Lavoce.info

Sentimenti anti-stranieri: il potere della propaganda

I dati confermano che non si può parlare di emergenza immigrazione, né in Italia né in Europa. Ma gli elettori di molti paesi hanno creduto alla propaganda dei partiti di destra. L’argine è in politiche che proprio il populismo al potere rende difficili.

Esiste un’emergenza immigrazione?

La Lega e il Movimento 5 stelle, coerenti con la strategia portata avanti in campagna elettorale, hanno individuato l’immigrato e la UE fra le cause principali delle attuali difficoltà dell’Italia. Essere riusciti a coniugare il sentimento anti-immigrati con l’idea di un’Europa “cattiva” che lascia solo il nostro paese, è una mossa di propaganda molto abile.

Per rispondere alla domanda se gli immigrati sono veramente “troppi”, si possono usare vari indicatori.

Tabella 1– Immigrati in Europa e nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo

Fonte: EU Statistics on International Migration

Nella tabella 1 abbiamo indicato sia il numero di immigrati entrati in Italia nel 2016, periodo di massima espansione, sia la percentuale di popolazione straniera in Italia sul totale della popolazione all’inizio del 2017. Il numero di stranieri entrati in Italia nel 2016 comprende anche profughi (coloro che lasciano il proprio paese a causa di guerre, invasioni, rivolte o catastrofi naturali) e richiedenti asilo (coloro che hanno presentato domanda di asilo). Per numero di nuovi immigrati nel 2016, in valore assoluto (300.800) l’Italia si poneva al quinto posto dopo Germania (1.029.900), Regno Unito (589.000), Spagna (414.700), Francia (378.100). Era però al ventitreesimo posto come rapporto fra immigrati nel 2016 e popolazione. Tutti gli altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo avevano valori più elevati.

Inoltre, la percentuale di nati all’estero sulla popolazione era inferiore a quella di tutti i paesi che affacciano sul Mediterraneo, mettendoci al diciottesimo posto nel 2017, rispetto ai 28 paesi della UE. Situazione analoga – 17° posto – si verifica per gli immigrati nati nei paesi non UE. Questi dati mostrano come non si possa parlare di troppi immigrati per l’Italia, almeno in confronto agli altri paesi europei.

Se consideriamo solo i rifugiati (persona che qualora tornasse nel proprio paese potrebbe essere vittima di persecuzioni), che sono una quota degli immigrati, a metà del 2016 erano 2 milioni e 100 mila in Europa, di cui 131 mila in Italia,186 mila in Svezia e 478 mila in Germania. Più di recente, nel periodo gennaio – giugno 2018, gli sbarchi in Italia sono molto diminuiti (di oltre il 70 per cento rispetto all’analogo periodo del 2017). Non solo: il rapporto fra numero di migranti arrivati per mare in Grecia, Spagna, Italia e relativa popolazione è, rispettivamente pari all’11,6, 2,9, 2,5 per cento. Rispetto alla sua popolazione, il nostro paese ha dunque accolto nel 2018 meno migranti arrivati per mare di Spagna e Grecia.

Leggi anche:  Se gli anziani sono anti-immigrati il motivo è politico

Se poi consideriamo i dati storici relativi all’immigrazione netta (immigrati–meno emigrati), pubblicati dall’International Migration Report 2017 delle Nazioni Unite, nel periodo 2000-2010 con 263 mila immigrati netti l’anno, l’Italia era al sesto posto fra i primi dieci paesi per numero immigrati, dietro Spagna e Regno Unito. Nel periodo 2010-2015 con meno di 183 mila immigrati netti, siamo addirittura usciti dalla classifica dei primi dieci paesi.

Tanta paura del futuro

Tutti questi dati confermano che non si può parlare di emergenza immigrazione, non solo in Italia ma neanche in Europa. Perché quindi esiste una diffusa percezione di un’emergenza immigrazione?

In molti paesi, i partiti della destra radicale aumentano i loro voti creando un senso di “crisi”Anche lievi aumenti nel numero di rifugiati sono definiti “emergenza immigrazione” imputata ai partiti di governo incompetenti e corrotti.

