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Il falso in bilancio tra rigore e intelligenza

Nella nuova formulazione del reato di falso in bilancio è stato eliminato ogni riferimento alle voci oggetto di valutazione, che sono quasi tutte quelle che compongono un bilancio. Necessario farle rientrare fra le fattispecie che costituiscono reato, purché la valutazione alterata sia fraudolenta.

Una riforma troppo annacquata?
Una recentissima sentenza della Cassazione ha statuito che laddove le alterazioni di un bilancio derivino da valutazioni sballate, il documento, che resta menzognero, non dà luogo al compimento di un reato e non comporta, quindi, l’applicazione di sanzioni penali in capo ai suoi estensori. Ed è giunta a queste conclusioni sulla base della nuova formulazione del reato di false comunicazioni sociali ove, in sostanza, si indica come reato la falsa rappresentazione di “fatti materiali”. La versione precedente conteneva la ulteriore specificazione “ancorché oggetto di valutazione”: un inciso importantissimo che nel nuovo testo manca. Ergo, dice la Cassazione, quell’alterazione del bilancio che deriva da artefatte valutazioni non costituisce più reato nella nuova versione, anche se lo era prima della riforma; e, poiché al reo si applica la legge più favorevole, il colpevole di ieri va mandato assolto oggi perché il “fatto” (la non veritiera valutazione) non è previsto più come reato.
Ne sono seguite polemiche di vario genere sull’eccessiva vacuità della riforma, tanto più nella considerazione che le voci oggetto di valutazione in un bilancio sono davvero la stragrande maggioranza delle sue componenti: solo la liquidità (conto cassa o banca) non lo è. E sono oggetto di valutazione anche costi e ricavi che non hanno trovato ancora piena manifestazione finanziaria. Lo sono, per eccellenza, i fondi rischi, i fondi rettificativi di voci dell’attivo, le rimanenza finali; e lo sono perfino gli ammontari stanziati a titolo di ammortamento, visto che riflettono un’opinione soggettiva sulla vita utile (tecnica ed economica) di un bene. Se si elimina ogni riferimento alle voci oggetto di valutazione, dunque, il falso in bilancio finisce in soffitta.
Reato solo il comportamento fraudolento
Ma anche l’intelligenza non deve finire in soffitta. La stima della vita utile di un bene materiale, per dire, palazzo o impianto che sia, è opinabile; figuriamoci, poi, il valore di un bene immateriale (avviamento, concessione, software, brevetto o know how) appeso a una serie di eventi non solo futuri ma anche repentinamente mutevoli; lo è anche il valore di un magazzino di prodotti (scarpe, semilavorati di ferro, prosciutti). Idem dicasi per i crediti vantati da una banca nei confronti di una pluralità di interlocutori (pagheranno tutto, tutti e alle scadenze previste?). E che dire per le fatture da emettere a fine anno per una società di servizi telefonici o elettrici? Incerto e opinabile è il valore dei contenziosi in essere, sia attivi che passivi (specie, ma non solo, nel settore assicurativo). Insomma, mandare in galera amministratori che hanno erroneamente valutato anche una sola di queste voci è davvero un po’ troppo. Tant’è che la versione precedente della norma prevedeva delle soglie solo al di sopra delle quali il “fatto” (cioè la valutazione) costituiva reato. Soluzione certo discutibile (tutte le forfettizzazioni lo sono), ma concreta e percepibile come indice di gravità. Ve ne sono di migliori ? Forse sì. Per esempio, si potrebbe affidare al giudice l’accertamento della gravità dell’alterazione in relazione agli elementi conoscitivi di cui era in possesso l’estensore al momento della formazione del bilancio. Accertare un’alterazione col senno di poi, infatti, è facilissimo. Tuttavia, l’alterazione in sé non deve necessariamente trovare sanzione in sede penale, ma solo in sede civile o, tutt’al più, amministrativa. Se ne è derivato un danno per i creditori o per i soci, si potrà far luogo a un’azione di risarcimento del danno. Se il danneggiato è l’erario potranno applicarsi sanzioni amministrative, anche assai onerose e sgradevoli. Se il danneggiato è una pubblica amministrazione, si potranno ipotizzare divieti a contrarre con pubbliche amministrazione. E così di seguito. Insomma, l’ordinamento è tutt’altro che sprovvisto di strumenti idonei a sanzionare la erroneità o anche la scorrettezza di un bilancio.
La sanzione penale, invece, rappresenta l’estrema ratio e dovrebbe essere attivata solo quando altri strumenti mostrano l’inidoneità a reprimere comportamenti violentemente antisociali. Per stare al tema, dunque, occorre che l’alterazione sia fraudolenta e indiscutibile: quella che si verifica quando, pur possedendo tutti gli elementi che indirizzano verso una certa rappresentazione dei valori in gioco, se ne ignorano consapevolmente i segnali per raggiungere un diverso e prefissato risultato (positivo o negativo che esso sia). Il che comporta, da un lato, il ripristino della frase “fatti (…) ancorché oggetto di valutazione” fra le fattispecie costituenti reato; ma, dall’altro, anche la specifica richiesta di condizionarne la punibilità alla dimostrata esistenza della fraudolenza nell’alterata rappresentazione dei fatti sui quali la valutazione stessa poggia.

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Il Punto

  1. Massimo Biondi

    Potrebbe forse essere reso più definito e stringente l’obbligo di dettagliare esaurientemente nella relazione i criteri di valorizzazione delle poste in bilancio? Limitare la discrezionalità, insomma, per quanto possibile e nel contempo aumentare la responsabilità di chi il bilancio lo sottoscrive. I criteri, se ben dettagliati, potranno sempre essere contestati dagli aventi causa

  2. Virginio

    Articolo illuminante.

  3. AM

    Il bilancio è l’agglomerato di migliaia quando non di milioni di dati. In parte si tratta di valori certi, che tuttavia potrebbero non corrispondere alla realtà a seguito di errori umani, di disfunzioni della tecnologia informatica e di deliberate falsificazioni, non necessariamente operate ai vertici. Disconrso diverso è quello dei dati stimati che, come giustamente afferma l’autore, sono spesso prevalenti. In questo caso è importante la componente soggettiva. A distanza di tempo, a seguito di impreviste mutazioni nei mercati, anche stime prudenziali potrebbero rivelarsi sbagliate. In conclusione di fronte ad una posizione aggressiva di un perito o di un magistrato a distanza di tempo nessun bilancio è inattaccabile. Il reato dipende quindi essenzialmente dalla malafede di chi ha fatto il bilancio, malafede che deve essere ovviamente provata. Importgante è la regola di precisare i criteri adottati nelle valutazioni che se risultano omogenei e scrupolosamente applicati servono a scagionare a distanza di tempo i valutatori.

  4. Elio Iannuzzi

    Elio Iannuzzi Analisi corretta e rigorosa fatta da persona qualificata che conosce la materia di cui
    discute. Cioe’ che sa che i valori espressi in bilancio rappresentano sempre un equilibrio tra una contabilità di quantità certe e una contabilità di.quantità aleatorie, comunque assoggettate a valutazioni razionali. Diverso discorso concerne le valutazioni dolose e/o fraudolente, queste non rientrano nei retti propositi e nella presupposta onestà propri della moderna economia d’impresa, ma riguardano profili penali e sanzioni amministrative.,

  5. andrea lorenzo capussela

    domanda all’autore: l’articolo dice che è sensato punire solo le valutazioni consapevolmente scorrette: ma non era già così? ossia, sbaglio a pensare che la legge puniva solo il falso consapevole, e non anche l’errore innocente?

    • IC

      Ma a chi spetta l’onere della prova? Spesso il PM invece che provare le motivazioni fraudolente chiede all’indagato di dimostrare l’assenza di tali motivazioni.

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