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UN TAGLIO AL DEBITO. MA DI QUANTO?

Il problema delle conseguenze sul sistema bancario europeo del default della Grecia è diventato di attualità. La proposta di Iif e Commissione europea per coinvolgere il settore finanziario privato nelle perdite porterebbe a un “taglio di capelli” per i creditori di solo il 21 per cento. Secondo alcuni osservatori, invece, per tornare solvibile la Grecia dovrebbe ridurre il valore del proprio debito addirittura del 50 per cento. Ma la severità del default comporta costi notevoli per il paese debitore. Probabilmente, il taglio si collocherà a un livello intermedio tra i due valori.

Dopo il quasi fallimento della banca francese Dexia, il problema delle conseguenze del default della Grecia, ed eventualmente di altri paesi europei, sul sistema bancario europeo, segnalato dal Fondo monetario qualche settimana fa, è balzato tardivamente all’attenzione dei governi europei. La questione non è più se la Grecia farà default, ma quale taglio di capelli (taglio del valore attuale dei debito) si avrà con la ristrutturazione. Da questo dipenderanno le conseguenze sul sistema bancario internazionale.

IL PIANO DI RISTRUTTURAZIONE

Nel mese di luglio l’Institute of International Finance, l’associazione dei maggiori tra i grandi istituti finanziari internazionali, e la Commissione europea hanno messo a punto una proposta di ristrutturazione del debito greco che viene incontro all’esigenza di coinvolgere il settore finanziario privato nelle perdite (Psi, private sector involvement), evitando che i costi del fallimento greco ricadano sui soli contribuenti e che vengano premiati quanti hanno investito in modo sconsiderato.  Lo scambio si prefigge di mobilizzare risorse per 54 miliardi di euro dal 2011 al 2014 per arrivare a un totale di 135 al 2020, una bella parte del debito greco stimato a circa 350 miliardi.
La partecipazione, che si vorrebbe volontaria aspirando a coinvolgere il 90 per cento dei detentori di debito greco, consiste nello scambio dei titoli attuali con quattro nuovi titoli. L’idea è quella di offrire un menù di possibilità tra le quali i diversi operatori possano scegliere a seconda delle proprie necessità e del loro orizzonte temporale. Due dei nuovi titoli hanno lo stesso valore nominale di quelli che rimpiazzano, ma scadenze molto più lunghe, trenta anni, e tassi molto inferiori, tra il 4 e il 5 per cento. Gli altri due, che maturano dopo trenta e quindici anni, comportano invece uno “sconto” sul valore nominale, ma tassi di rendimento più elevati, tra il 6 e il 6,8 per cento nei diversi anni. Infine, i primi tre tipi di nuovi titoli godono di una garanzia piena (parziale per il quarto) sul loro valore nominale: il governo greco si indebita con il fondo salva-stati Esfs, compra titoli a tripla A che lascia come collaterale in un conto presso terzi a garanzia dei creditori.

UN ESEMPIO

Le principali critiche a questa proposta di ristrutturazione è che è troppo generosa per i creditori e onerosa per la Grecia: la garanzia avrebbe la conseguenza di accrescere i tassi di interesse per i nuovi strumenti e risulterebbe in un “taglio di capelli” per i creditori di solo il 21 per cento, quando per tornare solvibile la Grecia avrebbe bisogno di ridurre il valore del proprio debito almeno del doppio, addirittura il 50 per cento per alcuni osservatori. Facciamo un esempio: pagando rendimenti reali intorno al 4,5 per cento, e riuscendo a crescere all’1,5 per cento annuo, un avanzo primario del 3 per cento del Pil permetterebbe alla Grecia di stabilizzare il proprio debito al 100 per cento del Pil, quando oggi il debito è intorno al 160 per cento. Il che richiederebbe un “taglio” del 37,5 per cento (= 60/160).

QUALE TAGLIO?

