I governi orientati a sinistra fanno scendere il rapporto debito-Pil più di quelli conservatori, in Europa e in Usa. Ma il riconoscimento che l’indebitamento di oggi ha un costo per le generazioni future è messo in dubbio dal successo dei populisti.
In un articolo pubblicato sul New York Times del 26 ottobre, Alan Rappeport osserva che il disavanzo federale americano supererà i mille miliardi di dollari nel 2020. Il deficit è cresciuto per quattro anni consecutivi, nonostante l’economia sia in piena espansione. Secondo l’editorialista, l’amministrazione Trump si sarebbe allontanata dal solco delle politiche fiscali ortodosse caratteristiche dell’ideologia conservatrice repubblicana.
Ma è proprio vero che moderazione e responsabilità fiscale sono prerogative della tradizione repubblicana? Diverse osservazioni sembrerebbero confutare la tesi: il rapporto debito-Pil aumentò durante le amministrazioni di Reagan e dei Bush, mentre diminuì nell’era di Carter e Clinton. Sarà pur vero che l’indebitamento è cresciuto durante l’amministrazione Obama, ma è altrettanto vero che quell’amministrazione si è trovata a gestire una recessione di eccezionale profondità e persistenza.
In un nostro studio dimostriamo che, a partire dal secondo dopoguerra, il rapporto debito-Pil è aumentato in periodi di amministrazioni repubblicane più di quanto non sia avvenuto in periodi di amministrazioni democratiche. E lo stesso vale per un gruppo di 24 paesi di area Ocse.
Analizzare con precisione come il colore politico dei governi si associ a diverse politiche fiscale non è semplice, a causa di molteplici fattori contestuali che influenzano la politica fiscale. Il nostro studio li tiene in considerazione. Innanzitutto, riconosciamo il fatto che, sistematicamente, governi che ereditano un bilancio dissestato cercano di ridurre il debito. In secondo luogo, consideriamo l’effetto delle tendenze demografiche e, soprattutto, le condizioni macroeconomiche (tasso di disoccupazione o altri indicatori della fase del ciclo economico). Infine, consideriamo l’effetto di conflitti bellici, che sono importanti per gli Stati Uniti. I nostri risultati vanno letti “a parità di queste condizioni”.
Gli Stati Uniti
Nel caso statunitense, le nostre stime indicano che la transizione da una presidenza repubblicana a una democratica è associata in media a una riduzione media del debito federale (relativo al Pil) dell’1,8 per cento per anno. Troviamo anche che le amministrazioni democratiche sono più propense a tassare e promuovere spesa pubblica. Un altro fatto interessante che emerge dallo studio è che le amministrazioni democratiche pongono in atto politiche fiscali anticicliche più aggressive per stimolare l’economia durante una recessione, anche spingendo sul debito quando necessario. Più precisamente, quando il tasso di disoccupazione è di almeno quattro punti percentuali al di sopra del livello medio, le amministrazioni democratiche sono più inclini a espandere il debito rispetto a quelle repubblicane. Tuttavia, in condizioni medie, accade l’opposto.
Figura 1
La figura 1 mostra l’evoluzione del rapporto debito-Pil osservato nella realtà e il colore delle amministrazioni Usa. Le linee tratteggiate confrontano la realtà con scenari ipotetici in cui il colore politico dell’amministrazione è opposto a quello di ciascun periodo. Ad esempio, negli anni Ottanta, il rapporto debito-Pil aumentò dal 32 al 62 per cento sotto le presidenze di Ronald Reagan e George Bush padre. Con ipotetiche amministrazioni democratiche, l’aumento sarebbe stato molto più contenuto, dal 32 al 40 per cento. Non vi sono invece grandi differenze nell’indebitamento promosso dall’amministrazione Obama rispetto a un ipotetico governo repubblicano. La spiegazione sta nella recessione del 2008 unita al fatto che le amministrazioni democratiche adottano politiche anticicliche più robuste.
Il caso italiano
Per gli altri 24 paesi Ocse, l’analisi è complicata dalla presenza di governi di coalizione la cui classificazione in termini di colore politico (destra e sinistra) è difficile. Ciononostante, i risultati confermano l’evidenza degli Stati Uniti. I governi più allineati a destra all’interno di ciascun paese sono maggiormente propensi a espandere il debito pubblico rispetto a governi socialdemocratici. Questi ultimi sono peraltro più inclini a finanziare politiche di spesa pubblica e a imporre maggiori tasse. I risultati sono particolarmente chiari nei paesi con un sistema elettorale maggioritario, dove vi è una netta alternanza tra governi orientati a destra e a sinistra.
