Lavoce.info

Una via d’uscita dal lavoro precario

L’apprendistato professionalizzante è un contratto che prevede un obbligo di formazione da parte dell’azienda. E alla scadenza può diventare automaticamente un rapporto a tempo in determinao. Una ricerca dice che può creare occupazione permanente.

L’importanza della formazione

Negli ultimi decenni, nel mercato del lavoro italiano, la forma tradizionale di rapporto di lavoro a tempo indeterminato è stata progressivamente sostituita da numerosi contratti alternativi a tempo determinato.

I contratti a termine potrebbero agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani, facendo acquisire loro esperienza lavorativa. Tuttavia, la realtà è più complicata. I contratti di breve o brevissima durata esistono in quanto utili a soddisfare temporanee esigenze produttive delle imprese. Di conseguenza, possono verificarsi numerose transizioni da un contratto a termine a un altro. La durata breve del contratto scoraggia inoltre imprese e lavoratori a investire in formazione. Il contratto di apprendistato professionalizzante potrebbe invece avere un vantaggio rispetto agli altri nel creare occupazione permanente.

Un contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato fino al giorno prima del compimento di 30 anni da parte del lavoratore e differisce da uno temporaneo di pari durata per l’obbligo di formazione del lavoratore e per la conversione automatica in un tradizionale contratto permanente al termine del periodo di formazione in assenza di notifica di cessazione. Immediata implicazione è il beneficio di un periodo di prova esteso all’intera durata del periodo di formazione.

La legge n. 92/2012 (riforma Fornero) ne rafforza la natura di contratto di lavoro indeterminato. La norma fissa una durata minima (sei mesi) e una massima (derogabile dalla contrattazione collettiva) del periodo di formazione e stabilisce un adeguato schema di tutoraggio dell’apprendista fissando quote rispetto alle maestranze specializzate e al numero di dipendenti. L’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato di almeno il 30 per cento di quelli precedentemente assunti dallo stesso datore di lavoro. La riforma incrementa i contributi sociali a carico del datore di lavoro dei contratti a termine per finanziare l’Aspi e la mini-Aspi.

Leggi anche:  Il bivio dove si separano le strade lavorative di madri e padri*

I risultati della ricerca

Un nostro lavoro utilizza questo contesto istituzionale unico per stimare un modello di “differenze in discontinuità”, confrontando il tasso di occupazione permanente prima e dopo la riforma Fornero di individui simili tra loro nell’intorno dei 30 anni, alcuni trattati dalla riforma perché di età appena inferiore, altri non trattati dalla riforma semplicemente perché hanno raggiunto quella fascia d’età prima del giugno 2012.

Le nostre stime indicano che la probabilità di contratti di lavoro a tempo indeterminato degli individui trattati dalla riforma nell’intorno dei 30 anni è maggiore di un punto percentuale rispetto alla stessa probabilità per gli individui non trattati dalla riforma. Il vantaggio in termini di occupazione permanente dipende esclusivamente dal pari incremento del tasso di apprendistato professionalizzante. Non troviamo alcun effetto che sia statisticamente diverso da zero sulla probabilità di occupazione (figura 1). A parità di tassi occupazionali, i nostri risultati sono interpretabili come un più ampio ricorso al contratto di apprendistato professionalizzante rispetto al contratto a termine per le coorti trattate dalla riforma Fornero. Il più frequente utilizzo di questo tipo di contratto si è trasformato in una maggiore probabilità di contratti di lavoro a tempo indeterminato. L’interpretazione è rafforzata dalle nostre stime del modello dinamico. Dopo 36 mesi, il vantaggio in termini di probabilità di occupazione permanente è pari a cinque punti percentuali, mentre gli effetti sulla probabilità di occupazione sono modesti (+ 0,01 per cento). In termini di anzianità lavorativa il vantaggio, dopo trentasei mesi, è pari a cinque mesi. Gli effetti stimati sono meno modesti di quanto potrebbe sembrare. Infatti, nell’intorno dei 30 anni, prima della riforma, la probabilità di iniziare un’attività occupazionale con un contratto permanente è di poco superiore a dieci punti percentuali.

La possibilità di sostituire contratti a termine con contratti di apprendistato professionalizzante non è una ricetta applicabile in tutti i contesti. Non tutte le imprese hanno opportunità produttive di lungo periodo per cui possano investire nella formazione dei dipendenti. Pur tenendo conto di ciò, la nostra analisi dimostra che rafforzare l’impegno alla formazione e alla natura di contratto permanente dell’apprendistato professionalizzante ha effetti positivi sulla probabilità di creare occupazione a tempo indeterminato, che costituisce – e deve continuare a costituire – la forma normale del rapporto di lavoro.

Leggi anche:  Rinunciare al salario minimo costa caro*

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Il bivio dove si separano le strade lavorative di madri e padri*

Precedente

Ma nel Regno Unito i privati perdono il treno

Successivo

Quando per la salute si paga di tasca propria

  1. Tommaso

    Per esperienza personale e da ex tesista della materia, credo che quanto sopra centri in pieno la questione.
    Vorrei porre però l’attenzione proprio sul discorso della formazione che viene garantita a noi apprendisti: escludendo alcune regione (Lombardia, ndr) che non finanziando corsi di apprendistato e quindi “tecnicamente” le aziende potrebbero definirsi escluse dall’obbligo formativo (salvo intelligentemente paghino di tasca loro i corsi, evitando infrazioni e disconoscimenti) quelle che invece finanziano degli entri privati per tenere tali corsi (Lazio ecc), quali sono i temi trattati?
    Oltre a corsi fittizi di alcuni enti (attestati per 15 soggetti, ma in classe eravamo in 2) su cosa vertono? Io da impiegato mi sono trovato ad assistere a lezioni sulla sicurezza nei cantieri edili…per carità interessantissimo, ma TOTALMENTE inutile al mio lavoro.

  2. Paolo Bertuletti

    Buongiorno, segnalo che il link allo studio condotto dalle autrici richiamato nel testo dell’articolo non funziona. È possibile inserirlo? Grazie.

  3. David

    questo paper é molto molto scarso, perché con la visione parziale e solo dal lato di una schema studiato a tavolino, e tiene conto solo dell’effetto dal lato occupazionale, ma dal lato dell’apprendista. Egli infatti si trova a dover lavorare molti più anni di uno “normalmente” occupato per ottenere una pensione ragionevole che gli consenta di (soprav)vivere.

  4. David Donato

    questo paper é molto molto scarso, perché con la visione parziale e solo dal lato di una schema studiato a tavolino, e tiene conto solo dell’effetto dal lato occupazionale, ma dal lato dell’apprendista. Egli infatti si trova a dover lavorare molti più anni di uno “normalmente” occupato per ottenere una pensione ragionevole che gli consenta di (soprav)vivere.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén