Davvero il prezzo del petrolio subisce variazioni preoccupanti? Negli ultimi tre mesi l’oscillazione non ha mai raggiunto l’8 per cento. Si tratta di una crisi di nervosismo del mercato, non di un fenomeno collegato a fatti specifici. Lezioni dal confronto con situazioni critiche del passato.
Chi dimentica le crisi del passato
Il caso di William – “Willy” – è stato raccontato numerose volte e illustrato di recente sulla rivista scientifica Neurocase. La storia è iniziata oltre dieci anni fa, quando l’uomo si è sottoposto a una visita dal dentista. Un’anestesia locale di routine, un’ora di intervento e, da quel momento in poi, nessuna capacità di ricordare alcunché oltre novanta minuti.
Questa peculiare malattia, che ancora non ha un vero nome, sembra avere ormai contagiato la stampa di tutto il mondo. Quasi sempre, quando si parla di finanza e di economia, l’ultimo accadimento in ordine di tempo sembra essere quello più distruttivo, più importante e più difficile da affrontare. La memoria corta sembra influenzare la stampa e, qualche volta, anche gli analisti.
Non è un caso che i macroeconomisti Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff abbiano intitolato il loro best seller “This time is different”, a significare come l’uomo tenda a considerare ogni nuova crisi come differente e più profonda. In realtà, come gli autori dimostrano, molte crisi si assomigliano e non sempre l’atteggiamento di analisi miope (capacità di veder bene le cose da vicino e male quelle lontane) si dimostra davvero premiante.
Tutto ciò si applica molto bene a un caso specifico: la volatilità (cioè la variabilità, le oscillazioni) del prezzo del petrolio e le sue cause.
“Iea warns of further oil price volatility”, titolava il Financial Time nel marzo scorso; “Petrolio ancora nel vortice della volatilità”, così il Sole24Ore all’inizio di settembre. La domanda allora è: le oscillazioni che stiamo misurando quest’anno sono davvero così ampie? Si tratta di una situazione nuova, non ancora sperimentata nel passato? Oppure l’abbiamo già incontrata e, come Willy, ce la siamo dimenticata?
Le oscillazioni del Brent
Per esaminare la volatilità del prezzo del petrolio sono state considerate le quotazioni del Brent, il prezzo di riferimento a livello internazionale. Le quotazioni sono giornaliere e il periodo analizzato va dal 20 maggio 1987 al 31 agosto 2015, per un totale di 7075 osservazioni, un orizzonte temporale sufficientemente lungo per analizzare l’andamento della volatilità. Le variazioni percentuali del prezzo del petrolio di un dato giorno rispetto al precedente sono mostrate nel grafico.
Per valutare con facilità la dimensione del fenomeno, nel grafico sono rappresentate quattro bande orizzontali, in corrispondenza di variazioni percentuali di prezzo pari – in positivo e in negativo – al 4,5 per cento e al 6,8 per cento. La caratteristica più evidente è che le oscillazioni di prezzo più recenti sono comprese all’interno della banda 6,8 per cento, mentre in passato la volatilità ha abbondantemente superato numerose volte la barriera del 10 per cento, verso l’alto o verso il basso.
Il tempo delle grandi crisi
Nel grafico sono identificabili le grandi crisi. La prima è legata alla prima guerra del Golfo, dal 2 agosto 1990 (invasione del Kuwait da parte dell’Iraq) fino al 28 febbraio 1991, giorno in cui il presidente Usa George Bush dichiarò terminate le ostilità. Il momento della massima riduzione percentuale del prezzo del petrolio (oltre il 35 per cento) corrisponde al 17 gennaio 1991, quando, poco dopo la scadenza dell’ultimatum dell’Onu all’Iraq, una pioggia di bombe e missili si abbatté su Baghdad, Bassora e molte altre città irachene.
La seconda crisi riguarda la guerra in Afghanistan, iniziata il 7 ottobre 2001 con l’invasione del territorio controllato dai talebani da parte dei gruppi afghani dell’Alleanza del Nord, appoggiati da Stati Uniti e Nato. Il 24 settembre 2001 la riduzione del prezzo del petrolio raggiunse il 20 per cento.
La terza e ultima crisi parte dall’agosto del 2008 e continua fino alla fine dell’anno. In quel periodo il prezzo del petrolio registrò oscillazioni di segno più o meno vicine al 20 per cento, Lehman Brothers dichiarò la bancarotta e tutti gli indici borsistici mondiali caddero arrivando mediamente sui livelli della fine del ventesimo secolo.
E oggi?
Rispetto a questi accadimenti, la volatilità delle ultime settimane è davvero poca cosa in termini numerici. Negli ultimi tre mesi l’oscillazione tra un giorno e quello successivo non ha mai raggiunto l’8 per cento. Si tratta di una crisi di “nervosismo” del mercato, non di un fenomeno collegato a qualche fatto specifico come nei casi prima descritti. Le recenti tensioni internazionali, molto più che la crisi del sistema bancario o i subprime, hanno preoccupato il mercato, attivando un “mare” di incertezza che le nuove generazioni occidentali hanno – per fortuna – navigato assai poco negli ultimi decenni. Ne I figli del capitano Grant di Jules Verne la domanda che si pongono gli uomini del Duncan per poter salvare i naufraghi del Britannia è “che cosa è accaduto in passato?”: infatti «Essi [i marinai del Duncan] devono scoprire che cosa è avvenuto nel passato per decidere che cosa fare nel presente».
