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ALLA RADICE DELLA TEMPESTA PERFETTA

Dopo anni di deregulation e decenni di scarsi controlli, di sfiducia nei sistemi di prevenzione e di vigilanza sugli intermediari, la crisi del credito è scoppiata negli Stati Uniti e da lì si è estesa a tutto il mondo sviluppato. Le origini del problema sono dunque chiare. Il piano approvato dal Congresso punta a rimediare agli effetti e non alle cause della crisi. Per essere efficace dovrebbe invece ri-regolare i mercati e aiutare le famiglie incapienti con mutui. Tanto più che un programma di agevolazioni immobiliari alle famiglie avrebbe molteplici effetti positivi.

Dopo anni di deregulation e decenni di scarsi controlli e di sfiducia nei sistemi di prevenzione e di controllo e vigilanza sugli intermediari, la crisi del credito è scoppiata negli Usa e si è estesa a tutto il mondo sviluppato.

ORIGINI CHIARE

La “perfezione” di questa tempesta epocale, se vogliamo utilizzare un termine abusato, sta, a mio avviso, nella chiarezza delle sue origini e nel suo lento ma inesorabile procedere, come la moviola di una punizione che vede il portiere immobile e attonito tra i pali mentre il pallone passa tutte le fragili barriere e va inevitabilmente a rete.
La prima versione del piano da 700 miliardi di dollari è stato giustamente bocciata dal Congresso americano (sebbene anche per ragioni elettorali) poiché basta il semplice buon senso per capire che non si può chiedere a una nazione di farsi carico di disastrosi effetti economici quando le cause dei medesimi non vengono neppure sfiorate.
Le cause della crisi sono i default sui mutui che hanno, a monte, la deregulation creditizia, che ha permesso di dare credito di infima qualità (no-doc mortgages) senza capacità patrimoniale e, a valle, la deregulation finanziaria che ha consentito di impacchettare quei medesimi mutui in titoli strutturati – Mbs, Cdo, Cdo-squared, e così via – e di venderli, con leverage altissimi (1), senza alcuna trasparenza, al risparmiatore retail, che, alla fine, è il prestatore di ultima istanza del sistema.

UN PIANO ALTERNATIVO

I mutui subprime e Alt-A, vale a dire le fasce più rischiose dei prestiti immobiliari, ammontano, rispettivamente, a circa 850 e 1000 miliardi di dollari.
Immaginando che mille miliardi siano stati cartolarizzati, vale a dire inclusi in titoli finanziari, e che il tasso di default prospettico sia del 50 per certo, ma al momento pignoramenti e ritardi nei pagamenti delle rate sono intorno all’8 per cento dei mutui totali, si ha una cifra di circa 500 miliardi.
Al tasso d’interesse del 7 per cento per una durata di dieci anni, l’ammontare si traduce in circa 70 miliardi di dollari di rate annue.
Un intervento su tutti i 1.850 miliardi di mutui significa garantire circa 260 miliardi di rate annue.
Pertanto, un effettivo Troubled Assets Relief Program dovrebbe disinnescare le due vere cause della crisi: ri-regolare i mercati – quello che Henry Paulson non ha fatto nel Blueprint for Regulatory Reform di marzo. E aiutare le famiglie incapienti con debiti immobiliari – quello cha Paulson non ha fatto in settembre.
In particolare, per ricreare fiducia e far ripartire il normale funzionamento dei mercati occorre una chiara e vincolante ri-regulation sugli attivi (valutazione dei rischi sui prestiti e conseguenti regole di adeguatezza del capitale), sui passivi (trasparenza e principi di corretta valutazione), su tutti gli intermediari finanziari, da sottoporre tutti a vigilanza (banche ma anche società finanziarie, di leasing, factoring e credito al consumo), sui mercati (incentivando il passaggio degli scambi dagli abnormi mercati over-the-counter ai mercati regolamentati).
Su questi aspetti gli Usa e la stessa Europa possono trovare in Italia qualche riferimento importante: si pensi, da un lato, alla BI-Centrale dei rischi, istituita già nel 1962 e recentemente estesa anche ai microcrediti, e dall’altro al Regolamento emittenti elaborato da Consob.
In secondo luogo, un piano di agevolazioni immobiliari alle famiglie avrebbe molteplici effetti positivi:
1) darebbe garanzie sui sottostanti dei derivati creditizi eliminando la causa prima della crisi;
2) costerebbe meno e in misura diluita nel tempo;
3) disinnescherebbe l’effetto domino che sta abbattendo gli intermediari;
4) agirebbe come misura anticiclica nella fase pre-recessiva in cui si trova l’economia americana.
Naturalmente, un tale piano, come, del resto, qualunque alternativa, richiede tempo e presenta difficoltà nell’individuare le famiglie effettivamente bisognose di aiuto. Tuttavia l’effetto positivo sui mercati sarebbe immediato e, in ogni caso, appare più facile valutare l’effettiva capacità di reddito di un mutuatario che il vero valore di un “toxic asset” costituito da credit derivatives di cui non si conoscono i sottostanti.

IL PIANO APPROVATO

In alternativa a un piano di interventi “reali” a favore delle famiglie indebitate coi mutui-casa, sono stati proposti altri piani “finanziari”, incentrati sugli intermediari, come la rinegoziazione/allungamento dei debiti; la trasformazione dei debiti in azioni; l’acquisizione dei troubled assets da parte dello Stato.
Nella versione finale del piano americano, approvata venerdì 3 ottobre, l’originaria ricetta “statalistica” è stata in parte emendata con elementi delle altre visioni, serviti soprattutto per arrivare all’approvazione di non più 700 bensì 850 miliardi di dollari.
Invece delle cause, si è dunque puntato a rimediare agli effetti della crisi con la “socializzazione delle perdite” degli intermediari e la solita “privatizzazione” delle difficoltà economiche delle famiglie. La novità è che, con l’approvazione del piano, nasce, al di là dell’Atlantico, lo Stato banker-broker-market maker. Avendo constatato che due errori non fanno una verità, si prova con tre.

(1)Rapporto debito/equity fino a 40 contro l’usuale 12.

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14 commenti

  1. CARLO CATALANO

    Proprio stanotte ho avuto un pensiero molto simile a quello espresso nell’articolo. Ho pensato che anzichè aiutare le banche si sarebbe potuta prendere in considerazione la seguente misura: 1) garantire da parte dello Stato i mutui ipotecari; 2) a fronte di detta garanzia imporre alle banche il costo di una riduzione di tasso sui mutui contratti fino al momento in cui viene annunciata e resa immediatamente operativa detta misura. Gli effetti sarebbero la riduzione delle insolvenze dei privati, poichè una parte di essi potrebbero sopportare le rate rideterminate sulla base del minor tasso, ed una redistribuzione dalle banche ai privati che ritengo giusta in quanto sono le prime le principali responsabili della crisi. Tuttavia, come al solito, si preferisce aiutare il soggetto più forte e qualificato, che dovrebbe invece sopportare il costo derivante dalle maggiori responsabilità, invece di aiutare le famiglie che si trovano in difficoltà. Credo che la logica della politica prescelta non sia distante da quella che ha generato la crisi e mi riferisco in particolare modo alle politiche fiscali degli ultimi 15 che hanno redistribuito il reddito verso l’alto anzichè verso il basso.

  2. Diego Marchiolè

    Concordo pienamente con il ritenere più opportuno che l’intervento dello stato debba agire sulle famiglie che si sono accollate i mutui. Ma per essere efficace e senza derive inflazioniste ogni manovra curata dallo Stato dovrà essere accompagnata da misure fiscali che controllino la discesa dei prezzi degli immobili. Se gli interventi si limiteranno a pure manovre finanziarie con le banche in difficoltà sarà un vero spreco di carta moneta e una solida premessa per una recessione stile giapponese.

  3. kinta84

    Questo articolo è quello che aspettavo da tempo di leggere. Non solo questo tipo d’intervento sarebbe più giusto, sarebbe anche più efficace, nonostante come tutti gli altri interventi presenti problemi di azzardo morale e incoerenza temporale. Perchè in America non se ne è proprio parlato? Problemi di lobby?

  4. giorgio manini

    Nel comune pensare è naturale e spontaneo pensare che una tempesta sia indice di perfezione naturale,fisiologica: ed infatti è così : degli input e output momentizzano il verificarsi dell’azione: il risultato anomalo che sconvolge! Nel mondo finanziario, di solito non avviene questo, salvo il caso eccezionale di eventi "naturali" (terremoto, maremoto, caduta di un grosso meteorite o altro) in questo mondo "finanziario" (uno dei mondi sovrapposti) la tempesta è imperfetta perché non è un evento traumatico e quindi inatteso, ma certamente previsto dalle "menti grigie"(le multinazionali) e quindi ha un suo corso innaturale, che di solito gli esperti di finanza poco comprendono perchè (io penso) studiano il problema e i problemi con schemi e formule legate al passato (Smith, Pareto) superate e che spesso nelle aule scolastiche inducono all’umorismo! Quindi vado a ricercare le semplici motivazioni, le cause giornaliere, elementari della economia politica e della politica economica: e allora vediamo che tizio, dipendente e con risparmi 0, acquista un bene che pagherà a rate, rate che non pagherà dal momento che sarà liceziato, etc.etc

