Alexis Tsipras è il nuovo primo ministro della Grecia. D’altra parte, in Europa e non solo, in molti speravano nel suo successo. Un accordo sul debito greco sarebbe ragionevole. Ma gli ostacoli politici non mancano, perché significherebbe rimettere in discussione i capisaldi del fiscal compact.
CHI HA “VOTATO” PER SYRIZA. E CHI NO
Certo, grazie all’euro, il mondo è diventato un posto ben singolare. Un partito di sinistra estrema prende il potere in Grecia, e di fatto la sua vittoria viene salutata positivamente da vari ambienti finanziari e accademici “main stream”, oltre che da governi e partiti politici europei che più lontani di così sul piano ideologico da Alexis Tsipras non potrebbero essere. Perfino il Financial Times – un giornale non esattamente noto per le sue posizioni filo-marxiste – ha di fatto caldeggiato la vittoria di Syriza, così come un serissimo economista dell’università di Oxford, per non dire di Thomas Piketty che ha affermato: “Syriza vuole costruire un’Europa democratica, che è proprio quello di cui tutti abbiamo bisogno”.
Specularmente, alla faccia del riserbo e della correttezza istituzionale che dovrebbe caratterizzarne l’azione, il primo a esprimersi ufficialmente in merito ai risultati dell’elezioni greche non è stato un politico, ma il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, ovviamente solo per dire che le elezioni greche non cambiano nulla e che pacta sunt servanda da qualsiasi governo. Un altro elemento paradossale è che tutto ciò c’entra relativamente poco con la Grecia e anche con la questione della fondatezza o meno della richiesta di Syriza di ristrutturare il debito. Su questo punto, e sul come eventualmente realizzarlo sotto il profilo tecnico, le opinioni divergono ancora.
La spiegazione è un’altra. La verità è che a parte un gruppo di inossidabili (ma assai influenti in patria) economisti ordo-liberali tedeschi, la stragrande maggioranza degli accademici e degli ambienti economici internazionali, compresi i principali governi dei paesi occidentali non appartenenti all’euro, si sono oramai convinti che così com’è l’Unione monetaria europea non va da nessuna parte, salvo che verso l’abisso. La filosofia dell’austerity si è tradotta in politiche fiscali pro-cicliche (cioè eccessivamente restrittive) in un momento in cui ci sarebbe bisogno di tutt’altro, come non si stanca di ripetere Mario Draghi. È un’Unione monetaria sempre sull’orlo della deflazione e della recessione, che in due anni (2013-2014) ha buttato via circa il 10 per cento del suo Pil aggregato e lasciato a casa molti milioni di lavoratori in più di quanti “necessari” a mantenere il tasso di inflazione al 2 per cento (oggi siamo allo 0,3 per cento). Oltretutto, un’Unione monetaria sempre a rischio di dissolversi al suo interno, con impatti devastanti sul resto del mondo, non conviene a nessuno. La piccola Grecia, con tutti i suoi problemi e anche le sue responsabilità, è diventata dunque il simbolo di una modifica possibile nella conduzione della politica economica europea.
LE DIFFICOLTÀ DI UN COMPROMESSO POSSIBILE
Ma proprio questo è il problema. Ci sono ovvie ragioni economiche e di buon senso per trovare un accordo tra le richieste del nuovo governo greco, la Troika – cioè la Commissione europea, la Bce e il Fondo monetario – e il resto dei paesi europei. Del resto, da quello che si capisce dal programma di Syriza, le sue proposte non sono poi molto dissimili da quelle che erano già state considerate da funzionari dell’area euro nel 2012 e che sono più volte riemerse nella discussione successiva, cioè la cancellazione di parte del debito e un allungamento delle scadenze per il residuo (una sorta di piano Brady). Non sappiamo quanto sia chiaro a qualche plaudente o preoccupato politico di casa nostra, ma Tsipras non pretende (o almeno non pretende più e non pretende ora) un default totale della Grecia sul debito con soggetti esteri, quindi tutto a carico degli altri paesi europei. Default che sarebbe invece l’ovvia conseguenza di una eventuale (ma non desiderata da Syriza) uscita o “espulsione” della Grecia dall’euro (ammesso e non concesso che una espulsione sia possibile).