Ciò è avvenuto anche in Finlandia, dove il partito di destra radicale ha ottenuto il 19 per cento dei voti. Non stupisce che in Italia, paese duramente colpito dalla recessione e con i più elevati tassi di corruzione in Europa dopo la Grecia, abbia avuto successo la “narrativa” sull’esistenza di una emergenza immigrazione e sulle politiche di accoglienza che hanno come obiettivo quello di far arricchire le élite.

In realtà, oltre a fattori oggettivi, il sentimento anti-immigrazione è legato alla percezione di pericoli futuri. Molta rabbia verso gli stranieri, come nota Yascha Mounk, è causata dalla paura di un futuro immaginato più che da una realtà vissuta. Quando i cittadini hanno a che fare con gli immigrati su base regolare e vedono che molti dei pericoli temuti non si realizzano, la valutazione negativa si riduce. I risultati elettorali mostrano che nelle grandi città, ove vi è una più alta concentrazione di immigrati, la destra non ha avuto successo; ad esempio la Brexit ha vinto nelle aree rurali, non a Londra; città americane ad alta localizzazione di immigrati di colore, come Chicago, New York, Los Angeles, non hanno votato per Donald Trump; lo stesso vale per Parigi, per quanto riguarda il Front National e Milano, dove, nonostante l’elevato tasso di immigrati, non ha vinto la Lega. Tutto ciò è confermato dalle stime econometriche di un nostro lavoro che ha utilizzato le interviste effettuate dalla European Social Survey tra il 2002 e il 2014 nei paesi europei. In base alle risposte ad alcune domande del questionario è stata costruita una variabile relativa all’intensità dei sentimenti anti-immigrazione dell’intervistato. La variabile è stata poi regredita rispetto a una serie di variabili di controllo, oltre che al tasso di disoccupazione del paese e alla percentuale di stranieri sul totale della popolazione. In base alle stime ottenute, risulta che il sentimento negativo nei confronti degli immigrati aumenta con l’età, con il livello di disoccupazione del paese, con l’orientamento a destra dell’intervistato e con il sesso (maschile). Diminuisce invece con il livello di educazione, il livello del reddito e la quota di cittadini stranieri sul totale della popolazione. Da questi risultati possiamo ipotizzare che gli elevati sentimenti anti-immigrati in Italia siano anche dovuti all’affermarsi, già negli anni Novanta, di un forte populismo di destra, che portò alla nascita del primo governo populista in Europa dopo la caduta del muro di Berlino, quello di Silvio Berlusconi. Inoltre, l’Italia si caratterizza rispetto ad altri paesi europei per un alto peso degli anziani e basso livello culturale, fattori che favoriscono la nascita di sentimenti anti-immigrazione.

Leggi anche:  La risposta all'emigrazione africana è la cultura

Le nostre stime permettono di dire che la crescita dei sentimenti anti-immigrazione può essere rallentata da politiche di solidarietà nei confronti dei più poveri e riducendo il livello di ineguaglianza. Ma se cresce l’elettorato e la propaganda dei movimenti di destra, proprio tali politiche sono più difficili da realizzare. In particolare, i movimenti populisti vogliono provvedimenti a favore della maggioranza e non vogliono che le risorse pubbliche vengano spese per aiutare le classi più povere, in particolare minoranze e immigrati. Se poi la destra va al governo, non potrà che favorire la crescita dei sentimenti anti-immigrati, perché sono essenziali per il mantenimento del potere.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  L'integrazione delle seconde generazioni passa dal sei in italiano

