Lavoce.info

Chi ha paura delle Ong che aiutano i migranti?

Le organizzazioni umanitarie che soccorrono in mare migranti e richiedenti asilo sono sotto accusa. Ma chi non ama il loro lavoro e sospetta trame e arricchimenti avrebbe a portata di mano la soluzione: sostenere l’iniziativa dei corridoi umanitari.

Migranti e “taxi del mare”

Un altro capitolo si è aggiunto alla tragedia del Mediterraneo e alla drammatica saga dell’arrivo di migranti e richiedenti asilo dal mare. Con una sorta di escalation delle polemiche, ora sono sotto attacco politico, giudiziario e mediatico, le organizzazioni umanitarie che li soccorrono in mare. Secondo i detrattori, sono in combutta con i cosiddetti trafficanti, addirittura con i clan della malavita e persino con organizzazioni terroristiche. Non mancano i collegamenti con Mafia capitale e l’accusa di lucrare sull’accoglienza.
Stiamo parlando di Medici senza frontiere, insignita del premio Nobel, di Moas (Migrant Offshore Aid Station), che a Lesbo donò al papa il giubbotto di una bimba annegata, di Save the Children, di Sos Méditerranée e alcune altre. Innescato da un rapporto di Frontex, l’agenzia europea di sorveglianza delle frontiere, il punto sarebbe che scambiano telefonate con i trasportatori e arrivano troppo vicino alle coste libiche per soccorrere le persone. Agirebbero come “taxi del mare”. In una fase precedente, erano le stesse navi militari dell’operazione Sophia ad arrivare a ridosso delle coste libiche. Poi hanno ricevuto l’ordine di arretrare. Nello spazio di mare rimasto pericolosamente privo di presidio umanitario, si sono inserite le navi delle Ong.
Alle accuse Medici senza frontiere ha risposto: “L’alternativa implicita nelle accuse di Frontex alle nostre operazioni di salvataggio è quella di lasciare annegare le persone come strategia per dissuadere i trasportatori”, mentre Amnesty International ha definito la campagna dell’Unione europea contro le Ong “forse il più brutale indicatore di come i leader europei stiano voltando le spalle ai rifugiati”. Le organizzazioni hanno fatto notare che la distruzione delle barche degli scafisti da parte della missione Sophia li induce ora a usare natanti sempre più fragili e inadatti a tenere il mare: ciò richiede di arrivare il prima possibile a trarre in salvo i migranti. Si sta verificando un inasprimento dello schema (riportato sotto) individuato tempo fa da Jorgen Carling, uno dei maggiori esperti dell’argomento. In altri termini: l’accresciuta repressione peggiora le condizioni di viaggio e fa aumentare il numero delle vittime. Le Ong cercano di contrastare il fenomeno.

Leggi anche:  L'integrazione delle seconde generazioni passa dal sei in italiano

Figura 1

Una mediazione indispensabile

Si può aggiungere: le barche dei migranti sono di solito condotte da tre persone. Una tiene la bussola, la seconda il timone, la terza un telefono satellitare con cui chiamare soccorsi. I cosiddetti scafisti, come ormai ammettono le stesse fonti ufficiali, sono sempre più spesso altri migranti e richiedenti asilo che vantano qualche competenza nautica e in tal modo risparmiano sul costo del trasporto. Tra gli arrestati allo sbarco, figurano non di rado anche minorenni (quattro tra gli arrestati in questo primo scorcio del 2017).
Può non piacere, ma si verifica un’oggettiva convergenza d’interessi fra passatori interessati a liberarsi del loro carico umano il più in fretta e con meno costi possibili e organizzazioni non governative interessate a salvare vite umane. Interventi meno tempestivi e meno vicini alla costa libica provocherebbero di sicuro maggiori perdite.
Si potrebbe poi allargare lo sguardo. La contrapposizione tra stati che ufficialmente hanno chiuso le frontiere e migranti che in un modo o nell’altro sono insediati sul territorio senza titoli di soggiorno validi (entrati perlopiù non dal mare, ma con visti turistici, se necessari) è mediata e attutita da varie istituzioni che forniscono servizi necessari senza chiedere documenti: gli ambulatori che dispensano cure mediche grazie a medici volontari, le scuole d’italiano per stranieri (una rete si chiama “Scuole senza permesso”), le mense per persone in difficoltà. Anche vari enti pubblici locali entrano in gioco, consentendo per esempio di accedere ai dormitori anche a chi è privo di regolari documenti. Senza queste forme di tolleranza, le persone rischierebbero di non ricevere cure, cibo, ricovero notturno nei mesi invernali, con gravi conseguenze. Potrebbero morire perché prive di un documento.
Negli Stati Uniti, le “città rifugio” attuano politiche dichiarate di accoglienza. Si sono contrapposte alle misure restrizioniste del presidente Trump, che a sua volta ha minacciato tagli dei fondi federali. Complottisti e “cattivisti” di casa nostra dicano chiaramente se vogliono incamminarsi sulla stessa strada, perseguendo attivisti, volontari e religiosi, tagliando i fondi ai comuni che accolgono senza discriminare, sospendendo le missioni di salvataggio.
Per quanto riguarda gli sbarchi, chi non ama le Ong e il loro lavoro, chi sospetta trame e arricchimenti, avrebbe a portata di mano una soluzione: sostenere e allargare l’iniziativa dei corridoi umanitari. Niente più rischiosi viaggi in mare, niente più scafisti e neppure salvataggi da parte di navi militari e organizzazioni umanitarie.

Leggi anche:  Se gli anziani sono anti-immigrati il motivo è politico

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Torna di moda lo ius scholae

Precedente

Decreto Minniti-Orlando: i limiti di una riforma necessaria

Successivo

Il Punto

14 commenti

  1. Franco

    “Può non piacere, ma si verifica un’oggettiva convergenza d’interessi fra passatori interessati a liberarsi del loro carico umano il più in fretta e con meno costi possibili e organizzazioni non governative interessate a salvare vite umane.” <– Ha appena descritto il "concorso esterno" Ambrosini. Che romantico chiamare le mafie libiche "passatori".

  2. filippo aleati

    In Italia sbarcano soprattutto persone provenienti da paesi africani. Le provenienze più rappresentate nei circa 181 mila migranti arrivati nel 2016 sono: Nigeria (21%), Eritrea (12%), Guinea, Gambia e Costa d’Avorio (7%), Senegal (6%), Sudan e Mali (5%). Solo una piccola minoranza sono rifugiati che scappano da guerre e persecuzioni.Pertanto i corridori umanitari hanno senso, funzionano e sono accettati dalle comunità accoglienti solo come soluzione tattica per risolvere emergenze. Di fronte alla sproporzione dei numeri demografici e di distribuzione delle risorse tra Nord e Sud del mondo serve una strategia di lungo con investimenti locali la da dove le persone fuggono per trovare migliori condizioni di vita. Diversamente la riallocazione di grandi masse nel tempo può eccedere il fabbisogno di immigrati necessari a bilanciare gli effetti sul mercato del lavoro (e sulla società ed economia tutta) portati dall’invecchiamento della popolazione nei paesi dell’Occidente.Con effetti gravi sulla coesione sociale e derive nazionalistiche e protezionistiche. Perchè non allora una doppia leva già nei luoghi di partenza: investimenti per chi può e decide di rimanere, selezione di quelli che che vogliono emigrare in base alle opportunità del paese di accoglienza. FMI,BEI e altre istituzioni possono raccogliere e convogliare le risorse invece di sostenere costi improduttivi: l’Italia spende 3 miliardi all’anno soprattutto per le lunghe permanenze nei centri di accoglienza dei migranti.

  3. Serlio

    Aumentare i corridori umanitari e chiudere tutte le altre strade; l’una senza l’altra non funziona. poi definire un futuro per questi signori che arrivano in Italia: non possono certo essere mantenuti dalla collettività che poi trascura coloro che già vivono in questo paese in gravi difficoltà. Occorre in altri termini una politica complessiva, una strategia dichiarata e definita, non frasi vuote come “accoglienza”. Non è certo un problema di facile soluzione, altrimenti anche i Renzi di turno l’avrebbero trovata… Ma occorre anche che questi signori imparino leggi e usi di questo paese, a questo si conformino e adattino e non viceversa, che comprendano che ci dovrebbero essere grati per averli accolti e aiutati, ma con un termine (12-24 mesi) altrimenti fuori. Certo alcuni non si sa nemmeno da dove vengono, ma i corridoi umanitari sono per i siriani o per tutti gli africani? di cosa parla l’autore? arrivano da tutta l’Africa e non possiamo accoglierli tutti…. Ma è il secondo tempo quello che conta, ciò che accade dopo che sono giunti nel nostro paese che è veramente importante e di cui l’articolista non parla.

  4. Marcomassimo

    C’è una terza possibilità: salvare tutti e poi, come dice il diritto del mare, sbarcarli nei porti più vicini; dato che ormai le ONG operano molto distante dall’Italia i porti più vicini sono in Libia, in Tunisia, a Malta; si potrebbero allestire grosse strutture umanitarie in questi paesi adeguatamente sovvenzionate in modo fra l’altro da creare occasioni di lavoro colà.

  5. Andrea Bosi

    Nell’analisi del dott. Ambrosini mancano (probabilmente per una pura incompatibilità temporale) riferimenti e considerazioni riguardo alla possibilità che le ONG ricevano non già solo informazioni ma anche finanziamenti dalle organizzazioni criminali libiche, come adombrato oggi dal procuratore di Catania Zuccaro.

    Sarei interessato inoltre a sapere inoltre l’opinione del Prof. riguardo alla gestione nazionale di eventuale corridoio umanitario.
    La pressione dei flussi migratori è nota, tanto quanto l’incapacità (o impossibilità?) dell’Europa di farsene apertamente carico. Se dal punto di vista strettamente umanitario è più che comprensibile la motivazione dietro l’eventuale istituzione di un corridoio, chiederei al Prof. di spiegare come potrebbe uno stato come l’Italia gestire dal punto di vista socio economico gli spaventosi numeri che le si porrebbero dinanzi a fronte di una tale ipotesi.
    Viene da chiedersi se non sia da considerarsi più efficace per scoraggiare le partenze, nel breve termine, la comunicazione di una totale e incondizionata indisponibilità dell’Italia ad accogliere i migranti, impedendo fisicamente gli sbarchi e riportando nei porti di partenza ogni singolo viaggiatore. Le pressioni migratorie non cambierebbero ma non sarebbero poi riconsiderate le rotte? Nel breve termine non ci sarebbe una riduzione delle partenze e così delle morti?

    • Salvatore Recupero

      Il sig. Andrea Bosi , come appare evidente, ha una soluzione al problema ” immigrazione “. E’, parole sue, l’ “incondizionata indisponibilità dell’Italia ad accogliere i migranti, impedendo fisicamente gli sbarchi”. E’ altrettanto evidente che il sig. Bosi non ha la benchè minima nozione della secolare storia dei nostri emigranti , cui era opportuno , a suo dire, negare lo sbarco onde evitare l’invasione straniera, come è solito dire, Matteo Salvini. Certi giudizi, atteggiamenti e prese di posizione, appartengono, in realtà, alla cultura razzista e fascista ,

  6. Alberto Gobbi

    l’immigrazione ha un doppio guadagno , prima si traghettano per 400 kilometri fino all’Italia prendendoli sottocosta dai trafficanti libici , si scaricano alla cooperativa di amici e poi in un futuro gli si da il voto per elezioni comunali , vedi elezioni comunali di Milano che Sala ha vinto con i voti della comunita mussulmana e della comunita’ cinese.

  7. Dario

    Il dott. Ambrosini, e chi la pensa come lui, fa finta di non capire che l’accoglienza ha un limite e non può essere infinita. Bisogna rendersi conto che prima o poi bisognerà bloccare l’arrivo di migranti e anche di richiedenti asilo con qualunque mezzo. Bisogna rendersi conto che in Italia non c’è lavoro e ce ne sarà ancora di meno in futuro (robot e globalizzazione), i nuovi arrivati saranno quasi tutti eterni disoccupati in carico fino alla morte all’assistenza pubblica, inoltre si trascura gli sconvolgimenti profondi del tessuto sociale a causa dell’eccessiva diversità dei nuovi arrivati, per razza, usi e religione. I nuovi arrivati, inoltre, non vogliono adeguarsi alle leggi del paese che li accoglie e li mantiene e vogliono invece imporre le loro leggi e i loro usi e costumi a tutti noi. In sintesi, se si ragiona con la logica, anche se penoso, risulta chiaro che bisogna bloccarli adesso con qualsiasi mezzo, rendiamoci conto che gli arrivi non si fermeranno mai da soli (la sola Nigeria avrà centinaia di milioni di abitanti in più in pochi decenni), le organizzazioni umanitarie dovrebbero rivolgere i loro sforzi nel cercare di ridurre l’esplosione demografica del continente Africano invece di traghettare migranti.

    • Massimo

      Giustissimo Dario, peccato che questo discorso di buon senso venga respinto con toni isterici; una parte, secondo me minoritaria ma comunque consistente, dell’opinione pubblica ritiene possibile e anzi auspicabile lo sversamento di Africa e Asia (arrivano a frotte dal Bangladesh!) in Europa. Discutere è inutile, dovremmo solo contarci democraticamente, perché non è possibile che su un fatto di queste dimensioni una sedicente democrazia non faccia parlare i cittadini; ma qualcosa mi dice che un referendum sul tema non ci sarà mai, perché la risposta non sarebbe quella che fa comodo alle élite.

  8. Anto

    Grazie mille per la chiara presa di posizione, ma sono convinta che il punto sia politico, prima ancora che legale o di obiettiva considerazione dei fatti. C’è una parte di opinione pubblica (e di politica) europea e italiana che ha come priorità quella di tenere lontani i migranti, e ritiene di potersi legittimamente lavare le mani dal dovere di soccorrere nonostante la lampante impossibilità di frenare i flussi in tempi certi e ragionevoli. Anzi, proprio per questo: ammettere che i margini di gestione del fenomeno sono molto ridotti significa assumersi una responsabilità e trarne le conseguenze. In questa fase la delegittimazione delle ong – e indirettamente delle istituzioni italiane che le assistono e coordinano – maschera il disimpegno come un atto dovuto di giustizia e sicurezza ed evita l’assunzione diretta di quella responsabilità (dei morti in mare e del destino dei migranti in Libia). Una responsabilità che invece, per fortuna e tra mille contraddizioni, fino ad oggi il mio paese ha ritenuto di doversi caricare sulle spalle. Spero che non cambi idea.
    A proposito, le tesi pseudo-complottiste sarebbero il massimo dell’umorismo, se non fossero tragiche: mi ricordano tanto una vecchia battuta di Guzzanti-Vulvia: “Cavalieri: cosa li spingeva? Chi c’è dietro? Spingitori di cavalieri su Rieducational Channel!”

  9. erio

    migranti con la M MAIUSCOLA a cui spetta tutto di diritto:lavoro,casa,assistenza, corridoi umanitari oppure possiamo aiutarli a casa loro…!!!!!…

  10. Giorgio Ponzetto

    Se è sbagliato colpevolizzare indiscriminatamente tutte le ONG, è altrettanto sbagliato ignorare, come si fa nell’articolo, che esistano almeno due problemi.
    1) Non tutte le ONG sono uguali. Accanto a quelle serie e trasparenti ce ne sono altre che lasciano margini di dubbio sulla loro attività.
    2) Obiettivamente la presenza delle navi a poche miglia dalla costa libica rappresenta, al di là delle intenzioni, un incentivo al traffico di esseri umani. L’alternativa dei corridoi umanitari proposta nell’articolo ha un senso ed è realisticamente praticabile solo se si riesce contestualmente a fermare o quantomeno limitare i flussi via mare, ad esempio mediante il blocco dei porti di partenza che il governo libico non riesce o non vuole controllare.

  11. Mar Pisa

    Vedo con piacere che altri prima di di me, pur riconoscendo l’autorevolezza di Ambrosini, evidenziano che il ragionamento seguito dall’autore dell’articolo ha dei limiti consistenti, soprattutto, nel fatto che non si tiene adeguatamente conto di almeno due fattori:
    1. L’accoglienza degli emigranti (o migranti che dir si voglia) ha un limite costituito dalla capacità organizzativa e, principalmente, economica del nostro Paese.
    2. Se veramente si vuole aiutare queste persone e questi popoli, non dovrebbe sfuggire a tanti autorevoli studiosi che è necessario operare nei Paesi dai quali questi soggetti provengono e solo così si salverebbe la loro dignità di popolo e di esseri umani.
    La “accoglienza” fatta come si opera attualmente costituisce solo un vantaggio per gli operatori, sia esso economico o di visibilità o politico o comunque lo si voglia concepire; al contrario, per i cittadini dei Paesi cd. “ospitanti” le conseguenze sono onerose, mentre per gli emigranti, in tanti casi, possono essere assimilate allo schiavismo di qualche secolo fa.
    Per quanto riguarda, poi, l’attività delle ong, credo che il rapporto Fronte abbia descritto in modo anche circostanziato le responsabilità delle varie organizzazioni che col loro comportamento, per lo meno, facilitano lo sviluppo di un fenomeno che va scoraggiato. Tale rapporto è assolutamente obiettivo è non si presta a essere interpretato, a meno che non ci si voglia nascondere dietro a un dito. Ma questa è una prerogativa dei politici.

  12. Stefano

    Le ONG son talmente oneste che è arrivato Soros a incontrare segretamente Gentiloni.

    Che vergogna, sovvertita la democrazia da quattro finanzieri globalisti.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén