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Il costo dell’instabilità politica

La fase di conflittualità e di incertezza politica registrata negli ultimi mesi potrebbe avere effetti assai gravi sui delicati equilibri della finanza pubblica. Abbiamo analizzato la relazione tra una misura di conflittualità e la variazione del tasso a lungo termine sui titoli del nostro debito pubblico a dieci anni. Ad esempio, alle polemiche dell’affaire Montecarlo di agosto si associata un aumento del tasso a lungo termine di circa 5 punti base. Che, se dovesse perdurare indefinitamente, potrebbe equivalere a oltre 830 milioni di euro di maggiori oneri di interessi.

La crisi nella maggioranza che ha finora sorretto le sorti del governo Berlusconi, sfociata nell’’espulsione del presidente della Camera Fini dal partito di maggioranza relativa e nella nascita di un suo nuovo gruppo parlamentare, ha sensibilmente accresciuto l’’incertezza sulla durata della legislatura. I ripetuti scontri tra presidente del Consiglio e presidente della Camera, le polemiche di agosto sull’’affaire Montecarlo, le divergenze nella maggioranza circa l’’opportunità di nuove elezioni, lo stillicidio di notizie sui “numeri” sui quali essa potrebbe sorreggersi in Parlamento, hanno scandito il ritmo della politica italiana degli ultimi mesi. Sarebbe opportuno che le forze politiche riflettessero attentamente sulle possibili conseguenze di questa fase di conflittualità e di incertezza che, se prolungata indefinitamente, potrebbe avere effetti assai gravi sui delicati equilibri della finanza pubblica.

SPREAD E INCERTEZZA POLITICA

Dall’’inizio dell’anno i tassi di interesse a lungo termine hanno avuto un andamento molto diverso tra sud e nord Europa. La figura 1 mostra gli spread dei titoli di Stato a dieci anni dei paesi europei a rischio moderato (Spagna, Irlanda e Portogallo, Italia) nei confronti dei Bund tedeschi. A partire dalla terza settimana di aprile, gli spread mostrano un chiara tendenza all’’aumento: essi sono all’’incirca triplicati in Spagna, Italia e Irlanda, e quintuplicati in Portogallo (in Grecia, lo spread è arrivato al 9 per cento, quattro volte rispetto all’’inizio dell’’anno).

Figura 1: Spread a 10 anni in Europa del Sud e Irlanda

Fonte: elaborazioni degli autori, su dati Data Stream.

Al contrario, con l’’eccezione di Belgio, Austria e Francia, gli spread nel resto d’’Europa sono rimasti abbastanza stabili (si veda la figura 2)

Figura 2: Spread a 10 anni in Europa settentrionale

Fonte: elaborazioni degli autori, su dati Data Stream.

Sembrerebbe dunque che la recente instabilità politica non abbia peggiorato la in modo sostanziale la credibilità internazionale del Paese, che rimane allineata a quella dei paesi a rischio moderato. Purtroppo questo non significa che i costi della instabilità politica non siano considerevoli: anche piccoli aumenti nei tassi d’’interesse comportano per il nostro paese elevati oneri di interessi.
La letteratura sulle crisi di debito sovrano nei paesi emergenti suggerisce che spesso l’’incertezza politica agisce da innesco per l’’esplosione di una crisi. L’’evidenza empirica mostra che l’’incertezza politica è associata sia all’’aumento del livello e della volatilità degli spread, che alla frequenza degli episodi di default sovrano. (1)In particolare, l’’incertezza dovuta alla prossimità delle elezioni politiche, insieme a un regime di cambio fisso (noi abbiamo l’’euro) e alla necessità di finanziare a breve termine un elevato ammontare di debito in scadenza, costituisce una delle più affidabili avvisaglie di crisi. (2)
Quali sono i costi di questa fase di incertezza per la finanza pubblica in Italia? Per rispondere abbiamo sfruttato Google Trends, che permette di ottenere dati settimanali sulla frequenza con la quale vengono ricercate nel web “parole chiave”. (3) Nel nostro caso, per misurare come viene percepita l’’instabilità politica e la conflittualità della maggioranza, abbiamo utilizzato la frequenza relativa con la quale da gennaio a oggi sono state effettuate in rete ricerche contenenti le parole “italian government”. (4) Questa variabile ha il pregio di presentare dei “picchi” in corrispondenza di eventi che segnano un innalzamento della tensione politica (si veda la figura 4 e l’’appendice).

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Figura 3: Percezione di instabilità politica

Fonte: Google Trends

Tenendo conto del fatto che i tassi italiani possono variare per molteplici cause, legate soprattutto all’’andamento dei mercati internazionali e ai tassi dei paesi europei a rischio, abbiamo analizzato la relazione tra questa misura di conflittualità e la variazione del tasso a lungo termine sui titoli del nostro debito pubblico a 10 anni. (5) L’’analisi suggerisce l’’esistenza di una correlazione positiva e statisticamente significativa. La figura 4 mostra la relazione tra incremento del tasso a lunga (sulle ordinate) e instabilità politica (sulle ascisse), “depurata” dall’’influenza delle altre variabili.

Figura 4: Correlazione (parziale) tra variazione del tasso a lunga e instabilità politica

Fonte: elaborazioni degli autori.

Le stime implicano, ad esempio, che la forte crescita della conflittualità registrata con le polemiche dell’’affaire Montecarlo di agosto, è associata a un aumento del tasso a lungo termine di circa 5 punti base. Se questo aumento di conflittualità fosse permanente e dunque l’ aumento dei tassi a lungo termine si ripercuotesse sull’intera struttura dei rendimenti del intero stock del debito, ne risulterebbe un onere addizionale di spesa per interessi di 833  milioni di euro. Se invece la conflittualità si risolvesse in un anno, l’’onere risulterebbe di circa 118 milioni (6) Per intendersi, più di un quinto (trentacinquesimo) del massiccio taglio alle Regioni previsto dalla recente manovra per il 2011 (circa 4 miliardi come si può vedere da questo articolo).
Il governo farebbe bene a seguire il monito del Capo dello Stato e a risolvere velocemente la perdurante incertezza sulla durata della legislatura. Il conto per il contribuente potrebbe altrimenti rivelarsi molto, molto salato.

APPENDICE: DATE DEI PICCHI GOOGLE TRENDS

10 gennaio 2010; 17 gennaio 2010
14 febbraio 2010; 21 febbraio 2010
7 marzo 2010
4 aprile 2010; 11 aprile 2010
2 maggio 2010; 9 maggio 2010; 23 maggio 2010
11 luglio 2010; 18 luglio 2010
1 agosto 2010; 22 agosto 2010; 29 agosto 2010

RAGGRUPPAMENTI DATE ED EVENTI RELATIVI

10-17 gennaio

Succede:

La tensione nel Pdl va avanti già da mesi, gli attacchi di Feltri a Fini si moltiplicano. Il 13 o 14 gennaio, pranzo tra Berlusconi e Fini: le cose sembrano sistemarsi. Articoli: 1) Dopo le tensioni vertice tra il presidente della Camera e il Cavaliere il ministro della Difesa: “ci sarà un maggior coinvolgimento” per l’ex leader di An
Tregua armata tra Fini e Berlusconi
“Lealtà, ma più concertazione”. “I problemi ci sono, ma si superano. Basta con il fuoco amico”. Bocciata “la politica dei due forni” dell’Udc. Anche se le alleanze restano in campo.
[14 gennaio]

2) Il direttore del Giornale si scaglia ancora contro il presidente della camera. “ha poche idee e confuse. e le prende a prestito dalla sinistra”

Feltri, contro Fini attacco senza freni. “Poveraccio, non sa quello che fa”
L’ira dei finiani: “Adesso basta, intervenga Berlusconi”. Nel mirino anche Renata Polverini: “Non mi ero accorto fosse una donna…”
[6 gennaio]

 14-21 febbraio

n.a

7 marzo

Succede:
Schermaglie Berusconi-Fini durante la campagna elettorale (regionali).

Articoli:

1) Allarme sondaggi a palazzo Chigi: Pdl vincente solo in cinque Regioni, i finiani vogliono un chiarimento e non escludono la formazione di gruppi autonomi. Il Cavaliere alla resa dei conti con Fini. “Anche stavolta si è messo di traverso” Il capo del governo: “Gianfranco ormai lavora per il suo Partito della nazione”
[8 marzo]

Leggi anche:  Nuove regole europee di bilancio: cosa cambia per regioni e comuni

2) Il premier vuole arrivare ad un redde rationem con gli ex An dopo le regionali poi l’attacco ai magistrati: “a Roma e Milano truccano la partita” Il Cavaliere sfida Gianfranco. “Se insiste farò io un nuovo partito”
[3 marzo]

4-11 aprile
Succede:
Insieme ad altri deputati e senatori di An, Fini firma un testo in cui dissente dalla politica della maggioranza interna al Pdl, contestando altresì la politica del Governo Berlusconi, a suo dire lontana dai problemi del Paese. (wiki)

Articolo:

Via libera al documento finale: «no alle correnti». Il Cavaliere: «fuori chi non si allinea» Berlusconi-Fini, è rottura totale Il premier: «Vuoi fare politica? Lascia la presidenza della Camera». La replica: «Sennò mi cacci?»
[22 aprile]

2-9 maggio
Caso Scajola; Berlusconi irritato per interventismo Fini.

23 maggio

Polemica sulle intercettazioni e incontro Ghedini-Fini 

11-18 luglio

Nel Pdl è pressing su Fini

18_Strappo di Fini su intercettazioni e legalità

1 agosto

Succede:

Il 29 luglio, un documento votato dalla maggioranza dei componenti dell’ufficio di presidenza del Pdl, ad eccezione dei tre esponenti finiani, sfiducia il presidente della Camera e sancisce la rottura tra Fini e Berlusconi.

Articolo: Tre finiani (Bocchino, Briguglio e Granata) deferiti ai probiviri Berlusconi: «Non abbiamo più fiducia nel presidente della Camera» Censura politica nei confronti del cofondatore del partito e dei suoi seguaci. Il premier: «Governo non a rischio»
[29 luglio]

22-29 agosto

Succede:
Inizia l’affaire casa a Montecarlo.

(1) Si veda Cuadra and Sapriza, “Sovereign Default, Interest Rates and Political Uncertainty in Emerging Markets”, Journal of International Economics, Vol. 76, No. 1, (September 2008), pp. 78-88.
(2) Si veda Manasse e Roubini, “Rules of Thumb for Sovereign Debt Crises”, Journal of International Economics, September 2009, pp. 192-205.
(3) Questa fonte è utilizzata per esempio da Varian and Choi, “Predicting the Present with Google Trends “(April 2, 2009), Google Research Blog http://googleresearch.blogspot.com/2009/04/predicting-present-with-google-trends.html,
(4) La media delle ricerche Google nel periodo considerato è normalizzata a 1.0, e le rilevazioni sono scostamenti dalla media relativa al periodo. Per maggiori informazioni si veda: http://www.google.com/intl/en/trends/about.html#7.
(5) La relazione tra tasso a lunga e la misura di conflittualità politica appare robusta. Per un approfondimento sui dati si veda http://paolomanasse.blogspot.com/
(6) I numeri sono così ottenuti. L’’indice di Google Trend salta dal valore 0,04 (8 agosto) al 0,58 (22 agosto). L’onere per interessi nel caso di un aumento permanente della conflittualità  = variazione instabilità (0.54) x effetto moltiplicatore sul tasso d’’interesse (0,0830) x rapporto debito/PIL (1,2) x PIL (1549 miliardi) = 833 milioni. Se invece ipotizziamo che l’aumento di conflittualità (e dei  5 punti base) duri un solo anno, allora poiché la vita media residua del debito pubblico è di circa 7,07 anni, otterremmo un maggiore onere di interessi pari a circa 117,8 milioni (=833/7,07 ).

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13 commenti

  1. augusto

    Incredibile, ma come si fa ad accreditare che i mercati finanziari fluttuano in relazione a episodi come quello di Montecarlo: dai…. Volete alimentare il dibattito economico? Ma perché non difendete la vostra posizione, che sostenevate alcuni mesi fa, per cui per uscire dalla crisi si doveva aumentare il reddito dei lavoratori e dei pensionati (che con produttività ferma significa più inflazione e debito statale) per aumentare la capacità di spesa. Mi sembra che l’Europa sia andata in senso opposto, salvaguardando i conti pubblici e richiedendo una più alta produttività. Tremonti ha salvato i conti pubblici e i nostri risparmi, voi ci portavate a far la fine di Grecia e Argentina. Mi ero meravigliato della vostra posizione a favore di un aumento dei debiti, ma se oggi vi impegnate a cercare un nesso tra “l’affaire Montecarlo” e i tassi a lungo termine…capisco. A quando un vostro indice per collegare il nesso tra tassi a lungo termine e numero di amanti di Berlusconi o di gare di maratona finite da Prodi?

    • La redazione

      Il problema non è l’appartamento di Montecarlo, ma se questa conflittualità priverà o meno il governo di una maggioranza parlamentare ed il paese di una guida stabile. Nessuno degli autori ha sostenuto le tesi su lavoratori e pensionati che lei ci attribuisce. Quanto alla relazione tra gli scandali delle escort, la credibilità internazionale del paese ed i tassi di interesse sul debito Paolo Manasse ha già avuto occasione di scriverne.

