Se proprio si deve nazionalizzare una banca, è meglio ricorrere alle azioni ordinarie. Invece per Mps si sono utilizzati i Monti bond, uno strumento opaco, a metà tra il debito e le azioni. La ragione ultima della scelta è nella proprietà della banca, con la presenza forte della Fondazione.
C’è molta confusione sui Monti bond; forse perché sono uno strumento opaco, a metà tra il debito e le azioni. Se proprio si deve nazionalizzare una banca, è meglio ricorrere alle azioni ordinarie. La ragione ultima per ricorrere ai Monti bond sta nella proprietà di Mps, con la presenza forte della Fondazione. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza, rispondendo ad alcune domande ricorrenti.
PERCHÉ I MONTI BOND?
Molti pensano che i Monti bond sia stati inventati in questi giorni per “salvare” Monte dei Paschi di Siena dal fallimento, in seguito alle perdite emerse sulle operazioni in derivati. Non è corretto. I Monti bond nascono nel luglio dell’anno scorso, per consentire a Mps di soddisfare le raccomandazioni dell’Eba (l’Autorità bancaria europea), che imponeva ad alcune banche di aumentare il loro patrimonio, a causa delle potenziali perdite sul portafoglio di titoli di Stato. (1) Può sembrare paradossale, ma è proprio così: l’intervento della Stato in Mps è nato dalla forte esposizione del Monte dei Paschi verso lo Stato italiano (come lo stesso presidente della banca, Alessandro Profumo, affermò nell’agosto scorso).
Naturalmente, non tutte le banche che hanno avuto questa richiesta dall’Eba hanno fatto ricorso agli aiuti di Stato. Vi erano altri due modi di procedere (che non si escludono a vicenda): (i) ridurre la dimensione dell’attivo della banca; (ii) chiedere nuovo capitale a soggetti privati. La seconda soluzione è preferibile per l’economia ed è stata auspicata dalle autorità; in Italia, è stata adottata da Unicredit. Ma nel caso di Mps l’aumento di capitale si scontrava con gli interessi della Fondazione. Questa non aveva i soldi per versare altro capitale: per partecipare all’aumento di capitale del 2011 aveva già fatto debiti, cosa anomala per una Fondazione, ma autorizzata dall’allora ministro Tremonti. (2) D’altra parte, per la Fondazione accettare che fossero altri soggetti (ammesso che ve ne fossero) a versare ulteriore capitale equivaleva a sopportare una “diluizione”: una riduzione del proprio peso (leggasi potere) nell’azionariato della banca. E così si è preferito ricorrere agli aiuti di Stato. Quindi il problema non sono i derivati, ma la invadente presenza della Fondazione nella proprietà della banca: è un problema non solo perché è un veicolo di interferenza politica nella gestione, ma anche perché è un ostacolo al rafforzamento patrimoniale della banca.
È UN PRESTITO O È CAPITALE?
Bella domanda, ma una risposta chiara e netta non c’è, perché si tratta di un strumento “ibrido”, per sua natura particolarmente opaco. Da un lato è un prestito, perché prevede il pagamento degli interessi, che sono anche salati: 9 per cento iniziale, destinato a salire fino al 15 per cento. Dall’altro, è capitale, per due ragioni: (i) non c’è alcuna scadenza, quindi non c’è una data entro la quale i Monti bond devono essere restituiti; (ii) i Monti bond partecipano al rischio di impresa al pari delle azioni; in particolare, se la banca subisce perdite tali da portare il suo coefficiente patrimoniale (rapporto patrimonio/attivo) al di sotto dell’8 per cento regolamentare, il Tesoro condivide le perdite con gli altri azionisti. A differenza di questi, però, il Tesoro non può dire nulla sulla gestione della banca. Questo è il principale problema degli strumenti ibridi: chi li compra (in questo caso il Tesoro) sopporta il rischio di impresa, ma non ha diritto di voto. Le vecchie azioni di risparmio, una volta molto di moda nel nostro mercato azionario, sono state abbandonate proprio per questa ragione. Sarebbe stata molto più trasparente una emissione di azioni ordinarie, sottoscritta dal Tesoro. Ma ancora una volta questa ipotesi si scontra con gli interessi della Fondazione, per le stesse ragioni illustrate al punto precedente.
STIAMO ASSISTENDO ALLA NAZIONALIZZAZIONE DI MPS?
Oggi no, ma domani forse sì. Data la natura ibrida dello strumento, i Monti bond non rappresentano un ingresso a pieno titolo dello Stato nell’azionariato di Mps. Tuttavia, Mps ha la facoltà di convertire, in qualsiasi momento, i Monti bond in azioni proprie. Inoltre, gli interessi eccedenti il risultato di esercizio saranno pagati in azioni. È difficile prevedere se e quando Mps eserciterà la facoltà di conversione. Certo è che vi è un forte incentivo a decidere entro un paio d’anni. Se i Monti bond non saranno restituiti entro la metà del 2015, infatti, il loro valore nominale aumenterà del 5 per cento ogni due anni, incrementando così anche l’onere degli interessi. Quindi o la banca si rimette rapidamente in sesto, come promesso dall’attuale management, oppure la prospettiva della nazionalizzazione diventa assai realistica.
QUAL È L’IMPORTO DEI MONTI BOND?
Il conto è di 3,9 miliardi, per ora. In realtà, l’emissione netta è di 2 miliardi, poiché 1,9 miliardi servono a restituire i precedenti “Tremonti bond”. Tuttavia, l’importo sembra destinato ad aumentare, per due motivi: (i) quest’anno Mps potrà pagare gli interessi, maturati nel 2012 sui Tremonti bond, emettendo altri Monti bond; (ii) gli interessi maturati nel 2013, eccedenti il risultato di esercizio, potranno essere pagati da Mps (nel 2014) assegnando al Tesoro ulteriori Monti bond.
GLI ALTRI PAESI COME STANNO?
Dal confronto internazionale emerge qualche motivo di consolazione. Come si può vedere nella tabella qui sotto, dal 2008 in poi gli altri Governi europei hanno stanziato cifre enormemente superiori all’Italia per finanziare aiuti al settore bancario, sotto diverse forme: ricapitalizzazioni (in alcuni casi vere e proprie nazionalizzazioni) e prestazioni di garanzie. Tuttavia, va notato che lo strumento normale di intervento dello Stato nel capitale delle banche è la sottoscrizione di azioni ordinarie, con l’eccezione del governo francese che è più volte ricorso ai titoli subordinati. (3)
Interventi pubblici a sostegno delle banche
(2008-2011)
Regno Unito |
593,9 |
Germania |
122,5 |
Francia |
69 |
Belgio |
125,4 |
Irlanda |
116,8 |
Olanda |
83,1 |
ITALIA |
4,6 (*) |
Dati in miliardi di euro, al netto degli importi restituiti e delle operazioni terminate.
Fonte: Mediobanca.
(*) Somma dei 2,6 miliardi riportati da Mediobanca e dei 2 miliardi di emissione netta di Monti bond per Mps.
(1) Dl n. 95 del 6 luglio 2012. Può poi essere utile la lettura del decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze (21/12/2012)
(2) È gustoso leggere adesso la Newsletter della Fondazione dell’agosto 2011, in cui si difendeva così la anomala scelta di indebitarsi: “la difesa della “senesità” del Montepaschi è un nostro fine statutario”.
(3) Si vedano le informazioni dettagliate riportate nello studio di Mediobanca, “Interventi pubblici a favore delle banche e degli istituti finanziari in Europa e negli Stati Uniti ”, aggiornamento del novembre 2011.
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mario
articolo molto chiaro e utile.
owluca
GRAZIE.
il primo articolo completo e sensato sull’argomento che FINALMENTE riesco a leggere…..
e dire che ho cercato a lungo…..
….da mio punto di vista potrei dire che questo è L’UNICO articolo pubblicato dalla stampa e su internet in proposito.
lascio ai lettori domandarsi il perchè
Gabriella Chiesa
Mi sono sempre chiesta se il Dl del MEF contenente il prospetto (la definizione dei “monti bonds”) fosse una bufala: Lo Stato italiano (il contribuente) ricapitalizza una banca accollandosi il down-side risk e lasciando ad altri l’up-side. Si vedano le clausole “Condizioni di pagamento degli interessi”, “Facoltà di riscatto in favore dell’ Emittente” e “Facoltà di conversione per l’Emittente”: l’opzione di conversione dello stock di bonds in azioni ordinarie è in capo all’Emittente/MPS – con sconto del 30% circa.
Davide
Molto chiaro, tuttavia vorrei fare alcune considerazioni :
La prima e’ che se ad una azienda viene fatto un prestito che supera il valore della sua capitalizzazione in borsa equivale al suo acquisto!
La seconda riguarda gli interventi pubblici a sostegno delle banche, sicuramente il dato italiano e’ molto consolatorio, tuttavia vorrei ricordare che il MPS ha circa 500 anni e non sembra così consolatorio che una tal banca sia diventata un vuoto a perdere!
Piero
I dati sono inesatti, per l’Italia non sono state considerate le garanzie date dal governo Monti al collaterale emesso dalle banche italiane dato alla Bce per il prestito dell’1% (nel rovvedimento salva Italia).
Ricordo che il governo Monti ha usato due pesi e due misure, ha aiutato le banche ma non le imprese, ad oggi non è ancora operativo l’aumento del plafond fino a 2,5 milioni di euro per la 662, di più sono stati bloccati i fondi per la ristrutturazione delle imprese in crisi.
Monti non è’ capace di governare, a solo di svendere l’Itala.
Questa rivista telematica fatta da economisti mi deve spiegare come si esce da questa situazione i stallo economico, ma non cominciamo con la solita lotta all’evasione ecc, all’economia dell’evasione non interessa, essa, anche se ingiusta moralmente e civilmente, diminuisce le imposte, il problema non è questo, l’Italia e’ un paese industriale che dovrebbe vivere e crescere con l’export, invece li ultimi anni abbiamo visto un deficit commerciale della bilancia dei pagamenti ciò ha impoverito il nostro paese, gli economisti dicano perché, quale era o è la soluzione.
umberto
I dati della tabella sono impressionanti : rispetto agli altri Paesi l’italia ha un problema assolutamente trascurabile con le banche, probabilmente anche considerando le garanzie prestate alle banche di cui parla Piero. La crisi italiana nel suo complesso ha poco a che fare con le banche, eppure è gravissima. Un dato che salta all’occhio sono i versamenti italiani alla EU per aiutare gli altri Paesi in crisi : 29.5 miliardi solo nel 2012, una follia per un paese in crisi da debito come il nostro. Un altro dato è l’aumento del debito pubblico (circa 90 miliardi ) e della spesa pubblica nel 2012,roba da default! Sbaglia l’Italia, che non riesce a ridurre spesa e debito pubblico e sbaglia l’Europa, che non usa il Quantitative Easing in una simile situazione di emergenza, mentre USA, Giappone, UK ed altri lo usano. L’Europa forse ha una situazione meno critica degli altri paesi, ma rischia di pagare il prezzo più alto per la propria incapacità nel gestire la crisi.
Piero
La monetizzazione del debito pubblico fatta proquota dalla Bce per tutti i paesi euro (basta acquistare in dieci anni sul mercato secondario il 50% del debito pubblico paesi euro, soo 500 mld annui) e’ la soluzione di tutti i problemi.
Alberto
Quel che mi chiedo è perché, anche qui su La Voce come in moltissimi altri giornali, viene colpevolmente omessa la possibilità, che favorirebbe l’intera Nazione, di nazionalizzare MPS per farla diventare la banca pubblica di eccellenza italiana. In questo modo (ed è qui la parte fondamentale) potrebbe accedere al credito della BCE pagando il solo TUS (0,75%) e quindi concedere crediti alla Pubblica Amministrazione (cioè acquisto di titoli di Stato) ad un tasso bassissimo e facendoci risparmiare un’ottantina di miliardi di euro secchi di interessi ogni anno (art.123 TFUE – ex articolo 101 del TCE). Sottolineo che questo già avviene in altri paesi europei, e che la Banca d’Italia non può soddisfare questa funzione in quanto, guarda caso, preventivamente privatizzata.