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PROFILO DI NUOVO GOVERNATORE

La scelta del prossimo Governatore della Banca d’Italia ruota intorno a tre nomi. Ma non è tanto ai nomi dei candidati, peraltro tutti di grande esperienza e competenza, che si dovrebbe guardare, quanto ad almeno due peculiarità del sistema economico italiano: la necessità di salvaguardare l’indipendenza delle Autorità di vigilanza e gli intrecci fra società quotate e Stato, che trovano un punto di sutura nel settore bancario e nei loro proprietari. Vanno a favore di una designazione interna alla nostra banca centrale. Senza rischi di autoreferenzialità.

 

A margine del recente Consiglio europeo, il presidente Berlusconi ha forzato l’articolato iteristituzionale per la designazione del prossimo Governatore della Banca d’Italia e ha ristretto il novero dei nominabili a due candidati esterni e a un candidato interno alla nostra banca centrale. Le indiscrezioni giornalistiche hanno, poi, ulteriormente ristretto tale rosa all’attuale Direttore generale del Tesoro e all’attuale Direttore generale della Banca d’Italia. L’esperienza e la competenza di questi due possibili candidati, così come del terzo candidato di Berlusconi (l’attuale membro italiano nel Comitato esecutivo della Banca centrale europea) e di altri componenti del Direttorio della Banca d’Italia, appaiono fuori discussione. Non avendo alcun ruolo da svolgere nelle procedure per la scelta del Governatore, sarebbe quindi improprio se ne facessi una “questione di nomi”. Vi sono, però, almeno due peculiarità del sistema economico italiano che forniscono principi generali per una scelta efficiente.

L’INDIPENDENZA DELLE AUTORITÀ

La prima peculiarità riguarda l’attuale deriva delle Autorità indipendenti di regolamentazione dei mercati finanziari, cui la Banca d’Italia appartiene di diritto per le sue funzioni di vigilanza sulla stabilità del settore bancario e di altri intermediari. Dopo la stagione innovativa degli anni Novanta, molte di tali Autorità hanno smarrito la loro indipendenza rispetto al potere esecutivo o rispetto ai regolati. Così, la Banca d’Italia del Governatore Fazio si è attribuita poteri intrusivi e discrezionali rispetto ai processi di aggregazione bancaria, cercando di decidere chi dovesse vincere le partite da essa arbitrate; l’Antitrust ha spesso confuso le proprie funzioni di tutela della concorrenza con iniziative di politica economica per una discrezionale promozione della concorrenza; il vecchio presidente della Consob ha ritenuto che la gravità della crisi recente legittimasse l’introduzione di norme e regole lesive della trasparenza dei mercati finanziari. Uno dei grandi meriti di Mario Draghi e del nuovo Direttorio della Banca d’Italia è stato quello di ripristinare l’accountability dei criteri di vigilanza e di non deflettere da questi criteri neppure nelle fasi peggiori della crisi. Si tratta di riprodurre e consolidare tale percorso virtuoso, evitando di aprire le porte a commistioni fra funzioni di governo e funzioni di vigilanza.
Quanto detto sconsiglia qualsiasi passaggio, che non sia decantato da un periodo professionale lontano dalla politica, fra posizioni di responsabilità nel potere esecutivo e posizioni di vertice in un’Autorità di regolamentazione. Il rischio di indebolire l’indipendenza dell’Autorità sarebbe troppo elevato. Prova ne siano, del resto, recenti prese di posizione del competente ex vice-ministro ma nuovo presidente della Consob che ha caldeggiato invasioni in campi normativi non attinenti alla trasparenza dei mercati finanziari. È vero che questi passaggi dal potere esecutivo ad Autorità indipendenti si sono verificati, senza scandalo, in altri paesi europei; ma ciò non fa che testimoniare la più radicata tradizione di indipendenza delle Autorità di quei paesi rispetto al caso italiano.

INTRECCI DA VIGILARE

Vi è poi una seconda peculiarità del nostro sistema economico che rafforza tale conclusione: gli intrecci fra società quotate e Stato, che trovano un punto di sutura nel settore bancario e nei loro proprietari. Le fondazioni di origine bancaria, che detengono il controllo dei tre principali gruppi bancari, sono anche azionisti di riferimento nella Cassa depositi e prestiti che è controllata dal ministero dell’Economia; e quest’ultimo, oltre a detenere crescenti quote proprietarie nel settore bancario, funge da organo di vigilanza delle stesse fondazioni. Inoltre, alcuni dei principali gruppi bancari italiani hanno svolto operazioni di sistema che hanno accresciuto le loro partecipazioni proprietarie in società o in fondi, spesso controllati o partecipati dal ministero dell’Economia. Infine, il settore bancario italiano è il principale acquirente di titoli del debito pubblico italiano; e tale scelta allocativa è collegata alle crescenti difficoltà di raccogliere liquidità a costi contenuti presso i risparmiatori. Tutto ciò mostra che, se vi fosse un passaggio diretto da posizioni di vertice del potere esecutivo al ruolo di Governatore della Banca d’Italia, quest’ultimo si troverebbe a regolare società che – fino al giorno prima – erano i principali acquirenti delle sue emissioni o lo annoveravano fra i suoi consiglieri di amministrazione.
Tali considerazioni militano a favore di una designazione del Governatore che sia interna alla Banca d’Italia. Vi è tuttavia una possibile obiezione: la tutela dell’indipendenza rischia di sconfinare in un incentivo all’autoreferenzialità. La capacità di ricostruire in pochi anni la reputazione perduta con i “furbetti del quartierino” e l’elenco degli alti dirigenti della Banca d’Italia, che hanno accettato di farsi coinvolgere in altre istituzioni e in altri ruoli e che hanno operato per il progresso dell’Italia e dell’Europa nel sistema economico internazionale, bastano tuttavia a fugare un simile rischio. L’ultima prova è proprio la nomina di Mario Draghi a presidente della Banca centrale europea.

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  1. Francesco Burco

    ..Si era capito come sarebbe andata a finire. La politica italiana non è arrivata sin qui a scalfire l’Europa, la magistratura e, fino al 2005, la Banca d’Italia. Tutto il resto lo ha toccato e come un bacco postmitologico l’ha trasformato in una sostanza organica di color marrone e odore nauseabondo. L’oro invece, per buona pace di Tremonti e nostra fortuna, è rimasto nei fortini di via nazionale. Speriamo solo che De Andrè abbia ragione e alla fine nascano i fior.

  2. Michele

    In un sistema bancocentrico qual è il nostro, il ruolo delle istituzioni e degli organi deputati a vigilare risulta fondamentale. E non dovrebbe restare, a mio avviso, solo un concetto teorico ma qualcosa di più concreto. Stupisce, o stupirebbe se non fossimo abituati a situazioni del genere, una simile ingerenza non tanto del Berlusconi di turno quanto della politica in generale. Mi dispiace che questi non siano percepiti come temi caldi dall’ opinione pubblica e tali da giustificare manifestazioni di piazza. Si dimostra così di sottovalutare il fatto che è da questi giochi di potere che scaturiscono, quasi a cascata, tutti i malcostumi del nostro Paese ( e non solo ).

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