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Banche Ue: cosa fa l’Eba e quello che potrebbe fare*

L’Eba è una autorità europea poco conosciuta, ma che svolge un importante lavoro di armonizzazione delle regole europee in campo bancario. Sarebbe ancora meglio se lavorasse anche alla loro semplificazione. E pure la sua governance andrebbe rivista.

La triade per uniformare la supervisione

Tra le varie sigle che incontriamo quando ci addentriamo nei meandri delle istituzioni europee, vi è l’Eba, che sta per European banking authority. È nota agli esperti di questioni bancarie e a chi lavora nel settore finanziario, ma molto meno alla generalità dei cittadini europei che saranno chiamati a votare il 26 maggio. Da dove nasce e cosa fa l’Eba? Chi prende le decisioni al suo interno? È necessario avere questa istituzione, che si aggiunge alle non poche autorità di settore a livello europeo e nazionale?

L’Eba è stata creata nel 2011 e fa parte di una triade che comprende anche l’Esma (European Securities and Market Authority) e la Eiopa (European Insurance and Occupational Pensions Authority). L’Eba si occupa di banche, l’Esma di mercati finanziari (le Borse) e l’Eiopa di assicurazioni e fondi pensione. Lo scopo delle tre istituzioni è quello di promuovere, ciascuna nel suo ambito, la convergenza delle regole e delle pratiche di supervisione tra tutti i paesi della Ue (non solo quelli appartenenti all’area euro). Non si tratta quindi di autorità di vigilanza, che resta affidata ad altre istituzioni: nel campo bancario, alla Banca centrale europea e alle autorità nazionali. Non si tratta neanche di autorità chiamate a emanare le norme fondamentali di livello europeo – le direttive – che sono invece il frutto di intese tra la Commissione Ue, il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri europeo. Si tratta di istituzioni che hanno il compito di emanare norme secondarie, a valle delle direttive europee, e di vigilare sulla loro applicazione, in modo da evitare che siano interpretate in modo diverso nei singoli stati della Ue. Spesso infatti il diavolo si nasconde nei dettagli: la stessa regola può essere applicata in modo differente da un paese all’altro, generando disparità di trattamento tra gli intermediari che risiedono in paesi diversi.

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Un tipico provvedimento che l’Eba può prendere è costituito dalle linee-guida e dalle raccomandazioni. Sono atti non vincolanti diretti alle autorità di supervisione o agli intermediari. In base al principio “comply-or-explain” (rispettare o spiegare), il destinatario deve adeguarsi a quanto prescritto dall’Eba oppure, in caso contrario, deve fornire adeguate spiegazioni e giustificare il mancato rispetto delle regole Eba. Un altro tipo di provvedimento è il “technical standard”: alcune direttive europee (come quella sul capitale e quella sulla gestione delle crisi bancarie) delegano all’Eba il compito di definire aspetti di dettaglio della regolamentazione. In questi casi, l’Eba emana i “draft technical standards”, che diventano legalmente vincolanti dopo l’approvazione da parte della Commissione Ue.

Un’attività molto importante è il monitoraggio della solidità del sistema bancario e la diffusione di informazioni. L’Eba collabora con altre istituzioni europee, in primo luogo la Bce, nell’effettuare gli stress test: prove periodiche di “tenuta” delle maggiori banche europee in condizioni avverse, che vengono simulate sulla base di scenari. L’Eba raccoglie ed elabora informazioni di vigilanza sulle banche europee e le rende disponibili sul suo sito web e attraverso rapporti periodici: in questo modo contribuisce alla trasparenza della attività di supervisione e mette a disposizione del mercato finanziario informazioni rilevanti per valutare la solidità degli intermediari.

Dove migliorare

Tutto bene quindi? Non esattamente. Nonostante il prezioso lavoro svolto dall’Eba, vi sono un paio di aspetti critici da segnalare. Il primo riguarda la sua governance. L’organo dove vengono prese tutte le fondamentali decisioni dell’Eba, il Board of Supervisors (Bos), è formato da tutti i responsabili della supervisione bancaria nei 28 paesi della Ue. Ogni decisione è quindi il frutto dell’accordo e del compromesso tra le diverse nazioni della Ue, tale da raggiungere la maggioranza dei voti (semplice o qualificata a seconda dei casi). Meglio sarebbe una governance più accentrata, che superi la logica nazionale affidando le decisioni a un organismo più ristretto del Bos.

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L’altro aspetto critico è la proliferazione di regole di livello europeo, alla quale l’Eba contribuisce. Si tratta di regole sempre più complesse, il cui rispetto impone crescenti costi agli intermediari, senza un guadagno proporzionale in termini di stabilità del sistema finanziario. L’esperienza (che ho documentato qui) ha dimostrato come la sofisticazione delle regole sulla finanza lasci spazio a manipolazioni ed elusioni in fase di applicazione, che ne riducono l’efficacia. Per questo motivo, l’Eba dovrebbe lavorare non solo in direzione della armonizzazione delle regole europee, come già fa, ma anche della loro semplificazione e maggiore incisività.

Infine, una curiosità. In questi giorni l’Eba è impegnata in una singolare attività: il trasloco. Uno degli effetti della Brexit (comunque vada a finire) è il trasferimento dell’Eba da Londra a Parigi.

* Angelo Baglioni è membro del Banking Stakeholder Group dell’Eba.

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Finisce la recessione, ma l’economia è da zero virgola

  1. Stefano Scarabelli

    E’ notizia di 2 giorni fa che l’EBA ha deciso di chiudere senza sequele l’indagine sul più grande caso di riciclaggio della storia riguardante la controllata estone di Danske Bank. Il re è nudo.

  2. alessandra dal colle

    Semplificazione senz’altro ma anche integrazione!
    Alcune volte le “guidelines” dell’EBA e i “finding” rilevati in sede ispettiva dal Regolatore sui singoli intermediari sono in rotta di collisione. L’intermediario si trova spesso a dover scegliere tra “comply” a EBA e subire comunque “margin of conservativism” sui requisiti di capitale dal Regolatore. Non si potrebbe pensare a una “interpretazione autentica” delle norme già condivisa tra tutti i regolatori?

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