La decisione del governo greco di indire un referendum sul piano di salvataggio è stata avventata e forse irresponsabile. Tuttavia, apre una questione di legittimità politica della governance economica europea. E può essere l’occasione per far risorgere l’Europa. O per affondarla definitivamente.
Una scelta avventata
L’area euro è in subbuglio dopo che Alexis Tsipras, primo ministro greco, ha rimesso ai cittadini la decisione se accettare o meno i termini dell’accordo che dovrebbe salvare la Grecia dal default. Il risultato di questa scelta è stata la introduzione di restrizioni sulla circolazione dei capitali, per fermare, di fatto, una corsa agli sportelli che avrebbe portato la Grecia al collasso.
Quella di Tsipras è stata una decisione avventata: non si può chiedere ai cittadini di esprimersi su un programma di politiche economiche così complesse e scaricare su di loro la responsabilità di un possibile fallimento delle scelte economiche del governo. Alla fine, il referendum potrebbe diventare un voto sull’euro. Tuttavia, pure se vincesse il “no” (ovvero il rifiuto del programma di salvataggio), la Grexit non è scontata. Il governo ellenico giocherà tutte le carte per una ristrutturazione “sostenibile” del debito restando nell’euro.
La Banca centrale europea, almeno per qualche tempo, dovrebbe assecondare le negoziazioni e mantenere la linea di credito per le banche greche.
In gioco il futuro dell’Europa
Qualunque sia il risultato del referendum, la spallata di Tsipras è comunque arrivata al cuore dell’Unione e ci fa chiedere se sia davvero questa l’Europa che i padri fondatori sognavano.
Oggi è un’Europa asfissiata dalle manovre di grandi e piccoli ‘staterelli’ che si azzuffano per le briciole, mentre l’integrazione vera arranca e non solo sul fronte finanziario, come dimostra la questione dell’immigrazione. Allora, la scelta di Tsipras è senz’altro avventata e pericolosa, ma pone una giusta questione di legittimità politica per la governance economica europea, che non può rimanere inascoltata.
Il governo dell’area euro è guidato principalmente da un’istituzione chiamata “Eurogruppo”, che fra le altre cose stabilisce le condizioni per il salvataggio degli stati in difficoltà. Il gruppo riunisce i ministri delle finanze dei paesi dell’euro ed è seguito, di solito, dall’Eurosummit – formato invece dai primi ministri. Il Trattato europeo la definisce un’istituzione che si riunisce “informalmente” per “discutere” di competenze specifiche all’area euro. Negli ultimi anni, però, da puro organismo di coordinamento si è trasformato in un “quasi” Tesoro europeo e infatti dal 2010 gestisce in sostanza gran parte dei fondi di salvataggio per gli stati in difficoltà (finora, Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna). Opera spesso senza legittimità popolare, poiché le decisioni sugli accordi di salvataggio non sono prese su diretto mandato parlamentare ed esulano dai poteri conferiti dal Trattato. Eppure, le politiche economiche più importanti degli ultimi anni per milioni di cittadini europei si sono decise lì. Si è, di fatto, ceduto parte della sovranità fiscale a un gruppo informale di ministri delle finanze, che decide senza procedure o regole ben definite.
Ora però il giocattolo si è rotto. Ed è la debolezza delle istituzioni europee “ufficiali”, quali la Commissione e il Parlamento, che porta la responsabilità maggiore in questa vicenda.
Anche di fronte a una palese insostenibilità della governance attuale e a politiche di austerità depressive, senza incentivi, le istituzioni europee non hanno saputo porre la questione delle riforme istituzionali, soggiacendo alle pressioni dei governi più forti, che il nuovo Trattato di Lisbona avrebbe dovuto ridimensionare. Tra queste riforme, c’è proprio l’unione bancaria, da completare per evitare che il default di un governo nazionale faccia saltare il sistema bancario locale e quindi la moneta unica: in questi giorni avrebbe fatto molto comodo. Il Parlamento europeo, invece, oberato dalle decine di testi legislativi post-crisi proposti dalla Commissione, non ha più (o forse non ha mai avuto) un ruolo riformatore e fatica ad aprire un dibattito internazionale sulla revisione dei trattati, per informare e magari coinvolgere i cittadini europei e le istituzioni locali. Oggi il dibattito non si apre neppure, mentre la Commissione si lancia in pubblicazioni di poche paginette sognando un “Tesoro europeo” senza spiegare come e quando, sperando che come per inerzia (o per magia) le riforme siano promosse da governi (sia chiara la distinzione con i cittadini) in rotta di collisione con il proprio elettorato e chiusi a riccio per non cedere sovranità.
L’Europa ha paura di se stessa e di quello che può diventare. E allora ben venga la giocata d’azzardo di Tsipras, che dà a questo referendum un valore più politico che economico: alto rischio potrebbe anche portare elevati guadagni. E tra una settimana sapremo se il sogno d’integrazione europeo, voluto dai padri fondatori per garantire prosperità e pace duratura in questo continente, risorgerà o andrà alla deriva.
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Savino
Tsipras è arrivato al Governo facendo per mesi e mesi discorsi da bar, che nulla hanno a che vedere con la politica economica di uno Stato, promuovendo soluzioni semplicistiche a problemi assai complessi e sogni irrealizzabili per un Paese indebitato da tanto tempo. Adesso che ha fatto i conti con la dura realtà, che è stato messo k.o. in poche settimane dai partner dell’area Euro e dalle autorità finanziarie ed inchiodato a ciò che non ha fatto il suo Paese, tenta la mossa della disperazione con uno pseudo-referendum incostituzionale (anche in Grecia non si può indire referendum su trattati internazionali, leggi di finanza pubblica e tributarie) scaricando sul popolino debole decisioni che dovrebbe prendere in prima persona. Subirà politicamente una batosta, perchè la gente non vuole morire di fame per il suo utopismo e i greci si sentono in pieno europei. Con lui, subiranno una batosta politica i grilli, le cicale, gli chic, gli snob e i guidatori di ruspe in felpa verde che non vogliono arrendersi ad ammettere che anche il nostro Paese ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità, di vitalizi, di falsi invalidi e di baby pensioni che si sta facendo pagare alle generazioni future.
mariella di falco
Io non credo che sia stata una mossa avventata l’indizione del referendum. Una coalizione di partiti vince le elezioni in grecia sulla base di un certo programma economico, che non si riesce a realizzare perchè all’interno della UE si scontrano due linee di politica economica e monetaria, due idee di sviluppo economico, due idee di governance all’interno della UE. Io capo del governo greco in carica vedo che le mie promesse elettorali in materia di debito pubblico e sviluppo non hanno chances di essere accolte dalla UE, mi rendo conto che sto “tradendo” il mandato elettorale. Che fare? Andare avanti anche se sono stato eletto per fare una cosa diversa? oppure sentire il popolo greco, in una sorta di verifica di mandato, e chiedere cosa fare, tutti insieme? Solo se decidiamo tutti insieme, io Tsipras, che sono stato eletto per fare cose diverse da quelle venute fuori dal confronto con la UE, posso dare attuazione al piano UE. Ma questa è un esempio di applicazione dell’istituo di democrazia diretta, nell’ambito di un regime democratico basato sulla rappresentanza parlamentare. Ma dov’è il problema ?
Enzo Michelangeli
Quale “governance europea” ? L’Europa non e’ uno stato federale e con un po’ di fortuna non lo sara’ mai: abbiamo bisogno di concorrenza tra governi nazionali, non di collusione. L’Europa e’ un mercato singolo e l’Eurozona (che ne e’ un sottoinsieme) un’unione monetaria senza trasferimenti fiscali: e questo devono restare. Quanto alla Grecia, non vedo con che faccia undici milioni di elettori greci si sentono in diritto di farsi finanziare un tenore di vita superiore alle loro possibilita’ economiche e alle capacita’ produttive del paese da 450 milioni di altri europei che non ne hanno affatto l’intenzione. Tsipras, Varoufakis e Kammenos (perche’ ci si dimentica che in questa coalizione con l’estrema sinista ci sono anche dei fascisti?) han provato a giocare la carta del rapinatore che minaccia di farsi esplodere, ma la bomba che ha in tasca puo’ distruggere solo lui e la Grecia. Chi l’ha votato dovrebbe urgentemente rifletterci sopra e trarne le dovute conclusioni.
Piero
Se dobbiamo continuare con l’euro senza integrazione fiscale, Renzi dovrà immediatamente ridurre la spesa pubblica di 80 miliardi e diminuire le tasse di pari importo, eliminando l’irap e concedendo sgravi ai lavoratori dipendenti, in tale modo possiamo competere con la virtuosa Germania, alla fine in Europa vincerà sempre e solo uno stato quello più virtuoso tutti gli altri subiranno le sue politiche economiche.
Se si vuole questa guerra economica, iniziamo con il taglio della spesa pubblica.
Non penso che questa era l’Europa che si voleva, il concetto di Europa unita venne concepito proprio per eliminare le guerre, non solo quelle fatte con le armi ma anche quelle fatte con le valute.
Franco
Democratici sono i governi di tutti i paesi dell’euro. Il governo greco non ha lezioni da dare a nessuno e nemmeno i nostri simil-tsipras. Siamo tutti bravissimi a dare la colpa agli altri.
salvatore
Caro Diego, condivido con lei che quanto stiamo assistendo non sia in linea con il progetto di vera integrazione economica e sociale in Europa come sognata e voluta dai Padri fondatori. Tuttavia, sono in disaccordo con quanto scrive “Quella di Tsipras è stata una decisione avventata: non si può chiedere ai cittadini di esprimersi su un programma di politiche economiche così complesse e scaricare su di loro la responsabilità di un possibile fallimento delle scelte economiche del governo.” Non mi pare che il quesito posto sia di difficile comprensione, ma piuttosto chiaro alla luce di quanto, ormai anni, sta avvenendo sotto la luce di un tacito “si” – certo quanto avverrà nell’ipotesi di un “no” vincitore è incerto ma stare per così dire in una “comfort zone” del “si” avrebbe probabilmente il solo effetto di depauperare la Grecia ancor più dal punto di vista economico e sociale.
In definitiva le chiedo: la legittimità popolare, di cui tra l’altro menziona più avanti nel suo scritto, non deriva forse proprio dal popolo e per queste vie il referendum indetto dal primo Ministro greco ne è la sua massima espressione? Grazie mille. Salvatore
stefano delbene
E allora perché parlare di azzardo e non di un atto, finalmente, di coraggio che potrebbe cominciare a fare pensare qualcuno con un po’ più di senso, compresi gli autori di certi commenti che non sono altro che propaganda di basso livello?
Franco
Snap shot referendum à la Tsipras: democrazia o altro?
simone
l’unico risultato che otterrà Tsipras sarà che creerà un precedente in fatto di referendum, da lunedì tutti i paesi potranno utilizzare il referendum per accettare o no le proposte europee. e vedrete che quello sull’euro dei M5S sarà il definitivo. purtroppo. ma il disastro in cui si è infilato il suo paese oramai è irreversibile. così come è irreversibile l’euro e l’europa a trazione tedesca. che, da sempre, è quella che fa un po’ per l’economia del continente. tutte gli altri discorso servono solo a fare propaganda a dx e a sx.
Piero
I partiti xenofobi crescono con l’insoddisfazione del popolo verso chi comanda.
Non è vero che l’euro a trazione tedesca sia irreversibile.
È’ vero è giusto che tutti i popoli possano fare un referendum sull’Europa, doveva essere stato fatto prima dell’adozione, verrà fatto dopo 15 anni, almeno ne conosciamo i pregi e i difetti.
Al momento dell’adozione dell’euro molti economisti e politici erano scettici sul l’adozione dell’euro senza una integrazione fiscale, i fatti gli hanno dato ragione.
Alberto Cottica
Punto di vista interessante. Una domanda per il Diego valiante: se io fossi greco e volessi esprimermi per l’Europa veramente unita voluta dai padri fondatori, secondo lei dovrei votare “no” o “sì”? Non corro il rischio che, vista l’ambiguità del quesito, il mio voto venga strumentalizzato? Se voto sì, canterà vittoria Schauble, cioè un sostenitore della sovranità economica nazionale incontrastata; se voto no, la canterà Golden Dawn, cioè un partito xenofobo e reazionario. Come può, domani, un greco votare per l’idea di Europa a cui lei fa cenno nell’articolo?
Piero
Il popolo greco ha deciso per il NO, ciò vuol dire che il legame che teneva uniti i paesi nell’area valutaria dell’euro viene sciolto. Il legame era la paura, non sapere cosa poteva accadere dopo, sono stati fatti paragoni con la repubblica di Weimar, adesso con la spinta politica del popolo, la Grecia potrà ottenere per tutti i paesi meridionali ciò che i paesi nordici debbono dare, la solidarietà, se si vuole mantenere l’euro.
Non vi può essere una moneta unica senza una politica redistributiva, tra i paesi nordici e quelli meridionali, in fin dei conti è ciò che è accaduto in Italia tra il nord è il sud.
Savino
Se finora non era chiara la definizione di populismo, ne abbiamo avuta una dimostrazione ieri. Populismo è nascondersi dietro la formula “lo vuole il popolo”.
Il popolo vuole la deregulation di tutto: non vuole pagare le tasse, non vuole rinunciare alle sue piccole e grandi rendite di posizione.
Allora, cosa ne facciamo di quel debito? Un bel colpo di spugna e non se ne parla più? O, magari, lo incrementiamo un altro pò per altre tonnellate di posti statali e baby pensioni, tanto per il quieto vivere?