Precedente

Non dazi, ma incentivi all’innovazione

Successivo

Colf e badanti, l’immigrazione silenziosa

15 commenti

  1. Asterix

    Parto il mio commento da questo passaggio”In base alle stime ottenute, risulta che il sentimento negativo nei confronti degli immigrati aumenta con l’età, con il livello di disoccupazione del paese, con l’orientamento a destra dell’intervistato e con il sesso (maschile). Diminuisce invece con il livello di educazione, il livello del reddito e la quota di cittadini stranieri sul totale della popolazione” Tali risultati non sono frutto di geni cattivi presenti nei cittadini poveri o di minore istruzione, ma derivano da anni di errate politiche pubbliche di accoglienza, europee e nazionali. L’UE ha scaricato il tema dei migranti, con l’accordo di Dublino, sui paesi periferici di prima accoglienza (Italia e Grecia) che erano quelli con maggiore disoccupazione e con elevato debito pubblico, cioè proprio quelli che avevano meno risorse per finanziare servizi a favore dei migranti. A loro volta tali Paesi hanno scaricato l’accoglienza sulle regioni più povere e sui quartieri periferici delle città, quelli dotati di minori servizi pubblici dove vivono i soggetti di minore reddito e di minore istruzione (dipende da come si misura). Non ricordo di campi di accoglienza creati vicino quartieri benestanti anche perché chi paga 4,500 di euro a mq non li vuole vicino casa. Pagano licei esclusivi per i loro figli perché non vi siano stranieri (dati MIUR). I vecchi partiti finanziati da questi gruppi hanno seguito tali politiche alimentando una guerra tra poveri che gli è tornata contro..

    • Chiara Fabbri

      Esistono dati che permettano di verificare se in effetti a livello locale la percezione di una parte della popolazione non sia giustificata anche a livello statistico? Il commento di Asterix in effetti rispecchia realta’come quella romana, in cui le zone centrali e quelle piu’pregiate non vengono colpite ad esempio dagli effetti della creazione di strutture per l’accoglienza di profughi, collocate anche per ragioni economiche proprio in quelle aree dove gia’la situazione sociale e’piu’difficile. Un’analisi piu’approfondita potrebbe aiutare a formulare politiche piu’lungimiranti, ad esempio fornire maggiori servizi a favore di quelle comunita’/zone della citta’che accolgono questi centri, in modo da invertire la percezione di una incrementata competizione per servizi pubblici gia’scarsi o insufficienti. Ad esempio se all’apertura di un centro per i profughi si accompagnasse l’aumento dei mezzi di trasporto, dei servizi di polizia, un miglioramento delle strutture sportive per i ragazzi, il rinnovo/miglioramento dei locali scolastici etc., la percezione dell’arrivo di queste persone non sarebbe necessariamente solo negativa.

  2. Savino

    La narrativa ha successo perchè interloquisce con un popolo che assorbe tutto come una spugna.
    Bisogna incominciare ad interrogarsi sul livello culturale presso il popolo, sull’utilità che il popolo ripone sulle nuove tecnologie, sulle reali aspettative di un popolo. Se l’utilizzo dei nuovi media è finalizzato al solo intrattenimento e non all’uso di applicazioni davvero utili e vitali, la propaganda ha terreno facile. Anche a livello commerciale si deve fare di più: è mai possibile che i capannoni industriali siano meno serviti di rete internet delle aree urbane? Allora, a che serve questa tecnologia, per lavoro, per informazione pluralista e obiettiva o per solo intrattenimento e bufale?

    • Henri Schmit

      Spara sempre sul “popolo” come se fosse quello il problema. Ma non è così. L’Italiano medio sarà pure diverso, ma in toto non è né più né meno intelligente o coraggioso del cittadino medio degli altri paesi dove ho vissuto per conoscerli bene. Quello che è diverso e in senso decisamente negativo, più o meno in tutti i settori pubblici, dal mondo politico nazionale a tutti gli enti e soggetti che ne dipendono, è la classe dirigente, non come capacità che può essere utilizzata per il bene o per il suo contrario, ma come senso della responsabilità, rispetto dei valori e della verità. Comunque anche se lei avesse UK n qualche misura ragione, l’unico modo per modificare i modelli di comportamento e la gerarchia dei valori della gente sarebbe di farlo attraverso chi comanda, chi li influenza, chi parla per loro e a loro.

  3. bruno puricelli

    “Uffa che noia” diceva la Mondaini. Uffa lo dico anch’io perchè si continuano a citare cifre nude per le comparazioni con realtà differenti dalla nostra. La realtà quotidiana è diversa dalla “vera” realtà rappresentata dal percepito. In realtà, la realtà vera non è quella vera, ma l’altra! Quella percepita! Accidenti, mi sto confondendo…. voglio dire che se alle stazioni pubbliche troviamo assembramenti di extracomunitari (migranti?), se la statistica rivela che un terzo dei reati in Italia è commesso dal 10% degli stranieri (quasi certamente migranti), se passeggiando una volta la settimana incontriamo immancabilmente extracomunitari simil-perdigiorno di colore (quelli bianchi come noi non vengono notati anche se sono parecchi) non deve parere strano se per il popolo essi sembrano più di quello che sono. Se il nostro sistema potesse permettersi di inserirli come avviene in Germania (che dispone di riserve > 600 mlds e paga niente il danaro) ne vedremmo molti meno e avremmo più occasioni di apprezzarli. Ma la nostra situazione è questa e insistere sulla colpa dei partiti populisti conferma che un certo mainstream, forse lievemente di sinistra, è mantenuto ad oltranza in barba alla realtà. Alla nostra realtà! O forse all’altra, però mi sono perso e non so più quale delle due… diciamo non alla realtà riferita da Voi, gentili intellettuali. Comunque, continuo avidamente a leggerVi. Guai se non ci foste!

    • Henri Schmit

      Sono d’accordo: la percezione dei fenomeni è molto importante e a volte più importante della realtà. Bisogna però aggiungere che la realtà è in parte conseguenza di quello che facciamo mentre la percezione collettiva della realtà è il risultato di processi più complessi di cui fanno parte il discorso pubblico, l’informazione disponibile, il condizionamento dell’opinione da parte dei media (tanti!) e di chi li controlla (pochi), degli attori politici, dei giornalisti che dipendono dai precedenti e dei ricercatori che almeno loro dovrebbero provare a far coincidere quanto possibile la percezione con la realtà stessa.

  4. Marco

    Ma non sono state fatte analisi che tengano conto dell’eventuale/percepita criminalità degli immigrati?

  5. Marcomassimo

    Il finale dell’articolo è lapalissiano, direi la scoperta dell’acqua calda; in un qualsiasi paese a piena occupazione e a differenze sociali contenute, il grado di accettazione dell’immigrazione è naturalmente del tutto differente; ma la piena occupazione dove sta? da nessuna parte quasi; anche nei paesi dove essa è bassa poi vai a vedere che il posto in realtà è spesso precario e malpagato; e lo è sia con al destra che con la cosiddetta sinistra; ne comesgue che molta gente sta incarognita “a prescindere” e l’incarognimento prende ovviamente la strada degli ultimi arrivati, visti come fonte inevitabile di ulteriori problemi dove non si riesce ancora a risolvere quegli degli autocroni; in sostanza per accettare pianamente l’immigrazione si dovrebbe cambiare sistema socioeconomico tout court e tornare a politiche keynesiane; ma dove sta? come noto le stantie ideologie montariste-liberiste dominano il campo; possiamo solo augurarci che le sinistre tornino a fare il loro mestiere invece di prosternarsi agli interessi del capitale

  6. Henri Schmit

    Bravi! Servono queste ricerche. Categorie pertinenti e numeri verificati. Ultimamente mi torna spesso in mente un tema dato dalla prof più in gamba ai tempi del liceo: “Pochi pensano, tutti hanno un opinione”. Oggi dovremmo dire pochi usano concetti precisi e cercano informazioni verificabili, ma tutti votano, e chi controlla i media, vince a prescindere da quello che dice.

  7. Luca Ba

    Si sopravvaluta la propaganda, se non legata ad un fenomeno reale non attacca. I media di sinistra sono anni che dicono che il problema non esiste ma adesso nessuno ci crede più. Stessa cosa per i ristoranti sempre pieni dei media berlusconiani che negava o la crisi. Non ci siamo proprio caro professore la sua analisi non è corretta.

