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L’ACCORDO CHE NULLA CAMBIA*

L’intesa appena raggiunta tra le parti sociali in Francia non aprirà la strada a una riforma storica del mercato del lavoro. Tutt’altro. Il piano introduce cambiamenti di importanza secondaria: continua a proteggere i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Mentre per i disoccupati si resta sul piano delle belle parole, senza interventi concreti di sostegno. Anche sui licenziamenti nessuna novità. Anzi la cosiddetta rottura convenzionale del rapporto di lavoro potrebbe avere alla lunga effetti negativi.

A sentire alcuni rappresentanti delle parti sociali, il progetto d’accordo sulla modernizzazione del mercato del lavoro in Francia, presentato l’11 gennaio, dovrebbe aprire la strada a una riforma storica, in grado di diminuire rapidamente la disoccupazione. Questo entusiasmo è eccessivo. In realtà il progetto introduce cambiamenti irrilevanti, nella scia di tutte le riforme del mercato del lavoro avvenute da trent’anni a questa parte: mira infatti a proteggere gli interessi dei dipendenti con impiego fisso, intende introdurre innovazioni solo marginali e garantire i percorsi professionali con l’introduzione di provvedimenti molto discutibili.

CAMBIAMENTI MINORI

I cambiamenti sono di secondaria importanza, perché non sfiorano neanche il licenziamento economico, che è la vera chiave di volta del sistema di protezione dei posti di lavoro esistenti. Una delle principali novità dell’accordo sarebbe la cosiddetta “rottura convenzionale” del contratto di lavoro, che mira a evitare il ricorso ai probiviri. Se il dipendente l’accetta, ha diritto a un’indennità di licenziamento, e, nel contempo, beneficia dell’indennità di disoccupazione, cosa che non avviene nel caso di sue dimissioni. Ha a disposizione quindici giorni per ripensarci. Il suo fascicolo viene quindi inoltrato al direttore provinciale del lavoro, che provvede a omologarlo. Se la risposta di quest’ultimo non perviene nel giro di altri quindici giorni, il licenziamento è approvato.
Purtroppo la “rottura convenzionale” avrà solo un effetto limitato sulla disoccupazione, perché si basa unicamente sulla legislazione già esistente. Non diminuisce il costo del licenziamento, previsto dalle leggi attuali, ma semplicemente lo monetizza, dal momento che il dipendente può sempre rifiutare il licenziamento deciso con accordo consensuale e ricorrere ai probiviri.
Ma, nella realtà, questo tipo di accordo consensuale esiste già. Se il dipendente è d’accordo sul licenziamento, si ricorre all’escamotage del “motivo personale” e gli si concede un congruo risarcimento. In tal caso non c’è né processo, né giudice. Se il dipendente invece non accetta l’accordo consensuale, si ricade nel licenziamento classico.
Certo, l’omologazione da parte del direttore provinciale del lavoro fornisce garanzie giuridiche al licenziamento consensuale e ciò dovrebbe renderne più agevole l’utilizzazione. Ma non senza inconvenienti, tuttavia, perché potrebbe alla lunga provocare un deflagrante deficit delle indennità di disoccupazione. Fino ad ora, camuffare le dimissioni del lavoratore sotto i panni del licenziamento, permettendogli così di usufruire delle varie indennità, era pericoloso per il datore di lavoro. Qualunque fosse l’accordo iniziale, il dipendente poteva, infatti, ricorrere ai probiviri,. Questo pericolo non esisterà più. Si potrebbe obiettare che l’azienda sarà in tal modo obbligata a pagare le indennità di licenziamento previste dai contratti collettivi. Ma può benissimo recuperarle d’accordo col dipendente, diminuendo leggermente il suo salario prima del licenziamento. È una strategia che paga, sia per l’azienda che per il dipendente. La “rottura convenzionale” pertanto non avrebbe solo effetti positivi.

PERIODO DI PROVA PIÙ LUNGO

Anche le altre proposte sul contratto di lavoro dovrebbero avere effetti limitati. Il prolungamento di ulteriori tre mesi del periodo di prova non cambierebbe di fatto le cose, perché le aziende oggigiorno ricorrono massicciamente al Ctd, per ovviare al problema. Il “contratto a progetto” avrebbe la durata massima di 36 mesi, contro i 18 attuali, ma sarebbe riservato solo ai quadri e ai dirigenti. Quanto al raddoppio dell’indennità di licenziamento, prevista dalla legge, non è finalizzato a diminuire la disoccupazione; è solo una contropartita offerta ai sindacati, per far loro accettare la “rottura convenzionale”, l’allungamento del periodo di prova e il contratto a progetto.
E infine, cosa dire delle indennità e del sostegno previsti per i disoccupati in cerca di lavoro? Ci sono senza dubbio proposte interessanti, che intendono migliorare i diritti e la salvaguardia dei senza lavoro, nel campo della salute e della formazione. Purtroppo, però, non ce ne sono ancora di concrete per quanto riguarda i servizi di sostegno ai disoccupati. Dopo aver letto numerose dichiarazioni d’intenti, ci sentiamo rassicurati nell’apprendere che bisogna attivare “risorse umane rinforzate” e “nuovi dispositivi” non meglio identificati.

* Traduzione dal francese di Daniela Crocco

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OSSERVAZIONI DI STEFANO SARACCHI ALL’INTERVENTO DI PIETRO ICHINO

  1. Giorgio Trenti

    La famigerata legge cosiddetta biagi rende abominevole il rapporto di lavoro. Ogni lavoratore deve essere libero di regolare il proprio rapporto di lavoro come meglio crede, a tempo determinato o indeterminato. Inoltre la legge mette fra datore di lavoro e lavoratore inutili e costosi intermediari. L’incontro fra offerta e domanda di lavoro può avvenire senza spese, su internet. Propongo l’abolizione della legge e l’introduzione nel codice civile del testo seguente. “Art. 2097 – Durata del contratto di lavoro. Le parti stabiliscono le regole del contratto di lavoro.”

  2. FRANCESCO COSTANZO

    La riforma francese mi sembra molto simile alle leggi in vigore in Italia. Si difende il dipendente con il posto garantito, si guarda solo alle grandi aziende, partendo sempre dall’idea che il dipendente e l’impresa si “mettano d’accordo”. Spesso, il dipendente viene spinto ad accettare le condizioni dell’impresa, pena lo scatenarsi di una trafila legale lunghissima, che un padre di famiglia di solito non può affrontare. La mia esperienza personale mi ha mostrato che le imprese possono strutturarsi dalla nascita in modo da dismettere rami aziendali all’occorrenza, evitando pericolose vertenze con i dipendenti. Le aziende possono evitare accordi “tipici” (previsti dalla legge) e stipulare contratti “atipici”, fissando il loro “prezzo di licenziamento”, che consente di risparmiare sui costi legali.
    Una curiosità: a quanto ammonta l’indennità di disoccupazione in Francia? Chi ne può godere? Grazie.

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