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Diamo vera cittadinanza agli stranieri

Sulla cittadinanza l’Italia ha le regole più restrittive dell’Europa occidentale. Ciononostante, i nuovi italiani aumentano. Sono risorse da accogliere. Anzi, dovremmo impegnarci per trasformare la cittadinanza legale in una cittadinanza sostanziale.

Risorse sprecate

L’inizio di un nuovo anno è un momento propizio per gli auspici e le speranze. Nel suo discorso di fine anno, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha detto tra l’altro: “Dobbiamo creare le condizioni che consentano a tutte le risorse di cui disponiamo di emergere e di esprimersi senza ostacoli e difficoltà. Con spirito e atteggiamento di reciproca solidarietà. Insieme.”

Tra le risorse di cui dispone il nostro paese, una componente crescente ma trascurata è quella dei nuovi italiani. Troppo spesso si continua a pensare la composizione della popolazione in termini dicotomici: gli italiani da una parte, gli stranieri dall’altra. In realtà, si tratta di un sistema dinamico, in continuo mutamento e rimescolamento.

Un aspetto saliente del dinamismo sono le acquisizioni di cittadinanza. In nessun paese, per quanto democratico, gli stranieri sono immediatamente parificati ai cittadini, ma nessun paese democratico impedisce loro di diventare cittadini, una volta soddisfatte determinate condizioni: un certo periodo di residenza, una discreta conoscenza della lingua, una fedina penale pulita. Queste condizioni in Italia sono le più restrittive dell’Europa occidentale. Mentre la maggior parte degli stati della regione si è attestata su una soglia di cinque anni di residenza per accedere alla naturalizzazione, noi ne richiediamo dieci ai cittadini “extracomunitari”, contro quattro per i “comunitari”. Come se non bastasse, la gestione Salvini del ministero degli Interni, con un semplice decreto, ha raddoppiato, da due a quattro anni, il tempo richiesto per l’esame delle istanze, portando così a quattordici anni per la maggior parte degli immigrati la durata dell’attesa per entrare nella comunità degli italiani.

Ciononostante, ogni anno un certo numero di residenti stranieri riesce a districarsi nelle maglie delle procedure burocratiche e a ottenere il sospirato passaporto italiano. La tendenza negli ultimi tre anni è stata calante, anche per effetto del decreto ricordato, ma nel complesso i nuovi italiani aumentano: 201.600 nel 2016, 146.600 nel 2017, 112.500 nel 2018.

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Una nuova idea di italianità

Due paradossi accompagnano il fenomeno. Un po’ ovunque, le tensioni politiche intorno all’immigrazione, e in particolare il timore dell’avvento di norme più restrittive anche nei confronti degli stranieri da tempo residenti, spingono a naturalizzarsi per entrare a far parte definitivamente della comunità dei cittadini.

In secondo luogo, anche una parte dei nuovi italiani, una volta acquisita la cittadinanza, è partita verso altri paesi, attuando una “seconda migrazione”: tra il 2012 e il 2017, poco meno di 43 mila, secondo il rapporto “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes. Un dato peraltro molto probabilmente sottostimato, perché molti emigranti non si cancellano dall’anagrafe. In altri termini, la naturalizzazione non è servita loro per coronare un processo d’integrazione, ma per accedere a un diritto di mobilità in precedenza negato. Viene da pensare: chi non ama gli immigrati, dovrebbe favorire le naturalizzazioni per agevolarne la partenza.

Le sollecitazioni che derivano da questi dati sono almeno tre. La prima: dobbiamo imparare una nuova grammatica e una nuova estetica dell’italianità. Ossia acquisire pienamente il fatto che si può essere italiani anche con la pelle scura, con gli occhi a mandorla, con il velo, con il turbante, con un cognome irto di consonanti e difficile da pronunciare. Lo stesso presidente Mattarella in molte uscite pubbliche è accompagnato da un giovane corazziere dalla pelle scura. Impariamo da lui.

La seconda sollecitazione: richiamando il discorso del Presidente della Repubblica, sarebbe bene accogliere queste nuove risorse, non lasciandole ad aspettare per un tempo irragionevole fuori dalla porta. In attesa di cambiare la legge, accorciamo almeno il tempo necessario per l’esame delle istanze, rispetto ai quattro anni di Matteo Salvini.

La terza sollecitazione riguarda invece i luoghi educativi, l’associazionismo, il volontariato, le occasioni di incontro e aggregazione. Domandiamoci quanti nuovi italiani vi accedono e vi partecipano attivamente. Proponiamoci nel nuovo anno di raggiungerne e di coinvolgerne qualcuno in più. Trasformiamo la cittadinanza legale in una più avanzata cittadinanza sostanziale.

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17 commenti

  1. Giacomo

    Le regole saranno anche difficili, ma i numeri sono più alti che in altri paesi. Perché?
    https://www.eunews.it/2019/07/24/cittadinanza-europea-italia/119544

    • Maurizio Ambrosini

      In Italia i numeri sono stati abbastanza alti negli anni scorsi (ma non si preoccupi,. sono in calo….) perché sono giunti ad acquisire l’anzianità necessaria molti stranieri arrivati tra gli anni ’90 e i primi 2.000

  2. Henri Schmit

    Sono pienamente d’accordo. Serve una riforma radicale, razionale, coraggiosa, senza slogan. Il regime italiano delle naturalizzazioni è vergognoso, incivile. Sono in Italia da oltre 30 anni, sposato con un’Italiana, le mie due figlie hanno (automaticamente) la doppia cittadinanza. Per avere la cittadinanza dovrei seguire una procedura che “dura quattro, ma meglio contare cinque, anni” (responsabile della prefettura di Milano). Nel mio paese di origine (dove gli stranieri sono la metà della popolazione residente!) uno straniero nella mia situazione può optare attraverso una procedura automatica per la cittadinanza. Gli altri (stranieri non sposati con uno che ha la cittadinanza) devono rispettare poche condizioni chiare e semplici (https://guichet.public.lu/en/citoyens/citoyennete/nationalite-luxembourgeoise/acquisition-recouvrement/naturalisation.html), in particolare cinque anni di residenza, di cui solo gli ultimi 12 mesi continui, e possono chiedere di essere naturalizzati; la risposta per legge arriva entro 8 mesi (!!! By ministerial order, the Minister of Justice will grant or reject naturalisation within a period of 8 months from submission of the naturalisation application). Visto gli ostacoli burocratici creati ad arte che si sommano alle condizioni di sostanza (in parte discutibili) ho deciso PER ORGOGLIO di rinunciare alla cittadinanza italiana. Il sito guichet.public.lu, con un bel albero logico, potrebbe insegnare al legislatore italiano come fare.

  3. serlio

    proprio oggi leggevo del sindaco di Asti che ha giustamente negato la cittadinanza a chi non conosceva la lingua italiana. requisito d’altronde minimo per vivere e lavorare in questo paese e peraltro previsto dalla normativa vigente.
    d’altronde qualunque cosa che non costa non vale niente, e la cittadinanza non è un diritto che hanno acquisito sbarcando illegalmente in questo paese.

    • Maurizio Ambrosini

      Il requisito della conosecnza della lingua italiana per ottenere la cittadinanza, e il ministero degli interni lo deve accertare. Se il sindaco di Asti ha introdotto dei requisiti aggiuntivi a quelli di legge temo abbia commesso una forzatura.
      Non è vero invece che i 5,3 milioni di immigrati siano “sbarcati illegalmente”: la maggioranza sono europei, 1,1 milioni sono nati qui; gli sbarcati sono una piccola minoranza, e se arrivano per asilo non si può accusarli di essere entrati illegalmente.

    • Basma

      Ma secondo lei tutti gli stranieri sono “sbarcati illegalmente”? Mio padre, in Italia, ci è arrivato coi documenti e l’aereo, addirittura!
      Sono d’accordo che la padronanza della lingua locale sia un requisito minimo, ma non che per questo la persona non valga! Io vivo in Inghilterra da cinque anni e le assicuro che tra gli stranieri che non parlano inglese, gli italiani sono in prima fila! Gli stessi che commentano “che maleducati gli immigrati che fanno gruppetto e parlano solo nella loro lingua”, gli italiani all’estero fanno lo stesso.

  4. PURICELLI BRUNO

    Il popolo potrebbe anche mutare opinione insistendo con il solito refrain ma bisognerebbe anche aggiungere che con la cittadinanza si acquisiscono più diritti per ricongiungimenti di persone che hanno differenti tradizioni e più difficilmente integrabili per un livello culturale addirittura più inferiore al nostro attuale. La nostra società, anziché favorire l’inserimento di elementi complessivamente più problematici con l’aggravarsi del sistema Italia, dovrebbe occuparsi maggiormente di come far rinascere nei nostri figli l’amore per il lavoro e per ulteriore studio: Anche se culturalmente meno preparati dei coetanei di altri paesi, conoscendo usi, costumi, tradizioni e pubblica amministrazione meglio di una straniero cui si deve insegnare la lingua corrisponderebbero mille volte meglio alla società di cui fanno parte! Occorrerebbe cambiare paradigma e sospendere per un congruo periodo la ventata di ottimismo verso la rendita di bontà e tolleranza in una società in cui a tutti, ma proprio a tutti piace vivere bene con buon welfare e non con solo con buoni propositi. Se occorre che nostro figlio lavori dalle 6 alle 14 bisognerà predisporlo anziché commuoverci e comprenderlo. Come fare ? Questo è un Vs problema, il problema dell’intellighenzia… altrimenti che intellighenzia sarebbe?
    Comunque rispetto le osservazioni anche se le ritengo anticipate riguardo le nostre risorse e l’attuale classe politica italiana. Buon Lavoro

  5. Mauro Cappuzzo

    “Trasformiamo la cittadinanza legale in una più avanzata cittadinanza sostanziale.” Perché? Chi o cosa ci obbliga ? Motivi umanitari? Etici ? Economici ?