Di fatto, nessuno capisce davvero come la Grecia, anche con interessi artificialmente bassi e scadenze allungate, potrà mai restituire un debito che viaggia attorno al 180 per cento del Pil.
Ma il punto è che tutti sanno che non si sta discutendo affatto della Grecia, e che un allentamento dei programmi di risanamento per questo paese si porterebbe inevitabilmente dietro una revisione delle politiche per tutta l’area, rimettendo in discussione i capisaldi del fiscal compact europeo e di conseguenza rilanciando l’idea di una politica espansiva, coordinata a livello europeo, che vada oltre il fumoso piano Juncker e i piccoli passi in merito alla flessibilità introdotti dalla Commissione europea.
Sul piano politico, questa revisione toglierebbe il fiato ai vari movimenti anti-euro nei paesi del Sud d’Europa, ma ne amplificherebbe i toni nel Nord e soprattutto in Germania, una cosa che non è chiaro se Angela Merkel può permettersi, dopo aver già dovuto ingoiare il Quantitative easing della Bce e dovendo fronteggiare i possibili veti della Corte costituzionale tedesca. Dunque, la partita è aperta e non è affatto detto che un compromesso, per quanto ragionevole sarebbe sperarlo, alla fine si trovi.
Resta il rammarico che tutto questa complessa battaglia politica ed economica avvenga sulle spalle di un paese che ha già pagato duramente per il sostegno dell’ortodossia economica europea.
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Giovanni
L’Unione Monetaria non va da nessuna parte così com’è, ma nella direzione in cui la vorrebbe portare Tsipras andrebbe molto peggio. Un conto è dire “ci vorrebbe un coordinamento fiscale”, magari con l’introduzione di un meccanismo di solidarietà ben congegnato (ad esempio sussidi di disoccupazione condizionata europea).
Tutt’altro è prevedere quello che vorrebbe la Grecia ora, cioè spendere i soldi degli altri.
In questo modo si ottiene semplicemente quello di cui ci lamentiamo tutti in Italia. Interi territori dove non esiste altra attività possibile se non il pubblico impiego. Vogliamo ripetere gli stessi errori?
Fanno benissimo a non cedere i tedeschi su questo! E faranno benissimo ad uscire dall’euro se mai dovesse accadere.
rosario nicoletti
Fermo restando che si può (a ragione) dir male dell’Euro e di questa Europa, non capisco coloro che si aspettano la soluzione dei problemi da “politiche espansive” dell’Unione. Tutto quello che si può fare, è sul piano monetario, tipo: svalutare, favorire il credito etc. Ma se l’Italia non allarga la base produttiva, aumentando il numero degli occupati e la redditività delle imprese diminuendo le tasse ed evitando di buttare soldi in pozzi senza fondo, non c’è politica espansiva che ci tirerà fuori dai guai.
bob
…un paio di giorni fà sono stato a mangiare una pizza in un piccolo ( 3-400 abitanti) della Lessinia VR pulita efficiente piena di gente: N° dipendenti 10 ( tra cui 3 extracomunitari) . Questa che può sembrare una metafora è molto più esaustiva di tanti mega piani finanziari e di parolone che non capisce nessuno e tantomeno coloro che le dicono. Provate a verificare la follia burocratica per aprire una pizzeria ( follia pura)? Provate a pensare a quanti controlli questa attività è sottoposta. Per una attività che fa economia vera e paga stipendi con i soldi della cassa, frutto di una adeguata gestione…l’ economia deve ripartire da qui per arrivare anche ai giochi di Borsa e di Finanza, ma ora abbiamo solo proclami e tanta carta straccia stampata a mò di denaro. Inoltre l’economia di questo Paese riprenderà a funzionare quando nei tre comparti dell’ediliza. della ristorazione e dell’agricoltura si rivedranno anche volti italiani . Un Paese di mezzo che non si sa più cosa faccia
Mauro