L’Italia non è un’eccezione. L’analisi dei governi della Prima Repubblica è offuscata dalla presenza di una lunga serie di esecutivi di coalizione perlopiù a guida democristiana. È più facile analizzare la politica economica dei governi della Seconda Repubblica quando vi è una chiara alternanza tra governi di destra e sinistra (eccetto i governi tecnici di Lamberto Dini e Mario Monti che escludiamo dall’analisi). È anche necessario avere periodi sufficientemente lunghi di continuità politica per poter valutare l’effetto di un certo governo (per esempio, il primo governo Berlusconi durò appena nove mesi).
Durante i governi dell’Ulivo della seconda metà degli anni Novanta (1996-2001) il rapporto debito-Pil diminuì sostanzialmente, dal 119 al 109 per cento. Nonostante la congiuntura favorevole, la discesa del debito rallentò coi governi Berlusconi del periodo 2000-2006, quando il rapporto si assestò intorno al 107 per cento. Il governo dell’Unione tra il 2006 e la primavera 2008 portò a una ulteriore contrazione del debito fino al 104 per cento, cui fece seguito una nuova impennata sotto il quarto governo Berlusconi (2008-2011). Il debito scese poi leggermente sotto i governi di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, prima di registrare un nuovo aumento nel corso del 2018 dopo l’insediamento del governo sostenuto da Lega e Movimento 5 stelle. È troppo presto per valutare gli effetti del governo Pd-M5s.
Per quanto sorprendenti nel quadro della retorica del dibattito politico, questi risultati sono in linea con la teoria politico-economica proposta nei nostri studi.
Diamo per scontato (in linea con l’evidenza empirica) che i governi conservatori siano meno interessati al welfare e alla produzione di beni pubblici. Ciò spiega la preferenza per una tassazione più bassa (a favore del consumo privato) e per il contenimento della spesa pubblica. Al contempo, questi governi sono meno interessati al finanziamento della spesa pubblica futura e per questa ragione sono più propensi all’indebitamento. La ragione non è una mancanza di empatia verso le generazioni future, ma la consapevolezza che queste potranno aggiustare i bilanci tagliando a loro volta ulteriormente la spesa sociale. Al lobbista conservatore Grover Norquist, un sostenitore della strategia “starve the beast” (affamare la bestia) è attribuita l’affermazione: “Il mio obiettivo è tagliare il governo a metà in venticinque anni, per ridurlo alle dimensioni in cui possiamo annegarlo nella vasca da bagno”.
Populismo e irresponsabilità fiscale
In linea con l’affermazione di Norquist, il nostro argomento richiede che i governi e gli elettori riconoscano l’esistenza di un vincolo di bilancio intertemporale. Vale a dire, che l’indebitamento odierno ha un costo per le generazioni future. Il riconoscimento della relazione è stato per anni parte del discorso politico dei governi socialdemocratici europei. Tuttavia, il successo recente di movimenti politici populisti, tanto di destra quanto di sinistra, sta portando a una perdita di attenzione verso il principio della responsabilità fiscale. La tendenza è favorita dai bassi tassi di interesse, che facilita il finanziamento del debito pubblico a costi limitati nel breve periodo.
L’evidenza continua però a suggerire che alti livelli di indebitamento non siano la soluzione al problema della crescita (si pensi al Giappone, alla Grecia o alla stessa Italia). In più, i paesi occidentali dovrebbero pensare a come affrontare la fase più difficile della transizione demografica che porterà ulteriore indebitamento e un aumento della domanda di servizi pubblici essenziali (come l’assistenza sanitaria).
In questo contesto storico, ascoltare le sirene del populismo rischia di affamare non tanto la bestia, quanto le generazioni future.
Una versione di questo articolo è stata pubblicata in inglese su VoxEu.
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Paolo Bianco
Sarebbe interessante sovrapporre al grafico dell’andamento debito/PIL quello dell’andamento del PIL stesso, per capire come la crescita del debito sia legata anche all’andamento generale dell’economia (fattore di certo non secondario).