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Soldi spesi bene: i servizi previsti dal Rei

Per essere efficace, il reddito di inclusione richiede un forte investimento di risorse nella sua gestione effettiva. È il prerequisito per far sì che i percorsi personalizzati di reinserimento sociale abbiano successo, superando l’assistenzialismo.

Approvato il Rei. E adesso?

S’intravede il traguardo per il reddito di inclusione: il governo ha approvato i decreti legislativi, che saranno ora inviati al parlamento per l’esame finale e infine trasmessi al Consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva. Considerato che si temeva che il Rei potesse cadere sotto i colpi della corsa alle urne, la mossa del governo è un’ottima notizia per coloro che, come molti autori di questa testata, tra cui noi stessi, hanno sostenuto l’introduzione di una misura di lotta contro la povertà.

Una scelta importante del governo è stata quella di concentrarsi sulla attuazione del Rei, investendo 750 milioni in tre anni nei costi “amministrativi”: non solo burocrazia, ma anche controllo della condizionalità e politiche attive. Sono soldi ben spesi?

Figura 1

Su dati Eurostat (1, 2), il grafico 1 mostra come i paesi che per ogni euro in spesa sociale dedicano maggiori risorse all’implementazione riescono a ridurre di più il rischio di povertà. Più a destra infatti troviamo i paesi che – per ogni abitante e per ogni euro di spesa sociale – destinano più risorse ai costi amministrativi; verso l’alto invece quelli in cui la lotta alla povertà è più efficace. Per esempio, in Irlanda, ogni 100 euro per abitante spesi in lotta alla povertà quasi 6 sono utilizzati per coprire le spese amministrative. Non proprio “soldi buttati”, visto che in questo modo il governo irlandese riesce a ridurre il livello di povertà più di ogni altro paese. I paesi scandinavi (in testa la Danimarca), in cui l’infrastruttura amministrativa è forse già sviluppata, hanno ottenuto buoni risultati, spendendo tuttavia meno nell’attuazione delle misure. Fino al 2014, il nostro paese si è collocato tra i peggiori, riducendo di appena 4 punti il rischio di povertà (peggio di Romania e Bulgaria, meglio solo della Grecia), spendendo tuttavia il 2,5 per cento in implementazione: poco, ma comunque più di molti altri paesi.

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Per riassumere, chi investe in una buona attuazione delle politiche sociali ne ottiene anche una maggiore efficacia, benché il risultato vari da paese a paese. Possiamo raggiungere paesi come la Francia, dove è in vigore una misura simile al Rei, investendo in implementazione?

Una rete di servizi da coordinare

Il Rei prevede un trasferimento monetario di ammontare variabile, previa accettazione di un progetto personalizzato di reinserimento sociale e lavorativo. Non sarà dunque più sufficiente soddisfare meri requisiti amministrativi per avere accesso alla misura, bisognerà raggiungere una serie di obbiettivi e attività, con più attori – fra i quali servizi sociali e centri per l’impiego, servizi sanitari, scuole e terzo settore – che guideranno il percorso di reinserimento sociale attraverso strumenti come corsi di formazione, orientamento e sostegno alla ricerca di lavoro (per esempio, promozione online del cv) e supporto genitoriale.

Risulta dunque evidente come l’intervento fondi il suo successo sul funzionamento e coordinamento della rete di servizi preposti. Altrimenti, la misura finirebbe con l’essere puramente assistenziale, con il rischio di condurre alla cosiddetta trappola della povertà – una situazione nella quale si è scoraggiati dal cercare lavoro, perché l’eventuale assunzione comporterebbe la perdita del supporto economico. Il governo sembra aver compreso la necessità di preparare adeguatamente la rete di funzionamento del Rei e ha previsto in maniera strutturale, anche su spinta dell’Alleanza contro la povertà, risorse pari al 15 per cento del Fondo per la lotta alla povertà. Questo significa circa 210 milioni nel 2017 per l’avvio della misura, 260 milioni nel 2018 e 280 milioni annui dal 2019.

A queste risorse si aggiungono poi quelle del Pon inclusione volte a garantire l’applicazione uniforme in tutte le regioni italiane, ad esempio mediante la prossima assunzione di circa 600 operatori per far da ponte fra servizi sociali e servizi per il lavoro.

Si tratta tuttavia ancora una volta di un inizio, considerando che la platea di famiglie che avrà accesso al Rei dovrebbe aggirarsi attorno alle 500mila. Bisognerà vedere se le risorse stanziate e il monitoraggio previsto dal decreto consentiranno ai servizi di rafforzarsi e coordinarsi gradualmente (dopo la bocciatura del referendum, ogni regione mantiene infatti un sistema autonomo), per essere così in grado di accogliere le famiglie che via via avranno diritto allo strumento nei prossimi anni.

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In conclusione, nonostante le risorse stanziate siano sufficienti a sostenere solo la metà circa delle persone in povertà, mettendo in dubbio la sua capacità di attutire l’aumento del fenomeno in tempi di crisi, il Rei potrebbe dare il suo contributo proprio grazie alla sua natura di “primo passo”. L’investimento nel rafforzamento delle capacità (capacity building) attraverso i servizi di inclusione, che sottintende l’enfasi sulle politiche attive nel contrasto alla povertà, rappresenta una piccola rivoluzione che potrebbe finalmente dotare il nostro paese di politiche sociali al pari degli altri stati europei.

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  1. Stefania Bragato

    Diversi Comuni sono alle prese con l’attuazione dei propri Regolamenti Contributi Economici. Nei Regolamenti, anche per uniformarsi alle procedure del SIA e del Rei, sono previsti i Patti personalizzati che contengono gli impegni del cittadino.
    Non sempre però tali misure attive si possono mettere in atto; ci si trova di fronte ad un bisogno reale espresso da una moltitudine di anziani soli o comunque persone non abili al lavoro per i quali anche interventi mirati ad accrescere l’inclusione sociale non sono di facile attuazione.
    Quello che si vuole evidenziare è che in molti casi c’è da soddisfare un bisogno reale per evitare l’aggravarsi del disagio sociale vissuto, ma non si è nelle condizioni per attuare procedure previste .

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