Francamente, sentire parlare di Syriza come “sinistra estrema”, un po’ fa sorridere e un po’ fa arrabbiare. Soprattutto nel paese che ha conosciuto Lotta Continua, Potere Operaio, il Partitco Comunista Combattente ( le BR insomma) e nel quale esiste tuttora il Partito Marxista Leninista Italiano (avrà un migliaio di aderenti in tutta Italia ma ce li ha). E se si cominciasse a parlare di sinistra e basta? (quella cosa che in Italia é scomparsa)
Matteo
Per me è imbarazzante il silenzio di Italia, Francia e Spagna sulla necessità di muovere – rapidamente aggiungo io – verso una maggiore integrazione politica (e di conseguenza economica e fiscale) dei paesi dell’Unione. Ora si tamponerà in qualche modo la situazione Greca, poi che accadrà? Chi sarà il prossimo paese a rischiare l’azzardo morale di minacciare uscite per ottenere contropartite in cambio? E ancora, ottenere correzioni dei conti dello 0,25% piuttosto che dello 0,5% o dello 0,7% è una vittoria “Europea”, un passo verso l’integrazione? Di certo non mi aspetto che la prima mossa in tal senso venga dalla Germania, ma mi piacerebbe che gli altri 3 grandi Paesi, pronti a sostenere l’Europeismo ad ogni piè sospinto, iniziassero a far sentire concretamente la propria voce
alberto chilosi
“un paese che ha già pagato duramente per il sostegno dell’ortodossia economica europea”
Ha piuttosto subito i costi della irresponsabilità e corruzione dei propri governanti solo mitigati dai prestiti ingenti ricevuti che si preferisce, ovviamente, non ripagare. Non credo comunque che altri prestiti possano arrivare per validate le promesse fantastiche fatte da Tsipras e ai propri elettori.
Massimo Matteoli
Dobbiamo ritenerci fortunati che in Grecia abbia vintoTsipras perchè questo consente all’Europa di affrontare il problema generale della sua linea politica ed economica in maniera realistica “possibile”. Tutto sarebbe stao molto più difficile se il confronto e la possibile crisi fosse avvenuta per un grande paese come (fatti tutti i debiti scongiuri) l’Italia o la Spagna. Voglio infatti sperare che a Berlino i rigidi sacerdoti dell’austerità a prescindere, , dopo aver così efficacemente contribuito alla vittoria di Tsipras, non vogliano fare il bis a favore della Le Pen…
Giovanni Teofilatto
I margini di guadagno dei profitti da debito sono un delta del cammino integrale di azioni di riduzione del debito in condizioni di scala crescente di diminuzione della pressione fiscale a favore della custodia del capitale pubblico oltre che privato. In altre parole le politiche stataliste anche private sono inefficienti nell’allocazione ottimale della ricchezza privata: la moneta.
Piero
Bene la vittoria di Syriza, ora Renzi deve fare squadra con la Grecia, i partiti antieuro la/stile tedesco, rappresentano oggi la maggiore parte della popolazione dei paesi meridionali, dobbiamo cavalcare tale onda per portare a casa ciò che fino ad oggi era impensabile:
1) integrazione fiscale, già si potrebbe utilizzare i fondi del fondo salva stati.
2) piano investimenti europeo finanziato con gli eurobond.
Sono due obbiettivi perseguibili, ma non dobbiamo cadere sulla trappola del deficit spending, la politica del rigore deve restare, le tasse si riducono con la riduzione delle spese.
DDPP
Scusate, ma non capisco un particolare di questi ragionamenti.
Se la Grecia autonomamente, o se alla Grecia si consente di non pagare il debito immagino che razionalmente non ci sarà più nessuno disposto a concedere nuovi denari in prestito.
Questo significherebbe che la Grecia, già oggi, ha una economia sufficientemente autarchica per procedere in solitaria. È questo immaginabile?
O, invece, dopo averle azzerato di fatto il debito (anche procedendo ad un allungamento sino all’anno 2999) i Nomenklaturisti europei decideranno che si ricomincia a finanziarla ben sapendo che anche gli ulteriori prestiti non saranno restituiti. È anche questo immaginabile?
