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PROJECT BOND: MANEGGIARE CON CAUTELA

La Commissione europea vuole rivitalizzare i project bonds, titoli emessi sul mercato per finanziare grandi progetti infrastrutturali. Ciò avverrebbe trasferendo buona parte del rischio finanziario sui bilanci dell’Unione e della Bei, attraverso la concessione di garanzie e di prestiti subordinati. Pur animata da buone intenzioni, la proposta non chiarisce alcuni punti. A partire dalla scelta dei progetti da finanziare. L’esperienza insegna che è forte il rischio di usare denaro pubblico per sostenere investimenti di scarsa utilità collettiva e di alto impatto ambientale.

 

I project bonds che la Commissione dell’Unione Europea vorrebbe rivitalizzare sono titoli emessi da compagnie private, creati per realizzare grandi progetti infrastrutturali: trasporti, reti di trasmissione di energia, reti telematiche. (1)

LA PROPOSTA

Il documento di consultazione parla di investimenti nell’ordine di 1.500 – 2000 miliardi di euro da qui al 2020. Con l’avvento della crisi finanziaria, il mercato di questi titoli si è prosciugato, lasciando a secco di finanziamenti i potenziali investimenti per realizzare nuove infrastrutture in Europa. La Commissione si propone di fornire un supporto a questo mercato, finanziando progetti insieme alla Banca europea degli investimenti (Bei). Il finanziamento potrebbe prendere due forme. 1) Garanzia: Unione Europea e Bei concedono una linea di credito, a cui la società-progetto potrebbe attingere in caso di introiti insufficienti a ripagare il debito emesso sul mercato. 2) Debito subordinato: Unione Europea e Bei  fanno un prestito alla società-progetto, che sarebbe junior rispetto ai titoli collocati presso gli investitori privati, i quali sarebbero quindi rimborsati per primi in caso di insolvenza della società-progetto. In entrambi i casi, la finalità è quella di trasferire parte del rischio di credito, relativo al finanziamento degli investimenti infrastrutturali, sui bilanci della Unione Europea e della Bei. Ciò dovrebbe aumentare l’affidabilità dei project bonds emessi sul mercato, ridando vita a questi strumenti finanziari.

D’ACCORDO MA…

La finalità generale del progetto è condivisibile. Un supporto alla realizzazione e al miglioramento delle reti infrastrutturali in Europa, che facilitino il trasporto di persone, merci, energia e informazioni tra un paese e l’altro della Unione è senz’altro un modo per completare il disegno del mercato unico, un obiettivo di lungo periodo che tutti condividiamo. Tuttavia, la proposta della Commissione lascia spazio ad alcuni dubbi, che necessitano di essere chiariti. Sul piano finanziario, il documento sostiene che i finanziamenti a carico della Ue-Bei non comporterebbero l’emissione di alcun debito aggiuntivo da parte degli stati membri, della Unione Europea e della Bei stessa. Scusate, ma da dove arrivano i soldi: dal cielo? È chiaro che l’onere dei finanziamenti – anche sotto forma di garanzia – ricadrà in qualche modo sul bilancio delle istituzioni comunitarie e in ultima analisi su quelli degli Stati membri. In altre parole, non ci sono “pasti gratis”. 
Un secondo dubbio riguarda la presunta riduzione del rischio, a carico delle istituzioni comunitarie, grazie all’effetto di diversificazione ottenuto finanziando un “portafoglio” di progetti. Anche in questo caso, la proposta pecca forse di ottimismo. Sembra difficile che il principio della diversificazione possa operare efficacemente in un contesto in cui i rischi coperti dal supporto pubblico sarebbero per loro natura pochi e di grandi dimensioni (e in qualche caso anche correlati positivamente tra di loro): l’esatto contrario di quanto richiesto dal principio di diversificazione del rischio.

VALUTAZIONE E GOVERNANCE DEI PROGETTI

Ma il problema più delicato è quello relativo alla scelta dei progetti da finanziare. La Bei è chiamata a effettuare una valutazione sul piano finanziario, stabilendo il prezzo della garanzia/finanziamento. Ma non è chiaro quali siano i criteri e le tecniche di selezione dei progetti. Ricordiamoci che i benefici e i costi sociali di un’infrastruttura possono essere assai diversi da quelli privati. Ad esempio, una rete elettrica che porti l’energia in una zona poco abitata ha una utilità sociale più alta della profittabilità per l’impresa privata che la realizza. Al contrario, un’autostrada ha un costo sociale, ovverosia l’impatto ambientale, che non ricade sull’impresa che la costruisce: questa può avere un incentivo a costruirla, soprattutto se le tariffe sono poste al livello necessario a garantire la redditività, anche se si trattasse di una autostrada destinata a essere poco utilizzata. Esiste, in definitiva, un problema di scelta collettiva, basata su trasparenti e indipendenti valutazioni dei costi e dei benefici sociali che non può e non deve essere eluso. Il documento di consultazione contiene solo la seguente generica frase: “L’iniziativa dovrebbe essere aperta a quei progetti che sono economicamente e tecnicamente validi, efficaci dal punto di vista dei costi e che hanno una prospettiva di essere finanziariamente sostenibili” (p. 9). Nulla si dice su chi debba fornire la valutazione dei costi e dei benefici sociali dei progetti. Non è chiaro se le valutazioni dovranno o meno poggiare su analisi di “benchmarking” condotte sui risultati di progetti simili. Non è neppure chiaro in che misura i finanziatori e i valutatori parteciperanno al rischio di costi largamente al di sopra di quelli stimati e di benefici largamente al di sotto di quelli stimati: rischi molto concreti, vista l’esperienza degli ultimi cento anni nei cinque continenti. (2) Anche ammesso che la Bei abbia al suo interno tutte le professionalità necessarie per effettuare queste complesse valutazioni (e c’è da dubitarne), resta il fatto che farebbe le sue scelte partendo da un campione di progetti già selezionati dai soggetti privati, poiché solo questi verranno proposti alla Bei. Sembra essere la strada migliore per costruire infrastrutture poco utili o con impatto ambientale elevato. In una battuta: non vorremmo che i fondi della Ue-Bei venissero usati per incentivare la costruzione di un secondo aeroporto a Brescia-Montichiari.

(1) Documento di consultazione Europe 2020 Project Bond Initiative (28.02.2011). È bene chiarire che l’iniziativa non va confusa con la proposta di introdurre un mercato di Eurobonds (che è già stata commentata su lavoce.info): questa è volta a introdurre nuovi strumenti per la gestione del debito pubblico, al fine di evitare una crisi del mercato del debito sovrano in Europa.
(2) B. Flyvbjerg, “Survival of the unfittest: why the worst infrastructure gets built and what we can do about it”, Oxford Review of Economic Policy, 2009, vol. 25, n. 3, pp. 344-367.

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SULLA LINEA NAPOLI-BARI CORRE LA PERDITA

  1. alberto santel

    Buona sera, condivido pienamente l’analisi e il contenuto, ma evidenzio un passaggio del testo che non capisco. Voi scrivete: …valutazioni dei costi e dei benefici sociali che non può e non deve essere eluso. Il documento di consultazione contiene solo la seguente generica frase: “L’iniziativa dovrebbe essere aperta a quei progetti che sono economicamente e tecnicamente validi, efficaci dal punto di vista dei costi e che hanno una prospettiva di essere finanziariamente sostenibili” (p. 9). Nulla si dice su chi debba fornire la valutazione dei costi e dei benefici sociali dei progetti. Dal testo citato, invece, emerge con chiarezza che la valutazione dei progetti (a prescindere da chi la farà), dovrà avere come riferimento solo gli aspetti "economici, tecnici, di efficacia dei costi e di sostenibilità finanziaria (in ordine di apparizione. Ovvero, e ancora una volta, solo gli aspetti che hanno permesso (da 100 anni a questa parte) di approvare, finanziare e poi pagare in ultima istanza, tutte le peggiori e più inutili nefandezze progettuali, cui ci siamo sempre opposti. Nulla di nuovo anche nella ue e anche nel 2020

  2. Max

    Nell’articolo spuntano qua e là dei dubbi circa l’utilità di progetti proposti da privati e finanziati con il supporto pubblico/politico: giusto e lecito avere dubbi, è concesso anche avere preconcetti. Io pure ho i miei e un calderone gestito dalla politica e dai burocrati europei che supporta progetti e sborsa soldi dei contribuenti a me piace come un cazzotto nei denti. E se si facesse il contrario? Un concorso tra pubblico e privato nel proporre progetti possibilemnte utili, con il patto che siano poi dei privati a finanziarli e realizzarli con capitali privatissimi e godendo poi di adeguati ricavi, direttamente pagati dagli utilizzatori finali delle opere. Un ponte? se è utile lo uso e lo pago, sennò se lo mangiano a colazione quelli che hanno speso i soldi per farlo (non i miei) e così per una linea ferroviaria, una autostrada, un aereporto etcc… Ma perchè non può mai andare così?