  5. Massimo GIANNINI

    Mi pare che l’autore abbia centrato il problema. Purtroppo molti economisti, ahimé anche partecipi dell’appello, hanno confuso gli effetti con le cause e quindi proposto risposte europee in salsa americana. Gli aiuti in termini di regolamentazione e/o diretti devono arrivare al benficiario finale, consumatore o impresa, e non agli intermediari che non si fidano più nemmeno uno dell’altro. Non è un caso che negli Stati Uniti, illustri economisti, dicano già che il piano Paulson é inutile se non dannoso, e i mercati l’avrebbero già confermato, ma che appunto ulteriori aiuti sono necessari subito per aiutare coloro che direttamente hanno bisogno di liquidità: mutuatari e aziende. Questo per dire che non si devono aiutare le banche che son tutte lì ad azzannarsi tra di loro come sciacalli e a colpi di azioni legali per comprarsi a vicenda. Lasciamo stare il mercato delle banche e che tornino a fare il loro mestiere originario…

  6. attilio

    Guardo poco la televisione e men che meno le azzuffate in prima serata, ma scivolando ieri su Ballarò mi sono imbattutto nel serafico direttore del principale giornale italiano secondo il quale questa è invece una crisi naturale, fisiologica, un tipico fine ciclo che nella macina della storia sarà ricordata come l’innesco di un periodo di prosperità ancora maggiore di quello da cui proveniamo. E men che meno ci sarebbe da confondere la questione finanziaria con il tema dei bassi salari, che avrebbe tutt’altra origine e tutt’altre soluzioni. Non c’è da stupirsi se un lavoratore dipendente, magari con un paio di figli a carico e mutuo per la casa con rata a lievitare, le ferie dimenticate e la macchina ferma in strada, al mitico quotidiano di Via Solferino preferisca le pillole terra-terra di un tabloid allungato da uno strillone di colore all’uscita del metro.

  7. Marco

    Finalmente, aspettavo da tempo di leggere un articolo così chiaro, bene impostato e condivisibile. Mi ha riconciliato con l’economia e con lavoce.info. Un unico dubbio: non sono così sicuro che regolamentare meglio (di più?) sia sufficiente, fatta la legge, trovato l’inganno, ma certo da qualche parte bisogna ricominciare, servono fiducia e aspettative positive, e i tanti liberisti della domenica che oggi invocano l’intervento dello Stato dovrebbero trarre dalle indicazioni severe sul loro "mudus pensandi".

  8. giorgio manini

    La crisi produttiva dell’occidente é evidente, anche se certe statistiche e annunci governativi, ci pongono sempre ai massimi livelli! Meno produzione occidentale porta alla chiusura di fabbriche e siti produttivi e quindi aumento della disoccupazione, meno denaro circolante e con molti stati che intervengono a salvaguardare i posti di lavoro puramente allocativi e quindi…ecc.ecc.: questo é quello che succede da qualche anno e che coincide da quando sono iniziati in occidente gli sbarchi massicci di prodotti extra europei e statunitensi; sbarchi agevolati dalle normative internazionali. Questa, secondo me, é una delle cause principali del crollo economico in occidente oggi, perché non dobbiamo dimenticare le passate grandi edizioni, poi superate, anche se ad alti costi!! Riusciremo a riprenderci? Permanendo la situazione globale com’é oggi, io penso che la ripresa (quando ci sarà) avrà costi altissimi: le passate edizioni sono state piccola cosa!!

  9. Marco Solferini

    Il tempo sta per scadere e come anche i distratti sanno, alcuna conoscenza, nemmeno oracolare, può far tornare indietro le lancette dell’orologio. Ho investito sui mercati di Borsa per 6 anni, ho smesso nel 2001. Ero un semplice trader, niente di così avido o generoso. Una onorevole via di mezzo, più per passione che per danaro. Se avessi predicato che i big della finanza erano colossi dai piedi d’argilla, che la mandibola di questi formidabili pugili era un pò di vetro, sarei stato emarginato e additato come un probaile perdente, perchè i colletti bianchi, le stock options miliardarie e la finanza creativa riscrivevano i testi con la penna d’oca del successo. "Noi siamo e continueremo ad essere", erano queste le parole sottese ai grandi Master che gli enti erogavano come dispensatori di conoscenza nell’Acropoli moderna del sapere. Oggi i nostri governanti fissano le riunioni a dieci giorni, poi le anticipano perchè fra dieci gironi l’oggetto della riunione potrebbe non esserci più. Bloomberg sosteneva che una notizia di oggi, a sera, è già vecchia. I nostri piani di salvataggio, le nazionalizzazioni frettolose e frutto di una mediazione di paura, nascono già morti.

  10. domenico

    Mi fa molto piacere aver letto questo articolo e i molti commenti favorevoli. Io a questo soluzione ci pensavo da tempo, volevo scriverla e proporla a qualche giornale, ma chi l’avrebbe mai preso i considerazione essendo "nessuno". Io penso che in questo come in molti settori occore difendere il capitalismo dai capitalisti, ed applicare una semplice regola dell’economia. Qualunque rischio economico proprio per ragioni di efficienza deve essere addossato alla parte che meglio lo sopporta. Tutti i testi di economia ci dicono che l’imprenditore s’accolla il rischio d’impresa, e che il profitto tra le altre cose é proprio la remunerazione del rischio. In verità tutti poi cercano di addossare il rischio ad altri, alla parte più debole che non può difendersi. Predicando sempre più maggiore deregulation, liberalizzazione e flessibilità dei mercati, il rischio é stato sempre più spostato sui i lavoratori e risparmiatori. Alla lunga tutto ciò è insostenibile come questa crisi ci insegna. Aiutare i mutuatari, darebbe liquidità alle banche e fallirebbero solo quelle inefficienti, ripulendo così ben bene il settore.

  11. TOMMASO VANNINI

    D’accordo, la vera emergenza da affrontare è il rischio di insolvenza delle famiglie americane sul fronte immobili generato e propagato in virtù di: ammissibilità crediti non assistiti da garanzie, ricorso a leva finanziaria violenta, grande libertà di innovazione di strumenti di circolazione del credito. Perplesso su natura e sostenibilità delle soluzioni di Cesari: 1 – la ri-regulation è un adeguamento di criteri di controllo già noti che non hanno in sè nulla di terribile o salvifico: realizzano effetti positivi o negativi a seconda della situazione e della tempestività con le quali si adottano (ritardo politico dell’Europa che pure ne è dotata); 2 – le agevolazioni immobiliari alle famiglie introducono effetti distorsivi nel mercato: assistere mutui critici in essere contro mutui garantiti penalizza chi la garanzia l’ha prestata, non riequilibra il mercato immobiliare sopravvalutato a danno di chi la casa la vuole comprare, salva comunque gli intermediari più spregiudicati. Forse il Paulson è l’unica strada possibile. Gli USA culturalmente sono disposti a sopportare crisi violente a fronte di un ciclo economico più efficiente. La soluzione sta nella ripresa economica.

  12. Massimo GIANNINI

    Con il passare delle ore si evince che l’origine del problema non sono stati solo i mutui americani e il mercato immobiliare ma ben altro e molto di più. Le cifre che si stanno muovendo e sono in gioco fanno pensare a un mercato finanziario che ormai era fatto di denaro virtuale e pure speculazioni. Marx direbbe una sovrastruttura, che certo condiziona la realtà. Non si spiegano altrimenti gli ammontari persi in borsa e lo sgonfiamento dei capitali azionari delle società. Per non dire del petrolio: com’é che dopo soli 3 mesi ci si accorge che il suo valore é meno di 90 e non 150 al barile? Non si venga a dire che sono ora le aspettative di recessione. Ora si stanno smobilizzando posizioni grosse. Insomma i bilanci di molte società e banche erano gonfiati e il brutto é che per quanto riguarda le banche si é perso il controllo e la contabilità.

  13. andrea

    1) E` falso che la crisi sia stata provocata dalla deregulation. La causa prima della crisi è la bolla immobiliare causata dalla riforma clintoniana del Community Reinvestment Act che obbliga le banche a concdere mutui a tutti i richiedenti (e fino al 107% del valore dell’immobile). Questa è piuttosto una regulation governativa, un intervento delle autorità. 2) Continuare a sostenere la domanda con gli aiuti alle famiglie non farebbe che sostenere la bolla immobiliare (che non è certo ancora scoppiata).

  14. guido

    La crisi origina solo parzialmente dai mutui subprime (i cui problemi erano già noti da oltre un anno). Credo che la causa primaria risieda nel fatto che numerose banche d’affari e non solo, hanno accumulato enormi posizione speculative poste in essere su derivati. Per questo motivo a settembre si è creata una crisi di fiducia tra intermediari. La crisi di liquidità si è autoalimentata, dal momento che tutti hanno cercato di chiudere posizioni, le banche hanno cominciato a richiamare gli affidamenti agli hedge fund, gli hedge hanno cominciato a dover vendere i titoli veri sui mercati regolamentati, ecc.ecc….Effetto domino a cui si aggiungono i piccoli risparmiatori, sgr, ecc. A quel punto meglio dare comodamente la colpa ai subprime!

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