Ci sono più donne nel Parlamento europeo rispetto ai parlamenti dei singoli stati. Tuttavia, la partecipazione resta bassa e alcune misure, come le quote di genere, possono essere utili se coerenti col sistema elettorale di riferimento.
Quando si parla di disparità tra uomo e donna, spesso si fa riferimento al gender gap in termini di buste paga. Tuttavia, la discriminazione di genere si articola in varie sfaccettature tra cui, per esempio, l’assenza delle donne negli organi decisionali. Secondo i dati del World Economic Forum, infatti, la politica è l’ambito in cui le disuguaglianze di genere sono più marcate, ancora più di quanto accada nel mercato del lavoro.
Prendendo in considerazione i paesi europei, che a fine maggio verranno chiamati a rinnovare i seggi dell’europarlamento, nei loro parlamenti nazionali la presenza femminile varia da un minimo del 12 per cento di Malta a un massimo del 46 per cento in Svezia. Ed è un’immagine comunque più incoraggiante di quella che emerge guardando le posizioni di vertice della politica in Unione Europea. Se infatti nell’europarlamento un terzo è donna, nelle posizioni esecutive o presidenziali solo sei paesi possono vantare un primo ministro o un presidente donna.
Quando, invece, guardiamo alla composizione per genere del Parlamento europeo, notiamo che per quasi tutti gli Stati membri (con l’eccezione di Belgio, Danimarca, Portogallo, Lituania, Bulgaria, Estonia e Cipro) la rappresentanza femminile è maggiore rispetto a quella osservata nei parlamenti nazionali (Figura 1), e così è sempre stato, come mostra la Figura 2. Nella legislatura iniziata nel 2014, il Parlamento europeo è comunque per due terzi composto da uomini. L’obiettivo della parità è ancora ben lontano, ma la partecipazione femminile negli ultimi anni è stata in costante crescita, ed è passata dal 16.6 per cento del 1979 al 36.2 per cento di oggi.
Figura 1
Fonte: Inter-Parliamentary Union
Figura 2
Fonte: Europarlamento
La promozione delle donne in politica
Le strategie messe in atto per promuovere una maggiore rappresentanza femminile sono molte: ci sono misure blande che si concentrano sul mentoring a giovani donne che vogliono entrare in politica, ma anche politiche più vincolanti come le quote di genere. Queste indicano il numero di appartenenti a un dato genere che una lista di candidati deve contenere per essere considerata valida. Le quote spesso richiedono di essere completate da altre misure, per evitare che siano uno strumento puramente formale in cui le donne figurano in liste elettorali senza avere delle reali possibilità di essere elette. Per ovviare a ciò, una misura è lo zipping, che prevede l’obbligo di alternanza nell’ordine dei candidati tra uomo e donna.
L’utilizzo di queste misure non mette d’accordo tutti. Alcuni le considerano un attacco alla meritocrazia, che dovrebbe puntare sulla preparazione del candidato indipendentemente dal genere; altri ritengono che queste sono misure necessarie finché gli ostacoli a una partecipazione equa tra uomini e donne non saranno abbattuti. I dati mostrano che le quote possono essere efficaci nell’aumentare la rappresentanza femminile, senza avere impatti negativi sulla qualità degli eletti (si veda qui, qui e qui) . E’ importante però che siano ben congegnate e coerenti col sistema elettorale del paese di riferimento.
Come si vota per il Parlamento Europeo?
Per le elezioni europee è in vigore un sistema proporzionale, ma le regole possono variare da paese a paese. In alcuni, per esempio, esistono le liste chiuse (come in Francia o in Spagna), mentre in altri si possono esprimere le proprie preferenze sui candidati, come in Italia. Allo stesso modo, la soglia di sbarramento varia, da un minimo di 1,8 ad un massimo del 5 per cento.
Figura 3. Sistemi elettorali per le elezioni europee e soglie di sbarramento
Fonte: Europarlamento
Le leggi elettorali per il Parlamento europeo prevedono misure per la promozione dell’uguaglianza di genere?
Undici dei 28 paesi hanno previsto l’utilizzo di quote di genere per le prossime elezioni. Il Belgio, la Francia e il Lussemburgo richiedono alle liste elettorali di rappresentare in maniera equa i generi, quindi 50 per cento uomini e 50 per cento donne. In aggiunta questi paesi prevedono lo zipping. Anche l’Italia, a queste elezioni, impedirà che i candidati appartenenti ad uno stesso genere possano rappresentare più della metà dei candidati totali della lista di appartenenza. I due capilista dovranno essere necessariamente un uomo e una donna. Infine, dato che il sistema italiano prevede di poter esprimere più preferenze di voto sui candidati, queste devono essere indirizzate sia a uomini che a donne. Se così non fosse, la seconda e la terza preferenza non verrebbero contate. Altri, come Slovenia, Spagna e Croazia, impongono che ogni genere venga rappresentato almeno dal 40 per cento della lista. La quota di genere in Polonia scende al 35 per cento, mentre in Portogallo si ferma al 33. Anche la Grecia segue il Portogallo, invalidando le liste che non presentino donne per un terzo dei loro candidati. Più leggera ci va la Romania, che si limita a impedire che le liste non siano composte da tutti uomini o da tutte donne (figuriamoci!).
All’indomani delle elezioni di maggio, l’europarlamento e dunque l’Unione Europea si sveglieranno sicuramente diversi da come la vediamo oggi. Le percentuali di molti partiti cambieranno e così cambieranno anche le alleanze. Sarebbe bello se, tra i vari cambiamenti, si potesse anche avere finalmente una donna europarlamentare per ogni uomo europarlamentare.
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Ferdinando
Una domanda: PERCHE’? in base a cosa le donne devono essere il 50%? forse, dato che almeno in Italia sono più numerose meriterebbero una percentuale più alta… e come la mettiamo allora, estremizzo il concetto, con i transgender? che percentuale dovrebbero avere? io vorrei battermi per vedere dei “cervelli” funzionanti, delle persone, con uguali diritti e possibilità non “organi sessuali” che comandano. sarà un caso ma in Svezia che ha la percentuale più alta di donne, le donne sono molto più vicine agli uomini in termini di possibilità di azione (i papà ad es possono prendere fino ad un anno di congedo per permettere alle donne di non essere svantaggiate oltre misura con la maternità). Le battaglie per i diritti, a mio avviso devono essere universali e non per genere, colore, religione…. Mandela o Gandhi hanno lottato per per dare gli stessi diritti non una percentuale di aventi diritto/possibilità più alte in base a qualche fattore “discriminante”. mi rendo conto che è più utopico ma le Donne dovrebbero smettere di sentirsi “anti-uomo” ma Persone. valgono di più di meno? tutti, con le stesse regole, dovrebbero poterlo dimostrare