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La nuova geografia del Medio Oriente

Tensioni e guerre civili scuotono il Medio Oriente. E producono migrazioni da un paese all’altro, che causano enormi sofferenze. Ma i cambiamenti nella geografia della regione potrebbero dar vita a stati più omogenei, accrescendo la fiducia fra cittadini e accelerando lo sviluppo economico.
IL CALEIDOSCOPIO DI POPOLI E RELIGIONI
Il Medio Oriente è una delle regione più eterogenee in termini etnici, culturali, religiosi e linguistici. Un caleidoscopio che non ha paragoni in nessuna parte del mondo, forse con l’eccezione dei Balcani. Non di meno, le potenze coloniali europee, quando disegnarono i confini dei nuovi stati nazionali, ignorarono quasi del tutto la geografia delle popolazioni, tenendo invece conto dei fiumi, delle montagne e delle risorse naturali. I curdi sono l’esempio più evidente di questa storia: divisi in quattro diversi stati nazionali, sono stati perseguitati in ciascuno di essi per oltre mezzo secolo.
Non è quindi sorprendente che, finita la guerra fredda e abbattuti o messi in discussione i feroci dittatori che hanno governato la regione per oltre mezzo secolo, le tensioni, sempre latenti, siano deflagrate con una ferocia e una vastità inconcepibile. Tuttavia, le guerre nella regione non stanno ridisegnando solo nuovi confini e nuovi stati nazionali, ma stanno anche modificando la geografia etnico-culturale e religiosa del territorio. Con un costo umano elevatissimo, milioni di individui scappano infatti dalla guerra civile ed emigrano da territori molto eterogenei verso aree più omogenee e tranquille. Questi movimenti, pur con il carico di sofferenze che li accompagna, se non la premessa per la pace, sono almeno il presupposto per una convivenza meno violenta.
UNA SPERANZA PER IL FUTURO?
Emblematici sono i casi della Siria e dell’Iraq, dove entrambi gli stati nazionali si stanno disgregando in tre entità distinte: una araba sciita, una araba sunnita e una curda.
La parte della Siria ancora governata da Bashar al-Assad diventa così sempre più sciita. Stime recenti indicano che metà dei 22 milioni di abitanti che componevano la vecchia Siria sono fuggiti. Di questi, 3 milioni di sunniti sono destinati a non ritornare, anche perché Assad, dopo aver allentato i controlli alla frontiera con la Giordania, ha tolto loro la cittadinanza. Contemporaneamente, il regime ha accolto mezzo milione di sciiti provenienti dall’Iraq.
La guerra in Siria ha anche permesso di creare uno stato sunnita, l’Isis, che include vasti territori compresi tra la vecchia Siria e il vecchio Iraq e che ha attratto milioni di seguaci di Muawysa, cioè sunniti. Ci vorranno anni perché l’area attorno a Bagdad diventi interamente sciita, ma il processo è oramai avviato.
Anche la Giordania e il Libano hanno conosciuto un drastico cambiamento della struttura culturale-religiosa della loro popolazione.
Il Libano si sta allontanando dall’influenza iraniana sia perché nel paese sono arrivati milioni di sunniti provenienti dalla Siria, che di fatto hanno raddoppiato il loro peso passando dal 10 al 20 per cento della popolazione del paese dei cedri, sia perché moltissimi Hezbollah sono andati a combattere accanto alle truppe di Assad e quindi hanno diminuito la loro influenza nello scacchiere libanese.
La Giordania, per parte sua, è oggi un paese sempre meno palestinese, elemento ritenuto destabilizzante dalla monarchia hascemita del Giordano, giacché milioni di rifugiati sunniti sono arrivati prima dall’Iraq e poi dalla Siria. Infine, non possiamo dimenticare che i curdi vedono ora, anche grazie al loro eroismo, più vicina la nascita di uno stato nazionale.
Non meno colpita da questi movimenti è stata la Turchia, dove sono arrivati quasi un milione e mezzo di profughi. E il paese governato da Recep Erdogan ha cercato di influenzare lo scacchiere così come hanno fatto l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar da una parte e l’Iran dall’altra.
Al di là delle enormi sofferenze, che certo non possiamo dimenticare, le migrazioni hanno indubbiamente cambiato la geografia della regione e forse non in peggio. Avere stati più omogenei in termini culturali religiosi ed etnici potrebbe nel prossimo decennio ridurre la frequenza delle guerre civili, accrescere la fiducia fra cittadini dei diversi paesi e accelerare lo sviluppo economico.
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  1. Cioè, l’Isis come motore di sviluppo?… non ci avevo pensato. Però, battute a parte, ogni uomo è omogeneo ad un altro, qualunque esso sia. Quindi, la teoria di Hamaui, antropologicamente, non regge.

