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L’insostituibile valore aggiunto dell’Europa

Un rapporto della Commissione conferma che i fondi europei danno risultati significativi per il miglioramento del benessere dei cittadini. È dunque cruciale avere un’Europa che scandisce obiettivi e priorità di investimento. Con buona pace dei sovranisti.

Il rapporto sui fondi europei

Nel bel mezzo delle turbolenze legate alla Brexit, la Commissione europea ha pubblicato un rapporto strategico sui fondi strutturali: è un bilancio del loro utilizzo a cinque anni dall’inizio dell’attuale periodo di programmazione settennale 2014-2020 e fornisce indicazioni sul prossimo ciclo di finanziamenti 2021-2027, ormai alle porte.

I dati smentiscono le chiacchiere degli antieuropeisti, sia nostrani che stranieri, ma non è tutto oro ciò che luccica sotto l’albero di Natale. Senza alcun dubbio, i fondi europei danno un contributo notevole al miglioramento della qualità della vita di milioni di cittadini europei. L’Europa investe sulle persone, nelle imprese, su scuole e università, su ambiente, clima e infrastrutture. In questo modo si rafforza la capacità delle regioni, delle città, delle aree rurali, delle comunità costiere di fronteggiare i cambiamenti strutturali e le nuove sfide economiche, sociali e ambientali globali.

Il sostegno dei fondi strutturali riesce a raggiungere risultati su una scala ben più ampia di quanto potrebbero fare i singoli stati nazionali presi individualmente, con buona pace dei sovranisti, abili con gli slogan preconfezionati, ma poco inclini a comprendere numeri e dati.

Circa 500 miliardi di euro sono stati impegnati per la realizzazione di progetti finalizzati a sostenere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in Europa, il 77 per cento delle risorse totali programmate. I miliardi già pagati agli stati membri sono approssimativamente 210. La figura 1 mostra i fondi programmati e spesi in Europa per obiettivo tematico (fino al 30 settembre 2019).

I progetti finanziati hanno un impatto tangibile. Complessivamente, oltre 1,6 milioni di imprese, incluse quelle rurali, sono state agevolate e hanno dato lavoro a oltre 300 mila nuovi addetti. 26 milioni di persone sono state accompagnate nella ricerca di un’occupazione o hanno partecipato a iniziative di istruzione e formazione finanziate. 8,3 milioni di famiglie hanno ottenuto accesso veloce a Internet grazie ai fondi UE. Più di 3.900 chilometri di ferrovie sono stati costruiti o riparati. 60 milioni di persone beneficiano degli investimenti nella salute.

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La situazione in Italia

In Italia, le cose vanno un po’ a rilento. Le risorse totali programmate sono circa 75,1 miliardi, gli impegni di spesa circa 51 miliardi (il 68 per cento del programmato), mentre i pagamenti ammontano a 20,6 miliardi (27 per cento del programmato). La figura 2 mostra il tasso di impegno per ciascun paese europeo e la figura 3 il tasso di spesa. Il nostro paese è penultimo in termini di impegni e non eccelle nella spesa, trovandosi significativamente al di sotto della media (33 per cento). I dati confermano dunque che in termini di capacità progettuale e spesa l’Italia deve migliorare. Si può auspicare che le semplificazioni del prossimo ciclo di programmazione e le iniziative per migliorare la capacità amministrativa consentano una maggiore efficienza nel 2021-2027. Un cambiamento che però non può avvenire solo grazie alle migliorie apportate in sede europea. Le amministrazioni italiane, che ormai possono contare su un’esperienza più che ventennale nella gestione dei fondi, possono e devono agire più celermente già in fase di programmazione a partire dal prossimo anno.

Il rapporto della Commissione europea ci rassicura sul fatto che, nonostante qualche indugio, i risultati dei fondi europei sono significativi. La domanda, allora, è cosa succederebbe se non ci fosse l’Europa a guidare e orientare gli investimenti? Per un giudizio complessivo, dovremmo attendere le valutazioni di impatto che saranno condotte nei prossimi mesi, in chiusura del periodo 2014-2020. Tuttavia, proprio l’esperienza italiana suggerisce che, in un paese di grande instabilità politica come il nostro, è inverosimile che una quota rilevante di risorse pubbliche sarebbero comunque incanalate verso la ricerca industriale, il clima, l’ambiente, la scuola, l’inclusione sociale e lo sviluppo rurale. Pare molto più probabile che senza un’Europa che scandisca priorità e posizioni l’asticella in alto, le miopi classi dirigenti tenderebbero a concentrarsi sull’immediato tornaconto elettorale, e non sul benessere presente e futuro dei cittadini.

Figura 1 – Fondi strutturali e di investimento europei programmati e spesi al 30 settembre 2019 per obiettivo tematico

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Fonte: Commissione europea, dicembre 2019

Figura 2 – Tasso di impegno dei fondi strutturali e di investimento europei

Fonte: Commissione europea, dicembre 2019

Figura 3 – Tasso di spesa dei fondi strutturali e di investimento europei

Fonte: Commissione europea, dicembre 2019

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  1. Luigi Andrea Vavassori

    Mi sembra che si accetti senza critica quello che dice la Commissione Europea che per definizione non puo’ che dire che i fondi sono stati spesi bene.
    Se siano stati impegnati/spesi bene ho qualche dubbio perchè ad esempio la TAV Torino – Lione (come ha dimostrato l’analisi costi/benefici del gruppo di Marco Ponti) è un opera inutile e quindi i fondi sono sprecati.
    Purtroppo spesso i fondi sono assegnati in base all’azione di diverse lobby dei paesi piu’ furbi e che poco hanno a vedere gli interessi dei cittadini.
    PS L’Ungheria sembrerebbe che impegna oltre il 100% dei fondi !!

