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Perché servono gli European safe bond

La Commissione europea ha proposto l’introduzione di “titoli di stato sintetici” nell’area dell’euro, prodotti con un processo di cartolarizzazione. Non sono gli Eurobond. Ma potrebbero essere importanti per la stabilità finanziaria dell’Eurozona.

Debiti pubblici nell’area euro

L’area dell’euro non dispone di debito pubblico sicuro comparabile con quello degli Stati Uniti, nonostante le due economie abbiano grandezza simile e mercati finanziari a uno stadio di sviluppo affine. Gli stati dell’area dell’euro emettono debito pubblico con caratteristiche diverse di rischio e di liquidità. Solo in cinque – Germania, Paesi Bassi, Austria, Finlandia e Lussemburgo – il debito pubblico ha rating AAA per entrambe le maggiori società di valutazione, Moody’s e S&P. Nel 2015, il valore nominale del debito pubblico dei cinque paesi era pari a 1.900 miliardi di euro (18 per cento del Pil dell’area dell’euro). Nello stesso anno, il valore nominale del debito pubblico degli Stati Uniti ammontava a 11.700 miliardi di dollari (65 per cento del Pil statunitense).

La scarsità di debito pubblico sicuro in Europa e la sua distribuzione asimmetrica tra gli stati europei creano due problemi.

Il primo nasce dal fatto che la regolamentazione bancaria europea non penalizza in alcun modo l’investimento in titoli rischiosi di debito pubblico da parte delle banche, che perciò tendono a concentrare gli investimenti in debito pubblico in titoli del proprio paese, anche qualora siano rischiosi. Ciò tende a creare la possibilità di un circolo vizioso: se i titoli di stato del paese X si deprezzano, le banche di quel paese subiscono perdite sui titoli di loro proprietà, il che riduce la loro solvibilità e può indurre lo stato a intervenire per ricapitalizzarle; a sua volta, ciò farà indebolire ancor più i conti pubblici del paese X e farà deprezzare ulteriormente il suo debito pubblico. E così via, in un circolo in cui la crisi dello stato aggrava quella delle banche e la crisi delle banche aggrava quella dello stato, come si è visto in Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna nel 2011-12.

Il fatto che solo pochi stati europei emettano debito pubblico che le società di rating e i risparmiatori considerano come privo di rischio crea anche un altro problema: le situazioni di crisi scatenano fughe di capitali in cerca di sicurezza, il che peggiora ancor più la situazione dei paesi in crisi. Anche sotto questo profilo, si tende a generare un circolo vizioso che aggrava gli effetti dello shock iniziale.

Soluzione per il circolo vizioso

Questi due problemi economici ne creano a loro volta un terzo, di natura politica: poiché attualmente il debito pubblico sicuro è emesso solo da pochi paesi europei, tra cui soprattutto la Germania, cercare di stabilizzare le banche dei paesi più vulnerabili incoraggiandole a detenere debito pubblico più sicuro equivale a incoraggiarle a detenere debito pubblico tedesco anziché quello nazionale, il che rischia di far ridurre i prezzi e far aumentare i tassi di interesse sul debito pubblico del loro paese. Ciò ha fatto sì che paesi come l’Italia e la Spagna abbiano finora osteggiato riforme della regolamentazione prudenziale delle banche che penalizzino il loro investimento in debito pubblico rischioso.

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Per superare l’impasse, è necessario creare un titolo che sia 1) sicuro, e quindi possa esser detenuto dalle banche senza rischi, ma anche 2) europeo (e non emesso solo da alcuni stati europei) e al tempo stesso 3) capace di non creare una responsabilità solidale tra questi stati, esponendo per esempio i cittadini tedeschi al rischio di dover pagare debiti contratti dallo stato italiano. La proposta degli European Safe Bond (Esb), descritta da Markus Brunnermeier, Sam Langfield, Marco Pagano, Ricardo Reis, Stijn Van Nieuwerburgh e Dimitri Vayanos, mira proprio a soddisfare tutti e tre i requisiti.

L’idea è creare un portafoglio ben diversificato di debito pubblico degli stati dell’area dell’euro e cartolarizzarlo emettendo al suo posto due titoli, uno più sicuro – detto appunto Esb – e l’altro più esposto al rischio di insolvenza da parte degli stati emittenti – detto European Junior Bond (Ejb). Il titolo più sicuro si gioverebbe non solo della protezione derivante dalla diversificazione del rischio, ma anche da quella assicurata dall’esistenza di un titolo subordinato (l’Ejb), che in caso di insolvenza da parte di uno stato fungerebbe da “cuscinetto”, assorbendo per primo le perdite.

Ci si potrebbe chiedere perché la semplice diversificazione del rischio di insolvenza degli stati sovrani non sia sufficiente a garantire il livello desiderato di protezione da tale rischio. Perché è necessaria anche la protezione assicurata dalla segmentazione, cioè dalla presenza di un titolo subordinato come l’Ejb? La risposta è che in alcune circostanze la diversificazione di portafoglio può diventare un veicolo di trasmissione del rischio invece che una fonte di protezione. Se le banche di tutti i paesi dell’area euro detenessero lo stesso portafoglio ben diversificato di titoli di stato, l’insolvenza di uno degli emittenti, specie se grande come quello italiano, farebbe deprezzare il portafoglio, e potrebbe così mettere a repentaglio la stabilità di tutte le banche dell’Eurosistema, non solo di quelle dello stato in crisi. Se invece il titolo detenuto dalle banche è protetto anche dalla presenza di un titolo subordinato, e non solo dalla diversificazione del rischio, la probabilità di “contagio” sarebbe molto minore, e potrebbe essere perfino azzerata.

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Quindi, la cartolarizzazione di parte del debito pubblico degli stati dell’Eurosistema consentirebbe di creare una “forma sintetica” di debito federale europeo sicuro, lasciando al tempo stesso per intero sulle spalle di ciascuno stato la responsabilità di far fronte al proprio debito nazionale.

L’introduzione del nuovo strumento finanziario, sia pure con il nome un po’ diverso di Sovereign Bond-Backed Securities (Sbbs), è oggi all’esame dei politici europei e potrebbe essere un elemento importante – anche se ovviamente non l’unico – per completare l’edificio ancora incompiuto dell’Unione bancaria europea e così mettere al sicuro stati e banche da crisi come quella che ha minacciato la sopravvivenza stessa della moneta unica nel 2011-12. Un gruppo di lavoro dell’European Systemic Risk Board sta attualmente analizzando i problemi relativi all’introduzione del nuovo strumento finanziario e presenterà uno studio di fattibilità nel dicembre 2017. Il 31 maggio la Commissione europea ha pubblicato un Reflection Paper on the Deepening of the European and Monetary Union, nel quale fa propria la proposta degli Sbbs.

Tuttavia, come spesso accade nell’Unione europea, i contrasti non mancano. La proposta è vista con sospetto dal governo tedesco, che teme che l’introduzione degli Sbbs possa essere il primo passo verso veri e propri Eurobond, emessi congiuntamente dagli stati membri, e quindi verso la “solidarietà fiscale” tra stati. E in verità lo stesso documento della Commissione UE alimenta questo timore, in quanto presenta l’introduzione degli Sbbs come una prima mossa in questa direzione. È ironico che il vero ostacolo all’adozione di un titolo europeo sintetico, disegnato proprio in modo da non creare “solidarietà fiscale” tra gli stati europei, sia l’aspettativa che la sua introduzione possa condurre a questo stadio ulteriore –fortemente desiderato da paesi come la Francia e l’Italia e altrettanto fortemente temuto da paesi con finanza pubblica solida come la Germania.

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  1. Rony Hamaui

    L’idea è certamente molto interessante e potrebbe (se ho capito bene) essere messa in atto da una qualsiasi banca d’investimento senza che nessun organo ne dell’Unione ne dei singoli stati possa avere nulla da obiettare.
    Rimene il dubbio, perché il settore privato non ha ancora emesso un simile titolo? Forse perché la domanda di questo tipo di strumento non è poi così forte? Forse perché ogni investitore preferisci costruirsi il suo portafogli? (Una sorta di Modigliani Miller)?

