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Berlusconi e gli aumenti di stipendio degli statali

“..Abbiamo imposto una piccola rinuncia agli aumenti a quei 3 milioni 700mila impiegati pubblici che però come tu hai ricordato negli ultimi vent’’anni hanno avuto un aumento dei loro stipendi che è stato quasi il doppio di quello ottenuto da coloro che hanno lavorato nel privato …”.
Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio – nel corso di un suo intervento alla Confcommercio, 16/06/2010

Come ci ricorda la lettrice Daniela Varini in un commento alla scheda “Pubblico impiego” di Giuseppe Pisauro, il 10 giugno 2010 l’’Istat ha presentato in audizione presso la commissione Programmazione economica, Bilancio del Senato della Repubblica, il dossier intitolato “Le retribuzioni dei dipendenti pubblici. Dinamiche e confronti con il settore privato“. Nella sezione 3 del dossier, l’’Istat fornisce per il periodo 1990/2009 i dati sulle retribuzioni lorde. Queste tengono conto delle retribuzioni fissate dai contratti collettivi di primo livello sommate alla contrattazione integrativa, ai passaggi di inquadramento e di livello, al cambiamento della composizione per qualifica e per anzianità degli occupati, in modo da avere una dinamica complessiva delle retribuzioni di fatto dei dipendenti della pubblica amministrazione.
Sebbene possiamo vedere come in un periodo più breve 1999/2009 (solo 10 dei 20 anni di cui parla Berlusconi) le retribuzioni nella pubblica amministrazione siano aumentate di 11,3 punti percentuali in più rispetto al settore privato, questo straordinario incremento non è servito a portate gli stipendi del settore pubblico al livello del settore privato nel ventennio 1990/2009. Le retribuzioni nel settore pubblico (+96,0 per cento) sono ancora inferiori di ben 6,6 punti percentuali rispetto al settore privato (+102,6 per cento).
Un curioso errore: chi più del presidente del Consiglio ha esperienza sia di pubblico che di privato?

A cura di Davide Baldi e Ludovico Poggi

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La risposta ai commenti

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Discussioni accademiche

  1. beniamino piccone

    Che ci sia ancora una differenza sensibile tra retribuzioni nel pubblico e privato mi pare abbia molto senso. Con l’enorme tutela e l’impossibilità di licenziamento da parte del pubblico – basta leggere le raccapriccianti storie che racconta Ichino – la retribuzione pubblica ha di fatto un premio di assicurazione che nessun privato ha. Credo quindi distorsivo insistere sul fatto che nonostante il recente maggior incremento degli ultimi anni delle retribuzioni pubbliche, siano ancora inferiori al privato. Meno male.

  2. Franco

    Quanti pubblici dipendenti per 6 punti percentuali in più lascierebbero garanzia, sicurezza, benefici vari impliciti ed espliciti?

  3. giovanna garrone

    Se leggo bene la tabella, il confronto è tra variazioni nel periodo, non tra livelli. Nel quasi-ventennio 1990-2009, le retribuzioni del settore pubblico sono aumentate del 96%, quelle del privato (senz’altro giustamente più elevate) del 102.6%…

  4. Roberto Arnaldo

    Ci si dimentica sempre di rilevare che nel settore pubblico le ore lavorative settimanali sono 36 mentre in quello privato sono di 40. Quindi bisognerebbe tener conto anche di questo fattore: perche’ non fare raffronti sulla paga oraria, tra pubblico e privato, tra settori che presentano delle omogeneità e quindi confrontabili? E non mi ricordo di lamentele dei dipendenti pubblici quando costoro potevano andare in pensione calcolando la loro pensione in maniera molto piu’ vantaggiosa dei privati o potendo in alcuni settori andare in pensione con anzianità contributive ridicole?

  5. GD

    Ma ora non è che dobbiamo pagare un magistrato quanto un operaio della Indesit!

  6. franco benincà

    Il mancato raggiungimento del livello di uguaglianza tra stipendi pubblici e privati a mio giudizio è rappresentativo di quel costo, in termini di opportunità e benefici, della misura della produttività tra i due settori: possibile, certa e determinabile in quello privato – incerta, sotto certi aspetti impossibile e indeterminabile se non attraverso dispendiose e costose procedure amministrative. Sempre secondo me, un altro aspetto è la capacità di potere di acquisto tra i due settori: nominale quello statale, poichè legato a contrattazioni che non poggiano su sistemi certi di produttività, ma è fondato su basi ideologiche strettamente correlate agli scopi degli obiettivi politico economici del governo di turno (che si traducono in rubriche di bilancio pubblico) . Effettivo e di costo quello privato, perchè strettamente legato alle dinamiche costi ricavi dell’azienda e agli scopi di accrescimento o mantenimento degli utili correlati a quelli finanziari ai quali bisogna, sempre nel "privato", rispondere nel brevissimo, breve e medio termine.

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