Disney è il più serio concorrente di Netflix perché ha i contenuti e le risorse per combattere ad armi pari. E la battaglia non sarà tanto sul numero di abbonati, quanto sulla capacità di conquistare la vera risorsa scarsa: il tempo dello spettatore.
Arriva Disney+
Disney+, l’atteso servizio di video streaming online a pagamento, è stato lanciato il 12 novembre in Usa, Canada e Olanda. La prossima settimana toccherà ad Australia, Nuova Zelanda e Portorico. Per vederlo in Italia, come in gran parte d’Europa e nel resto del mondo, bisognerà attendere il 31 marzo del 2020.
Dopo quasi due anni contrassegnati da grandi manovre di consolidamento tra i pochi grandi operatori globali, e da una guerra continua di annunci e comunicati, si entra ora finalmente nella fase calda e la vera grande sfida a Netflix può dirsi di fatto cominciata.
È vero che solo pochi giorni fa, il 1° novembre, Apple ha lanciato con un certo clamore il proprio servizio di video streaming in abbonamento (Svod-Subscription video on demand) Apple+, per il quale ha investito circa 1 miliardo di dollari nella produzione e acquisizione di contenuti, così come è vero che, con il servizio Prime Video, Amazon da tempo punta a contrastare a livello globale, e con risorse ancora superiori (6 miliardi di dollari l’anno), il predominio della società guidata da Reed Hastings. Non c’è dubbio, però, come avevamo già sottolineato che l’ingresso della casa di Topolino cambia radicalmente le carte in tavola e pone la prima seria minaccia alla sin qui incontrastata leadership di Netflix.
Disney si propone infatti apertamente come l’anti-Netflix. La sua strategia – messa in atto a partire da gennaio 2018 con la fine dell’accordo di distribuzione con Netflix e continuata con l’acquisizione di una conglomerata media come Fox – è certamente la più aggressiva e la più minacciosa per l’azienda leader rispetto a quella degli altri potenziali rivali. Se infatti anch’essi si sono consolidati (At&t/Time Warner e Comcast/Sky) e hanno pronto per il prossimo anno un ambizioso servizio di Svod, nessuno di loro in questo momento ha nel cassetto gli strumenti per opporsi frontalmente alla società di Hastings.
Disney è il più grande e più noto creatore di contenuti del pianeta, il suo brand, caso unico nel mondo del cinema, è addirittura superiore ai titoli dei singoli prodotti per appeal tra i più giovani consumatori e può vantare una batteria di società e relativi contenuti impressionante: The Walt Disney Studios, Marvel Studios, Lucas Film (Star Wars), Pixar, oltre alla 20th Century Fox. Si stima che saranno 23 miliardi di dollari le risorse destinate alla produzione e acquisizione dei contenuti nel solo 2020.
Disney viene offerto a 6,99 dollari al mese e a 69,99 dollari all’anno (stesso prezzo in euro in Olanda), quasi la metà del prezzo medio di abbonamento a Netflix. Per di più, chi si è abbonato entro settembre ha goduto di un ulteriore sconto di due dollari al mese. Negli Usa, poi, Disney+ verrà offerto “gratuitamente” per un anno, incluso nel pacchetto 4G e 5G dell’operatore telefonico Verizon ed è probabile che questo tipo di accordi venga esteso ad altri operatori di telefonia a livello mondiale.
La risposta di Netflix
Di fronte alla prima vera grande sfida alla sua leadership, Netflix risponde per il momento senza apparente preoccupazione. Incrementa il suo budget di produzione, arrivando a 15 miliardi di dollari, per garantirsi sempre più l’autosufficienza rispetto alle grandi major, ed estende i rapporti di produzione e co-produzione in ambito internazionale, a cominciare dall’Europa.
In questo senso va letto l’annuncio di Netflix di voler investire 200 milioni di euro in due anni nelle produzioni italiane, cosicché l’accordo di ottobre con Mediaset per la produzione di cinque film, si aggiunge ai precedenti già sottoscritti con la Rai. Questa strategia è peraltro coerente con la necessità di continuare ad aumentare il numero degli abbonati, ormai prevalentemente al di fuori del mercato domestico Usa, prossimo alla saturazione. Lo stesso accordo sottoscritto con un potenziale rivale (Sky) per la distribuzione dei contenuti Netflix su SkyQ va chiaramente in questa direzione.
La crescita degli abbonati ha costituito finora il parametro attraverso cui Netflix ha potuto operare e continuare a investire sui contenuti, ottenendo i finanziamenti che gli hanno permesso di gestire il forte indebitamento. Se da un lato dunque l’incremento degli abbonati rimane essenziale, dall’altro, nonostante le strategie sviluppate a livello internazionale, è evidente che sarà sempre più difficile mantenere lo stesso ritmo del passato, alla luce della crescente competizione.
Ciò comporta che più che il numero degli abbonati, nel valutare il successo di un servizio (e quindi la capacità di attrarre investimenti) conterà sempre di più la capacità di conquistare la vera risorsa scarsa, il tempo. E ciò dipenderà dallo sviluppo di tecnologie (intelligenza artificiale e sistema di raccomandazioni), dalla qualità ed esclusività dei contenuti e da funzionalità user friendly, che garantiscano la massima fidelizzazione dell’abbonato.
Diversamente dalla pay Tv, tuttavia, nello streaming Vod, anche per i prezzi ridotti, è comune la pratica del multi-homing (abbonamento a più servizi). Tutto ciò, se selezionerà ancor più i contendenti su scala globale, non esclude che vi possa essere posto in futuro sia per Disney che per Netflix.
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