I partiti maggiori sembrano aver trovato l’accordo sulla nuova legge elettorale. Dovrebbe ricalcare il sistema tedesco, ma se ne discosta su punti fondamentali. Tanto che candidati vincitori nei collegi uninominali potrebbero essere esclusi dal parlamento.
Sistema tedesco?
Immaginate di entrare in un ristorante a Berlino, trovare sul menù una “vera pizza italiana” e scoprire che la mozzarella è stata sostituita dalle sottilette e che insieme al prosciutto ci sono anche fettine di ananas. Ebbene, un cittadino tedesco avrebbe la stessa reazione se fosse a conoscenza del dibattito italiano sulla legge elettorale. Cominciamo quindi subito dalla conclusione: quello di cui si discute e su cui pare ci si l’accordo di tutti i principali partiti italiani non è il sistema elettorale tedesco. Chissà perché chiamarlo così: un’operazione di marketing? Improvvisamente, la Germania è diventata un modello per i politici italiani?
Il sistema tedesco prevede infatti l’elezione diretta per il solo Bundestag; il 50 per cento dei seggi è assegnato ai partiti con legge proporzionale su lista bloccata per ogni stato (länder) e l’altro 50 per cento con maggioritario puro in collegi uninominali nei quali ogni länder è suddiviso. Tuttavia, il numero dei seggi totali che spettano a ciascun partito è in larga parte determinato dal risultato nella parte proporzionale. Se un partito ottiene il 40 per cento dei suffragi a livello nazionale su base proporzionale, allora ha diritto a 40 deputati eletti in quel länder. Se il partito vince in meno di 40 collegi uninominali, riempie i posti rimanenti con i primi della lista proporzionale in quella regione. Se invece il partito vince in più di 40 collegi uninominali, i posti in più non vanno persi, ma si aggiungono al numero dei parlamentari. La dimensione del Bundestag è quindi variabile.
È anche previsto il voto disgiunto: un elettore può votare al collegio uninominale per un candidato del partito x, ma al proporzionale per il partito y. Accede alla ripartizione dei seggi la lista che supera, a livello nazionale, il 5 per cento dei voti o che ottiene almeno tre seggi nei collegi uninominali. Il sistema elettorale si inserisce poi in un meccanismo istituzionale diverso da quello italiano; per esempio, la sfiducia costruttiva consente al Bundestag di sostituire un governo solo se c’è una maggioranza alternativa.
La proposta sul tavolo in Italia
Della proposta di cui si parla con tanta insistenza sulla stampa non esiste ancora un testo e quindi si discute più che altro sulla base di indiscrezioni. Come il sistema tedesco, anche la proposta italiana configura un sistema proporzionale con il 50 per cento dei seggi attribuiti con collegi uninominali. Ma c’è una differenza importante: il parlamento italiano ha una dimensione fissa, definita dalla Costituzione, e dunque non si possono aumentare i seggi per compensare i vincitori della parte uninominale in eccesso a quella proporzionale. Ma allora cosa succede se un partito ottiene più seggi dalla parte uninominale di quelli che gli spetterebbero in base alla parte proporzionale? Da quanto si legge sembrerebbe che solo quest’ultima debba contare per l’attribuzione dei seggi. Come si farà dunque a decidere a chi attribuire il seggio tra i candidati vincitori nei collegi uninominali in eccesso? Qualunque meccanismo apparirebbe arbitrario e potrebbe sollevare problemi in sede di verifica costituzionale.
Ci sono però anche altre differenze importanti. Per esempio, pare non sia previsto il voto disgiunto. E solo la soglia del 5 per cento determina chi ottiene seggi, non è previsto alcun recupero delle liste che vincono almeno tre collegi uninominali. Ne segue che un partito debole a livello nazionale, ma forte a livello locale, verrebbe escluso dal parlamento anche se vincesse diversi seggi. Sembrano tutte scelte che vanno nella direzione di rafforzare le preferenze dei partiti rispetto a quelle degli elettori.
Le conseguenze
Dobbiamo aspettare il testo per capire se e come verranno risolti questi problemi tecnici, che poi tanto tecnici non sono. Ma alcune conseguenze del nuovo sistema sono già prefigurabili. Intanto, la proposta depotenzia nettamente il collegio uninominale: candidati vincenti e scelti direttamente dagli elettori rischierebbero di venire esclusi, scavalcati da quelli inseriti in liste bloccate. Nella peggiore delle ipotesi, ci potrebbero essere partiti che, pur conquistando vari collegi uninominali, resterebbero comunque fuori dal parlamento perché troppo piccoli per raggiungere la soglia nazionale. Non è un bel risultato se si vuole ricostruire un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori.
Per quanto riguarda la governabilità, il meccanismo ha il pregio di ridurre la frantumazione del parlamento (se la soglia rimarrà al 5 per cento) ma lasciando in campo forze molto polarizzate. Non è neanche detto che le maggioranze possibili siano le stesse alla Camera e al Senato, visto che gli elettori non sono gli stessi. E gli accordi si faranno dopo le elezioni, sulla base dei risultati, non prima: i cittadini non potranno quindi scegliere tra proposte politiche alternative. Nel complesso, davvero una brutta proposta.
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Henri Schmit
Non condivido un presupposto implicito o un’insinuazione dell’articolo che ridicolizza una proposta di legge elettorale che pretende ispirarsi al modello tedesco. Gli autori fanno come se il modello tedesco fosse valido e la replica italiana necessariamente zoppa. Ma non è così. Qualsiasi replica necessita aggiustamenti, non necessariamente peggiorativi. Basterebbe separare completamente i due elementi (uninominale e proporzionale) e la versione italiana sarebbe decisamente migliorativa rispetto al modello. Ma è il modello stesso che è profondamente viziato. Funziona solo perché in Germania c’è la sfiducia costruttiva. Il parlamento italiano quasi unanime si appresta ad approvare un progetto 1. che mette tutti (i partiti) d’accordo perché gradiscono le liste bloccate, 2. che non favorisce la governabilità perché manca la sfiducia costruttiva (già clamorosamente assente nell’ominosa riforma bocciata il 4 dicembre) e 3. che dietro l’alibi d’ispirarsi alla presunta best practice, perpetua in gran parte il vizio più grave delle due ultime normative entrambe censurate (ma per altre ragioni!) dalla Corte costituzionale.
Paolo Balduzzi
L’articolo ironizza sul fatto che si voglia spacciare per tedesco ciò che tedesco non è, per non si sa quale ragione. Non prende una posizione a favore o meno del modello tedesco ma è critico sugli elementi che sembrano caratterizzare la proposta italiana. La nostra posizione sul dibattito è espressa chiaramente qui: http://www.lavoce.info/archives/47100/mattarellum-la-legge-piu-semplice/
Henri Schmit
Forse sono troppo negativo. Ma ho capito perfettamente. Il Mattarellum è solo un po’ meno proporzionale e un po’ meno basato su candidature bloccate della (pessima) normativa tedesca vigente. Mattarellum e la nuova proposta ora discussa in aula replicano entrambi i vizi, uno assoluto, le liste bloccate, l’altro relativo, l’eccessiva ricerca del vano proporzionalismo.
Francesco Tedeschi
Il Mattarellum è un sistema complesso, tanto nominato, quanto poco conosciuto: basti ricordare che il sistema della Camera è diverso da quello del Senato; ha tanti difetti, è vero ma è collaudato, ha dimostrato di funzionare nella terza e ultima votazione ma, a mio parere, ha un grande pregio: è un sistema “neutrale”, perché non legato alle convenienze dei partiti attuali.
poiché obbliga i candidati a confrontarsi sul campo e non nei salotti televisivi, è evidente la ripulsa, anche di chi, a parole – ovviamente, si è detto favorevole…
L’uninominale di collegio a doppio turno è quello che ci serve e domenica ne avremo l’ennesima dimostrazione. Il problema è un altro: chi non vuole vincere=governare, non approverà mai un sistema elettorale che lo consenta. Il voto prima della legge di bilancio è un atto di codardia politica e questo dato di fatto non è cosi ignoto come sembra…
Henri Schmit
Sono d’accordo. Ma il Mattarellum (che aveva 25% di nominati più lo scorporo per renderlo più proporzionale) è morto da quando la Consulta ha negato la possibilità di reviviscenza. Condivido la retrologia sulla contrarietà del m5* all’uninominale con ballottaggio. Purtroppo nemmeno il PD che ne trarrebbe grande vantaggio lo difende. Perché? Teme l’assenza di nominati?
Marisa Manzin
La descrizine del sistema tedesco non è corretta. Il 50% non c’entra. Vi potete informare anche semplicemente su wiki:
https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_elettorale_tedesco
Paolo Balduzzi
Grazie mille per l’osservazione.
Tuttavia, anche leggendo il link proposto troviamo conferma che il Bundestag è composto da 598 seggi e che il Paese è diviso in 299 collegi uninominali. Di norma (salvo le eccezioni che menzioniamo) chi vince in un collegio uninominale è membro del Parlamento: quindi metà dei seggi (il 50%, appunto) è assegnata ai vincitori dei 299 collegi uninominali in cui è diviso il Paese. Il restante 50% è quindi è ripartito secondo le liste della parte proporzionale. La quota totale di seggi di un partito è determinata dal voto nella parte proporzionale.