Pochi giorni fa il quotidiano tedesco Bild riportava che il governo tedesco avrebbe messo in cantiere un piano di salvataggio (Soffin) per le banche tale da metterle in grado di resistere a un “taglio di capelli” del 50 per cento e, per farvi fronte, esisterebbe già un fondo di 12 miliardi nel bilancio tedesco per il 2012. La domanda che ci si pone è dunque: converrebbe alla stessa Grecia una conversione, necessariamente “forzosa” con un taglio cosi ampio? La risposta è che non è detto. Un recente lavoro di Cruces e Trebesch ricostruisce un data set completo di 180 casi di default sovrani in 68 paesi dal 1970 al 2010 e calcola il taglio di capelli associato a ciascun episodio. Gli autori trovano che la severità del default (dimensione del taglio) comporta costi notevoli per il paese debitore, sia in termini di maggiori spread dopo la ristrutturazione, sia di una più lunga esclusione del paese dal mercato internazionale dei capitali. (1) I principali risultati sono che un aumento di circa 20 punti percentuali nel taglio si associa in media a) a un aumento di 150 punti base negli spread pagati dal paese sui nuovi titoli nel primo anno dopo la la ristrutturazione, e di circa 70 punti base dopo quattro-cinque anni; b) esso comporta una riduzione del 50 per cento nella probabilità di poter di nuovo accedere a prestiti internazionali negli anni successivi alla ristrutturazione.
Dunque, è plausibile ritenere che l’haircut si collocherà a un livello intermedio tra l’attuale 21 per cento implicito nelle proposte oggi in discussione e il 50 per cento richiesto da alcuni osservatori.

(1) Escludendo i default dei paesi africani e di quelli poveri, gli Highly Indebted Poor Countries, la media del taglio di capelli avvenuto nelle ristrutturazioni è stato di circa il 30 per cento.

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BESTIARIO DI FINE STAGIONE

  1. Piero

    A mio avviso abbiamo 4 opzioni per uscire dall’attuale crisi, che è partita dalla finanza, ha attaccato il debito pubblico, le banche, ora se non verranno presi provvedimenti si propagherà all’economia reale, con conseguenze sull’occupazione e quindi instabilità sociale. A mio avviso le quattro opzioni sono:
    – misure interne rigorose da attuare nei prossimi anni che porterà inevitabilmente la deflazione, minori consumi interni a favore dei consumi Esteri, quindi aumento delle esportazioni, in poche parole gli italiani devono tirare la cinghia perchè hanno consumato troppo prima (questo è quello che vuole la germania). Naturalmente questa opzione richiede una manovra annua di circa 150 mld di euro per i prossimi 10 anni;
    – default dei paesi indebitati e quindi anche dell’Italia nel caso in cui i mercati non acquistino più i nostri bond (la bce fino ad oggi ha acquistato oltre 100 mld di bond);
    – politica monetaria espansiva della bce, ossia procedere alla monetizzazione del debito pubblico per almeno il 50% del debito paesi euro in almeno 10 anni, vincoli sul pareggio del bilancio;
    – uscita dall’euro e valutare l’euro2 o il dollaro.
    Non vedo altre vie di uscita.

  2. Anonimo

    Forse un freno alla speculazione è dato dal fornire delle aspettative intelligenti (vedi quelle razionali…) alla creazione di spesa pubblica in derivazione dei deficit di bilancio di natura pubblica e privata. In altre parole occorre una azione “market-intensive” dei valori razionali delle equità delle ricchezze in termini distributivi, scongiurando l’applicazione di standard di mercato non raggiungibili sia in termini di profitto (vedi rendimenti di scala decrescenti) ma, anche in termini di interessi pubblici data la mancanza di beni pubblici di sostituzione.

  3. Giancarlo Perasso

    La portata ed il successo di una ristrutturazione del debito dipendono da come si giunge alla ristrutturazione e da quello che succede dopo nel paese dove il debito e’ stato ristrutturato: la ristrutturazione del debito russo nel 2000 e’ stata un successo, quella dell’Uruguay piu’ recentemente, e’ stata un successo anch’essa. L’importante e’ che la ristrutturazione sia concordata con i creditori, fornisca un significativo debt-relief (50% almeno?), sia accompaganta da new money e, soprattutto, che il paese in questione segua con coerenza, determinazione e credibilita’ politiche strutturali appropriate, altrimenti e’ tutto inutile…

  4. ANTONIO MOCCIA

    Crisi dovuta all’11 settembre, crisi del 2008: di quanto si sarebbe rivalutato il marco o meglio di quanto si sarebbero svalutate le monete deboli quali lira e dracma? L’italia sta pagando il conto perchè ha sostituito la lira con una moneta “pesante”. La BCE fa le sue politiche come se circolasse il DEUTSCHE MARK e gli stati membri fossero copie della Germania. Sembra quasi il preludio di quello che è accaduto in Argentina con l’aggancio del peso al dollaro.

    • La redazione

      Certo, l’Euro è una moneta ad “una taglia sola” (one size fits all). Se non  riesci a starci dentro , rischi di uscire..

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