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Quando il vincitore si prende tutto

Perché non esiste più la classe media? La tecnologia rivoluziona i modi di produrre. Ma i profitti vanno solo ai leader di mercato. La sfida è trovare meccanismi istituzionali per frenare l’aumento delle disuguaglianze senza scoraggiare l’innovazione.
cowenIl tempo dell’iper-meritocrazia
In passato – per intenderci, negli anni del boom economico del secondo dopoguerra – chi aveva un lavoro sicuro poteva dormire sonni tranquilli e condurre una vita serena godendosi un tenore di vita medio. Eventuali cambiamenti erano spesso volti al meglio, ma graduali e nel corso del tempo. In Italia, in Francia, in Germania e in America.
Questo stato di cose, dice Tyler Cowen, è finito. Oggi calcoliamo ancora indicatori come il reddito medio pro capite e il tasso medio di alfabetizzazione. Ma queste medie hanno perso significato. Ciò che conta nella società di Internet non è più la media, ma se uno o una si colloca sopra o sotto di essa.
Per chi sta sopra la media, la vita è oggi molto migliore di una volta. I ricchi non hanno mai pianto; oggi meno che mai. In America si sperimenta ciò che Cowen chiama iper-meritocrazia. È l’iper-meritocrazia che produce un Mark Zuckerberg capace di fondare Facebook. A soli trenta anni, con le sue semplici idee brillanti e la sua determinazione, Zuckerberg ha messo in piedi una macchina pubblicitaria che fattura 8 miliardi e produce profitti per 1,5 miliardi l’anno a partire dal semplice desiderio delle persone di rimanere in contatto tra di loro e di mantenere un’identità nell’era dei social network.
Zuckerberg non è un caso isolato. Google – fondata nel 1998 da due studenti di Stanford – è entrata stabilmente nella lista delle cinque società con la più elevata capitalizzazione a Wall Street. E il successo di Google e Facebook ha anche rivitalizzato il business di altre due aziende high-tech molto più stagionate come Apple e Microsoft che – capaci di cavalcare l’onda dei social network con nuovi prodotti flessibili e adatti ai nuovi utenti – sono anch’esse ritornate tra le prime cinque aziende più capitalizzate a Wall Street.
La fine della classe media
Poi ci sono quelli che stanno nella media o al di sotto. A loro le cose non vanno bene come in passato. In una ricerca della Banca Mondiale, Branko Milanovic ha calcolato che, tra il 1988 e il 2008, il reddito medio degli americani poveri è salito del 23 per cento, mentre quello degli americani ricchi è cresciuto (almeno) del 113 per cento. Fuori dagli ambiti di ricerca, movimenti come Occupy Wall Street, Syriza, Podemos e i Cinque Stelle – ma anche la destra populista – solitamente se la prendono con il l’1 per cento di privilegiati colpevole di avere creato o almeno di beneficiare di meccanismi sociali che portano una piccola minoranza a controllare e aggiudicarsi la gran parte dei profitti generati nell’economia e nella finanza. I frutti della rapida crescita economica di Internet sono entrati anche nelle tasche dei meno abbienti, ma al prezzo di un marcato aumento delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Come dire che, tutti gli altri, la rivoluzione della turbo-economia globalizzata l’hanno al massimo vista in televisione o sullo schermo di un tablet (o del loro vecchio Pc).
Perché non c’è più la classe media di una volta? Perché i pochi ricchi sono iper-ricchi e la lista dei nuovi poveri si è allungata fino a includere anche categorie che facevano parte della classe media? Una risposta la suggerisce Cowen già nella frase che appare sul frontespizio del libro. Quando al campione di scacchi Jan Donner viene rivolta la domanda su quale strategia userebbe per vincere una partita contro un computer, la sua succinta ma efficace risposta è: porterei un martello.
Dietro alle disuguaglianze generate dall’iper-meritocrazia c’è in definitiva la tecnologia che rivoluziona i modi di produrre, con l’aiuto di un capitale finanziario e multinazionale che mette il turbo ai cambiamenti tecnologici. I nuovi beni e servizi generati dalle nuove tecnologie producono vantaggi di maggiore produttività e di migliore qualità della vita. Ma i profitti finiscono nelle tasche dei leader di mercato a discapito dei concorrenti, in un gioco in cui il primo che arriva si prende tutto il mercato. Scuole, università e mercati del lavoro del nord del mondo non riescono a produrre il capitale umano richiesto da questa rivoluzione. E così i pochi che dispongono delle capacità per adattarsi ai cambiamenti (conoscenza dell’inglese, competenze tecnologiche, flessibilità) si arricchiscono. Mentre alla vecchia classe media che rimane indietro non rimane che l’opzione Donner, cioè prendere a martellate le macchine. Il che ha poi un significativo precedente storico nelle proteste del luddismo di fronte alla sostituzione capitale-lavoro indotta dall’avvento delle macchine della prima industrializzazione.
Un grave problema. Per chi non è disponibile a seguire l’opzione Donner di brandire il martello per distruggere le macchine, rimane la sfida di trovare meccanismi istituzionali per frenare l’aumento delle disuguaglianze senza scoraggiare l’innovazione e la tecnologia. È una sfida che è urgente vincere. Sarebbe paradossale che, dopo aver seppellito le idee di Karl Marx sotto ai ruderi del Muro di Berlino, la crescita del mondo globale si infrangesse contro il ritorno in auge del pre-marxista Ned Ludd.
Per saperne di più
Tyler Cowen, La media non conta più, Egea, 2015
Di questi (e tanti altri) temi si parla da oggi al Festival dell’Economia di Trento.

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14 commenti

  1. bob

    opzione Donner”. Quesa teoria non dice nulla di nuovo nell’800 si bruciavano i telai perchè riducevano la manodopera. Io di teoria ho quella di Alfred Nobel l’inventore della dinamite in cui ci fu chi costruiva mine da miniera per alleviare fatica e pericolo e chi ci fece bombe per portare distruzione e morte. Quindi la differenza la fa solo la scelta dell’uomo e di come vuole utilizzare le tecnologie, per assurdo si potrebbe dire , per rimanere a Donner, che il martello sarebbe da darlo in testa agli umani più che al computer.Ce ne sono cose da fare in questo mondo e la tecnologia darebbe una grossa mano all’ economia, ma si preferisce stipare 100 disperati su un barcone e creare economia , la differenza è solo qui

  2. davide445

    Ho fatto parte di ambedue le classi, sono sicuramente uno dei teorici “privilegiati” che conosce l’inglese, le tecnologie, di lavoro coltiva innovazione ed ha una formazione decisamente elevata.
    La tecnologia non ci salva, sono le nostre scelte a creare una società iniqua. Dovremmo tornare a mettere l’uomo e non I numeri al centro delle nostre scelte, tenendo in considerazione l’indice di felicità invece del pil e la mediana al posto della media, smarcandoci come UE dagli USA che impongono un modello utile soprattutto a loro.

    • bob

      smarcandoci come UE dagli USA che impongono un modello utile soprattutto a loro.” Perfettamente d’accordo! La cultura della “pistola alla cintola” pur con tutte le nefandezze europee ci appartienene poco. Aggiungo che se nel prossimo futuro l’ Europa non difende stato sociale e qualità della vita non avrà più ragione di esistere..diventerà l’ “orinatoio” per cinesi. indiani e cow boy

  3. Rick80

    Oltre a fare una fotografia della realtà abbastanza scontata cosa propone questo articolo? Niente. Si può pensare a qualche proposta? Per esempio ripensare al sistema di tassazione delle multinazionale e dei miliardari che pagano meno tasse (in percentuale) di chi pulisce le scale? è un po’ difficile farlo quando ad occupare le sedi istituzionali sono quei personaggi che cambiando casacca vanno poi a lavorare dentro istituzioni finanziarie private.

    • francesco daveri

      Una delle implicazioni della “scontata fotografia della realtà” nel mio articolo è che le disuguaglianze di oggi sono una conseguenza di trend tecnologici di fronte ai quali le politiche nazionali sono purtroppo piuttosto impotenti. Far pagare le tasse alle multinazionali richiede un accordo nei G20 o almeno nella Ue.

  4. Rino

    Insomma, abbiamo capito che la diseguaglianza e il conseguente neo-feudalesimo sono il risultato spontaneo di modelli sociali “naturali”, basati su competizione e merito. La civiltà si evidenzia nel momento in cui si crea un sistema di argini adeguato che non elimini tale modello, ma almeno operi una redistribuzione: maggiore progressività nella tassazione, forse reddito minimo, di sicuro minori costi per la vita (sì, perché pur vivendo nell’ideologia del “tutto gratis”, in realtà la gente arranca nel mantenere la base – vitto, alloggio, istruzione, salute).

  5. Michele

    Bizzarro articolo. Prendesela con la tecnologia sposta l’attenzione dal vero problema: non è la tecnologia a incrementare la disuguglianza, ma l’eccesso di libero mercato. Il problema non e’ che Facebook fatturi 8 mld, ma che a fronte di profitti di 1,5 mld non ne distribuisca almeno 0,5 in maggiori stipendi ai propri dipendenti! (Che invece verranno ristrutturati prontamente appena i profitti calano). Il risultato è che lo sviluppo si inceppa per mancanza di domanda. E se la risposta diventa credito facile (senza reddito) la conseguenza l’abbiamo già sperimentata nel 2008 con i subprime.

    • bob

      ..prendersela con la tecnologia è la scorciatoia più comoda. Lo strumento simbolo della libertà come Internet deve diventare simbolo di ridistribuzione della ricchezza prodotta. Attenzione però, siamo così certi che un Paese che dopo 30 anni giustizia un uomo di 67 sia la vera democrazia? O sia esportatore di democrazia. Se l’ Isis taglia una testa sono barbari criminali questi cosa sono? Allora ripeto che lo strumento vale a seconda delle mani che lo usa. Se Internet permette all’uomo nella landa desolata dell’Africa di affacciarsi sul mondo lo stesso strumento deve dare a quell’uomo dignità e opportunità e sostegno, altrimenti dobbiamo togliere il “giocatollo” dalle mani sbagliate. Viene da dire che è singolare che una tecnologia così avanzata abbia bisogno delle idee di una rivoluzione di oltre 300 anni fa: L’ Illuminismo!

    • francesco daveri

      Non le viene il dubbio che l’ “eccesso di libero mercato” è la logica o almeno la probabile conseguenza di una tecnologia che consente di spostare capitali, risparmi e persone da un paese all’altro con molta più facilità del passato? Non c’è da gioirne, ma prenderne atto per capire come affrontare il problema è utile, secondo me.

      • bob

        Prof la sua analisi è giusta e stimola a capire come affrontare il problema, ma qui ci sarebbe da aprire un dibattito a se che duri 6 mesi. Cominciamo a partire da un punto che “libero mercato” non vuole dire assenza di regole anzi. Un mercato libero si crea quando regole condivise permettono a tutti di avere pari opportunità, quindi mi viene da dire che non dobbiamo confondere tecnologia con convivenza civile tra persone. Come un altro principio illuminato è che la ricchezza si crea per ridistrubuirla a maggior ragione con l’uso di una tecnologia che facilità enormemente lo scambio e la creazione di ricchezza. La ragione futura dell’esistenza di una Europa Unita deve poggiare proprio su questi principi altrimenti non ha ragione di esistere, sarebbe solo schiacciata tra entità più grandi ( USA, Cina, India etc) e con alta Storia.

      • Michele

        L’eccesso di libero mercato dipende dalle regole che vengono poste al mercato. La massiccia deregulation in molti settori è stata una decisione politica, non dipende dalla tecnologia, anzi in buona parte l’ha anticipata. Ad esempio l’abolizione di fatto del Glass–Steagall Act non dipende certo dalla tecnologia….

  6. Aldo

    Sebbene la tecnologia e la meritocrazia siano fattori importanti la storia dimostra altro.Nonostante oggi siamo quel che siamo ovvero più evoluti di ieri, l’economia è un sali e scendi dove quando sale si tende a impoverire la popolazione poichè certi poteri (burocrazia lobbyes politica)attraverso le leggi e spesso anche abusivamente cominciano a depredare tale ricchezza fino all’osso e quando l’economia scende si aumentano i fenomeni di immmigrazione cosi che con i nuovi illusi la nuova economia risalirà per essere poi ancora una volta depredata dai soliti(si parlerà di guerra tra i poveri, la politica farà finta di dividersi…). Sin dall’antichità i fenomeni dell’immigrazione sono stati voluti dai poteri forti per alimentare la nuova economia dopo aver depredato la precedente erano gli schiavi romani che forgiavano le migliori spade è stato un semplice ortolano immigrato italiano che ha fatto la bank of italy poi diventata bank of america.
    PS in un paese dove su un utile di 10, devi allo stato 7, poi 2 come anticipo iva (perchè fai da banca) 1 qualcuno non paga con cosa mangi ….con i debiti!!! Quali utili devi fare mica tutti possono essere dei Zuckerberg. Le medie servono per mantenere lo stato di illusione i polli di Trilussa insegnano

  7. ndr60

    A proposito di Zuckerberg, che “A soli trenta anni, con le sue semplici idee brillanti e la sua determinazione”, omette di dire che costui ha patteggiato con i veri autori di facebook e ha pagato loro milioni di dollari. Detto questo, i meccanismi per arginare lo strapotere delle multinazionali sono ben conosciuti, ma nessun politico li applicherà mai visto che il suo successo dipende in gran parte dai finanziamenti occulti delle multinazionali di cui sopra. Stiamo cominciando a capire che più tecnologia non vuol dire più democrazia, semmai è il contrario. Quando la maggior parte dell’opinione pubblica si renderà conto di ciò, oltre al fatto che il Libero Mercato è la moderna teologia i cui sacerdoti sono banchieri e tecnocrati, allora le cose potranno cambiare, altrimenti il 99% della popolazione mondiale sarà ridotta in uno stato di perenne e serena schiavitù.

  8. Michele

    Prof. Daveri mi dica dove sbaglio. La deregulation negli US è iniziata negli anni 70 ben prima dell’avvento massiccio delle nuove tecnologie legate alle telecomunicazioni. Sarebbe una “bella” gustificazione alla miope greediness imperante che le tecnologie da sole implichino l’avvento della iper-meritocrazia e della disuguaglianza, ma i fatti ci dicono il contrario. Come gia Henry Ford a suo tempo insegnava.

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