Quanto incide il sindacato su investimenti e produttività del lavoro? Quando è forte, modifica gli incentivi delle imprese all’investimento e sembrerebbe ridurre l’accumulazione di capitale fisico. Ma ci sono differenze importanti a seconda del sistema di relazioni industriali.
GLI EFFETTI ATTESI DEL SINDACATO
Negli ultimi anni si è molto dibattuto di Fiat e in particolare della sua richiesta di condizionare gli investimenti in alcuni stabilimenti all’impegno sindacale a non realizzare scioperi che rendano di fatto inesigibili le clausole contrattuali e, in generale, a garantire la governabilità degli impianti. Più di recente, poi, il governo ha ventilato l’ipotesi di varare una legge sulla rappresentanza sindacale.
L’obiettivo principale delle organizzazioni sindacali è quello di tutelare il benessere dei lavoratori, aumentando i salari e favorendo la stabilità dell’occupazione. Tuttavia, l’obiettivo può essere raggiunto solamente in contesti di elevata propensione all’investimento e di crescita sostenuta della produttività del lavoro. Risulta quindi decisivo capire come sindacati e imprese interagiscano nell’ambito del contesto istituzionale e del sistema di relazioni industriali di cui fanno parte.
La presenza del sindacato, sia a livello aziendale che nazionale o settoriale, può favorire o meno l’investimento in capitale fisico o immateriale (come ad esempio le spese in ricerca e sviluppo) e la produttività del lavoro. L’effetto di prim’ordine del sindacato è infatti quello di aumentare i salari dei lavoratori, con effetti ambigui sull’occupazione. Maggiori salari possono avere diversi impatti positivi sulla produttività. Da una parte, possono ridurre il turnover dei lavoratori favorendo quindi l’investimento in capitale umano specifico d’impresa o incentivare le aziende a migliorare le tecnologie di produzione e l’organizzazione del lavoro, anche attraverso un miglior utilizzo dei meccanismi di trasmissione delle informazioni. Dall’altra, possono stimolare l’innovazione e il livello di spesa in R&S, con effetti positivi sulla crescita della produttività.
Tuttavia, i sindacati potrebbero sfruttare in maniera opportunistica il loro potere di contrattazione nel momento in cui imprese e lavoratori ripartiscono le rendite derivanti dall’investimento e dalla produzione. Se infatti lavoratori e imprese non possono vincolarsi reciprocamente sui livelli salariali e di investimento futuri, e se l’investimento in capitale fisico è irreversibile (cioè non ha altri utilizzi al di fuori del contesto specifico nel quale è stato realizzato), gli incentivi delle imprese all’investimento possono essere ridotti a causa di una minaccia di maggiori richieste salariali successive alla realizzazione degli investimenti. Dal punto di vista empirico, tuttavia, la relazione tra presenza sindacale e investimenti e produttività non è univoca, con effetti positivi e negativi a seconda dei paesi e dei settori considerati.
IRREVERSIBILITÀ DEGLI INVESTIMENTI E PRODUTTIVITÀ
In un nostro lavoro recente analizziamo gli effetti di una maggiore forza sindacale sugli incentivi delle imprese all’investimento e sulla produttività nei diversi settori dell’economia in un gruppo di paesi Ocse. Per fare questo, abbiamo ordinato circa trenta settori manifatturieri sulla base del livello medio di irreversibilità dell’investimento in capitale fisico. Assumendo che le imprese nei settori con maggiore irreversibilità degli investimenti siano più soggette a più forti rivendicazioni salariali in fasi successive alla realizzazione dell’investimento, ci si potrebbe aspettare che una più ampia forza sindacale, attraverso la minaccia di più litigiosità futura, abbia un effetto negativo relativamente maggiore sugli investimenti precisamente in quei settori.
Utilizzando i dati sui livelli dell’investimento per lavoratore e sulla produttività oraria del lavoro per un gruppo di paesi Ocse nel periodo 1980-2005, abbiamo valutato l’effetto della forza sindacale (approssimata dal grado di copertura della contrattazione collettiva sugli occupati) nei diversi paesi su investimenti e produttività in settori caratterizzati da grado diverso di incidenza nell’irreversibilità dell’investimento. Il grado di irreversibilità è stato misurato con la diversa percentuale di spesa in conto capitale destinata all’acquisto di macchinari e attrezzature “di seconda mano” o, alternativamente, con il rapporto tra spesa in R&S e valore aggiunto. Le nostre stime indicano che il differenziale di investimento tra un settore a relativamente elevata irreversibilità di capitale (per esempio, le attrezzature di trasporto) e un settore a relativamente bassa irreversibilità di capitale (per esempio, i prodotti in pelle) è minore di circa il 13 per cento in un paese caratterizzato da un sindacato particolarmente forte (Spagna) rispetto a un paese con sindacato relativamente debole (Regno Unito).
IL RUOLO DEL SISTEMA DI RELAZIONI INDUSTRIALI
Abbiamo inoltre provato a capire se le caratteristiche del contesto istituzionale e del sistema di relazioni industriali possano incidere o meno sull’ampiezza degli effetti trovati. I risultati suggeriscono che la riduzione degli investimenti è maggiore quando il grado di incompletezza contrattuale è elevato, come ad esempio nei contesti in cui gli scioperi non sono regolamentati anche dopo la firma del contratto collettivo o nei paesi nei quali non esistono obblighi relativi ad arbitrati o procedure di conciliazione tra le parti. D’altra parte, tali effetti sono sostanzialmente ridotti (o addirittura nulli) quando sindacati e imprese sono inseriti in processi di cooperazione attiva tra le parti sociali (cosiddetti patti sociali).
In conclusione, sebbene esistano importanti fattori di criticità nei rapporti tra sindacati e imprese dovuti a possibili comportamenti opportunistici, misure legislative che promuovano la cooperazione tra le parti potrebbero favorire investimenti e produttività: ad esempio, il ricorso più esteso a procedure obbligatorie di conciliazione, una efficace regolamentazione degli scioperi e una riforma della rappresentanza volta a contenere l’eccessiva frammentazione sindacale in alcuni settori dell’economia.
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Professore associato di Politica Economica prezzo il Dipartimento di Economia, Università di Genova. . È IZA Research fellow. Ha conseguito il PhD all’Université catholique de Louvain nel 2007. Si occupa di economia del lavoro. Ha pubblicato su riviste internazionali quali European Economic Review, Journal of Economics Behaviour and Organization, Labour Economics, Journal of Public Economic Theory.
Professore Ordinario di politica economica all’Università di Genova. Ha ottenuto un Master in Economics presso la University of Warwick e un PhD in Economics presso la University of Essex. È un economista empirico che si interessa prevalentemente di analisi di impatto delle politiche pubbliche, di economia industriale, di economia regionale e di politiche del lavoro. Tra il 2016 e il 2018 è stato Senior Researcher presso il JRC della Commissione Europea dove si è occupato di valutazione di politiche pubbliche. È fellow del network IZA.
Ha conseguito un PhD in Economics presso la University of Essex. Attualmente Professore associato di economia politica presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università di Cagliari e ricercatore Crenos. È attualmente research fellow del network IZA - Institute of Labor Economics (IZA). Si occupa di economia del lavoro, in particolare degli effetti del sindacato e della protezione dell’impiego sulla performance delle imprese.
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