Previsioni al ribasso nella Nota di aggiornamento al Def approvata dal Consiglio dei ministri, che riporta numeri diversi rispetto alle previsioni di aprile. Un confronto con le stime degli altri enti.
* Dato aggiornato a luglio 2016
** Dato aggiornato a settembre 2016
La crescita si fermerà allo 0,8 per cento quest’anno e all’1 per cento l’anno prossimo. Lo dicono i nuovi numeri del governo, più bassi rispetto alle stime di aprile. Da allora le condizioni sono molto diverse: la crescita a zero del secondo trimestre 2016 e le diverse fonti di incertezza nell’Unione europea (Brexit in prima linea) non potevano che peggiorare le aspettative.
La stima del Pil per quest’anno è sostanzialmente allineata a quella delle principali istituzioni economiche internazionali: coincide con quella dell’Ocse, mentre Fondo monetario e Commissione europea sono più ottimisti, anche se entrambi aggiorneranno (probabilmente a ribasso) le proprie previsioni rispettivamente a ottobre e a novembre. Contestate invece dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan le stime di Confindustria, ritenute troppo pessimiste.
Il rapporto deficit/Pil si attesterà al 2,4 per cento quest’anno e l’anno prossimo al 2 per cento. Tradito quindi l’impegno di bloccare il deficit all’1,8 per cento. Impegno preso solo sei mesi fa con la Commissione europea quando ha concesso all’Italia la flessibilità dello 0,85 per cento del Pil per i conti del 2016. Inoltre, il governo Renzi intende chiedere un’estensione di un ulteriore 0,4 per la ricostruzione post sisma e l’emergenza migranti. Concessione che si potrebbe ottenere invocando le cosiddette “circostanze eccezionali” previste dal Fiscal compact. Non si tratta quindi di una nuova richiesta di flessibilità di bilancio.
Posticipata all’anno prossimo anche la riduzione del debito pubblico, che anzi aumenta e passa dal 132,3 al 132,8 per cento del Pil. Circostanza che la Commissione europea auspicava che non si verificasse. Sempre quando ha concesso la flessibilità.
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Donato Berardi
L’analisi è parziale perchè non considera le valutazioni dei previsori professionali, e in particolare di quelli che fanno questo lavoro con indipendenza di giudizio
Donato Berardi
Cari amici de lavoce.info
Non possiamo non rilevare che l’analisi non considera le valutazioni dei previsori professionali, e in particolare degli istituti che esercitano questa professione con indipendenza di giudizio