistema: si tratta delle anticipazioni che gli iscritti ai fondi pensione possono richiedere nel corso del periodo di accumulazione della posizione previdenziale.

Quando si può chiedere l’anticipo

La materia è disciplinata dall’articolo 11, commi 7, 8, 9, e 10, del decreto legislativo 252/05. Le disposizioni prevedono che gli aderenti ai fondi pensione possano richiedere un’anticipazione della posizione individuale maturata nei seguenti casi:

a) in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75 per cento, per spese sanitarie in seguito a gravissime situazioni relative allo stesso aderente, al coniuge e ai figli;
b) decorsi otto anni di iscrizione per un importo non superiore al 75 per cento per l’acquisto della prima casa per sé o per i figli, documentato con atto notarile, o per interventi di ristrutturazione della prima casa, anch’essi debitamente documentati;
c) decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 30 per cento per ulteriori esigenze.

Dunque, la normativa si limita a prevedere solo che le somme percepite a titolo di anticipazione non possano mai eccedere, complessivamente, il 75 per cento del totale dei versamenti effettuati al fondo pensione, comprese le quote del Tfr, maggiorate delle plusvalenze realizzate a decorrere dalla prima iscrizione alla previdenza complementare.

Regime estremamente liberale

È un regime estremamente liberale e, seppure nei limiti del 30 per cento del montante accumulato, vi si può far ricorso anche per esigenze dei familiari e senza obbligo di motivazione. Ciò è stato spiegato con la necessità di garantire un allineamento con il regime altrettanto liberale delle anticipazioni sul trattamento di fine rapporto, identificato come la fonte principale di finanziamento delle previdenza complementare.
Tuttavia, le anticipazioni sul Tfr sono ricollegate a un obbligo di motivazione. Mentre potrebbe essere tutt’altro che marginale l’ipotesi di un iscritto a un fondo pensione che, magari immediatamente prima del pensionamento e quindi dopo aver accumulato un considerevole montante, decida di prelevare il 30 per cento del proprio risparmio previdenziale e utilizzarlo per fini di liquidità. Una generalizzata diffusione di tale fenomeno si porrebbe in netto contrasto con l’intento del legislatore di finalizzare il sistema della previdenza complementare all’esigenza di “assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale”. (1)
A maggior ragione, la possibilità di garantirsi una rendita pensionistica complementare per l’età anziana sarebbe quasi del tutto compromessa, qualora un numero cospicuo di lavoratori dovesse richiedere anticipazioni fino ad assorbire il 75 per cento del montante accumulato. La preoccupazione deve essere stata presente al legislatore stesso, tant’è vero che ha previsto la facoltà per l’iscritto di reintegrare in qualsiasi momento l’anticipazione ottenuta.
Peraltro, il regime fiscale previsto per le anticipazioni (con esclusione di quello delle anticipazioni per motivi di salute), pur essendo meno favorevole rispetto a quello previsto per le prestazioni pensionistiche, contempla comunque un’aliquota più bassa (23 per cento) rispetto alla aliquota media applicata al Tfr. È lecito quindi chiedersi come i benefici fiscali di cui godono gli iscritti ai fondi pensione si giustifichino qualora l’aderente si avvalga della facoltà di richiedere anticipazioni. (2)

