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Così il reddito di cittadinanza disincentiva il lavoro*

I numeri relativi alla povertà in Italia sono preoccupanti, ma il reddito di cittadinanza potrebbe rivelarsi un problema, più che una soluzione. Perché un trasferimento generoso può scoraggiare l’attivazione lavorativa. E favorire il lavoro nero.

La proposta sul tavolo

Sulla scia dei risultati elettorali, al centro del dibattito politico c’è l’adozione del “reddito di cittadinanza”, la proposta del Movimento 5 stelle che negli ultimi mesi è stata ampiamente discussa anche a livello internazionale.

Il nome dello strumento farebbe pensare a un trasferimento universalistico, ma la proposta contenuta nel disegno di legge 1148 del 2013 è in realtà un beneficio economico condizionato. Al di là delle questioni legate alle risorse necessarie per finanziare la misura, che secondo alcune stime potrebbero arrivare a 30 miliardi di euro (contro i già tanti 14.9 miliardi stimati dall’Istat), l’introduzione del reddito di cittadinanza rischia di incidere negativamente sull’occupazione, in un paese con tassi di partecipazione al mercato del lavoro già bassi.

Lo strumento si configura come un reddito minimo rivolto ai nuclei familiari che ne percepiscono uno annuo netto inferiore ai 9.360 euro, corrispondente a 780 euro mensili per un single. L’ammontare del beneficio varia a seconda della composizione del nucleo familiare e può arrivare a un importo di 1.638 euro mensili per due adulti con due figli sotto i 14 anni.

Deboli strategie di attivazione al lavoro

Per le persone abili al lavoro, in cambio del beneficio economico, il reddito di cittadinanza prevede l’obbligo di i) iscrizione presso i centri per l’impiego (Cpi), ii) disponibilità a effettuare lavori utili alla collettività e iii) accettazione di una delle prime tre offerte di lavoro (purché “non oltre 50 km dal luogo di residenza” e “attinente alle propensioni, agli interessi e alle competenze” del beneficiario), pena l’esclusione dal beneficio.

Gli obblighi sembrano deboli nel garantire una reale attivazione al lavoro. In primo luogo, perché oggi i centri per l’impiego intercettano una parte modesta di chi cerca lavoro (10,2 per cento nel 2015, dati Istat) e ne reimpiegano ancora meno (il 2,9 per cento tra il 2003 e il 2010). In aggiunta, non è chiaro come la semplice iscrizione al Cpi possa d’un tratto far materializzare (almeno tre) offerte di lavoro, in particolare per individui che in molti casi non sono occupati da anni e quindi hanno competenze obsolete. Con il serio pericolo, per questi, di sviluppare una “dipendenza” dal beneficio, dato che non sono previsti limiti di durata per usufruire dello strumento. Infine, l’obbligo di partecipazione a progetti utili alla collettività rischia di generare aspettative di ingresso nel pubblico impiego. Una storia già vista con i lavori socialmente utili.

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I (dis)incentivi monetari

Il vero rischio, tuttavia, è nel livello del beneficio e nell’assenza di un meccanismo di cumulo con il reddito da lavoro. Un beneficio “alto” aumenta, infatti, il reddito di riserva disponibile scoraggiando l’offerta di lavoro:

  • di chi non ha un impiego: perché accettare un lavoro che paga meno di 800 euro netti al mese?
  • di un lavoratore a basso reddito (per esempio part-time o temporaneo), a causa di un “effetto sostituzione” in favore del sussidio: perché lavorare più ore per rimpiazzare 100 euro di beneficio con 100 euro di salario netto, se senza quel maggiore sforzo si può ottenere la stessa cifra totale?
  • di un lavoratore che, pur avendo un reddito annuo superiore ai 9.360 euro, potrebbe decidere di ridurre la quantità di ore lavorate: perché non farlo, visto che così potrebbe accedere al beneficio mantenendo il reddito complessivo invariato?

Per minimizzare il disincentivo al lavoro di un reddito minimo, molti programmi europei considerano solo una percentuale, e non la totalità, del reddito da lavoro nel calcolo dei requisiti di accesso, permanenza e ammontare del trasferimento. Ciò rende conveniente il lavoro e si configura come un beneficio per chi lavora (in-work benefit) per quanti trovino o abbiano un’occupazione a basso reddito. In Francia le risorse a disposizione del lavoratore che percepisce il Prime d’activité sono ottenute sommando lo stipendio e quella parte del beneficio (il 38 per cento) che continua a essere garantita anche in caso di attivazione lavorativa. In Italia il reddito di inclusione (Rei) presenta lo stesso meccanismo grazie al riferimento all’Isee, sebbene la percentuale di reddito da lavoro escluso (earning disregard) si fermi al 20 per cento.

Figura 1

Benché l’attivazione lavorativa non sia il principale obiettivo di uno strumento di contrasto alla povertà, l’importanza del lavoro come veicolo per l’affrancamento dalla condizione di indigenza e privazione materiale è un tema ineludibile. Il reddito di cittadinanza risulta debole nel disegnare strategie di attivazione, storicamente poco efficaci nel nostro paese, e fortemente lacunoso nello schema di incentivazione monetaria. Lo strumento sembra quindi destinato a produrre sull’occupazione l’effetto opposto di quello desiderato, con uno spreco ingente di risorse pubbliche, a cui si aggiunge anche il rischio di spingere i beneficiari verso un lavoro in nero. In un paese con un già triste primato per incidenza dell’economia sommersa.

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*Le opinioni espresse nell’articolo sono responsabilità degli autori e non riflettono necessariamente quelle dell’organizzazione di appartenenza.

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Il Punto

17 commenti

  1. Savino

    Adesso gli italiani sono contenti che hanno “scelto il governo”.
    Perche, è risaputo, il “governo scelto dagli italiani”, viene ritenuto il migliore, in quanto capace anche di creare una settimana con sette domeniche e annualità con 4 Natali.
    Ma volete davvero scherzare sul “governo scelto dalla saggezza degli italiani”?
    Mica serve essere professore in economia o in altra scienza, basta aver fatto lo steward allo stadio di Napoli o aver organizzato qualche sagra della polenta a Pontida.
    Grazie italiani per questi nuovi statisti, Sempre viva il governo “scelto dagli italiani”.

  2. Jacopo

    Grazie per questo contributo. Mi chiedo: gli importi sono al netto delle tasse? Immagino di sì. Inoltre, lo Stato ci paga anche i contributi pensionistici che quindi ovviamente darebbero diritto alle rispettive prestazioni? Sarebbe la ciliegina sulla torta….

    • Francesca

      Grazie a lei per il commento. Si, le simulazioni sono al netto della componente fiscale, che comunque non dovrebbe avere un grosso peso per via della no tax area (pari a 8.000 euro per il lavoro dipendente e circa 4.000 per il lavoro autonomo). Per quanto riguarda i contributi pensionistici, nel caso si riferisse alla contribuzione figurativa, quest’ultima è prevista per prestazioni relative a interruzioni/riduzioni di lavoro quali CIG, NASPI, ma non nei casi analizzati qui.

  3. Guido Ortona

    Mi pare che i difetti citati dall’articolo siano in realtà pregi. Se il reddito di cittadinanza è pensato come strumento anti-povertà mi sembra ovvio che debba essere mantenuto fino a quando il percettore non trova un lavoro. (Occorrono ovviamente politiche adeguate per la creazione di lavoro, ma questo è un altro discorso). L’effetto disincentivante è contrastato dal recupero di dignità e dalle politiche di avviamento al lavoro e di formazione (e se il lavoro non c’è anche l’effetto disincentivante è ovviamente nullo). Infine, l’innalzamento del salario di riserva è uno strumento utile per contrastare il lavoro nero e il suo sfruttamento. Se un tale riceve 780 E fino a quando non trova un lavoro bianco, e intanto è impegnato in attività che gli riducono la disponibilità di tempo per il lavoro nero, è chiaro che questo ridurrà il lavoro nero. Questo invece non è il caso del REI come attualmente in vigore, che in pratica verrà assegnato solo a chi FA lavoro nero. Dato che l’importo è inferiore a 200E per un single (a crescere in funzione della numerosità della famiglia, ma non proporzionalmente), se uno ha solo quel reddito morirà di fame; e se ha un lavoro bianco esula dai requisiti. Quindi uno strumento universale contro la disoccupazione deve necessariamente avere un importo sufficientemente alto.

    • andrea c.

      Senza modifiche sostanziali a questa proposta, sarà molto difficile trovare colf, babysitter o micropartime regolari, salvo pagandoli in nero: mi faccio dare il reddito di cittadinanza e vado da fare lavoretti in nero per arrotondare. Questo sarà l’effetto più diffuso.

  4. Aldo Mariconda

    A conferma, una mia esperienza in DK nel lontani anni ’70 alla Olivetti Scand. Area. Ho licenziato il magazziniere e ho proposto al vice di sostituirlo. Invece, mi chiese il favore di licenziarlo: non violeva “grane”, era scrittore e voleva finire un romanzo. Un licenziato godeva del 90% dello stipendio. Poi è stato posto un limite di 3 anni.

  5. Roberto Bellei

    Al di la di tutte le giuste considerazioni contenute nell’articolo la misura, qualora venisse introdotta, si presta ottimamente ad abusi e nelle Regioni del Sud, non essendoci il lavoro queste persone passerebbero il tempo a seguire i soliti inutili corsi di formazione organizzati dai sindacati

  6. Micheledisaverio

    O al contrario puo’ portare i salari accettati dai lavoratori ad una cifra dignitosa per vivere perche’ altrimenti scelgo il sussidio e di stare a casa a far niente.

    Piuttosto che come uno schiavo fare consegne in bicicletta per 5 euro /ora senza diritti…

    Il reddito contro la #poverta’ e’ la forma migliore di salario minimo.

  7. qualewelfare

    Rileggete bene le ultime 10 righe dell’articolo….come può Lavoce.info pubblicare un contributo così….è rigorosa analisi scientifica o ideologia e propaganda ammantata da phd e qualche dato buttato lì?..perchè non sostenere, allora, che il il reddito di cittadinanza è suscettibile di innescare la terza guerra mondiale…tanto, affermazioni per affermazioni, non accompagnate da alcuna analisi… il lavoro nero si contrasta con pene severe e controlli, non solo ad opera dell’autorità pubblica, ma anche di quelle associazioni come, appunto, Confindustria… perchè mai il reddto di cittadinanza dovrebbe “spingere i beneficiari verso il lavoro in nero” è mistero insoluto…e comunque, si ricordi sempre, qualcuno questo lavoro in nero lo chiede e lo paga… e non sono i beneficiari del reddito di cittadinanza…. su un altro piano, poi ” perché accettare un lavoro che paga meno di 800 euro netti al mese?” è domanda che necessita di risposta in economie avanzate e società (ancora) affluenti… !?!? ….. fantastica poi questa relativa alla riduzione di offerta di lavoro da parte “di un lavoratore che, pur avendo un reddito annuo superiore ai 9.360 euro, potrebbe decidere di ridurre la quantità di ore lavorate: perché non farlo, visto che così potrebbe accedere al beneficio mantenendo il reddito complessivo invariato?” cioè, immaginiamo un lavoratore che guadagni 1000 euro/mese, decide di lavorare la metà per trovarsi a vivere con 780/mese….geniale!!!

    • Leonhard

      Concordo con qualewelfare: leggendo il commento di ciccarello emanuele si capisce che “lavori truffa” li doveva accettare perché si trovava senza reddito. Il lavoro in nero rappresenta una scelta del bisogno, in assenza di alternativa di reddito legale. Quindi la presenza di una soglia minima potrebbe proprio funzionare come scudo contro lo sfruttamento delle persone precarie: meno disperati, meno lavoro in nero. Questa ipotesi è almeno plausibile quanto l’ipotesi degli autori che il lavoro regolare di basso reddito perde d’interesse.

    • Tommaso

      Concordo pienamente con qualewelfare.
      Anche se su lavoce.info si sono visti articoli che sostenevano posizioni sorprendenti e, a volte, discutibili e poco convincenti, erano sempre presentati come considerazioni frutto dello sviluppo di un ragionamento basato su evidenze empiriche. In questo caso, oltre a mancare le evidenze empiriche per gran parte delle affermazioni, le ultime 10 righe sembrano il discorso di un partecipante poco documentato a uno dei tanti talk show/corrida televisivi, e suonano del tutto fuori luogo su questo sito, dove non capisco come ci possa essere finito (devo cominciare a preoccuparmi per Lavoce?).
      Suggerisco a Lavoce.info di rimuovere questo post come fanno i journal scientifici in casi simili.
      Peraltro, a prescindere da come uno la pensi al riguardo, esistono articoli molto più completi e equilibrati sul tema, che contribuiscono a costruirsi un’idea di problemi, vantaggi, applicabilità delle varie soluzioni (si veda ad es. Gramaglia su Micromega).

  8. Guido Ortona

    Un’aggiunta al mio commento precedente. A me risulta che non esiste un’evidenza empirica significativa che suffraghi l’idea che un sussidio generalizzato riduca l’offerta di lavoro. Probabilmente gli autori si basano su dati recenti a me (e ad altri) non noti. Sarebbe opportuno, e corretto, che gli autori citassero questi dati.

  9. ciccarella emanuele

    scusate allora io ho un diploma di ragioneria ho svolto il servizio militare in marina..ho tre figli e ora sono disoccupato xke’ nel ultimo posto di lavoronon ricevevo stipendio da mesi e ho chiesto licenziamento per giusta causa ricevendo giustamente sussidio di disoccupazione che l inps mi ha versato in parte e senza anf ancora oggi sono in attesa del saldo che si aggira sui 3500€
    ..ho fatto il corriere sfruttato sottopagato e altri lavori truffa..
    ora io con 4 persone 3 minori mi dite cosa devo fare?..allora se ci sono furbi o lavori truffa o sfaticati inasprite le pene su questi reati e aiutate i capofamiglia come me..e’ veramente scandaloso e umiliante z un uomo crescere una famiglia facendosi aiutare dai genitori 80enni

    • ciccarella emanuele

      scusate allora io ho un diploma di ragioneria ho svolto il servizio militare in marina..ho tre figli e ora sono disoccupato xke’ nel ultimo posto di lavoronon ricevevo stipendio da mesi e ho chiesto licenziamento per giusta causa ricevendo giustamente sussidio di disoccupazione che l inps mi ha versato in parte e senza anf ancora oggi sono in attesa del saldo che si aggira sui 3500€
      ..ho fatto il corriere sfruttato sottopagato e altri lavori truffa..
      ora io con 4 persone 3 minori mi dite cosa devo fare?..allora se ci sono furbi o lavori truffa o sfaticati inasprite le pene su questi reati e aiutate i capofamiglia come me..e’ veramente scandaloso e umiliante z un uomo crescere una famiglia facendosi aiutare dai genitori 80enni..come lo stato per multe tasse e altri pagamenti e’ cosi presente e efficiente senza omettere nessun importo dovuto dai cittadini potrebbe fare uguale per controllare e punire i furbi e aiutare chi e’ in buona fede…mi arrivano multe raddoppiate ingiunzioni di ipagamento di mense e autobus scolastici…pero’ di un anno di sussidio ricevuto senza beneficiare degli assegni familiari..non arriva nulla..peecio’ i miei tre figli e moglie a carico per lo stato esistono solo se devo pagare ma non esistono se devo ricevere…ditemi voi che nazione e’ questa..mah

  10. Marco Spampinato

    Una policy di​ “reddito di cittadinanza” può essere valutat​a molto​ meglio di così. Gli autori usano ipotesi comportamentali inaccurate, decontestualizzate e non verificate. ​L​a motivazione a lavorare e la scelta tra “lavoro ​/​ non​-​lavoro” dovrebbe tenere conto almeno ​​che: a. ​si​ considera non solo ​un​ reddito presente, ma anche ​un​ reddito atteso; b. pesano sulla motivazione componenti intrinseche, indipendenti o poco correlate al livello d​i​ salario d’ingresso. Quant​i​ sceglierebbero 780 euro di reddito garantito rispetto ad un salario d’ingresso persino inferiore​ (es. 680 euro)​, per iniziare a ​svolgere un lavoro consono alla propria preparazione ​e ​​aspettative? Il​ ​​”dove”​ il lavoro si trova incide sul ​salario reale percepito,​ ​e su altre ​componenti della motivazione; ma limiti arbitrari potrebbero essere ripensati. Le differenze strutturali e comportamentali tra Sud e ​Nord vanno capite ed esplicitate, non introdotte come stereotipi.
    Valutare meglio mira a congegna​re​ meglio​ una politica, evitando di fare lobby per interessi regressivi: es. le imprese possono preferire un piccolo sussidio compatibile con il salario, perché questo riduce il salario minimo che i lavoratori possono accettare per impieghi discontinui o marginali.
    ​​L’obiettivo ​su cui verificare ​​una policy può essere invece ​aumentare/qualificare ​l’offerta di lavoro: il reddito potrebbe così anche sostituire altre misure di sostegno ​all’istruzione​​.

  11. Henri Schmit

    Trovo l’articolo molto interessante in quanto evidenzia difetti (oggettivi) e rischi (di abusi) della proposta grillina del RdC. Legarne il beneficio alla ricerca di un nuovo impiego è una condizione indispensabile. Mi spaventa l’idea dell’ampliamento dell’attività dei CPL (cf alte recente articolo su Lavoce.info) in un paese dove i servizi pubblici sono di solito interpretati come opportunità di assunzioni e come centri di potere a prescindere dall’efficienza. Non basta copiare modelli stranieri, forse bisognerebbe pure importare i dirigenti dei CPL e controllare continuamente se il servizio pubblico produce in misura sufficiente i risultati desiderati. Bisognerebbe infine distinguere per fasce d’età garantendo la protezione più generosa ai più vecchi; per i più giovani deve prevalere l’incentivazione, eventualmente la formazione con la finalità dell’attivazione (ricerca o creazione) di un lavoro. Il nome della proposta grillina è peraltro inaccettabile: il beneficio vale per forza per tutti i residenti che si trovano nella stessa situazione, e non per i cittadini non residenti. Ma capisco la ragione dell’inganno: si intende lusingare quelli che hanno il diritto di voto, inutile promettere ai senza diritti.

    • Henri Schmit

      Nel mio commento mi riferivo alL’interessante articolo di Francesco Giubileo sullo sviluppo dei Cpi, pubblicato il 17 Aprile su Lavoce.info.

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