  2. Michele Intorcia

    Gentili Professori Manasse e Trigilia, da ciò che capisco nel vostro articolo tracciate una relazione causa-effetto tra l’incertezza/instabilità politica e la finanza pubblica in Italia. Una maggiore incertezza implica, a vostro avviso, maggiore costi. Al fine di stimare l’incertezza/instabilità politica di un paese si sarebbero potuti utilizzare alcuni indicatori quali d esempio (elenco quelli che mi vengono in mente): numero di scioperi e manifestazioni di protesta, lavoratori in cassa integrazione, emigrazione, numero di scontri in piazza, numero di attentati terroristici, persone che rinunciano a cercare un lavoro, numero di politici pregiudicati, entità della corruzione in Italia, entità dell’economie illegali (mafie, etc.), entità del’evasione/elusione fiscale, etc etc. Tutti questi (e molti altri) fenomeni singolarmente e colettivamente stabiliscono una erosione del potere politico e dunque instabilità e incertezza. Voi invece scegliete come indicatore di instabilità “percepita” il Google Trends. Non mi è chiaro come il numero di parole ricercate dagli utenti google (campione rappresentativo?) possa stabile un impatto monetizzabile sulle finanze pubbliche.

    • La redazione

      Purtroppo i dati che lei suggerisce di usare sono per lo più disponibili con frequenza annuale o al massimo trimestrale, e in più con notevole ritardo rispetto al verificarsi degli eventi. Google trend ha il grande vantaggio di essere disponibile in tempo reale, proprio come le variabili finanziarie che si vogliono spiegare, e con frequenza settimanale. Il problema, come lei suggerisce, è che la maggiore "intensità di ricerche in rete" potrebbe riflettere fenomeni diversi dalla percezione di instabilità politica. Abbiamo cercato di rispondere a questa obiezione nell’Appendice.

  3. Clodoveus

    A seguito delle voci di elezioni anticipate in autunno (che avrebbero comportato l’esercizio provvisorio per mancata approvazione della finanziaria 2011), mi sarei aspettato, al rientro dalle ferie, una minaccia di riduzione del rating dei titoli di stato italiani da parte delle Triplice (Moody’s, Fitch e Standard & Poors). I mercati, a quanto pare, non hanno aspettato un comunicato ufficiale ….. Mi stupisce che l’on. Tremonti, di solito molto attento, non si sia lasciato scappare commenti in proposito …

    • La redazione

      Siamo d’accordo con lei e disposti a scommettere (diciamo un euro) che se continua il conflitto nella maggioranza non dovrebbe tardare anche una presa d’atto delle agenzie di rating.

  4. luigi saccavini

    L’analisi forse non è scientificamente a prova di bomba, ma fa riflettere la dimensione dell’impatto sul costo del debito a fronte di una variazione tutto sommato minima del tasso (oltre 800 milioni di maggiori uscite). Se la politica Usa di sostegno alla domanda, alla crescita del Pil, portasse ad un innalzamento internazionale del costo del danaro, dove andremo a finire? Meditate politici, di qui e di là, meditate. Smettetela con gli arzigogoli levantini e lavorate per rientrare: il paese è sull’orlo di un baratro. Occorre una politica severa e oculata, di lungo periodo; ridurre la spesa corrente e investire su ricerca e innovazione. Tirare la cinghia, smontare e razionalizzare il costo dei carrozzoni pubblici inefficienti; farlo subito. Ogni giorno che passa la situazione si deteriora e diventiamo più poveri.

    • La redazione

      L’articolo utilizza l’analisi di regressione "classica", con tutti i suoi pregi e difetti. E’ovviamente lecito nutrire dubbi circa la capacita della variabile Google Trend di rappresentare la percezione dell’instabilità politica. Nell’appendice abbiamo fatto il possibile per argomentare che si tratta di una misura ragionevole (che risulta significativa per i tassi di rendimento italiani, ma non per quelli di tutti gli altri 15 paesi di cui abbiamo dati recenti).

  5. Luigi Spaventa

    Sarà. Ma valgono più i valori teorici calcolati su una relazione di cui poco si sa (nulla si dice su come si controlla per altre variabili, più importanti) oppure i valori effettivi? Bloomberg ci dice che fra il 9 e il 23 agosto il tasso BTP non è aumentato, ma calato di 1 punto base. I dati ci dicono che la durata del debito italiano è di oltre 7 anni. L’aggravio di 833 milioni sparato nel titolo non esiste. Se mai c’è un beneficio. Per favore, argomenti seri.