    • Maurizio Ambrosini

      Cerco di spiegarmi meglio: queste persone sono già cittadine, possono votare e usufruire dei vari servizi alla pari degli altri cittadini. Preferiamo che se ne stiano in qualche ghetto, oppure che siano informati di ciò che succede nel paese, si interessino dei problemi del quartiere e della scuola dei figli, partecipino ai sindacati, facciano volontariato, entrino nelle varie associazioni? Vogliamo che si integrino oppuire no? La risposta dunque è: il nostro interesse a vivere in una società più coesa e solidale

  6. Giuseppe GB Cattaneo

    Personalmente sarei favorevole al divieto della doppia cittadinanza.

    • Henri Schmit

      Si. Questo è un vero problema. Ha trasformato uno statuto di adesione politica in uno statuto fattuale. Se la naturalizzazione fosse facile e veloce (un regime agevolato fra paesi membri dell’UE), non ci sarebbe più ragione per doppie cittadinanze. Il colmo dell’assurdità è però il diritto di voto di coloro che hanno la cittadinanza senza mai aver avuto la residenza, figli di emigrati, di solito con doppia cittadinanza. Basterebbe lasciare il diritto di voto nella loro circoscrizione di origine ai non residenti per dieci o venti anni, volendo a vita. Bisogna abolire le circoscrizioni estere, subito. La doppia cittadinanza permette di votare alle politiche in due paesi! Pensando solo all’UE governata dai governi e quindi parlamenti nazionali il doppio voto alle politiche è inaccettabile, ma ovunque tollerato.

    • Maurizio Ambrosini

      La doppia cittadinanza è ammessa o almeno tollerata in più di 100 paesi del mondo, con l’Europa in prima fila. Credo che molti governi abbiano scelto di attenersi al principio “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”. Non credo che saremmo contenti se agli oltre 5 italiani residenti fuori dall’Italia, spesso dotati di doppia cittadinanza, venisse imposto di sceglierne una sola.

  7. Mahmoud

    Mattarella NON ha nemmeno vagamente accennato al non lasciar “aspettare risorse fuori dalla porta”, ha detto “di cui già disponiamo”. Ed in termini estremamente vaghi. Sulla questione cittadinanza fondamentalmente i punti sono due, un “combinato disposto” qualcuno lo definirebbe: da un lato è possibile con altre forme di soggiorno regolare diverse dalla cittadinanza rimanere senza problemi e parificati in maniera sostanziale sul territorio italiano per i cittadini stranieri (che, ricordiamolo, sono cittadini di un’altra nazione, mica apolidi, altrimenti i requisiti dei 10 anni eccetera non valgono nemmeno in Italia). Dall’altro solo con la cittadinanza diventa davvero difficile espellere la persona che si macchia di reati gravi o in generale si scopra in futuro rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico (e di rimando tutti i suoi familiari non cittadini italiani ma già presenti sul territorio della Repubblica). Dal suddetto “combinato disposto” si evince che non vi sarebbe alcuna utilità per chi già possiede cittadinanza di differente Stato sovrano ad ottenere quella italiana se non l’inespellibilità in seguito a crimini. Cosa ne deduciamo? Forse che sarebbe consigliabile anche per le altre nazioni più lassiste (per una volta!) adeguarsi ed inasprire lo shopping delle cittadinanze, prima di avere il terrorista in casa che essendo ormai formalmente cittadino non può essere allontanato con la forza pubblica una volta scontata la pena.

    • Henri Schmit

      Non mi ero reso conto che da straniero sono espellibile. Sono quasi tentato, ci devo pensare… Ma quante str…ate si possono scrivere qua, anonimamente, impunemente!

  8. Michele

    “Sulla cittadinanza l’Italia ha le regole più restrittive dell’Europa occidentale.”

    Lei è sicuro di questa affermazione? Ha fonti da esperti nelle normative d’immigrazione europea? È sicuro della situazione in Francia, Spagna e paesi nordici? Grazie per l’eventuale risposta, perchè altrimenti si tratta semplicemente di un’affermazione poco veritiera.

    • Maurizio Ambrosini

      Certo, nella maggior parte dei paesi UE bastano 5 anni (Francia, UK, Olanda, Svezia, Belgio…); in Germania sono 8 oppure 7 a determinate condizioni

    • Basma

      Posso confermare, sono in Inghilterra da 5 anni e quest’anno posso applicare per la residenza permanente, e l’anno seguente per la cittadinanza,. Qua li rispettano gli immigrati perchè capiscono il potere di avere un cittadino (di qualunque nazionalità) felice e grato al paese che l’ha accolto. L’integrazione non è a senso unico, vorrei vedere lei se si sentisse a casa in un paese dove è nato e dove l’hanno sempre trattata da immigrato.

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