Nel 2007 il tasso di crescita della Russia è di due punti superiore alle previsioni. Il boom non si fonda oggi sulle esportazioni di gas e petrolio. E’ in buona parte dovuto alla trasformazione strutturale del settore dei servizi. Con l’economia legale però cresce anche la corruzione. Tuttavia, la fetta della torta destinata alle clientele putiniane potrebbe diminuire con il calo del surplus commerciale, la diminuzione degli introiti fiscali sulle materie prime e l’aumento degli investimenti pubblici.

Agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, la Russia, con un modello politico definibile come autoritarismo incompleto, è diventata un’economia di mercato di tipo particolare.

DAGLI ANNI NOVANTA A OGGI

Il periodo della presidenza Eltsin, pur caratterizzato da caos politico e crollo economico, ha messo le basi per l’attuale crescita. (1) Le riforme economiche attuate durante il primo mandato di Vladimir Putin, più concrete e radicali di quanto ci si potesse attendere, hanno cancellato molti tabù del passato regime, come per esempio la proprietà privata della terra. A differenza di quanto accaduto soprattutto in Polonia, in Russia fino a poco tempo fa le nuove aziende non rappresentavano il motore della crescita. Uno “scarso impegno imprenditoriale” dovuto all’enorme attrattività del settore energetico e agli ostacoli creati allo “sviluppo sano” dalla pubblica amministrazione. Ciò nonostante la crescita russa non si ferma.
Secondo dati della banca centrale, nel 2007 il tasso di crescita dell’8,1 per cento sarà di due punti superiore alle previsioni. Oltre all’economia legale anche la corruzione ha il vento in poppa: secondo il centro Indem (2) dal 2001 al 2005 è aumentata del 70 per cento. Ed è un flagello tornato sulle pagine dei media dopo l’omicidio del procuratore di Saratov a metà febbraio. (3) Per Alexander Buksman, vice procuratore generale del paese, nel 2006 il labirinto burocratico-criminale russo ha inghiottito 240 miliardi di dollari, i casi denunciati nei primi otto mesi dell’anno sono 28mila e il costo medio della “mazzetta” è di 136mila dollari. (4)

NON SOLO MATERIE PRIME

I motivi dell’ultimo boom non vanno cercati nel luogo comune delle esportazioni delle materie prime. Infatti le importazioni russe, prevalentemente in euro, vanificano i vantaggi dell’aumento, in dollari, dei prezzi di gas e petrolio. L’attuale crescita è in buona parte dovuta alla trasformazione strutturale del settore dei servizi “moderni”. Una rivoluzione che ha dato vita ad attività inesistenti nell’Urss: esercizi commerciali e banche, caffè, agenzie di viaggio e distributori di benzina. Questa dinamica finora ha riservato al ceto medio solo il ruolo di consumatore. Ma radicandosi e innestando un circuito virtuoso coinvolgerà ben presto anche gli strati intermedi della popolazione.
I dati indicano che il carburante dell’economia nazionale sta nel saldo positivo della bilancia commerciale. Nel 2007 l’attivo, in crescita dal 1998, ha però registrato un calo del 50 per cento. Si presume che la crescita delle importazioni, dovuta all’aumento del reddito e dei consumi interni e alla scarsa competitività di molte merci russe, proseguirà fino ad annullare il vantaggio dell’export. L’inevitabile rivalutazione del rublo spingerà ancora verso il mercato globale.
Del surplus il Cremlino ha finora fatto buon uso. Il debito estero è sceso dai 130 miliardi di dollari del 1999 ai 38 attuali. Dal 1999 il volume delle valute pregiate è aumentato del 300 per cento e lo stipendio medio è aumentato di circa otto volte.

L’INFLAZIONE

L’inflazione, prima preoccupazione dei cittadini russi, è invece un tema delicato. Nel 2007 l’inflazione reale, al 12 per cento, è stata superiore a quella programmata fissata all’8,5 per cento, invertendo il trend del calo dei prezzi che durava dal 1998.
Le cause dell’accelerazione sono diverse. Innanzitutto, l’aumento globale dei prezzi dei beni di prima necessità: un terzo del consumo russo di questi proviene dal mercato mondiale. In secondo luogo, gli alti e inaspettati ricavi delle esportazioni: l’aumento conseguente della spesa pubblica e della massa monetaria in circolazione si è avuto nel momento meno adatto. Infine il paese vive una fase di surriscaldamento generale della propria economia.
Le grandi città soffrono di mancanza di forza lavoro qualificata. Da ciò un aumento di salari e stipendi. Una politica coerentemente deflazionistica è difficile. I tentativi risalenti a concezioni dirigiste dell’economia, blocco dei prezzi e cosi via, sono falliti.
La politica monetaria della banca centrale russa punta a raffreddare l’inflazione e frenare la rivalutazione reale del rublo. La valuta russa è solo nominalmente stabile rispetto a dollaro ed euro, ma in una economia fortemente “dollarizzata”, ciò è in linea con le aspettative dominanti. Oltre che per l’inflazione, il problema del cambio è rilevante per il flusso dei capitali. Il Cremlino vuole far diventare il paese destinatario di investimenti diretti stabili e di lungo periodo, moderne tecnologie, know-how e le competenze manageriali indispensabili per le esportazioni. Una strategia messa in crisi da crescita dei costi e rivalutazione reale del rublo.
Nel 2007 il flusso degli investimenti diretti è aumentato in modo massiccio soprattutto nel settore energetico. Le nuove zone economiche speciali, simili ai settori di eccellenza tedeschi, ma con meno università, meno sviluppo tecnologico e più capitale, sono un tentativo di attirare investimenti con forti incentivi fiscali. Il primo è però “completamente fallito”, come ammesso nel 2005 dal vice ministro del Tesoro.
Nonostante l’inflazione, il piano per equiparare il prezzo interno del gas a quello pagato dai consumatori stranieri prosegue. Lo stadio di net-back non si dovrebbe raggiungere però prima del 2011. Sin da ora si può dire che, non potendo aumentare il carico fiscale sulle materie prime, il miglioramento dell’efficienza energetica sul mercato interno sarà la questione centrale dell’economia russa dei prossimi anni. 
Calo del surplus commerciale, aumento degli investimenti pubblici, diminuzione degli introiti fiscali sulle materie prime: la fetta della torta destinata alle clientele putiniane diminuirà. Forse l’era Medvedev potrebbe segnare davvero un nuovo inizio. Anche se sullo sfondo ci sarà sempre Putin. E la corruzione.

  PIL medio(Var.%) Surplus medio della bilancia dei pagamenti (miliardi $)

Inflazione media

( %)

Disoccupazione media*

( %)

Stipendio medio mensile (US $)
Presidenza Eltsin (1992-1999) -6,7 9,3 486% 9,4 115
Presidenza Putin (2000-2008) 6,9 54,8 13,7 8,07 255,9

*La quota di disoccupazione è calcolata con il metodo Ilo (International Labour Organization)

Fonti: Roostat (Servizio di Stato russo per le statistiche) www.gks.ru; Banca centrale russa www.cbr.ru
Bank of Finland’s Institute for Economies in Transition (Bofit) www.bof.fi/bofit_en/seuranta/ 

(1) Come si vede dalla tabella, tranne la disoccupazione, rimasta sostanzialmente agli stessi valori medi, tutti gli indici macroeconomici russi sono migliorati nel periodo putiniano.
(2) http://www.indem.ru/russian.asp 
(3)  “U ubitogo prokurora Saratovskoj” Vremja Novostej 15.2.2008
(4)“Russians Tired of Corruption” Moscow Times del 26.7.2007. “Corrupt bureaucrats cost Russia” The Guardian dell’8.11.2006. “Die Korruption bekämpfen – das Gesicht des Staates wahren“ Russlandanalysen n.120.

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