Maurizio Cocucci
Mi si permetta di fare alcune considerazioni. La Grecia è entrata nell’euro di propria volontà nel 2001, nessuno l’ha trascinata. Ha voluto aderire a tal punto da fare carte false nel vero senso della parola visto che ha falsificato per anni i conti pubblici prendendo così in giro i partner europei e gli investitori che finanziavano i suoi considerevoli deficit. Una volta entrata ha ridotto la pressione fiscale mentre ha mantenuto alta la spesa. La Grecia ha il tasso di evasione fiscale più alto in rapporto alla popolazione in Europa. Quando venne a galla l’enorme buco nei conti pubblici, in occasione del cambio al governo, gli investitori hanno cominciato a nutrire dubbi sulla capacità di quel Paese di rimborsare i prestiti e una volta che anche le società di rating hanno declassato l’affidabilità sono iniziati i problemi, ergo il governo greco non riusciva più a trovare le risorse finanziarie per pagare la differenza tra entrate e uscite. Si sono rivolti così alle istituzioni internazionali e ai partner europei, i quali saranno anche intervenuti in ritardo ma in ogni caso lo hanno fatto prestando soldi per un controvalore superiore al PIL annuale. La Troika è intervenuta perchè è la Grecia che li ha chiamati, essendo la Troika l’insieme di quelle istituzioni a cui i greci si sono rivolti. La Troika non è omologa di Equitalia, viene se li chiami. Ora loro hanno prestiti da rimborsare a tassi inferiori a quelli che paga la Germania e chiedono pure un secondo taglio?
Massimo Gandini
Sono perfettamente daccordo con lei, quanto scrive è ineccepibile. Le lodi sperticate degli italiani a Tsipras mi risultano incomprensibili, tra l’altro dovremmo anche rinunciare a 43 miliardi di euri che ci farebbero comodo. Il giubilo per tsipras e il rancore per la Germania mi sembrano puro masochismo italico, una situazione incomprensibile
Piero
I 43 miliardi non sono stati dall’Italia alla Grecia, essi sono la parte imputabile all’Italia dell’intervento del fondo Esm, della Bce e del F.M.; queste istituzioni sono intervenute per salvare la Grecia nel piano di ristrutturazione, vi ricordo che all’epoca, ossia prima dell’intervento l’Italia non era estista con la Grecia, un eventuale default del paese quindi non avrebbe avuto ripercussioni in Italia. Il paese più esposto era la Germania, che furbescamente ha fatto intervenire le istituzioni prima citate al fine di spalmare il suo rischio con gli altri paesi. Da qui deriva l’esposizione indiretta dell’Italia con la Grecia, ringraziamo i tedeschi, abbiamo tolto le castagne dal fuoco alla Merkel.
Maurizio Cocucci
Diciamo che i fondi salvastati sono stati creati per aiutare tutti e finora è per: Irlanda, Portogallo, Grecia, Cipro e Spagna. Ed è mancato poco che fossimo coinvolti anche noi. E’ andata bene ma ricordiamo anche fummo tra coloro che appoggiarono caldamente la via dei fondi salvastati e, episodio che non molti conoscono perché poco citato, l’allora Presidente del Consiglio Mario Monti propose di aumentare il capitale sottoscritto del fondo ESM a mille miliardi di euro (dai previsti 700), proposta respinta proprio (e anche) dalla cancelliera Merkel perché ritenne di non poter esporre il proprio Paese a impegni superiori a quelli già previsti. Se fosse fallito il sistema bancario greco, spagnolo o di altro Paese si sarebbe verificata una reazione con effetto domino che avrebbe coinvolto tutti, non solo i primi creditori. Dai dati che a memoria cito essere quelli della Banca dei Regolamenti Internazionali l’esposizione della Germania fu per 25 miliardi di euro, seguì la Francia per 20 miliardi. Ebbene se questi dati, che appunto ricordo a memoria, fossero corretti non credo che per la Germania sarebbe stato un colpo mortale la perdita di un tale ammontare dopo essere intervenuta con circa 240 miliardi per le proprie banche per sopperire a quelle perdite derivanti dalla crisi finanziaria giunta dagli Stati Uniti. Forse chi ci avrebbe rimesso maggiormente sarebbe stato il sistema bancario greco e con esso il Paese intero, non crede?
Piero
La Germania aveva 60 miliardi di titoli greci, ha trasferito il suo rischio in tutta Europa, per la Merkel la solidarietà ha un solo verso, si applica solo quando è a favore della Germania.