    • La redazione

      E’ vero che i tasso a 10 anni è calato in Italia tra il 9 ed il 23 agosto, cioè nel periodo di elevata conflittualità della maggioranza, ma è altrettanto vero che ciò è avvenuto in un contesto internazionale di discesa dei tassi a lungo termine, e soprattutto in misura molto più ridotta che altrove. I tassi sono calati nello stesso periodo di 43 punti in Germania, 37 punti in Austria, 33 punti in Belgio, 44 punti in Danimarca, 38 punti in Finlandia, 34 in Francia, 6 in Spagna, 42 in Olanda, 40 in Svezia, 38 in UK e 36 punti negli Stati Uniti, aumentando invece in Grecia e Irlanda (fonte Data Stream).In ogni caso, il fatto che i nostri tassi a lungo termine siano calati un pochino in questo periodo non invalida i risultati, che dicono semplicemente che essi si sarebbero ridotti di 5 punti in più in assenza di conflittualità. Per ragioni editoriali non abbiamo potuto fornire tutti i dettagli delle stime nell’articolo su lavoce.info e quindi il sano scetticismo del Professor Spaventa è in parte giustificato (in parte, perché la specificazione del modello, le variabili incluse, le stime etc. sono disponibili tramite il link dell’articolo a paolomanasse.blogspot.com). L’aggravio di spesa per interessi di 833 milioni menzionato nel titolo misura l’effetto un aumento di 5 punti base nel " lungo periodo" (che in questo caso significa un tempo analogo alla vita residua del debito italiano). Giusto dunque sottolineare che questo effetto non si riferisce al costo della attuale fase di conflittualità, la cui durata è incerta. Un anno di conflittualità, secondo le nostre stime, costerebbe comunque parecchio ( i 118 milioni menzionati nell’articolo), e dunque facciamo fatica a vedere il beneficio.

  6. ippaso

    Io avevo scherzosamente scritto un articolo con spunti simili al vostro, ma molto meno serio e più "goffo" sull’argomento. Sicuramente più da "profano" (era più una cosa satirica). Mi farebbe piacere mostrartelo: http://palealvento.wordpress.com/2009/07/21/giugno-2010-caduta-del-governo-berlusconi/ Potete vedere i grafici che rappresentano le oscillazioni del Mib, suddivisi per legislature. Cosa ne pensate? Grazie e complimenti.

  7. maria di falco

    Sarebbe meglio parlare del costo in terminieconomici del conflitto d’interessi, che come una malattia infettiva sta divorando la nostra economia. Vi sembra normale che siamo senza ministro dello sviluppo economico? Certo è normale per chi è dentro fino al collo nel conflitto d’interessi! E’ normale per chi non ha una visione e una prospettiva oltre che un progetto per il paese che si sta "governando" (mi rendo conto che la parola governo è impegnativa in questo caso!). Prendiamo solo come esempio la mancata asta per il digitale terrestre, che se bandita avrebbe portato alle casse dello Stato qualche miliardo da destinare alla CIG o alla scuola, prendiamo ad esempio il costo delle norme che favoriscono la chiusura di procedimenti conteziosi tributari; prendiamo, ad esempio, gestione disonesta dei fondi pubblici; in quest’ultimo caso i conti sono da fare con la criminalità organizzata, che si fa sempre più forte e potrei continuare ancora con un lungo elenco…

  8. luigi saccavini

    L’analisi è e resta interessante ma più che la credibilità del dato, la questione credo sia l’entità del debito e la cura con cui agire per evitare tracolli. Leggo di un mercato delle valute ove la svalutazione competitiva è pervicace e cresce nelle aree esterne all’euro: USA, Cina. Giappone, ecc. Gli effetti sono una nuova rivalutazione dell’euro: in pratica si sta assistendo ad una competizione che impatta sulla crescita del nostro PIL, indispensabile per rientrare dal debito. Mi domando: quali effetti ha questa tendenza sull’andamento dei tassi? da incompetente sarei portato a dire: un aumento. Se a questo aggiungiamo le avvisaglie serie sul finanziamento del debito di Portogallo (6% ?) e Irlanda, mentre la Grecia si mantiene oltre il 10%, il nostro paese quali ricadute avrà visto che un 1% di aumento ci costerà a regime quasi 20 miliardi l’anno? Per affrontare la questione il nostro paese aspetta di arrivare in prossimità del tracollo ? Forse il mio è un allarme eccessivo, ma credo che ci troviamo di fronte ad una seria sottovalutazione del problema.

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