Vero: la dimensione della Camera può essere variabile, ma non capiamo dove la frase “il 50 per cento dei seggi è assegnato ai partiti con legge proporzionale su lista bloccata per ogni stato (länder) e l’altro 50 per cento con maggioritario puro in collegi uninominali nei quali ogni länder è suddiviso” risulti errata.
Se potesse essere più precisa le saremmo davvero molto grati: non si finisce mai di imparare.
Piero Borla
Tutti pazzi per il sistema tedesco. Ma limitatamente alla ‘formula elettorale’, ossia al modo di trasformare i voti in seggi (proporzionale con soglia al 5%). Per quanto riguarda la stabilità e operatività del governo, qualcuno ricorda che in Germania esistono a questo fine nella costituzione apposite norme; che in Italia mancano.
Malgrado le polemiche su liste bloccate/preferenze, e sui parlamentari ‘nominati’ dall’alto, nessuno esprime richiami al sistema tedesco in punto designazione dei candidati alle elezioni. In Germania hanno liste bloccate sì, ma compilate con metodi che oscillano fra vere e proprie primarie ‘chiuse’ (riservate agli iscritti al partito) e congressi straordinari.
Le candidature, sia nei collegi uninominali sia per le liste di Land, escono da un procedimento stabilito per legge e caratterizzato da:
– votazioni a scrutinio segreto
– inderogabilità del risultato delle votazioni (prevalenza della base; scarsissima possibilità di intervento del gruppo dirigente nazionale)
– tutela della legge penale sulla regolarità delle procedure
Si fa ancora in tempo a introdurre qualcosa del genere ?
Francesco Tedeschi
In via preliminare, una precisazione: la descrizione del sistema tedesco è corretta: si veda il dossier della Camera dei Deputati, pubblicato lo scorso febbraio: http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Testi/ac0146.htm.
Nel merito, c’è poco da dire: una legge elettorale di corto respiro, priva di quella visione di garanzia di rappresentanza e governabilità, fondata sulla reale volontà degli elettori, quindi inutile. La conferma è data dal fatto – inoppugnabile – che nulla è stato detto su chi, la sera delle elezioni, potrà proclamarsi vincitore e quindi governare. Le chiacchiere, oltre ad essere inutili, in questo caso hanno un costo e questo è un lusso che non possiamo permetterci, visti gli scenari futuri che ci aspettano.
Maurizio Cocucci
Ci sono due passaggi che non sono proprio corretti. il primo è questo: “il numero dei seggi totali che spettano a ciascun partito è in larga parte determinato dal risultato nella parte proporzionale.”. Il numero dei seggi che spetta a ciascun partito è assegnato solo, non in larga parte, sulla base del secondo voto, quindi su base proporzionale e corretta per effetto dell’esclusione di quei partiti che non hanno superato la soglia prevista. Forse avete inteso dire questo ma così come è scritto non appare chiaro.
La seconda osservazione riguarda la parte successiva: “Se un partito ottiene il 40 per cento dei suffragi a livello nazionale su base proporzionale, allora ha diritto a 40 deputati eletti in quel Länder (che sarebbe Land perché Länder è il plurale)”. Anche qui non è chiaro e rispecchiante esattamente il processo. Ogni Land ha un numero prefissato di seggi e ogni partito ha diritto a tanti seggi quanti il secondo voto (quello dato ai partiti) decreta su base proporzionale. Al totale assegnato vanno conteggiati quelli ricevuti con il primo voto, ovvero ai candidati e quindi con il mandato diretto. Se i mandati diretti fossero inferiori ai seggi assegnati il partito compensa la differenza in base alla lista bloccata. Se invece il partito ha ricevuto più seggi con il primo voto di quanti ha diritto, il numero totale dei seggi assegnato a quel Land viene aumentato e questi distribuiti in modo tale che alla fine le percentuali rispecchino l’esito proporzionale.
Francesco Tedeschi
Il mattarellum può risuscitare per via parlamentare; la negazione della reviviscenza era legata ad una totale abrogazione del “porcellum”. Lo scorporo era previsto solo per l’elezione della Camera, come pure le “liste civetta”. Il 25% di nominati, svolgeva la funzione di “diritto di tribuna” delle minoranze.
Il “Mattarellum” modello Senato e una diversa ripartizione della quota proporzionale è indubbiamente meglio della proposta naufragata ieri. Il PD ha perso il contatto con il territorio, con la gente; il M5S crede di surrogare tale contatto con internet. Il collegio impone una presenza e un dialogo insuperabili da questo tipo di partiti. La crisi non è nelle istituzioni, ma nella rappresentanza politica. Si nega l’evidenza e quindi si cercano, invano, soluzioni nei sistemi elettorali proporzionali.
Uno scenario simile si è visto durante la 4^ Repubblica Francese e anche questa è un’evidenza che si continua a negare…