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Perché non basta tagliare il debito di Atene

La crisi del debito insegna che è più facile realizzare le riforme strutturali quando la permanenza nell’Eurozona è messa in discussione. Ed è la disponibilità a farle che il governo greco deve dimostrare, mentre torna a chiedere con forza la riduzione del debito dopo la vittoria del “no”.
Perché non basta tagliare il debito
Dopo la vittoria del “no” al referendum, Syriza chiederà con più forza il taglio del debito per risolvere la crisi greca. E molti commentatori sembrano condividere la richiesta. L’idea è semplice: tagliare (o ristrutturare) il debito imponendo perdite consistenti ai creditori può essere la soluzione migliore se poi spinge i governi a realizzare riforme strutturali, e, così, dare impulso alle loro economie. Perché, quindi, non fare la stessa cosa con la Grecia, accettando quanto chiede Tsipras? A noi sembra che questa analisi sia discutibile. In primo luogo, il paragone con esperienze passate di successo come quelle del piano Brady non ci sembra calzante (si veda per esempio qui). Il principale obiettivo di quel piano fu di permettere alle banche commerciali di cartolarizzare i propri prestiti, illiquidi, ai paesi in via di sviluppo (in particolare dell’America Latina) in modo da potere poi più facilmente eliminarli dai bilanci. Nel caso della Grecia, invece, la quasi totalità del debito è a carico di poche istituzioni pubbliche. In secondo luogo, Atene ha già beneficiato di un bail-out tra i più consistenti nella storia dell’ultimo mezzo secolo, nel 2011. Il profilo delle scadenze del debito residuo, e i tassi d’interesse medi, implicano oneri relativamente bassi rispetto alla consistenza del debito, e certamente inferiori a quelli di altri paesi periferici, tra cui l’Italia. Secondo i calcoli del 2012 di Jeromin Zettelmeyer, Christoph Trebesch e G. Mitu Gulati, l’haircut imposto ai creditori privati della Grecia è stato superiore a quello attuato con il piano Brady e, a questo, si devono aggiungere, a partire dal 2010, circa 200 miliardi di finanziamenti dalle istituzioni internazionali a tassi di interesse di favore, oltre che l’allungamento delle scadenze e i crediti della Banca centrale europea al sistema finanziario greco.
La domanda è come mai tutto ciò non abbia prodotto i frutti sperati?
L’origine dei problemi della Grecia
Una prima ipotesi è che la dimensione del bail-out sia stata insufficiente. In alternativa, vi è la possibilità che l’alleggerimento del debito non induca necessariamente i governi a scegliere programmi pro-crescita. La dimensione del salvataggio greco, come per molti altri episodi simili, è stata il risultato di una trattativa tra creditori privati e stato sovrano, supportata da vari organismi ufficiali (come il Fondo monetario internazionale), il cui esito è dipeso dal diverso potere contrattuale e dall’intreccio di interessi molto diversi. Per esempio, molte delle politiche di consolidamento fiscale che il governo greco ha dovuto adottare, per quanto dolorose, erano il minimo indispensabile per impedire che il costo del fallimento per i contribuenti europei lievitasse oltre misura. Inoltre, non è credibile la tesi secondo cui tutto ciò che succede ora in Grecia sia conseguenza delle politiche di austerità. L’economia greca era tornata a crescere nel 2014 e il brusco ritorno alla recessione, unito al calo del gettito fiscale e alla fuga dei depositi, sembra essere principalmente l’effetto dell’incertezza e delle strategie caotiche del nuovo governo. Alcuni sostengono che senza il peso del debito, e dei suoi interessi, il governo greco avrebbe il respiro per riformare in maniera autonoma l’economia, partendo da pensioni, evasione fiscale e razionalizzazione del sistema amministrativo. Questa tesi non ci convince. Innanzi tutto, come mostra il susseguirsi degli eventi delle ultime settimane, il governo greco non è un interlocutore credibile: basti pensare al programma elettorale di Syriza, secondo cui tutte le riforme del precedente governo dovrebbero essere riviste. In secondo luogo, l’esperienza della crisi del debito sovrano europeo ha fornito sufficienti prove che è più facile fare le riforme strutturali quando la permanenza nell’Eurozona è messa in discussione. E questo vale non soltanto per la Grecia, ma anche per gli altri paesi della periferia, Italia inclusa. In una recente ricerca, Jesus Fernandez-Villaverde, Luis Garicano e Tano Santos suggeriscono come l’adozione dell’euro abbia ritardato, anziché accelerato, le riforme nella periferia dell’area, proprio per il rilassamento del vincolo di bilancio.
Alcuni osservatori, anche molto autorevoli, ritengono che le richieste dei creditori europei e dell’Fmi siano un attentato alla democrazia. Non c’è dubbio che un governo, sostenuto dal mandato dei propri elettori, debba potere scegliere in libertà quali riforme strutturali portare avanti. Allo stesso tempo, quando lo stesso governo richiede l’aiuto, o la solidarietà, di altri paesi, pecca per lo meno di ingenuità nel pensare che questi ultimi non possano chiedere il rispetto di determinate condizioni.
Le istituzioni europee dovranno aiutare la Grecia ancora a lungo, anche accettando, probabilmente, un’ulteriore ristrutturazione del debito, ma la trattativa di questi giorni riguarda in primo luogo la disponibilità e le garanzie che il governo greco è disposto a offrire per tornare alla crescita. Non dimentichiamo che i problemi dell’economia greca non sono causati da uno shock reale temporaneo, o da un calo della domanda. Il paese vive al di sopra dei propri mezzi almeno dall’inizio degli anni Ottanta, e nessuna strategia finanziaria darà ai cittadini greci la ricchezza, gonfiata da aiuti massicci e credito facile, che credevano di avere.

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11 commenti

  1. Articolo impeccabile, complimenti

    • Armando Beffani

      Qualcuno sarebbe in grado di spiegarmi la questione del debito pubblico italiano? …è corretta la formula var Debt = var(Infl + PIL reale)? In caso affermativo, come si fa a ripagare il debito con un deficit/pil del 3%, #inflazione 1% e PIL all’1%?

  2. Michele

    Il tema centrale credo siano le famose “riforme strutturale”, espressione di per se vuota di contenuti. Occorre metterceli. Se il contenuto sono solo politiche di austerity sulla base di una impostazione ideologica e fideistica, credo ci siano ampi margini di dissenso. I fatti supportano il dissenso, non il contrario, altrimenti i creditori della Grecia non si troverebbero ora nella condizione di perdere tutti i loro crediti.

  3. QW

    Nessuno può sapere oggi se “basta tagliare il debito” per risollevare la Grecia, anche perchè bsiognerebbe saper rispondere anche al “quando” la Grecia si risolleverà, e la scienza economica non ha queste capacità previsionali…ad ogni modo, se si vuole affrontare seriamente il tema, e non per “spot e slogan”, bisognerebbe quando si parla di riforme strutturali (vd anche commento di Michele sopra):
    1. passsare in rassegna le riforme strutturali raccomandate da EC-ECB-IMF dal 2010;
    2. valutare quali e quante delle prime sono state effettivamente adottate e che effetti hanno avuto;
    3 capire il perchè, eventualmente non hanno prodotto gli effetti sperati (ahimè, il moltiplicatore dell’IMF…);
    4. rivedere eventualmente il piano di riforme strutturali da adottare.
    “riforme strutturali”, “paese che vive sopra ai propri limiti dagli anni ’80” son più adatti a talk show e cene con gli amici..

  4. PMC

    Breve e semplice. Articolo eccellente. Ma ovviamente chi crede che il realismo magico esista anche in economia oltre che in letteratura non se ne lascerà convincere. Un vero peccato.

  5. QW

    ..i dati, si sa, sono parziali, vanno interpretati, possono essere usati a piacimento, ma partire dai dati è sempre meglio che argomentare senza nemmeno presentarli. Dunque,
    1. “L’economia greca era tornata a crescere nel 2014 e il brusco ritorno alla recessione….sembra essere principalmente l’effetto dell’incertezza e delle strategie caotiche del nuovo governo.” Bene, OECD Economic Outlook giugno 2015 riporta:crescita PIL 2014: +0.7%; 2015: +0.1%; 2016: +2.3%. Insomma, non era rosea prima, non lo è ora, probabilmente non lo sarà poi, ma le cifre NON corroborano la visione apocalittica di cui sopra..e le annesse imputazioni (o speculazioni) causali;
    2. “i problemi dell’economia greca non sono causati da uno shock reale temporaneo, o da un calo della domanda.” ebbene, ecco i tassi di crescita PIL per la grecia: 2000: +4.4%; 2001:+4.1%; 2002: +3.4; 2003: +5.944; 2004: +4.3; 2005: +2.2; 2006: +4.6%; 2007: +3.0; 2008: -0.1%; 2009: -3.2%; 2010: crisi debito sovrano, Memorandum of Understaning con Troika con conseguenti politiche di austerità..:
    Crescita PIL 2010: -3.5%; 2011: -6.8%; 2012: -4.7%. …Se si considera che l’economia greca si regge sulla domanda interna, che le politiche di austerità hanno radicalmente “frenato” (..) il gioco è fatto. Non a caso, l”OECD economic outlook 1/2015 riscontra che “export performance remains weak DESPITE competitiveness gains” !!…

    • Fabio

      Nessun Paese potrà sperimentare un periodo di crescita economica solo applicando la famosa austerità. Le politiche di rigore devono essere affiancate da politiche di investimenti. Sono gli investimenti che creano la crescita non l’austerity fine a se stessa.

  6. Condivido valutazioni generali e previsioni. Non ho l’attrezzatura per discutere dati statistici. Ascolto e leggo studiosi, giornalisti e politici di vari paesi, in particolare in F e in D. Al di fuori dell’Italia tira un vento molto diverso, a parte la solidarietà del PS francese con la SX greca, forse più perché in difficoltà nei sondaggi che non perché di SX (basta paragonare con gli esponenti del SPD) . In quasi tutti i paesi governi e popolazioni sono prevalentemente d’accordo con Schaeuble: aiutare i Greci, ma nel rispetto delle regole. Non sarà facile per Tsipras stasera. Il suo unico vantaggio è che la Merkel – nonostante le dichiarazioni contrarie – deve e vuole un accordo, anche se deve mettere tanta acqua nel suo vino. Il compromesso che vedremo domani o poco dopo purtroppo sarà polvere da sparo per TUTTI i movimenti anti-euro di matrice ormai nettamente contrapposta: nei paesi in difficoltà come Italia e Francia sono movimenti marginali, Lega, M5S e FN, mentre altrove dove la ripresa sarà più netta perché ci sono state riforme è l’elettorato dei partiti dell’establishment che non accetta più di essere “munto” dai paesi con governi demagogici incapaci di portare avanti riforme vere (pro efficienza). Vedo tempi difficili all’orizzonte, comunque vada.

  7. Mario Cancellieri

    L’articolo è discreto, la citazione dell’ottimo economista spagnolo Luis Garicano lodevole; condivido espressamente la chiusura del vostro articolo, la Grecia paese Mediterraneo ha vissuto fino ad ora sopra i propri mezzi con una presenza dello Stato invasiva e corrotta credendo di poter assicurare il benessere dei propri cittadini esclusivamente con la effimera vocazione turistica e l’organizzazione di eventi sportivi come le Olimpiadi. I recenti accadimenti sembrano confermare che si tratta di una visione miope illusoria, un paese che vuole avere elevati standard di benessere dovrebbe dare spazio all’iniziativa privata e alla manifattura.

  8. Bruno Jimenez

    Abbiamo gia dato! In particolare, e’ ampiamente dimostrato che i precedenti piani di “salvataggio” della Grecia non sono stati altro che un colossale trasferimento del rischio dal mondo privato (banche tedesche e francesi, per circa 130 miliardi di euro) a quello pubblico (BCE e fondi vari con sigle astruse). Paradossalmente, l’italia era esposta pochissim ocon le sue banche, eppure sono calate in borsa, dall’inizio della crisi, il doppio/triplo di quelle tedesche, e l’ammontare di denaro pubblico che perderebbe l’Italia in caso di Grexit e’ 3~4 volte maggiore di quello che era l’esposizione iniziale delle nostre banche. In altre parole, l’agghiacciante verita e’ che l’indebitatissima Italia avrebbe contribuito, in caso di Grexit, a salvare le banche tedesche e francesi facendo debito pubblico.
    E adesso tutti i giornalisti allineati nello stesso meggaggio buonista (e irresponsabile) di salvare la Grecia ad oltranza! L’Italia e’ appesa alla canna dell’ossigeno, altro che regalare altri soldi agli inaffidabili Greci! Fra poche settimane la situazione potrebbe degenerare e allora ci pentiremo di ogni centesimo sprecato.

  9. Avrei una domanda da fare: poichè penso ci voglia tempo per modificare la costituzione greca, non è possibile ricattare la lobby armatoriale greca? Commento: non penso che tutti i greci abbiano vissuto al di sopra dei loro mezzi!

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