    • AC

      Come nella risposta al commento precedente: i giudizi e le valutazioni sono dell’autore. Il rapporto europeo riporta dei dati di monitoraggio di quanto è stato speso e quanto è stato realizzato finora. Per ciò che riguarda l’analisi costi/benefici, il commento si riferisce ad una questione diversa da quelle trattate nel pezzo. Ad ogni modo, l’analisi costi benefici è una metodologia di stima i cui risultati dipendono dalle ipotesi iniziali (in particolare quando si sceglie quali costi e quali benefici considerare nell’analisi e come valorizzarli). Sulla TAV, vi sono numerose analisi costi-benefici che arrivano a risultati contraddittori. L’analisi citata è una tra le molteplici stime esistenti e non ha dimostrato l’inutilità dell’opera, né il contrario. A mio parere, è un utile strumento che può coadiuvare le scelte politiche indirizzandole, sottolineando i pro e contro delle opzioni disponibili, ma non sostituisce le scelte. Non fornisce una risposta netta e univoca sì/no. L’analisi costi benefici non è un oracolo e (a mio parere) andrebbe utilizzata dal “policy maker” prima di decidere le caratteristiche di un investimento/opera, NON strumentalizzata quando i lavori sono in corso.

  2. francesco

    L’Europa si dice da sola che L’Europa è utile, insomma…. beh, grazie… questo articolo farebbe sorridere, se non avesse pretesa di serietà. La frase migliore? “Pare molto più probabile che senza un’Europa che scandisca priorità e posizioni l’asticella in alto, le miopi classi dirigenti tenderebbero a concentrarsi sull’immediato tornaconto elettorale, e non sul benessere presente e futuro dei cittadini”. Cioè? Esattamente quello che è successo dal 1994 ad oggi (da “meno tasse per tutti” all’abolizione della povertà), con o senza l’Europa a regolare le dinamiche economiche del nostro paese. Il problema è che la spesa sociale la fanno gli enti locali, non l’Europa. E le politiche neoliberiste, di cui l’Europa è il più inespugnabile baluardo, la spesa sociale se la sono mangiata. Con buona pace degli europeisti nostrani ( quasi tutti ex-socialisti, ma con oggi il portafoglio nella tasca destra). saluti

    • AC

      In primis, l’Europa non è un ente astratto come spesso viene dipinto fantasiosamente (“i cattivi funzionari europei ruba soldi”) ma siamo noi. O almeno ci sono i nostri rappresentati politici, amministrativi, del mondo industriale etc. Secondo, le conclusioni e la frase virgolettata rispecchiano idee dell’autore e non sono estratte dal rapporto europeo citato. Si tratta di idee personali, formate dopo aver valutato centinaia di progetti finanziati e proposte progettuali, da cui è spesso emerso che, senza vincoli di spesa europei, le risorse sarebbero state utilizzate dagli enti locali in modo poco lungimirante (e.g. sagre e feste patronali tanto per fare un esempio). Ripeto: visione soggettiva dell’autore.

  3. Henri Schmit

    L’articolo tratta un tema interessante, afferma cose giuste, rinvia a dati inconfutabili, ma l’argomentazione è debole. Non sono un esperto, benché abbia studiato queste tematiche a Parigi quasi 40 anni fa (finanziamenti UE, fondi strutturali di coesione etc, Prof. Dominque Berlin, allora a Paris I, ora a Paris II). Manca trasparenza sulle risorse disponibili (tutto passa attraverso le istanze degli stati membri, e la Repubblica italiana non brilla per trasparenza …), alcuni progetti sono sprechi puri a beneficio degli amici degli amici, tutto il sistema (in Italia) è impenetrabile per curiosi ed interessati senza i giusti appoggi (ci ho provato a informarmi per verificare se potevo dare un contributo, mi hanno fatto capire che era solo per i privilegiati – legati ai poteri pubblici costituiti). Nonostante questa critica soggettiva, l’articolo fornisce informazioni obiettive interessanti (il livello di utilizzo comparativo dell’Italia). Mancano però i link alla documentazione UE.

  4. Henri Schmit

    Ribadendo la mia stima per il lavoro svolto dall’autore dell’articolo aggiungo a conferma delle mie osservazioni critiche circa le modalità d’uso delle risorse europee una notizia giudiziaria (De Raho) di oggi: “il clan hanno incassato indebitamente decine di milioni di euro.” Sono convinto che sia molto peggio perché i flussi sono gestito da qualcosa che assomiglia ad una mafia politica. Il fenomeno non è limitato all’Italia; ricordo l’assassinio del giovane giornalista e della fidanzata nella Repubblica slovacca. È l’interposizione obbligatoria degli stati membri che crea la permeabilità ad interessi illeciti, che cominciano dalla canalizzazione dei fondi a beneficiari amici. La sfida dei finanziamenti europei è quindi doppia: utilizzo pieno e trasparenza.

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