Il rilancio degli investimenti pubblici è una possibile strategia di uscita dalla crisi. Ed è anche per questo che per gli enti locali il patto di stabilità è stato sostituito con il saldo finale di competenza. Un passo in avanti, ma l’equilibrio con i vincoli di finanza pubblica rimane difficile.

La riforma del patto di stabilità

Nel 2015, la spesa pubblica per investimenti in Italia è stata inferiore di circa 17,5 miliardi di euro rispetto a quella del 2009 e, tenendo conto dell’andamento tendenziale, la perdita di capitale accumulato nell’intero periodo supera i 100 miliardi di investimenti fissi lordi (Ifl) nell’intero paese.
La crisi ha anche comportato una redistribuzione del carico degli investimenti pubblici tra i livelli centrali e i livelli locali di governo. Negli ultimi anni, i livelli periferici hanno contribuito più pesantemente al risanamento della finanza pubblica, riducendo gli investimenti più dei livelli centrali.

Grafico 1 – La componente locale e centrale degli investimenti pubblici (Ifl) (Valori %)

Fonte: Eurostat

Fonte: Eurostat

Tuttavia ora la situazione si è modificata con l’abbandono del patto di stabilità interno e la sostituzione delle norme di pareggio di bilancio (così come previste dalla legge 243/2012) con un diverso sistema di regole. Si è così intervenuti con misure espansive già dal 2015, benché le nuove regole relative al contributo degli enti al risanamento della finanza pubblica siano diventate legge nell’agosto di quest’anno (legge 164/2016). Anche la legge di bilancio 2017 concede maggiori margini di intervento agli enti locali.
Le nuove norme prevedono in primo luogo il calcolo di un unico saldo di bilancio (saldo finale di competenza) non negativo (a preventivo e a consuntivo). Come già sottolineato (qui e qui), si tratta di un passo in avanti perché raggiungere un pareggio è certo più facile che ottenere un avanzo (patto di stabilità) o rispettare una molteplicità di condizioni (legge 243/2012).

Saldo finale e risorse per la spesa

Sulla base dei consuntivi 2015, il 77 per cento degli enti riuscirebbe a rispettare il saldo finale di competenza, riportando un ammontare positivo di 5 miliardi (pari al 13 per cento delle entrate correnti). E anche considerando gli enti in disavanzo, il saldo finale della totalità delle amministrazioni comunali sarebbe positivo e pari a 3,7 miliardi di euro.
Nel corso dell’estate ha avuto luogo una lunga discussione su quali voci ricomprendere nel saldo e cioè con quali risorse finanziare la spesa. A questo proposito l’ultima legge di bilancio ha riconfermato per il 2017 l’inserimento del Fondo pluriennale vincolato (la posta che riporta all’anno le entrate e spese pluriennali) in entrata e uscita al netto delle quote derivanti da indebitamento. L’avanzo accumulato negli anni, invece, non viene compreso tra le entrate finali: si tratta di 2,5 miliardi di euro che i comuni potrebbero utilizzare negli anni successivi, ma solo compatibilmente con gli spazi di bilancio che lo stato renderà disponibili. È con legge di bilancio che il governo ne ha consentito l’utilizzo nel 2017, così come accaduto nel 2016, per interventi di edilizia scolastica e per la prevenzione di danni sismici e dissesto idrogeologico, nel limite massimo di 700 milioni di euro. Anche l’indebitamento rimane escluso dal saldo, cioè non sarà consentito finanziare gli investimenti con nuovo debito, se non nei limiti di quanto attualmente già incluso in bilancio. In altre parole, il vincolo del saldo non negativo limita la possibilità di nuovo debito alla sostituzione dell’attuale, ovvero agli importi relativi al rimborso dei prestiti.
Per far fronte a ulteriori interventi “straordinari” entrano in campo le intese regionali, ovvero accordi tra gli enti del territorio rivolti alla programmazione e al finanziamento degli investimenti, purché venga garantito un saldo non negativo dell’intero comparto territoriale (comuni, province e regioni). Le intese – che rievocano molto da vicino i vecchi strumenti di flessibilità e, in particolare, i patti orizzontali – costituiscono pertanto una grande scommessa per il futuro, mentre l’esperienza dei patti verticali, con i quali regioni e stato rendevano disponibili spazi di manovra agli enti in difficoltà, si è ormai esaurita a seguito delle riduzioni dei bilanci regionali.

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Tabella 1 – Saldo finale, avanzo/disavanzo e investimenti degli enti appartenenti a Rso – 2015 (Valori assoluti in milioni di euro e percentuali)

Fonte: elaborazioni Irpet su dati ministero dell’Interno

Fonte: elaborazioni Irpet su dati ministero dell’Interno

In definitiva, molti passi in avanti sono stati fatti con l’abolizione del patto di stabilità, ma rimane difficile l’equilibrio tra vincoli di finanza pubblica e rilancio degli investimenti.
Nel medio periodo, la struttura del saldo finale di competenza porta l’ente a tendere verso il pareggio tra entrate e spese finali, riconosciuto come l’obiettivo virtuoso della gestione amministrativa. Le risorse da destinare agli investimenti sarebbero, quindi, le entrate in conto capitale (ovvero, sostanzialmente, alienazioni patrimoniali, oneri di urbanizzazione e trasferimenti in conto capitale). A queste potranno aggiungersi gli spazi di indebitamento e di utilizzo dell’avanzo di amministrazione concessi dallo stato per la realizzazione di precisi investimenti, così come accaduto per l’edilizia scolastica nel 2016 e 2017. Molte attese vengono dunque riposte nelle intese regionali rivolte alla programmazione degli investimenti a scala territoriale, basate sul coordinamento delle disponibilità finanziarie degli enti e dei loro piani triennali.

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