  2. Giorgio Rivero

    “Avere stati più omogenei in termini culturali religiosi ed etnici potrebbe nel prossimo decennio ridurre la frequenza delle guerre civili, accrescere la fiducia fra cittadini dei diversi paesi e accelerare lo sviluppo economico”. Ovvero la pulizia etnica alla fine favorisce aumenta lo sviluppo economico?

  3. Oscar Mina

    Credo abbiate frainteso il punto dell’autore.
    Porto all’attenzione un fatto importante. Cito da sopra: “le potenze coloniali europee, quando disegnarono i confini dei nuovi stati nazionali, ignorarono quasi del tutto la geografia delle popolazioni”. Come sono scoppiate la maggior parte delle guerre in Africa o Medio Oriente? Quando disegni confini col righello, sembra strano ma può succedere. Pertanto, la pulizia etnica a cui fa riferimento Giorgio è in realtà uno sfogo che purtroppo trova le sue radici nella tragica esperienza del colonialismo europeo (tragica ovviamente non per Francia o Inghiterra). Quindi, nelle parole dell’autore, non vi è alcun legame diretto tra pulizia etnica e sviluppo economico.
    Tornando alla questione di base, è un dato di fatto che ogni guerra cambia gli scenari geopolitici e, di conseguenza, economici. L’articolo, scritto da una persona che per fortuna conosce la storia, si limita a descrivere oggettivamente cosa accade in situazioni del genere. Non vedo nulla di assurdo in questo e sarebbe ipocrita negare quanto segue. I moderni stati nazionali sono forse nati da un fiore? Oppure da guerre? Se ricordo bene anche gli Stati Uniti d’America sono nati da guerre, in aggiunta allo sterminio della popolazione autoctona. E’ innegabile che lo sviluppo è spesso associato a guerre: non si passa dal V secolo all’età moderna senza medioevo.
    Le previsioni del professore sono ben fondate e la necessità di ridisegnare i confini lo dimostrerà. Rileggete bene.

    • giancarlo

      Concordo con Mina. Anzi ..la linea interpretativa di Hamaui è efficace proprio sotto il profilo antropologico.

    • Giorgio Rivero

      Forse che India e Pakistan dopo la migrazione delle rispettive minoranze hindu e musulmane sono forse diventate un’area di stabilita’ e sviluppo economico? Lo e’ adesso l’India, ma a 50 anni dalla partition.. L’analoga migrazione delle rispettive minoranze avvenuta alla fine delle 1a guerra mondale tra Grecia e Turchia, ha forse impedito che scoppiasse la guerra a Cipro? Armenia e Azerbaigian sono stati assai omogenei al loro interno, eppure sono sempre sull’orlo di una guerra..Gli adesso omogenei stati di Serbia e Croazia hanno incamminato in questi 20 anni un percorso di sviluppo civico e economico?
      L’articolo termina con una dichiarazione che non è basata né su esempi passati né su argomenti incontrovertibili e dunque non “descrive oggettivamente cosa accade in situazioni del genere”.

  4. giacguido

    Credo che Hamaui intendesse un’omogeneità nell’eterogeneità, quindi ogni paese del medio Oriente sarà caratterizzato dalla stessa varietà di popolazioni in diverse percentuali.
    Tuttavia va considerato che quest’omogeneità può sì migliorare i rapporti tra i vari Paesi, ma dall’altra parte aumenta notevolmente il rischio di rivolte interne. Perché inequivocabilmente aumenta anche il potere in mano alle minoranze, che chiederanno di sedere al tavolo con gli “autoctoni”

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