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A garanzia sui prestiti

Inoltre, il comma 10 del già citato articolo 11 del Dlgs 252/05 prevede, in analogia con quanto è previsto nella disciplina del Tfr, che i crediti relativi alle somme oggetto di anticipazione (con esclusione di quelle per motivi di salute) non siano assoggettati ad alcun vincolo di cedibilità, sequestrabilità e pignorabilità.
In concreto, ciò significa che i lavoratori che intendessero stipulare contratti di finanziamento caratterizzati dalla restituzione del prestito mediante cessione di quote dello stipendio (cosiddetta “cessione del quinto”) potrebbero garantire tale debito cedendo a chi eroga il prestito i diritti di credito che vantano verso le forme di previdenza complementari cui aderiscono, inclusi i diritti a godere di anticipazioni in caso di acquisto di abitazione o di ulteriori esigenze. È chiaro che dovrà essere regolata la modalità attraverso cui rendere coerente un’eventuale richiesta di anticipazione per l’acquisto o la ristrutturazione della casa con l’altrettanto eventuale escussione del credito.
Tuttavia, appare evidente che si determina un palese contrasto tra la finalità previdenziale perseguita attraverso l’iscrizione a un fondo pensione e le esigenze di tutt’altra natura che inducono a sottoscrivere un contratto di prestito per il quale lo stesso risparmio previdenziale può essere concesso in garanzia. E non entro il quinto della prestazione, come accade per la pensione obbligatoria e anche per quella complementare una volta convertito in rendita il montante, ma nei limiti, potenzialmente anche assai superiori, del 75 per cento della posizione previdenziale complessiva, se l’iscritto esercita il diritto all’anticipazione per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa. Naturalmente, si può estendere anche a questa fattispecie la riflessione sull’incentivo fiscale che accompagna la contribuzione ai fondi pensione.
Lasciando da parte le considerazioni sul fenomeno dei prestiti con cessione del quinto, praticati a tassi d’interesse in media pari al 10,23 per cento (3), resta la seria perplessità sulla coerenza di un sistema che consente ai lavoratori aderenti ai fondi pensione di disporre, ben prima del pensionamento, del risparmio previdenziale con un tale margine di libertà.
È certamente difficile intervenire ora con una norma senza alterare il calcolo di convenienza di quanti pensano di aderire ai fondi pensione o l’hanno già fatto. Spetta dunque alle istituzioni competenti e agli stessi fondi pensione il compito di sensibilizzare i lavoratori sulle gravi ripercussioni che un eccessivo ricorso alle anticipazioni determinerebbe sulle loro aspettative di copertura pensionistica.

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(1) Articolo 1, comma 1, del Dlgs 252/05.
(2) I benefici fiscali vanno dalla deducibilità dei versamenti annuali, entro l’ammontare di 5.164,70 euro, alla tassazione agevolata sui rendimenti.
(3) Rilevazione trimestrale ottobre–dicembre 2006 del Dipartimento del Tesoro sui tassi effettivamente praticati dalle banche e finanziarie ai fini della legge antiusura.

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Sommario 27 aprile 2007

15 commenti

  1. concetta

    Ritengo che comunque vadano conservate le anticipazioni per spese sanitarie (molte volte malattie gravi richiedono disponibilità liquide e non tutti hanno requisiti patrimoniali suffeciente per richiere prestiti alla banca) e acquisto di prima casa per se e non per i familiari (il risparmio sull’affitto può essere l’equivalente di una maggiore rendita e quindi sotto questo profilo “previdenziale”).

    • La redazione

      Totalmente d’accordo sulle spese sanitarie. Sull’affitto come rendita, difficile esprimersi senza riferirsi a casi specifici. Ritorna il tema dell’affinamento delle capacità di giudizio dei singoli quanto alla convenienza relativa delle diverse opzioni. Chi li assiste?

  2. Bruno Polon

    Condivido il pensiero dell’articolo, e vorrei aggiungere che purtroppo è vero che i lavoratori non hanno ben chiaro questo concetto di previdenza. L’altro giorno il presidente di un Fondo Chiuso, già partito da tempo, diceva che il fenomeno delle anticipazioni era parecchio utilizzato, in percentuali che riguardavano oltre il 50% degli utenti del fondo stesso. Ho comunque appurato, parlando con colleghi, amici, conoscenti, che nella mente dei lavoratori, dipendenti e non, il concetto di secondo pilastro non è affatto chiaro. Non è partito col piede giusto, i mass media hanno fatto confusione in testa alla gente, dando risalto al fatto che fosse trattenuto in azienda o finisse all’INPS. Insomma che sparisse e non che fosse utilizzato per farsi una pensione. Probabilmente l’Italia, oltre a partire molto tardi sulla questione, ha fatto probabilmente l’errore di fare il Secondo Pilastro con i soldi del Tfr, che non dimentichiamolo per molti lavoratori è considerato un “tesoretto”.
    Artigiani, commercianti e coltivatori con le pensioni che si ritroveranno, che previdenza complementare avranno? Questi non sono purtroppo sufficientemente sensibilizzati.

    • La redazione

      Difficile creare un secondo pilastro in un Paese dove la previdenza obbligatoria ha un peso così rilevante (non è un giudizio di valore). Sul tfr valgono le considerazioni svolte nella risposta precedente. Sono anch’io piuttosto preoccupato sul modo in cui si sta svolgendo la campagna di adesioni. C’è un’incredibile superficialità di approccio.

  3. paria

    Pochi maledetti e subito! Regola crudele e imprevidente ma realistica. I soldi affidati ad altri sono sempre in pericolo. Possono sparire o per disonestà o per “dimenticanza”. Ci sono ex lavoratori che per oltre trent’anni hanno obbligatoriamente versato contributi ad un fondo integrativo che, ora, è sparito semplicemente perché l’Ente datore di lavoro è stato soppresso. E con esso anche il malloppo poiché nessuno si è preoccupato di tutelare i diritti delle fasce più deboli. Altro discorso, come sempre, per la “dirigenza”, ampiamente tutelata magari a spese dei dimenticati o della collettività.
    Se fosse stato possibile o non versare le quote o farsene anticipare la maggior parte, almeno qualche gelato si sarebbe potuto sorbire e non fiele come, invece, ora succede ai malcapitati.
    Stante la “correttezza” impunita dei nostri amministratori, penso sia meglio l’uovo oggi!
    Comunque: coraggio!

    • La redazione

      Il problema è che l’”uovo” spesso lo bevono le finanziarie che erogano i prestiti tipo cessioni del quinto ai tassi medi che ho indicato nell’articolo.

  4. Pierluigi Biondi

    I problemi fondamentali riguardano sia la mancanza di un’adeguata informazione sul concetto di previdenza complementare, favorita anche e soprattutto dai mass-media (inserti tanti, cose concrete meno, per la serie “poche idee ma ben confuse”), sia la posizione ideologica dei sindacati che, al posto di avvicinare il lavoratore a concetti di assoluta rilevanza per il proprio futuro, mantengono un totale ostracismo verso tutto quello che è esterno al loro mondo (rispetto ai fondi aperti per fare un esempio). Senza contare l’assoluta ignoranza da parte di moltissimi lavoratori, e non è solo colpa loro, in merito alle modalità di calcolo e di rivalutazione del proprio TFR. Concetti basilari per capire lo spirito della riforma della previdenza. Come si può pensare in soli sei mesi di far capire a milioni e milioni di lavoratori certe cose, partendo da zero?
    Quello che mi chiedo è perchè in un Paese come il nostro alla fine le riforme vere non si fanno mai o si fanno a metà. La metà che conviene a qualcuno, chiaramente.

    • La redazione

      Certamente i sindacati hanno importanti responsabilità (si pensi al tema dei requisiti di professionalità degli amministratori dei fondi pensione). Però cadono nel vuoto tutti gli appelli rivolti al sistema finanziario perché si faccia carico di una responsabilità sociale, varando un codice di autodisciplina della previdenza complementare. Tutti preferiscono stare alla finestra per vedere “l’effetto che fa”.

  5. antonio lentini

    Il TFR possiamo considerarlo il “malloppo” che assicurazioni, banche, fondi gestiti dai sindacati confederati e quant’altro stanno per sottrarci legalmente facendoci credere che servirà a darci una pensione dignitosa.
    In realtà è una marea di denaro che tutti vogliono gestire e che solo i legittimi propietari non vedranno mai.
    Domanda: siamo sicuri che il sistema pensionistico sia realmente allo sfascio? Angeletti non è d’accordo (vedere puntata di Ballarò) così come un’altro esponente della CGIL (altra puntata). Ma questo si sussurra sottovoce e raramente.
    Forse se l’INPS si preoccupasse solo di pagare le pensioni frutto del lavoro di una vita non avremmo questo problema.
    Evidentemente questa situazione fà gioco a chi deve mettere le mani sul malloppone.

    • La redazione

      In tempi di alta inflazione (oltre il 6 per cento), il tfr offre rendimenti negativi. Si tratta dunque di una modalità di investimento del risparmio tutt’altro che sicura in cicli di lungo periodo. Naturalmente, l’alternativa dell’investimento nei fondi pensione deve essere a sua volta credibile in termini di: a) rigore e professionalità dei gestori; b) controllabilità dei costi; c) crescente consapevolezza degli iscritti quanto alle conseguenze delle scelte compiute. Sarebbe opportuno che si sviluppasse nel Paese una discussione su questi temi senza pregiudizi ideologici, ma guardando al concreto interesse dei lavoratori.

  6. Marcello

    Non capisco perchè si debba per forza vincolare per legge le scelte dei lavoratori anzichè informarli e lasciarli liberi di decidere.
    Il modo giusto di favorire la previdenza integrativa è spiegare agli interessati che quella tradizionale sarà insufficiente, e lasciare che ciascuno si prenda le proprie responsabilità.
    Non sarebbe meglio limitarsi ad incentivare la previdenza integrativa tassando più pesantemente gli anticipi e/o restituendo al datore di lavoro una quota dei contributi aggiuntivi?
    Tra l’altro tutte queste barriere di entrata/uscita/switch ispirano (giustamente IMHO) diffidenza in molti lavoratori, che proprio per questo si tengono stretto il TFR tradizionale.

    • La redazione

      L’articolo si conclude proprio escludendo l’opportunità di interventi modificativi sulle norme, poiché è evidente che ciò determinerebbe ulteriore disorientamento tra i lavoratori. Tra gli interventi da evitare annovererei anche quelli suggeriti dal lettore (modifiche del regime fiscale sugli anticipi, ecc.). Quanto al richiamo alla responsabilità individuale, è utile, ma non può essere l’unico elemento di razionalità cui ancorare un sistema che incentiva fortemente (“azzardo morale”?) il risparmio previdenziale prefigurandone una funzione sociale. Occorre che le autorità pubbliche e gli stessi operatori del settore si pongano in una ottica di sostegno a scelte individuali che potrebbero essere tranquillamente viziate da scarsa consapevolezza. Nel mondo anglosassone viene utilizzata la categoria del “paternalismo libertario” per definire i principi ispiratori delle politiche sulla previdenza privata. Ma forse noi potremmo chiamarlo semplicemente buon senso.

  7. Pierluigi Biondi

    Prendo atto della sua risposta. Resta il nocciolo della questione: si chiede la responsabilità sociale al mercato finanziario quando lo Stato non ci pensa minimamente? E poi, ricordo che l’adesione al fondo negoziale è di fatto agevolata, un percorso in discesa: è questa la responsabilità sociale? Oppure una campagna informativa nei tempi giusti, un’azione equilibrata e misurata, coinvolgendo tutte le controparti, non sarebbe stata meglio? E’ prevalsa la logica del “consociativismo” …..

    • La redazione

      La responsabilità sociale nasce a mio avviso automaticamente quando si entra in un’attività economica che è finalizzata a una funzione sociale (nel nostro caso l’erogazione di una rendita a chi ne avrà bisogno per non vivere una vecchiaia di stenti). Quando si analizzano i costi dichiarati di certi prodotti di previdenza complementare c’è da chiedersi se non si sia di fronte a un fenomeno opposto. Quanto al ruolo dell’informazione, non potrei essere più d’accordo con lei. Scontiamo però anche la carenza di una rete di consulenti indipendenti che in altri Paesi svolge un ruolo fondamentale.

  8. Elia SCiacca

    In merito alla riforma del TFR, i lavoratori dipendenti e autonomi , manifestano qualche perplessità e tardano a fare le loro scelte, al momento risulta che la fatidica scelta sia stata fatta solo da 125.000 lavoratori, sui circa 15.000.000 aventi diritto.
    I nostri TFR finiranno nelle mani di molti enti, banche, fondazioni, assicurazioni, tutti più o meno legati al mondo politico. Gestire questo denaro darà un potere immenso e coinvolgerà un esercito di esperti (veri e presunti), chiamati a decidere qual è il modo migliore per gestire questo capitale,
    All’improvviso siamo stati trasformati in un esercito di investitori, prima della riforma alla fine della vita lavorativa ritiravamo un capitale sicuro.
    Certamente nessuno ci poteva garantire che il nostro datore di lavoro non fallisse , ma esisteva un apposito fondo di garanzia per risarcire i lavoratori, Il nostro capitale maturato negli anni lo sentivamo sicuro il Tfr era pur sempre un credito differenziato. Adesso la gestione dei nostri soldi, dipenderà in gran parte da quella misteriosa macchina che è il mercato dei titoli con il quale non si sa ne come ne perché taluni si arricchiscono facilmente e molti, il cosiddetto “parco buoi” nel quale entreremo alla grande vengono disossati sino all’ultimo centesimo con tutti i crismi della legalità, Parmalat Docet .
    La riforma Dini ha trasformato il nostro sistema pensionistico da “retributivo” a “contributivo” vale a dire che le pensioni future saranno calcolate in modo da risultare molto più modeste rispetto al passato. Da qui nasce la necessità di far fruttare al meglio il nostro TFR, negli Stati Uniti questo sistema è in vigore da moltissimi anni, ma ahimè non dimentichiamoci che ENRON l’ente che gestiva i risparmi di milioni di lavoratori Statunitensi è clamorosamente fallito.

    Elia SciaccaCremona

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