  3. giuseppe pennisi

    Condivido la cautela sopratutto in quanto mancano da anni parametri di valutazione e criteri di scelta definiti con rigore e condivisi dalle parti in causa.

  4. Federico F.

    Credo che il senso di un’iniziativa come questa sia quello di incoraggiare capitali privati ad investire in infrastrutture di grandi dimensioni, che in un contesto di incertezza economica, come quello presente, potrebbero essere giudicate troppo rischiose dalle imprese private, se finanziate con il project financing (che comporta tempi di recupero dell’investimento molto lunghi). Detto questo, condivido le perplessità dell’autore. E parlo da persona coinvolta, visto che stanno progettando di fare un nuovo tratto autostradale allo sbocco della mia incontaminata valle, in Friuli, devastando quasi certamente uno dei pochi tratti incontaminati del fiume Tagliamento…e sicuramente il progetto è "finanziariamente sostenibile"! Speriamo che non autorizzino il progetto così com’è a livello europeo, poichè potrebbe avere conseguenze molto pericolose! L’idea di incentivare gli investimenti in infrastrutture è ottima, ma questi criteri di valutazione appunto lasciano molte domande aperte.

  5. bellavita

    Ricordiamoci del tunnel sotto la manica e ripartiamo di lì per fare una simulazione di cosa capiterebbe con 4 progetti di quella natura e dimensione, dai conti catastroficamente sbagliati. Dopo di che si può anche decidere che per questi progetti la garanzia finale deve essere comunque data dall’Unione Europea, ma con delle precondizioni: che gli azionisti ci rimettano tutto, che le banche creditrici ci rimettano qualcosa e il resto lo rimette l’unione, come garante di terza istanza. Ma questa decisione deve essere emessa da una commissione in cui i paesi interessati non siano rappresentati. Meglio ancora, da esponenti di paesi estratti a sorte tra i più lontani. Nel caso del Tunnel della manica, sarebbe andata bene un garanzia decisa a maggioranza tra Estonia, Grecia e Romania…

  6. Maurizio

    Rischi da casinò, rendimenti da buoni del tesoro.

  7. marco

    Condivido le preoccupazioni. Penso che nel gestire questi soldi bisognerebbe introdurre criteri nuovi e diversi rispetto al passato- -Finaziare solo progetti che: migliorino la situazione ambientale (ricerca, innovazione) creino occupazione (banda larga, fonti rinnovabili ecc.) diminuiscano i costi in futuro (risparmio energetico). La scommessa del domani non è quella di creare un Europa che consumi di più, ma un mondo con più qualità che consumi meno e dia più servizi e benessere reale-Non bisogna pensare di spostare più merci e di buttare più cemento inquinando di più, ma di far viaggiare le idee e creare sistemi più resilienti, più efficienti e meno inquinati.

  8. Piero

    In Europa l e cose più semplici diventano difficili, i finanziamenti devono essere spalmati tra gli stati ue in modo da compensare i loro deficit, si fa un quadro della situazione delle infrastrutture e si fanno le dovute scelte, ad esempio se l’Italia necessita di una tav fino alla Sicilia, in modo tale che aumenta il PIL italano e quindi quello europeo, deve essere fatta. In sintesi i singoli governi comunicano le infrastrutture necessarie al proprio stato per la crescita del proprio PIL, a seguire su un tavolo si faranno le scelte tenendo conto dei rispettivi PIL calibrati con la popolazione ( si prende il PIL medio UE e si moltiplica per la popolazione dello stato, questo è il dato per dividere gli investimenti, di fatto vengono privilegiati i paesi con i PIL più bassi, in essi sicuramente c’è un margine di i crescita ulteriore, di cui ne beneficierà l’intera UE.

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