La stessa domanda che dovremmo farci tutti i giorni leggendo e interpretando questi fenomeni.

Una versione di questo articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it
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Professore ordinario di Economia politica presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli studi di Milano. Dopo la laurea in Discipline economiche e sociali presso l’Università Bocconi di Milano ha conseguito il dottorato in economia (Ph.D.) presso la New York University di New York. È Direttore della ricerca scientifica della Fondazione Eni Enrico Mattei, dopo essere stato in passato coordinatore del programma di ricerca in modellistica e politica dei cambiamenti climatici. È Fellow del Centre for Research on Geography, Resources, Environment, Energy & Networks (GREEN) dell’Università Luigi Bocconi e Visiting Fellow presso il King Abdullah Petroleum Studies and Research Center (KAPSARC). È Review Editor del capitolo 4 (“Mitigation and development pathways in the near- to mid-term”), Sixth Assessment Report (AR6), IPCC WGIII, 2021. È stato fondatore e primo presidente dell’Associazione italiana degli economisti dell’ambiente e delle risorse naturali, è membro del comitato scientifico del Centro per un futuro sostenibile e della Fondazione Lombardia per l’Ambiente. È componente del comitato di redazione de lavoce.info.
Direttore della Fondazione Eni Enrico Mattei, ha conseguito il Ph.D in Economics presso l’University College of London. È stato Chief Economist dell’Eni, amministratore delegato di Eni Corporate University e Principal Administrator dell’International Energy Agency (Energy and Environment Division). È stato consigliere di amministrazione dell’ENEA in rappresentanza del ministero dello Sviluppo economico. Autore di molte pubblicazioni su temi legati ad energia e ambiente è stato anche Autore principale (Lead Author) per il Third Assessment Report ed il Fifth Assessment Report per conto del IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change). Docente all’Università Luiss e alla Luiss Business School. Membro dell’Editorial Board de lavoce.info. Socio Fondatore dell’Associazione Italiana degli Economisti dell’Ambiente e delle Risorse Naturali e della Società Italiana per le Scienze del Clima (SISC).
Matteo Manera ha conseguito la laurea in Economia presso l’Università Bocconi, il Master in Economia presso l’Università di Warwick, e il Dottorato in Economia presso l'Istituto Universitario Europeo. E’ Professore ordinario di Econometria presso il Dipartimento di Economia, Metodi Quantitativi e Strategie di Impresa dell’Università di Milano-Bicocca e ricercatore associato presso la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM). Ha coordinato il programma di ricerca “International Energy Markets” presso la FEEM, dove attualmente è coordinatore dei progetti “Financial Speculation in the Oil Markets”, “Oil Price Trends and Forecasts”, and “Oil and Commodity Price Dynamics” all’interno del programma di ricerca “Energy: Resources and Markets”. Fa parte del Direttivo del Centro Interuniversitario di Econometria (CIdE). Coordina il modulo di “Topics in Microeconometrics with Applications to Energy and Environmental Economics” organizzato dal CIdE in collaborazione con il Dipartimento di Economia dell’Università di Palermo. E’ autore di numerose pubblicazioni scientifiche su tematiche energetiche e ambientali.
Antonino
Sbaglio o manca il grafico?
Sissi
Oscillazioni “entro la banda 6,8 per cento” (dunque fino al 6,8%) senza guerre che minaccino direttamente il petrolio né crisi finanziarie sistemiche è comunque una discreta volatilità…
Carlo
Fra l’altro se ci si limita agli ultimi dieci anni c’è un solo episodio di maggior volatilità di quella attuale, per altro connesso alla più rilevante crisi economia internazionale di sempre o quasi … Quindi si può condividere l’analisi, ma il tono giornalistico delle conclusioni decisamente meno.
Mario
Pienamente d’accordo.
Riccardo Gallottini
L’analisi e’ ineccepibile. Di fatto pero’ il prezzo del Brent e’ in discesa da fine 2014. Chiaro che non possa ad oggi riscontrarsi una volatilita’ come quelle del 2001 o del 2008 in quanto il prezzo andrebbe nettamente sotto i desiderata di ogni supplier. Il problema della volatilita’ (che peraltro e’ abbastanza correlato all’indice di volatilita’ degli indici di borsa americani) e’ un fatto ma non IL problema.
Nel caso di assenza di volatilita’ rimarrebbe comunque il problema di un prezzo insostenibile per la maggior parte dei produttori per via di una domanda stagnante e di una guerra sull’offerta davvero inconcepibile.
italiasalva
Non sono d’accordo. Qualche settimana fa il petrolio ha messo a segno un recupero del 25% in tre giorni. E poi ancora al ribasso senza motivi precisi. Non è volatilità? Vi consiglio questa lettura http://www.italiasalva.it/2015/08/prezzo-del-petrolio-e-stato-toccato-il-fondo.html
Nicolò Rossetto
Diciamo che in questi giorni le fluttuazioni del prezzo del Brent sono parse forti perché grandi in valore assoluto e anche perché molto erratiche, ossia un giorno c’è un forte più e il giorno dopo un forte meno, magari senza apparenti significativi cambiamenti del sottostante.
Giuseppe Spicuglia
Scende il prezzo del petrolio, ma i prezzi della benzina, gasolio restano elevati…