La fine del patto di stabilità per i comuni permette di superare il blocco dei pagamenti delle spese in conto capitale e di utilizzare risorse che altrimenti sarebbero state risparmiate. La maggiore capacità di spesa sarà effettivamente destinata agli investimenti? Una stima delle cifre in ballo.
La fine del patto
Dopo 17 anni, il patto di stabilità interno è arrivato al capolinea. La legge di stabilità 2016, infatti, stabilisce che a decorrere dall’anno prossimo cesseranno di avere applicazione tutte le norme concernenti la disciplina del patto di stabilità e, per il solo 2016, prevede l’obbligo di un unico saldo che deve essere non negativo, in capo alle regioni, province, comuni e città metropolitane. Il patto di stabilità, che nasceva per il rispetto dei vincoli europei, è stato declinato in Italia con regole molto stringenti soprattutto per le amministrazioni locali. Infatti, dal 2007 i comuni dovevano rispettare un saldo obiettivo determinato come una percentuale sulla media delle proprie spese correnti registrate nel triennio precedente. In questo modo, ciascun ente era sostanzialmente obbligato ad avere un saldo tra entrate e spese positivo, almeno uguale al saldo obiettivo. In altri termini, veniva richiesto ai comuni di produrre un risparmio destinato a contribuire a parte del risanamento del bilancio pubblico. Il rispetto di questi saldi obiettivo di competenza mista ha portato i comuni ad aumentare le imposte locali e a contrarre le spese per investimento e i loro pagamenti. L’eliminazione del patto di stabilità a favore dell’introduzione di un saldo non negativo tra entrate e spese produce due effetti. Il primo è legato al fatto che il nuovo vincolo, essendo solo di competenza, permette di ovviare al blocco dei pagamenti delle spese in conto capitale. Il secondo effetto nasce dal fatto che per i comuni rispettare il vincolo del pareggio di bilancio è senz’altro più facile che raggiungere un avanzo e le risorse che sarebbero state risparmiate in presenza del patto possono essere spese. A quanto ammonta la maggiore capacità di spesa? Utilizzando i dati dei certificati di conto consuntivo dei comuni del 2014 abbiamo simulato l’impatto dell’introduzione del pareggio di bilancio, e ci siamo chiesti di quanto sarebbe aumentata la spesa dei comuni nel caso in cui nel 2014 (l’ultimo anno per cui sono disponibili i bilanci consuntivi dei comuni) fosse stata applicata questa regola (manca l’informazione su 352 comuni. I dati sono disponibili al sito del ministero dell’Interno – dipartimento per gli Affari interni e territoriali). Abbiamo quindi calcolato per ogni comune il saldo, in termini di competenza, tra entrate e spese finali, che poi abbiamo aggregato a livello regionale. Nel complesso, i comuni nel 2014 hanno un saldo positivo di competenza pari a 4,2 miliardi (6,5 per cento della spesa sostenuta dai comuni), che rappresenta l’incremento di risorse disponibili (presumibilmente maggiore spesa) se fosse stata applicata nel 2014 la regola del pareggio di bilancio. In particolare (figura 1), i comuni della Basilicata e del Veneto disporrebbero di risorse superiori quasi del 10 per cento rispetto alla spesa sostenuta per quell’anno e i comuni toscani si collocherebbero attorno all’8,5 per cento. L’incremento di capacità di spesa per i comuni di Campania, Trentino Alto-Adige e Valle d’Aosta raggiungerebbe quasi il 5 per cento, per quelli di Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Umbria e Veneto l’aumento di spesa potenziale sarebbe superiore al 7,5 per cento e per i restanti comuni sarebbe compreso tra il 5 e il 7,5 per cento.
Figura 1 – Incrementi potenziali di spesa percentuali dei comuni, aggregati per regione, 2014.
Nonostante sia generalmente condivisa l’urgenza di incentivare gli investimenti locali, la legge di stabilità non contiene alcun vincolo che assicuri che l’incremento potenziale di spesa sia diretto proprio in questa direzione. Sarebbe quindi necessario che le risorse liberate dal superamento del patto di stabilità fossero vincolate a rilanciare gli investimenti. Andrebbe perciò rafforzato il ruolo di coordinamento delle regioni che, tramite l’istituzione di veri e propri tavoli di programmazione con i comuni, potrebbero attivare dei piani pluriennali di investimento. La stessa legge rinforzata 243/2012, infatti, prevede adeguati meccanismi di flessibilità regionale per la spesa per investimenti, ad esempio tramite la concessione reciproca di spazi tra gli enti, con effetti compensativi sia all’interno della regione nel medesimo anno, sia per il singolo ente su un arco pluriennale. Su quest’ultima possibilità, viste le cifre in gioco, è soprattutto necessario strutturare un adeguato meccanismo di incentivi che permetta il funzionamento di patti orizzontali di finanziamento tra comuni, magari anche tramite l’istituzione di un mercato dei diritti al disavanzo.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Giovanni De Lorenzi
Il nuovo sistema del pareggio di bilancio (entrate finali – spese finali) rappresenta senz’altro una novità positiva rispetto al precedente patto di stabilità. In particolare per l’anno 2016, allorchè risulta possibile “neutralizzare” l’effetto dell’utilizzo degli avanzi di amministrazione conteggiandoli nel FPV (ormai consistenti in molti comuni a causa, appunto, delle restrizioni del PSC). Dal 2017 però questo “bonus” non ci sarà più e per tale ragione sarà molto più difficile, come opportunamente segnalato nell’articolo, realizzare investimenti (trovare risorse che non siano avanzo o indebitamento per finanziare spese in conto capitale).
Mario Rossi
Caro Giovanni, penso sia inutile continuare a ragionare su calcoli da ragioniere che non dicono niente perchè alla base ci sono una montagna di falsità e inganni. Siamo come la Grecia del 2008 che aveva truccato i conti per nascondere la polvere sotto il tappeto. Non si potrà mai andare verso un pareggio di bilancio finchè la macchina dello stato comprese le spese pensionistiche e gli assegni di assistenza sono un grande brodo di cultura per mancette politiche di ogni risma. Lo stato in Italia costa il doppio di quello che dovrebbe e l’economia non è più in grado di sostenerlo per il semplice fatto che il dedalo di leggine che è stato messo in piedi per sostenere il sistema ha definitivamente strozzato l’economia reale. Da molto scrivo commenti qui e da molto si continua a girare intorno al problema che è semplicemente quello che ti descrivo in queste quattro righe e non in un trattato di economia politica.