  2. Federico Leva

    Della proposta non capisco due cose: quale ammontare del debito si pensa che un simile meccanismo possa assorbire; se si prevedono riduzioni dei tassi di interesse pagati dagli stati.

    Il vantaggio politico principale di questa proposta, se non erro, è che non incentiva nuova spesa pubblica a debito e che le banche potrebbero tornare a guadagnare dai titoli di stato. Al momento infatti le banche tedesche si lamentano che l’eccesso di domanda sui Bund riduce i guadagni facili. Draghi però giustamente risponde che la BCE compra i Bund perché è costretta ad acquistare proporzionalmente e che non è compito della BCE salvaguardare i profitti delle banche private ma comunque in media le banche dell’eurozona possono continuare a guadagnare anche ora.

    Non sarebbe piú facile allora cambiare le regole in modo che la BCE non debba comprare titoli di stato in misura strettamente proporzionale? Sarebbe allora la BCE, da (secondo) piú grande hedge fund del mondo (cit. Warren Buffett), ad assicurare il bilanciamento dei rischi e a mantenere “pubblici” i profitti. Inoltre il settore privato avrebbe maggiore disponibilità di titoli sicuri e meno incentivi alla speculazione su quelli insicuri.

  3. Martino Venerandi

    Vediamo se ho capito. Supponiamo che un paese come l’Italia segmenti il proprio debito pubblico e destini, diciamo, il 10% agli European Safe Bond, attribuendogli una seniority superiore al resto del debito, che chiameremo junior, e sarebbe tutto in capo allo Stato Italiano. Quale rischio attribuirebbe il mercato a questo debito junior? Sicuramente non migliore dell’attuale. E quindi a quali tassi l’Italia riuscirebbe a finanziarsi? Quali vantaggi ci sarebbero per l’Italia? Non si rischia che i vantaggi siano solo per il sistema bancario?

  4. Mia proposta luglio 2016 – 1) Creare, sotto la guida della Bce e dell’Eurogruppo, un Fondo Europeo del Debito (FED) dove, ogni volta che un paese emette debito, destina il 50% al fondo in questione. 2) Ogni volta che una banca vuole sottoscrivere/comprare debito del proprio paese per 100 (es.: Unicredit compra btp) sarà obbligata a sottoscrivere/comprare una somma equivalente alla metà, quindi 50, del FED, quindi comprando titoli di stato degli altri paesi europei spalmando pro-quota la somma di 50 su tutti i titoli di stato compresi nel fondo, con quota di partecipazione uguale. 3) Se un paese ha difficoltà a raccogliere capitali ed emette quindi basse quantità di debito, vedi ad esempio la Grecia, con questo meccanismo ha quasi la certezza che il 50% dell’emissione vada a buon fine e sia presente il proprio debito nei portafogli di tutte le altre banche europee con effetto di abbassare i tassi di emissione visto che il meccanismo garantisce il collocamento del 50% dello stock. Paesi ad alto standing creditizio come la Germania, con alte masse di debito richiesto, potrebbe invece tornare a tassi non negativi del Bund. Il meccanismo potrebbe spalmare omogeneamente il rischio paese tra tutti i membri dell’Unione e quindi abbassare i rischi di default (tassi di interesse finalmente convergenti in tutta la zona) portando i tassi verso la normalità con qualche piccola speranza anche di vedere un focolaio di inflazione positiva che piano, piano si avvicini all’obiettivo del 2%.

  5. Henri Schmit

    La proposta può rinvigorire il mercato dei titoli nazionali, ma mi sembra più quadratura del cerchio che soluzione della disparità fra banche legata alla loro posizione geografica. Le banche greche sono libere di comprare titoli pubblici austriaci piuttosto che portoghesi. Dove collocare i junior bond della proposta? La migliore soluzione, anche per futuribili bond emessi dall’UE, sono riforme strutturali e convergenza fiscale degli stati inefficicenti verso quelli che già adesso emettono con la AAA. Sono gli stati inefficienti l’ostacolo alla possibilità di pooling del debito pubblico. Non mi sembra poi che la Francia (cioè adesso Macron) sostenga quanto affermato nell’ultima frase. Durante la prima visita a Berlino ha detto esattamente il contrario.

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