Lavoce.info

Salari bassi anche col reddito di cittadinanza*

L’ultima missione affidata al reddito di cittadinanza è quella di contribuire a far crescere i salari più bassi. Ma è una missione impossibile perché le politiche salariali richiedono altri strumenti. Il sussidio dovrebbe invece concentrarsi sulla povertà.

Reddito di cittadinanza e questione salariale

Ogni giorno che passa, il reddito di cittadinanza si carica di una nuova missione. Da reddito minimo (come se fosse poco) è diventato una misura di attivazione al lavoro o addirittura di creazione di lavoro. Ora, in risposta alle critiche di chi lo considera una misura “contro la cultura del lavoro”, è diventato anche uno strumento per il rilancio dei salari italiani.
La questione salariale in Italia è certamente molto seria: da 15 anni quelli reali sono sostanzialmente al palo (per una discussione sulla stagnazione recente si veda Employment Outlook Ocse 2018). Ma è realistico pensare che il reddito di cittadinanza possa portare a una crescita dei salari più bassi? Ci sono diversi elementi per essere scettici. Gli stipendi potrebbero salire se i percettori del sussidio non accettassero lavori con un salario inferiore al reddito di cittadinanza, che per un lavoratore singolo è fissato a un livello relativamente alto rispetto ai salari esistenti.
Il reddito di cittadinanza potrebbe anche dare il tempo alle persone di cercare lavori migliori, senza accettare la prima offerta pur di guadagnare qualcosa. Qui, però, la questione già si complica: meno pressione per cercare lavoro permette di essere più selettivi. Tuttavia, l’essere più selettivi porta anche a restare disoccupati più a lungo con un effetto negativo sulle opportunità lavorative. La ricerca empirica sul tema è concorde nel trovare un aumento della durata della disoccupazione con sussidi più generosi e solo nel caso austriaco un effetto positivo sui salari, mentre i risultati di altri studi indicano un effetto negativo anche su questi ultimi.

Sussidio solo per pochi disoccupati

Secondo l’Istat, il reddito di cittadinanza coprirà meno del 20 per cento del totale dei disoccupati che cercano attivamente lavoro (circa 600 mila persone). Infatti, per riceverlo non è né sufficiente né necessario essere disoccupati, ma bisogna avere un patrimonio e un reddito familiare molto bassi. La misura tenderà, quindi, a selezionare le persone più svantaggiate sul mercato del lavoro. Ad esempio, la relazione Istat indica che quasi il 65 per cento dei beneficiari in età da lavoro ha al massimo la licenza media. Lavoratori con basse qualifiche sono in genere più facilmente sostituibili nell’esecuzione dei lavori. Dunque, anche se i percettori del reddito di cittadinanza fossero meno disposti a lavorare ai salari correnti, le imprese potrebbero reclutare personale tra l’oltre 80 per cento di disoccupati che non lo riceve (tra cui gli extra-comunitari esclusi dalla misura) senza dover alzare i salari. Le imprese avranno l’incentivo ad assumere un percettore di reddito di cittadinanza per ottenere i mesi restanti di sussidio, ma questo vale solo per assunzioni a tempo indeterminato con aumento netto del numero di dipendenti (il che non è scontato in tempi di recessione). Se, poi, effettivamente i percettori di reddito di cittadinanza richiedessero un salario minimo più alto, l’appetibilità dell’incentivo per le imprese si ridurrebbe.
Inoltre, visto che i percettori del sussidio possono rifiutare al massimo tre offerte (o una dal secondo rinnovo) non è chiaro perché un’impresa dovrebbe trasmettere ai centri per l’impiego offerte vantaggiose sapendo che (i) i destinatari sono lavoratori particolarmente svantaggiati e (ii) c’è una probabilità non trascurabile che l’offerta arrivi a un lavoratore che è costretto ad accettare.

Leggi anche:  Il declino del sindacato? Dai salari settimanali non si vede*

D’altra parte, il meccanismo potrebbe fornire incentivi per i percettori del sussidio ad attivarsi per la ricerca di lavori “migliori” anche grazie al supporto dei centri dell’impiego previsto dalla normativa. L’evidenza empirica disponibile, però, fa sorgere alcuni dubbi. Diversi studi, infatti, hanno concluso che l’assistenza e l’imposizione di requisiti di ricerca del lavoro sono spesso inefficaci quando riguardano individui particolarmente svantaggiati che hanno scarse probabilità di trovare un buon lavoro pur cercandolo più intensamente. Nel caso in cui, poi, le politiche di attivazione sortissero gli effetti auspicati del governo e riuscissero addirittura a rendere attivi anche i beneficiari del reddito di cittadinanza che attualmente non cercano lavoro (470 mila secondo l’Istat), allora l’aumento dell’offerta di lavoro in un contesto di domanda debole potrebbe esercitare una pressione negativa sui salari più bassi.
Né si può dimenticare che, vista la consistente crescita del part-time involontario, il reddito di cittadinanza potrebbe rivelarsi un ulteriore incentivo per le imprese a offrire “lavoretti” pagati poco (part-time o stage) ma integrabili con il sussidio, un fenomeno simile a quello dei “mini-jobs” che si sono diffusi in Germania dopo le riforme Hartz (il lavoratore stesso, in realtà, ha interesse a cumulare il reddito di cittadinanza e un lavoro parzialmente o totalmente in nero).
In conclusione, vi sono molte ragioni per essere scettici sulla possibilità che il reddito di cittadinanza possa far crescere i salari più bassi. Tuttavia, sarebbe più che sufficiente se la misura riuscisse ad avere un effetto su povertà ed esclusione sociale. Politiche attive e politiche salariali richiedono altri strumenti. Mischiare tutto in un solo pacchetto presenta più rischi che opportunità.

* Le opinioni espresse non coinvolgono l’istituzione di appartenenza.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Un ascensore sociale al contrario per le giovani madri

Precedente

Il Punto

Successivo

Via l’obbligo, ma per i piccoli comuni l’unione fa la forza

  1. Savino

    Il rdc è solo un’operazione di voto di scambio, non ha carattere nè di wefare, nè di politica attiva. M5s si è dimostrato, più che anti-casta, anti-sinistra e, in questo senso, ha demolito ogni, pur minima, istanza di dignità del lavoro presente.

  2. Qualewelfare

    Un po’ pochini i dati empirici a sostegno della tesi “vi sono molte ragioni per essere scettici sulla possibilità che il reddito di cittadinanza possa far crescere i salari più bassi” non credete…? …

  3. Marco Di Marco

    Finalmente un ragionamento chiaro, nonostante la complessità del tema… molto dipende da come sarà definita l’offerta congrua e dal livello del salario minimo… il reddito di cittadinanza ha un importo massimo di 780 euro (per gli inquilini singoli), ma la soglia per l’integrazione salariale è di 500 euro… quale dei due importi definirà il salario dell’offerta “congrua” (che attualmente dice solo che il salario dev’essere superiore del 20% all’ultima indennità di disoccupazione percepita)… quale sarà il livello del salario minimo?… l’equivalente orario di 780 euro al mese è un importo non altissimo (fra i 4,5 euro netti all’ora, che diventano 6, se si includono i contributi)… se il riferimento saranno i 500 euro, l’importo sarà ancora minore (fra i 3 e i 4 euro all’ora)… sotto questo importo, c’è solo il caporalato in nero nell’agricoltura e poco altro… sicuri che possa distruggere l’economia italiana?…

  4. Marco Di Marco

    ottimo contributo

  5. donata lenzi

    al ragionamento manca un passaggio e cioè che il rdc va anche ai lavoratori se guadagnano poco e secondo l’inps saranno 400.000 le famiglie dove uno lavora a ricevere il rdc. quindi a maggior ragione non si modificheranno i salari

  6. Marcomassimo

    Il problema è molto semplice, tutti lo conoscono ma nessuno ne parla non si sa perchè però si può intuire; un sistema liberale come l’attuale già di per sè non è intrinsecamente capace di creare la piena occupazione; aggiungiamoci pure un sistema economico come l’italiano che ha aspetti di fragilità ed è impossibilitato a ricorrere alla svalutazione della moneta per il fatto nefasto dell’euro; fate la somma delle due cose e ci esce la alta disoccupazione italiana che ormai è un fatto strutturale; certo la souzione migliore è emigrare e molti lo stanno facendo; ma non puoi sperare che si svuoti tutto il sud per metterci una pezza; e alla fine qualche forma di sussidio per tappare il buco lo devi pure dare; una moneta forte come l’euro per una terra ancora rimasta molto indietro come il mezzogiorno è semplicemente un cappio al collo; pura follia; il fatto che questa è una epoca di follie che sono divenute pure esse un dato strutturale; per quanto riguarda i minijob tedeschi forse andrebbero bene a Catanzaro; per una superpotenza industriale come la Germania sono un puro orrore, emblema appunto della insanità totale dei tempi.

  7. L’Italia è fra i due ultimi paesi UE a non avere ancora uno strumento di questo tipo, che andava dispiegato una decina di anni fa onde contrastare il calo della domanda. L’analisi dell’articolo è esaustiva in quanto il rdc non può pretendere di fungere da politica attiva del lavoro. La sua funziona va intesa secondo due prismi : quello degli economisti ultraortodossi austriaci, i primi a proporlo: proteggere i più deboli dall’indigenza e mantenerli “nel mercato”. Poi uno keynesiano, oggi più importante alla luce del fallimento delle politiche liberiste “di aggiustamento” : sostenere la domanda interna. Quest’ultimo è il senso che vi è attribuito dai nostri partner europei, e difatti, guardando la Francia in cui la crisi ha colpito in maniera strutturalmente paragonabile, il reddito di cittadinanza permette di sostenere la domanda e di rendere i giovani più autonomi. La misura certamente è imperfetta, come ogni scelta politica importante. Tuttavia mi stupisco di chi, con compiacenza pseudo-intellettuale, da un lato ama lodare i vicini europei e dall’altro sputa nel suo paese quando si allinea a misure ormai standard, che altrove esistono da decenni.

  8. Stefano Asterino

    E’ terrificante leggere articoli scritti sul nulla. In quale punto del disegno di legge c’è scritto che la misura farà rialzare i salari ??
    Il RDC è conforme agli schemi di reddito minimo garantito esistente in tutti i Paesi europei (es. Germania, Francia, ecc..). Continuare a parlare di strumento contro la cultura del lavoro quando in Paesi ritenuti (?) più avanzati di noi l’hanno adottato da anni vuole dire semplicemente essere di parte. Dell’Unione Europea prendiamo solo gli strumenti di impatto più negativo (vedi bail in), senza renderci conto proprio l’adozione di politiche sociali comuni a livello europee potrebbero aiutare a fare crescere il sentimento favorevole all’integrazione europa nel nostro Paese.

  9. Michele

    Lo strumento perfetto non esiste. Come giustamente ricorda l’articolo in Italia abbiamo un problema di disoccupazione ma anche di retribuzioni troppo basse da troppo tempo. Negli ultimi 15 anni i governi Berlusconi, Renzi, Gentiloni etc non hanno affrontato il problema, ma hanno solo distribuito incentivi a pioggia alle imprese (solo jobact è costato 20 mld_) ottenendo in cambio solo precarizzazione del lavoro, pochi occupati in più e un calo degli investimenti privati oltre il 20%. RdC ovviamente da solo non è la panacea a tutti i mali. Ma un segnale di una inversione di tentenza da troppo tempo attesa

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén