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Sanzioni: alle imprese europee la multa arriva dagli Usa

Attraverso una sua agenzia, il Tesoro Usa commina multe a banche e aziende non statunitensi per violazione delle sanzioni verso alcuni stati. Finora le imprese italiane sono state risparmiate, ma le misure contro la Russia potrebbero cambiare la situazione. Il dollaro e gli scambi internazionali.

Le sanzioni e l’extraterritorialità dell’Ofac

Negli ultimi anni, sui giornali sono apparse notizie di multe salatissime pagate da grandi banche europee al governo degli Stati Uniti, come quella di 8,9 miliardi di dollari versata da Bnp Paribas. Qual è la ragione delle multe? E quali sono i rischi per le imprese italiane? Quando si parla di sanzioni, si pensa in genere ad azioni contro gli Stati (come Iran o Siria), mentre gli obiettivi principali sono singoli individui, aziende e altri attori non-statali, cosicché a violarle è chiunque fornisca certi beni e servizi a soggetti che compaiono nell’elenco dei sottoposti a sanzioni. Ogni Stato svolge attività di monitoraggio sulle aziende che operano sul proprio territorio, ma a questa regola fa eccezione il governo degli Stati Uniti, che invece esercita un controllo – extra-territoriale – anche su imprese non statunitensi. Il Tesoro americano, attraverso l’agenzia Ofac (Office of Foreign Assets Control), si occupa di far rispettare le sanzioni commerciali e finanziarie adottate dagli Stati Uniti contro individui (per esempio, terroristi internazionali o il presidente del Sudan) e aziende (dalle quelle coinvolte nel nucleare iraniano ai produttori che hanno sede in Crimea, per esempio). L’Ofac ritiene che l’utilizzo del dollaro come moneta di scambio per le transazioni internazionali vada interpretato come l’accettazione, da parte delle aziende, della sovranità americana e su questa base il governo statunitense minaccia di non permettere alle aziende europee l’uso del dollaro nelle transazioni internazionali e richiede il rispetto della legislazione americana in tema di sanzioni internazionali.

Banche, imprese e le violazioni contestate

Molte banche europee (Commerzbank, Hsbc, Credit Agricole), così come varie aziende (Cwt e Fokker) hanno firmato accordi in proposito con gli Stati Uniti. Quali trasgressioni possono giustificare le multe? Le contestazioni dell’Ofac riguardano violazioni delle sanzioni adottate dagli Stati Uniti contro Sudan, Libia, Liberia, Birmania, Cuba, Iran e il terrorismo internazionale. Per le banche, le operazioni colpite sono quelle di stripping e repairing nei pagamenti tramite swift, ovvero la rimozione volontaria di informazioni fondamentali – come nomi e indirizzi dei clienti ordinanti nonché delle banche coinvolte nelle transazioni – per eludere i controlli dell’amministrazione Usa. Alle imprese europee, invece, l’Ofac ha contestato esportazioni di beni e servizi concluse in più o meno consapevole violazione delle normative Usa. Le banche italiane non sono uscite indenni da questo processo. Banca Intesa Sanpaolo ha infatti concordato con l’Ofac il pagamento di 2,9 milioni di dollari per la violazione delle restrizioni economiche contro Sudan, Cuba e Iran. Secondo il Tesoro statunitense, l’istituto avrebbe autorizzato pagamenti destinati verso gli Stati Uniti o a entità statunitensi per conto della società Irasco, con sede a Genova, ma controllata dal governo iraniano. Ancora in stallo la posizione di Unicredit, sotto inchiesta sempre per la supposta violazione delle sanzioni contro l’Iran. Per quanto riguarda le imprese italiane, spicca il caso della vicentina Dettin. Nel 2014 era stata inserita nella lista di Specially Designated Nationals (Sdn) per una fornitura di apparecchiature destinate a impianti petrolchimici in Iran superiore al limite dei 250mila dollari fissato da Washington. In questo caso, non sono state comminate multe. Tuttavia, le aziende nella lista Sdn di fatto vengono escluse dal circuito finanziario internazionale, con conseguente impossibilità di eseguire o ricevere pagamenti e di accedere a linee di credito. L’azienda è stata rimossa dalla lista alla fine del 2015, dopo aver cessato ogni attività commerciale con l’industria petrolchimica iraniana. Le sanzioni costituiscono un sistema legislativo complicato che si snoda attraverso una stratificata struttura di norme e autorità esecutive, che arriva fino a Washington. Le aziende europee si sono accorte dell’ingombrante presenza dell’Ofac con le prime multe inflitte nel 2009; la situazione, da allora, si è complicata. Le aziende italiane sono state, per ora, colpite marginalmente; tuttavia, le recenti sanzioni alla Russia, con la quale l’Italia ha avuto un volume di affari di 21 miliardi nel 2015, e la ragnatela dei provvedimenti contro l’Iran rischiano di provocare un brutto risveglio per imprese ancora ignare della nuova dinamica sui mercati internazionali. E la recente tendenza di punire anche aziende non finanziarie, come Dettin ad esempio, suggerisce che il fenomeno è destinato a crescere.

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Tabella 1

Schermata 2016-06-03 alle 11.10.33

Schermata 2016-06-03 alle 11.10.48

Schermata 2016-06-03 alle 11.11.21

(1) La lista non include le banche svizzere Credit Suisse e Ubs multate rispettivamente per $536 mln nel 2009 e $1,7 mln nel 2015
(2) Comprende le somme pagate all’Ofac e ad altre autorità Usa, ad esempio il dipartimento di Giustizia
(3) $500 milioni nel 2010 e $40 milioni nel 2006
(4) $298 mln nel 2010 e $2,5 mln nel 2016
(5) $667 mln nel 2012 e $300 mln nel 2014
(6) $19.000 nel 2013 e $258 mln nel 2015

Questo articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it

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  1. andrea goldstein

    molto interessante, la situazione descritta spiega la difficoltà che l’Europa sta riscontrando nel riattivare il commercio con l’Iran, le grandi banche stanno chiedendo lumi a Washington che con grande ipocrisia risponde che basta fare la due diligence, senza però precisare quali sono i parametri sostanziali. poi quando sarà arrivato il momento giusto, facile scommettere che le banche USA saranno le prime ad arrivare …

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