Quando deve dare si applicano i compitini a casa propria.
Il Dott. Guarino nel 2014 nel suo saggio riporta quanto segue:
14. Il regolamento 1466/97 e quelli successivi hanno posto fine al regime democratico, di cui gli Stati europei rappresentavano la principale espressione al mondo, allo stesso vincolati da norme costituzionali interne, condizione necessaria nello stesso tempo per essere ammessi all’Unione e alla zona euro. Questo risultato è da considerarsi tanto più sorprendente in quanto è stato ottenuto senza violenza, in modo silenzioso e senza che nessuno se ne accorgesse. L’abilità con la quale si è operato è stata tale che ancora oggi le collettività che sono state private della democraticità adottano condotte che in un regime democratico avrebbero in qualche modo influito sui governanti, ma producono solo danni spesso ingenti prima che ci si accorga che tutto è inutile perché ci si rivolge contro un governo che, a voler intendere l’espressione nel senso pieno e reale, da tempo non esiste. Il regime democratico poggia su due presupposti: che esista un vertice che disponga di “poteri” dei quali si avvalga per perseguire una propria politica economica che nelle determinate condizioni storiche abbracci tutti i settori rilevanti della comune convivenza e che i cittadini dispongano di una ampia tutela della libertà personale e di un adeguato livello di diritti sociali e del potere di influire con il voto personale, periodico ed eguale, a mezzo dei partiti politici ed avvalendosi del diritto di libertà e della pressione sociale, sugli indirizzi politici che il governo adotterà ed ai quali i cittadini dovranno assoggettarsi. Se il governo è privato dei poteri essenziali per decidere una propria politica economica, il regime democratico è automaticamente cancellato per il venir meno del suo presupposto.
La soppressione del regime democratico si qualifica tecnicamente come “instaurazione di fatto di un nuovo regime”, fattispecie ben più grave di quella che si qualifica “colpo di Stato”. Privare una collettività complessa del regime democratico, è operazione pericolosa e difficile. Il regolamento 1466/97 vi è pervenuto in modo semplice ed imprevedibile.
Cesare
Alcune osservazioni personali:
– è vero che il mondo comincia a capire che l’austerity è l’opposto di quello che servirebbe alla crisi UE. D’altronde l’emergenza umanitaria greca è frutto di questa politica economica. Ma i tedeschi non cederanno mai e poi mai, per carattere, convinzioni e convenienze. Non hanno ceduto a Draghi votando contro il QE, e non lo faranno con la Grecia. Piuttosto, credo, scioglieranno l’UE o ne usciranno loro stessi.
– la Grecia è stata spolpata nei secoli come negli ultimi decenni dai propri governanti corrotti e dai “partner” internazionali. Così come metà dell’Acropoli si può “vedere” al British Museum, i lucrosi appalti di Atene 2004 hanno ingrassato le multinazionali coinvolte, lasciando il conto da pagare.
– Il contenuto dei memoranda è talmente sconcertante e vessatorio, da costituire sostanzialmente una svendita del paese Grecia per generazioni intere.
– mi sembra che Tsipras stia partendo con la schiena molto dritta, mettendo tutto in discussione, dalla legittimità degli interlocutori, al contenuto dei memoranda. Lavorerà sull’enorme evasione fiscale e ha un programma preciso e dettagliato. Forse i politici di Bruxelles hanno semplicemente molta paura della capacità di Tsipras di smascherare certe ipocrisie europee (vedi Lussemburgo – Junker) su cui si tace per convenienza mittleuropea.
– Mi auguro che si arrivi al punto di riaprire la discussione sul significato di “unione” in Europa, non contro, ma oltre il sistema monetario.
cordialmente
bob
“Piuttosto, credo, scioglieranno l’UE o ne usciranno loro stessi.” La Germania senza l’ Europa alle spalle non va da nessuna parte e un mercato ottimo di 400 milioni di persone non si trascura con leggerezza . Su molti punti i tedeschi hanno ragione. Mi chiedo come la Grecia con la prima flotta mercantile al mondo possa stare in quelle condizioni
Piero
L’uscita della Germania dall’euro e’ la salvezza dell’Europa, potrà continuare quindi il suo cammino di unione con i noti principi e non con le armi, cone voleva la Germania.
L’impero tedesco e’ stato sconfitto dalla guerre, oggi dobbiamo avere l’Europa unita o gli Stati Uniti di Europa. I tedeschi come mentalità non saranno mai capaci di accettare di fare parte di una comunità dove loro non comandano, meglio quindi che stanno da soli, i restanti paesi europei dalla Germania non devono imparare nulla.
bob
“dobbiamo avere l’Europa unita o gli Stati Uniti di Europa”?? Bella domanda ! Sarebbe bello se gli autori di questo articolo rispondessero per sapere le loro opinioni o avere altre opinioni
Giovanni Teofilatto
Le specializzazioni di prodotto in un mercato aperto sono in determinazione quantitativa dei prezzi sulle merci di transazione commerciale in misura decrescente alla crescita dei salari del Paese interno a vantaggio competitivo di crescente potere di acquisto dei salari del Paese esterno. In unione economica il Paese centrale svolge da mediatore di politica monetaria e, quindi, di aumento del debito pubblico denominato in valuta comune. In altre parole la valuta di commercio internazionale deve essere scambiata con misure proporzionale delle valute dei Paesi delle altre unioni monetarie tale che il credito commerciale è compensato da uno squilibrio strutturale della bilancia dei pagamenti (commercio beni e servizi e capitale) dei Paesi con maggiore stock di debito pubblico e, quindi un aumento variazionale di stabilità da parte della spesa pubblica globale.
Asterix
Alcune precisazioni per i noti difensori dell’Euro e dell’Unione che tanto bene ha fatto al nostro Paese. Se la Grecia ha falsificato i conti pubblici l’Italia ha ridotto il debito stipulando dubbie operazioni finanziarie di copertura con le note banche d’affari a condizioni capestro (come dimostra il fatto che i nostri ex ministri delle finanze finiscono lì la loro carriera dopo essersi levati la camicia pubblica) e tutto questo lo sapevano benissimo sia l’Europa, sia la Germania (a meno che qualcuno creda alla favola dei tecnici sprovveduti del Nord che non sapevano leggere i bilanci “truccati”). Li (e ci) hanno fatto entrare nell’euro perché servivamo allo scopo…Tsipras è il tentativo di far capire a Bruxelles la situazione economica reale in giro per l’Europa e sarebbe positivo per tutti appoggiarlo invece che litigare tra Italia e Francia su chi è più realista del Re. Divisi non contiamo nulla, uniti possiamo cambiare la politica UE (se non vogliamo far parte anche noi del 13% di disoccupati).
Maurizio Cocucci
L’adesione all’Unione Europea è volontaria e prevede anche l’adozione della moneta unica europea sempre che non si chieda l’opzione Opt-out, cioè il diritto di non adottarla. Nessuno ci ha fatti entrare perché l’Italia è tra i Paesi fondatori. La storia dell’Unione Europea (prima Comunità Europea) non è cosa di ieri ma inizia nel lontano 1957 (o 1951 se si considera quale decorrenza il trattato di Parigi). Mentre per la moneta unica la Storia inizia nel 1978 con l’ECU e lo SME che furono le basi per giungere a quello che oggi è l’euro. Semmai dopo la riunificazione tedesca questo processo è stato accelerato su pressioni francese e inglese (anche se poi all’ultimo momento la Gran Bretagna cambiò idea rinunciando ad adottare l’euro). Nel 1989 ci fu in molti Paesi, tra cui l’Italia, un referendum consultivo (il primo ed unico caso nella nostra storia) per chiedere agli italiani la loro opinione circa l’adesione alla Comunità Europea e la conseguente cessione parziale di sovranità. Andò a votare quasi l’81% degli aventi diritto (37,5 milioni di cittadini) e l’88% (poco più di 29 milioni) si espresse a favore.
Per quanto riguarda le sue osservazioni circa i tecnici che non si sarebbero accorti dei bilanci truccati basta aver fatto studi di ragioneria, non tanto per saper leggere un bilancio di uno Stato, ma per sapere che per verificare se sia corretto o meno occorre verificarne i dati e nel caso di una nazione non è semplice come mandare la Guardia di Finanza in una azienda.
Asterix
Caro Prof. Cocucci, conosco le sue posizioni di difesa dell’Unione Europea, ma io non stavo parlando dell’Ue, ma dell’Euro (che sono cose diverse anche se spesso confuse; un unione monetaria fra paesi con parametri economici diversi, senza fare prima una reale unione politica ed economica è stato un suicidio). Mi ricordo dalle lezioni universitarie avute dal Prof Pedone che l’Italia con Prodi non voleva entrate subito nell’euro ma che dopo aver ricevuto la notizia che la Spagna sarebbe entrata, anche su pressione dei nostri partner si decise ad entrate subito pur pagando costi el . Quindi tutta questa volontarietà non la ricordo. Credo che il parere dell’opinione pubblica italiana sull’euro sia cambiata radicalmente rispetto a quel referendum che era sull’Unione Europea. Come ex revisore contabile mi scusi ma ci sono elementi base di un bilancio da cui tutti capiscono di trovarsi davanti un prodotto “artefatto” (es, Tremonti ha fatto 3 finanziarie stanziando a copertura di spese certe, entrate incerte da recupero dell’evasione fiscale, senza di fatto mai coprire il buco). Il fatto che certe spese pubbliche (es. militari) sostenute dalla Grecia a favore di industrie di altri Paesi europei (es. Germania) sono state accettate da Bruxelles, benché fossero poco giustificabili (se le mie cognizioni geografiche mi assistono la Grecia non mi sembra sia collocata nel Medioriente o nel Nordafrica, la Russia è lontana quindi..
Maurizio Cocucci
La mia posizione ha poca importanza, come può leggere io ho replicato citando i fatti storici che includono sia la Comunità Europea che l’euro, tema questo a lei più caro. Ebbene la moneta unica è stato un progetto a cui l’Italia ha sempre voluto aderire già in prima battuta. Per l’adesione occorreva però rispettare i parametri decisi a Maastricht e visto che a noi mancava quello del rapporto debito/PIL si doveva decidere se applicare fedelmente le regole lasciandoci fuori inizialmente oppure consentire in deroga l’ingresso in cambio dell’impegno da parte nostra di rientrare nei termini previsti. All’epoca si parlò di una terza via, l’euro a due velocità, idea che fu scartata in particolare dal nostro governo (a mio avviso giustamente) perché poco praticabile e in parte umiliante in quanto ci avrebbe considerato un Paese di seconda categoria. Insistemmo quindi noi e i partner (tutti, non solo la Germania) accettarono. Del cancelliere Kohl si può solo dire che anziché mostrare la tipica intransigenza teutonica preferì mostrare accondiscendenza e dare il suo benestare, ma personalmente non la considero una colpa a cui affidarsi oggi. Quanto alle spese militari della Grecia lei ha trascurato una nazione tra quelle che ha citato: la Turchia. Se ripassa un po’ di cronache vedrà che c’era un clima di forte tensione tra i due Paesi. Poi se abbia acquistato poco o troppo, queste valutazioni le lascio a voi
Massimo Gandini
Come sempre ineccepibile. La Grecia è la nazione europea che spende di piu, in proporzione al suo reddito, per la difesa. La casta militare greca è sicuramente particolarmente vorace , ma è ovviamente la tensione permanente con Ankara che rende incomprimibili le spese militari, purtroppo è un conflitto atavico quello tra greci e turchi , una guerra fredda mediterranea che trova sempre nuovi spunti (impero ottomano e guerre balcaniche in epoche ormai remote, conflitto per cipro nel passato recente, tensioni per le risorse petrolifere dell’egeo ai nostri giorni). E’ inutile cercare colpevoli esteri per il disastro greco, se ci sono colpe esterne sono del tutto marginali, i principali responsabili dell’attuale situazione sono i greci, in Italia i corifei entusiasti di Tsipras sono tantissimi , ma come ogni populismo rimarranno solo illusioni e anche l’Italia deve incolpare solo se stessa per i propri debiti
Asterix
Rimango stupito quando leggo certi commenti. Non capisco se rispondono ad ignoranza di questione di geopolitica oppure un tentativo di disinformazione. Come si fa a giustificare le elevate spese militare che la Grecia aveva con la Germania (cioè lo stesso Paese che gli contesta oggi l’elevato debito pubblico) con il rischio di una guerra tra la Grecia e la Turchia. SONO ENTRAMBI APPARTENENTI ALLA NATO !!! Secondo voi gli USA avrebbero mai permesso una cosa del genere, ma siete pazzi ??? Il problema è che la spesa pubblica greca verso le imprese tedesche di armi va bene, mentre è negativa se andava a pagare lo stipendio a quei parassiti di dipendenti pubblici greci. Come se il reddito di quei dipendenti pubblici non alimentasse la domanda interna… Qui mancano proprio le basi di economia Keynesiana. Gli Usa sono usciti dalla crisi del 2008 con politiche keynesiane, espansione spesa pubblica per sostenere l’economia privata.
ASTERIX
Scusate la lezione di geopolitica ma qualcuno mi spiega come due paesi che fanno entrambi parte della NATO possano entrare in guerra?? Come potrebbero gli USA con i problemi del MO accettare una guerra simile nel Mediterraneo orientale? No il problema è che quando la spesa pubblica greca è indirizzata su spese militari verso certo Paesi (Germania) andava bene, mentre quando serviva a pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici greci sfaticati no. Come se i redditi erogati ai dipendenti non finissero in consumi privati per le imprese private greche o straniere. Gli effetti dell’austerity sulla domanda in europa ormai è visibile anche ai tedeschi, mentre gli USA che hanno adottato politiche completamente diverse sono fuori dalla crisi ormai da anni (noi lo siamo da 7 anni). Quanti altri suicidi devono avvenire perché vi rendiate conto che la ricetta è SBAGLIATA ??
Maurizio Cocucci
Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) le forniture militari alla Grecia nel decennio 2002-2011 sono pervenute per il 42% dagli USA, il 25,3% dalla Germania, 12,8% dalla Francia e poi da altri Paesi tra cui l’Italia per il 3,2%. Come vede il fatto di essere sotto ‘l’ombrello’ della NATO non impediva agli USA in primis di vendere armi alla Grecia. Per quanto riguarda le politiche keynesiane, che secondo alcuni avrebbero intrapreso gli Stati Uniti all’indomani della crisi del 2007, questa è in parte una valutazione imprecisa in quanto ci si riferisce alla spesa complessiva (indubbiamente aumentata nel 2008 ed in particolare nel 2009) ma se si guarda in dettaglio si può appurare che di intervento pubblico sulla domanda c’è poco. C’è sicuramente un incremento notevole delle spese militari ma personalmente non mi sentirei di proporre al nostro governo la stessa soluzione raddoppiando ad esempio il numero di F15 da acquistare o anche armamenti strettamente made in Italy. Negli Stati Uniti è aumentata in quel biennio la spesa federale (in gran parte oltre a quella per la difesa quella per pensioni e welfare) ma quella complessiva degli Stati e delle amministrazioni locali, quelle cioè che incidono più sulla domanda aggregata perché basata sugli investimenti, è rimasta pressoché costante. L’economia USA si è ripresa più per il fatto che il suo tessuto economico è altamente competitivo, si trattava solo di risolvere la questione finanziaria.
Massimo Gandini
L’avversario naturale della Grecia è sempre stata la Turchia, fin dai tempi dei basileus bizantini, la spregiudicata politica neo ottomana di Erdogan non ha fatto che rinfocolare le tensioni latenti. L’ultimo confronto militare diretto risale all’invasione di Cipro nell’estate del 1974 che portò alla caduta della giunta militare greca. I due paesi , al giorno d’oggi, attuano una sorta di guerra fredda e la Grecia , molto piu debole militarmente, cerca di reggere il confronto con la qualità degli armamenti. Non penso che sia cosa buona pagare i militari greci, ho solo detto che queste spese sono state ingenti e, per il punto di vista greco, giustificate.
Enrico
Non cambierà nulla, la Grecia farà la voce grossa per far soddisfazione agli elettori, mai nella distanza continuerà a rimborsare a trance i debiti, per il semplice fatto che ha bisogno di altri soldi(il suo saldo è fortemente negativo).
In fondo quanto potrebbe tenere i militari senza stipendio?