  8. Mario Angli

    Il ”sentito dire” riguardante il crimine trova pieno riscontro nei dati e trend storici degli ultimi 30 anni. http://www.fondazionehume.it/societa/crimine-e-immigrazione-in-italia/ Nessuno negazionismo o continuo sminuire di una giustificata preoccupazione possono rigirare la frittata.
    Allo stesso tempo non si può ritenere valido l’argomento ”gli immigrati non sono poi tanti, la Svezia ne ha di più”. Siamo passati dal 2% degli anni 90 al quasi 10% di oggi e tutti i trend demografici dicono che si arriverà al 30% in 30 anni e poi ovviamente a sopra il 50%. Quali sono le motivazioni per ridurre un popolo da maggioranza del 98% a minoranza etnica nella propria patria in meno di un secolo? Perché gli italiani (come tutti gli europei del resto) devono essere obbligati a perdere la propria patria? No grazie. Consiglio all’elite liberale di non scherzare troppo con il fuoco con questa storia, ma verrò ignorato.

  9. Carlo Bertanelli

    “la crescita dei sentimenti anti-immigrazione può essere rallentata da politiche di solidarietà nei confronti dei più poveri e riducendo il livello di ineguaglianza”
    Vero, quasi ovvio, ma quelle mancate politiche andranno addebitate a chi nei periodi indicati nell’articolo ha avuto il governo del paese. Ma di questo il professore non fa alcun cenno. Anzi afferma che quelle politiche non si possono fare perchè ciò favorirebbe le destre. Certo che se le politiche in favore dei più poveri, che intende il professore sono rivolte esclusivamente alle minoranze immigrate, sarà difficile trovare sentimenti di favore fra i poveri ed emarginati autoctoni.Infatti come acutamente osserva nei centri delle grandi città dove risiede la qutaa di popolazione benestante i “barbari” raccolgono meno voti. Ma non è caro professore perché sono più colti è perché essendo più ricchi non hanno alcun contatto con gli emarginati. Concludo chiedendo al professore di fornire prove circa l’utilizzo del problema immigrazione per la ricerca del consenso nella campagna elettorale del M5scome egli afferma

  10. Rino Talucci

    Quello che da fastidio non è l’immigrazione in se, ma l’immigrazione senza regole utile solo a fare business per i primi due anni con l’assistenza di coop e caritas, e poi, successivamente, a creare una massa di schiavi da utilizzare per abbassare i salari dei lavoratori italiani. Chi non vede il problema è perchè non lo vive. E mi rendo conto che professori universitari iper garantiti hanno qualche difficoltà a capire il disagio delle periferie, di chi ogni giorno sperimenta sulla propria pelle il problema. Se chi scrive avesse visto il proprio reddito ridursi negli ultimi anni, i propri figli emigrare per mancanza di lavoro, nel mentre si spendono miliardi per “assistere” stranieri, magari cambierebbe opinione. Comunque fino a quando le analisi saranno strumentali a difendere una posizione evidentemente contraria alla realtà il risultato politico non potrà che essere quello che è.

  11. Mario Angli

    In breve, 10% sono ”pochi”, prima di lamentarci dobbiamo aspettare che siano il 30%. Poi nel giro di un decennio siamo in minoranza, ci cambiano la sostituzione con chi sa cosa, e poi chi si è visto si è visto, perché 10% erano pochi.
    Soprattutto pochi se si considera che erano il 2% 20 anni fa. E non lamentiamoci della sostituzione etnica, chiaro?

  12. Maurizio Angelini

    Attenzione: in Italia il razzismo è esploso negli ultimi 3-4 anni di fronte alla questione richiedenti asilo. Perfino la Lega di Bossi-Maroni fece la più grande sanatoria del secolo in presenza di fenomeni imponenti di occupazione al nero, ma reale di centinaia di migliaia di persone di provenienza extracomunitaria. All’epoca c’erano le vecchiette che facevano le manifestazioni per poter regolarizzare le loro badanti e, per assurdo, le code vergognose di immigrati , al posto dei loro padroni davanti aglli uffici postali hanno creato se non consenso accettazione.Ai primi del 2000 la disoccupazione ara al 5% e al Nord non esisteva.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén