Lo shock da coronavirus richiede un’importante risposta fiscale. Il costo del suo finanziamento dovrà essere distribuito su più generazioni. Lo si può fare attraverso bond perpetui o a lunghissima scadenza, garantiti dalla Bce. Ma bisogna agire subito.
Obbligazioni europee contro il Covid
Non sappiamo ancora quale sarà l’impatto economico della pandemia, ma è plausibile pensare che il sostegno dei governi all’economia dovrà essere a doppia cifra in percentuale al reddito nazionale. Come si può finanziare un tale sforzo senza che scoppi una seconda crisi dei debiti sovrani tra i paesi più deboli dell’area dell’euro?
Il nuovo Programma di acquisti per l’emergenza pandemica (Pepp) della Banca centrale europea, varato la settimana scorsa, ci ha fatto guadagnare tempo prezioso. Ma è stato disegnato soprattutto per evitare tensioni sulla liquidità e una fuga dai titoli di stato dei paesi con maggior debito. L’espansione monetaria prodotta dal Pepp coprirà alcuni dei bisogni di finanziamento. Ma il programma consente deviazioni solo temporanee dalla regola del capital key per gli acquisti della Bce, un limite che potrebbe indebolire l’intervento del sostegno monetario ai paesi ad alto debito. Bisogna fare di più. Dobbiamo trovare accordi finanziari alternativi che proteggano l’Eurozona dal ripetersi di crisi simili a quella del 2011.
La nostra proposta prevede l’emissione di bond a scadenza di 50 o 100 anni o addirittura di obbligazioni perpetue (conosciute anche come Consols o titoli di debito pubblico consolidato, cioè titoli a cedola fissa senza scadenza). La Bce dovrebbe essere pronta ad acquistarli per stabilizzarne il tasso di interesse, evitando quindi di alimentare preoccupazioni sulla sostenibilità del debito. Esistono chiare ragioni economiche per una scelta di questo tipo:
– Uno shock delle dimensioni di quello prodotto dal Covid è simile a una guerra ed è perciò corretto distribuire il suo carico finanziario su più generazioni.
– I nuovi titoli potrebbero essere emessi rapidamente a condizioni modellate sul problema specifico.
– Un’azione così audace produrrebbe un effetto “whatever it takes” ed escluderebbe lo scenario da incubo dell’emergere di una nuova crisi dell’Eurozona nel bel mezzo di quella causata dal Covid.
Gli stati membri dovrebbero emettere tutti insieme una grande quantità di Covid Eurobond a lunghissima scadenza, garantiti dalla loro capacità fiscale collettiva. Ogni paese emetterebbe le proprie obbligazioni, che però sarebbero identiche tra loro in ogni altro aspetto. Il rating comune, e dunque il costo, sarebbe il risultato della garanzia comune derivante dalla capacità fiscale congiunta degli stati che partecipano all’emissione.
I vantaggi dei Covid-bond
È una soluzione con diversi vantaggi.
– Con il supporto della Bce, i tassi di interesse potrebbero essere mantenuti molto bassi e il rischio di insolvenza sarebbe limitato all’improbabile ipotesi che i paesi decidessero di non rispettare l’accordo iniziale.
Per esempio, con un tasso di interesse dello 0,5 per cento, finanziare un debito pari al 10 per cento del Pil costerebbe solo lo 0,05 per cento del Pil ogni anno, una somma trascurabile.
– La scadenza di questo debito addizionale sarebbe molto lunga. Ciò implica che i paesi già altamente indebitati non vedrebbero crescere il rischio di una crisi per il rifinanziamento del proprio debito attuale.
Non si si potrebbe affermare lo stesso per una linea di credito a breve offerta dal Mes (Meccanismo europeo di stabilità).
– L’inflazione in questo momento non è una minaccia; il pericolo, al contrario, è oggi rappresentato dalla deflazione.
Il fatto che lo sforzo fiscale sia in parte sostenuto dalla Bce fa parte della risposta di politica economica ottimale.
– Questa disposizione finanziaria non ostacolerebbe l’indipendenza della Bce nel caso in cui il rischio di inflazione emergesse in futuro.
La Banca centrale rimarrebbe libera di ridurre la dimensione del proprio bilancio, se ciò fosse ritenuto necessario.
Le nuove emissioni sarebbero complementari ad altre proposte avanzate di recente.
Differenze rispetto alla proposta per una linea di credito relativa al Covid
L’ipotesi di creare una nuova linea di credito presso il Mes, in relazione all’epidemia, – come suggerito da Benassy-Quéré et al. (2020) – farebbe immediatamente aumentare le possibilità di finanziamento fino al 3,4 per cento del Pil dell’Eurozona. La proposta fa un passo nella giusta direzione, ma ha alcuni limiti.
– Primo, i fondi disponibili rimarrebbero limitati rispetto a quelli probabilmente necessari, anche se il problema si potrebbe risolvere aumentando il capitale del Mes.
– Secondo, la scadenza dei prestiti offerti ai singoli paesi è altrettanto importante quanto la loro dimensione.
Non si possono ottenere scadenze “multi-generazionali” con una linea di credito del Mes. Ne deriva che il rischio di una crisi dei debiti sovrani verrebbe solamente posticipato e non evitato; oppure, l’azione della politica fiscale verrebbe limitata a una dimensione non in grado di offrire un sostegno adeguato all’economia.
– Terzo, in base al suo statuto, il Mes può fare prestiti solo a paesi con un debito pubblico sostenibile.
Ciò implica che l’analisi della sostenibilità del debito è prerequisito di ogni suo prestito. Nella situazione attuale, un parere positivo non può essere dato per scontato.
– Quarto, il Mes è stato concepito per sostenere un singolo stato in un momento di crisi finanziaria, non per finanziare un ampio shock comune.
Da questo punto di vista, è importante che i fondi del Mes rimangano a disposizione per il loro obiettivo originale, soprattutto una volta che il picco della crisi sarà superato.
– Quinto, la condizionalità a posteriori – legalmente richiesta per ogni prestito del Mes – potrebbe essere un ostacolo all’effettivo utilizzo dei fondi.
Durante la crisi del Covid, che potrebbe durare un anno o anche più, i paesi dell’Eurozona avranno bisogno di prendere a prestito non solo per investire in infrastrutture sanitarie ma anche per adottare misure di sostegno al reddito e per iniettare capitale che eviti il fallimento di molte imprese. È importante che qualsiasi linea di credito fornita dal Mes garantisca esplicitamente queste spese.
– Sesto, il Mes è un’istituzione intergovernativa, sulla quale i parlamenti dei singoli stati hanno diritto di veto.
Esiste dunque il rischio che la modulazione e l’attuazione della linea di credito vengano distorte da logiche individualistiche, anziché tutelare l’interesse comune.
Tutti questi limiti potrebbero essere superati riscrivendo le regole del Mes e quelle del suo trattato. Sarebbe un passo avanti verso il migliore assetto istituzionale per affrontare le necessità di finanziamento indotte dalla crisi del Covid. Col tempo, il Mes potrebbe nel tempo diventare il “dipartimento del Tesoro” dell’Eurozona, permettendo alla politica fiscale e a quella monetaria di coordinarsi, come avviene negli stati “normali”. Ma la strada verso la soluzione ideale richiederebbe tempo e già nelle sue prime fasi il processo di negoziazione tra gli stati membri potrebbe creerebbe incertezza riguardo al risultato.
Il tempo, tuttavia, è un bene prezioso a questo punto della crisi del Covid e l’incertezza riguardo al cambiamento delle regole potrebbe, di per sé, risultare destabilizzante.
Momento storico da cogliere
L’accordo per il finanziamento di Eurobond perpetui andrebbe raggiunto al più presto possibile. Posticiparlo sarebbe controproducente per due ragioni. Prima di tutto, perché una risposta immediata sarebbe molto più efficace nel prevenire un tracollo economico. In secondo luogo, perché è ormai chiaro che tutti i paesi sono stati colpiti da uno shock esogeno; tra uno o due anni, le recriminazioni riguardo all’azzardo morale e a scelte politiche sbagliate riemergerebbero e una risposta coordinata sarebbe politicamente più complicata da raggiungere.
Stiamo attraversando un momento critico della storia. Se mal gestita, la crisi economica che incombe potrebbe distruggere il progetto europeo, con implicazioni politiche enormi. L’alternativa a una risposta coordinata e coraggiosa sta nel continuare a piegare il quadro istituzionale esistente, con aggiustamenti ad hoc che ne minano la credibilità nel lungo periodo fino a quando non sarà definitivamente frantumato.
* Questo articolo è pubblicato in inglese su Voxeu con il titolo “Covid Perpetual Eurobonds: Jointly guaranteed and supported by the ECB”. Traduzione di Massimo Taddei
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Mauri
Il mio dubbio è che il contesto socio economico oggi è molto diverso da quello “popolano” post unione/guerra/Depressione.
Oggi devi convincere privati a mettere soldi su investimento IRREDIMIBILE contando su interessi (es. 5%) per ritorno capitale con il rischio (avvenuto in passato) che in futuro interessi vengano tagliati o ci sia inflazione (anche solo 2%).
Chi poi dice che i bond posso essere venduti sul mercato tralascia l’incertezza del valore (guidabile da tipi alla (Soros) e il dato storico che è capitato non avessero + mercato costringendo lo stato al riacquisto.
Infine … xchè la Germania e Scandinavia (pochissimi morti) dovrebbe partecipare?
Giuseppe scassellati sforzolini
Credo che ci dobbiamo mettere bene in testa che senza una richiesta di intervento del MES da parte dei paese con minore capacità di finanza pubblica in ragione de loro livello di debito e che non si sono mai sottoposti a nessun tipo di programma (cioè noi) la Germania e i suoi famigli (per me giustamente) non daranno l’OK ai covid-bonds. Lo strumento è la ECCL, che non richiede di soddisfare i criteri della PCCL. Ovviamente ci sarà un programma da rispettare. Visto il noto sbilancio tra ricchezza privata e debito pubblico, ci sarà una patrimoniale.
Henri Schmit
Il problema è il seguente: chi governa l’utilizzo, spesa e investimento, dei fondi creati attraverso le obbligazioni emesse dai vari Stati aderenti all’euro, ma con termini identici e garantite da tutti solidalmente, quindi a condizioni di mercato uguali (no spread), almeno fino a qualche rottura tra gli Stati (prevista o no nelle condizioni d’emissione)? Ovviamente saranno i singoli Stati a gestirne l’utilizzo, i governi e i parlamenti eletti dai loro cittadini beneficiari delle politiche nazionali e ultimi garanti del debito nazionale sul loro reddito e soprattutto sul loro patrimonio (a parte i residenti senza diritto di voto comunque garanti con i loro beni delle politiche approvate dai soli cittadini e in senso opposto gli Italiani residenti all’estero, quindi non garanti, ma beneficiari del diritto di voto). Chi garantisce che l’Italia adotterà politiche di spesa e di investimento efficienti? Ci saranno condizioni assortite agli euro-bond, si risponderà. Si, ma chi garantisce che i futuri governi – stiamo parlando di 50 anni – rispetteranno gli impegni assunti oggi. A giudicare dagli ultimi 20 anni non ci scommetterei. Chi vincerà le prossime elezioni con quale legge fatta all’ultimo momento e quale politica fiscale (spesa, investimenti, convergenza UE) i prossimi governi applicheranno? Fra le politiche promosse dagli attori nazionali ce ne fosse 1 sola che ispiri fiducia non per il lungo termine ma semplicemente per i prossimi 3 a 6 anni! Senza risposta meglio il MES!
Agostino De Zulian
A mio parere prima di emettere nuovi titoli di debito l’Italia deve recuperare i DEFICIT di Bilancio aggiuntivi dal 2014 a oggi nel rispetto del nuovo art. 81 della Costituzione liberandosi con privatizzazioni, scioglimenti e/o accorpamenti di molti Enti pubblici quali ad esempio i micro enti che non servono almeno 60.000 cittadini (Comuni compresi). Giusta poi se necessario una maxi emissione di BOND o EURO BOND fino a 100 anni con predisposto il programma annuale di rientro a decorrere dall’anno 2025 che MOTIVI PIU’ L’OFFERTA INTERNA rispetto alla domanda. Le scelte di emissione dovrebbero essere concordate con l’UNIONE EUROPEA per spuntare il miglior interesse ma non per interferire sui bilanci di ogni Stato che una legge impone debba essere in PAREGGIO salvo eccezioni. Ogni STATO che la GLOBALIZZAZIONE ha reso un mero ENTE NON PROFIT deve prima di tutto pensare alla propria sopravvivenza nel lungo termine quindi senza problemi di INSOLVENZA a cui può essere fatto corrispondere il livello di LIBERTA’.
Alberto Chilosi
Ma con tutti i discorsi che circolano da noi di uscire dall’ Euro e di fare tutto il deficit che ci aggrada senza vincoli europei, chi mai sarebbe così sprovveduto di comprare i coronabonds emessi dall’ Italia se rendessero come quelli emessi dalla Germania? Alla fine li comprerebbe solo la BCE. Ma allora non c’ è bisogno di inventare una struttura barocca, basta levare la condizionalità dagli OMT e permettere alla BCE di comprare tutti i titoli che emettiamo. Ma mi sa che su questo non c’ è affatto consenso. Potrebbe farlo direttamente la BCE fregandosene delle regole. Non è chiaro come reagirebbero e cosa in concreto potrebbero fare i paesi che non fossero d’ accordo.
Guido Gennaccari
Draghi ha lanciato un messaggio subliminale per una MMT di momentanea copertura dei costi sociali ed economici, provocati dalla pandemia, sostenuti dal settore produttivo privato. SuperMario con il concetto di “aumentare debiti pubblici per assorbire e cancellare quelli privati” , implicitamente intendeva far capire che la Bce debba farsi carico dei “costi sociali ed economici” del settore privato, soprattutto pmi e p IVA, pagando direttamente con nuova moneta le spese comunque sostenute nel periodo di inattività, così non si creerebbe nuovo debito pubblico e arriverebbero i soldi all’economia reale e non ai mercati finanziari (come successo con i QE). Lo Stato, nel periodo di emergenza, deve pagare gli stipendi pubblici ma non tassare i privati che riescono a fatturare qualcosa in Smart working. Così si eviterebbero follie quali Borse chiuse e patrimoniali. Altra liquidità non serve a nulla, neppure a comprare tempo questa volta. Draghi aspetta le critiche alla proposta di aumentare i debiti pubblici per coprire quelli privati, che sposterebbe solo il problema in avanti, rispondendo: “Allora ci vuole una MMT temporanea stile Usa, è necessario cambiare statuto Bce!
Gianpaolo Rosani
L’appoggio politico (UE) all’indiscutibile forza della proposta Covid-bond può avvenire solo se chi ha già il fardello di pesante debito pubblico (chi?), sedendosi al tavolo, é in grado di essere creduto su questo punto: i vecchi debiti se li paga chi li ha fatti e li ha ancora in carico, per i nuovi debiti discutiamo sulla loro emissione e sulle prelazioni in caso di default. Chissà se qualcuno troverá la nuova frase magica “whatever it .. happens” in grado di convincere tutti
Roberto
Tutte le proposte che leggo in questi giorni si concludono con la solita frase: “se la crisi non viene ben gestita il progetto europeo finisce”. Questa è una mera falsità, l’UE e l’euro non finiranno mai perchè nessuno degli stati appartenenti vuole uscire dall’Europa per una serie infinita di vantaggi finanziari, economici e geopolitici. Quindi sarebbe bene dire che l’unica nazione che rischia di saltare da questa situazione è l’Italia se non si deciderà ad attuare quelle riforme che tutte le istituzioni internazionali ci chiedono da oltre un decennio.
Stefano Andreoli
La questione centrale è la seguente: cosa dovrebbe convincere i famosi “paesi del Nord”, o più in generale i paesi con un rating migliore del nostro e con minore necessità di indebitarsi, a farsi garanti del nostro debito pubblico ? Mi piacerebbe che gli autori spiegassero bene le loro idee sul punto.
toninoc
Forse, se avessimo politici all’altezza della situazione potremo recuperare un po’ di credibilità agli occhi dei partner europei. Questo però implica che gli elettori dovrebbero dare il consenso a persone capaci, che abbiano dato dimostrazione nella loro vita di essre capaci di amministrare con onestà e per il bene comune. Invece noi Italiani andiamo a votare l’amico dell’amico che può favorirci in qualche modo, con condoni, non certo perchè è capace. Lo dimostra il grandissimo debito pubblico fatto crescere costantemente negli ultimi 40 anni nonostante i continui tagli ai servizi e le continue cosidette spending reviù. Quel debito ci opprime e ci impedisce di recuperare la fiducia degli investitori internazionali che ci vedono come spendaccioni e di conseguenza non comprano i nostri titoli se non a costi molto più elevati dei nostri concorrenti. A noi elettori Italiani, almeno ad una larga parte, non è mai piaciuto pagare le tasse e finchè qulcuno non ci obbliga TUTTI a farlo, per finanziare i nostri servizi, coninueremo a far debito finchè i creditori non ci daranno più un soldo e l’Italia andra’ a ramengo. Se si aggiunge che spesso mandiamo a quel paese quelli che dovrebbero darci una mano, come possiamo sperare che ci concedano ulteriore credito mettendo a rischio le loro risorse? Questa epidemia è arrivata come un fulmine a ciel sereno e ci metterà a dura prova sotto l’aspetto economico per diverse generazioni perchè nessuno vorrà garantire il nostro insostenibile debito
bob
Questo:
credo che in mezzo al guado ci sia soprattutto la Germania che per l’ennesima volta dopo tante battaglie ha perso anche questa 3° guerra mondiale. Qualunque sia la decisione il vero volto di questi signori è venuto fuori. La comunità mondiale ( attenzione comunità e non Stati) memore di una Storia fin troppo recente fatta di atrocità mai commesse dal genere umano non credo che dimentichi. La stessa comunità, nonostante avesse avuto la benevolenza nel dopoguerra di non infierire con egoismo e vendetta sui vinti Tedeschi, viene ripagata con l’ attuale atteggiamento dai figli e dagli eredi dei criminali di allora. E’ il caso di dire ” il lupo perde il pelo ma non il vizio” . Ma la Storia, che è fatta spesso di corsi e ricorsi, è anche fatta di scenari nuovi, spesso imprevisti e spiazzanti. Quindi più che l’ Europa in mezzo al guado direi che la Germania è presa nel mezzo di scenari nuovi, pericolosi soprattutto per Lei stessa.
pino
ma, obbligazioni permanenti al tasso dello 0,5 acquistate direttamente dalla BCE sembra un eufemismo per: stampare nuova moneta. Cosa che mi sembra molto buona. Perché non chiamarla col suo nome?
E poi: chi pagherà alla BCE l’interesse dello 0,5 se non la stessa BCE?
Italo Vezzari
Ho letto i vari commenti al vostro articolo, commenti che si focalizzano sugli aspetti tecnico-economici della vostra ragionata proposta. Personalmente vorrei andare un pò più a monte. L’Unione Europea, per quanto ne avevo capito, era intesa dai nostri “padri” come l’integrazione graduale dei principali paesi Europei in modo da superare individualismi, egoismi, nazionalismi, che avevano portato a 2 disastrose guerre. Questo è avvenuto molto parzialmente perché gli Stati erano e sono molto restii a delegare il proprio potere ed autonomia all’Unione. L’accorpare ulteriori Stati senza “consolidare” ha reso questo ancora più complesso e lento se non bloccato il percorso. Infatti i cittadini Europei negli ultimi anni sono sempre più scettici nei confronti dell’Unione, ne vedono i difetti e poco i pregi. In questo momento penso che siamo giunti ad un punto in cui o si prosegue il percorso con tutto quel che ne consegue o si va allo sfascio, per carità non immediato (forse), dell’Unione Europea. Spero di essere smentito dai fatti.
Adriano
I paesi che vogliono gli eurobond sono nient’altro che parassiti.
L’Italia DEVE pagare i propri debiti !
I paesi del Nord NON devono garantire per i debiti dei solliti mediterranei inefficienti.
Sono 10 anni che la BCE compra titoli italiani facendo risparmiare una montagna di milirdi di interessi a questo vergognoso paese!
Federico Leva
Complimenti per la persuasiva argomentazione. Segnalo uno studio che può essere utile a illustrare perché è un problema per tutti se i Bund sono gli unici titoli sicuri disponibili: “How could a common safe asset contribute to financial stability and financial integration in the banking union?”
https://www.ecb.europa.eu/pub/fie/article/html/ecb.fieart202003_02~2b34819f75.en.html
Henri Schmit
Vorrei precisare che, a ben vedere, non è nemmeno l’ingente debito il problema più grave, ma l’assenza di politica fiscale coerente e costante, convergente con quelle degli altri paesi dell’eurozona e in grado di ridurre il debito nel tempo. Per riuscire in questo servirebbero delle persone capaci e un governo autorevole non supermaggioritario arrogante che salta alla prima difficoltà, ma di consenso ragionato ciò che presuppone un un dibattito pubblico (includente politici, media, esperti) serio, veritiero e controllato (obiettivo qualitativo sempre perfettibile) invece di litigi strumentali di pura conquista del potere e slogan vuoti spesso in gergo inglese che nascondono solo il vuoto di idee e l’incapacità di formulare soluzioni valide e credibili.
Nicola Andrea CIsbani
Quindi la BCE agirebbe come soggetto economico irrazionale acquistando ad identiche condizioni Buoni italiani e buoni tedeschi quando il rating tedesco è di gran lunga migliore a quello italiano.
angelo
Visto che la Germania non ci sente, perchè i paesi del sud Europa non se li stampano da soli?
Francesco
A occhio, perché un debito collocato da un debitore che ha debiti pregressi pari a zero e un’economia ampia (l’Unione Europea) è più appetibile, ossia richiesto, di un debito collocato da paesi già oberati dai debiti, che in passato hanno anche rischiato di non restituirli (Grecia 2011) e con dimensioni economiche ridotte. Questo si tradurrebbe in una richiesta di interessi molto più elevata, che significherebbe una spesa per rimborsi molto più alta (lei a chi presterebbe i suoi soldi? A un suo parente già pieno di debiti e con uno stipendio basso o a un altro che non ha un euro di debiti e uno stipendio da favola?)
Gustavo De Pas
Nell’ultimo “Monthly Outlook” pubblicato dall’Ufficio Studi dell’ABI si legge che i depositi della clientela residente – rappresentati da conti correnti, depositi a risparmio e certificati di deposito – ammontavano a fine febbraio 2020 ad oltre 1.800 miliardi di euro. Dallo stesso report si apprende, inoltre, che il tasso medio riconosciuto alla clientela su tali depositi è pari ad un misero 0,37% che, al netto delle imposte, si riduce ad un miserrimo 0,27% circa.
Perché, mi domando da semplice cittadino, il nostro Paese, anziché andare affannosamente alla ricerca di improbabili aiuti dall’esterno, non cerchi invece, e con l’urgenza del caso, di fare innanzitutto leva sulle ingenti, direi ingentissime, risorse interne rappresentate dalle disponibilità liquide detenute dagli stessi italiani.
Volendo semplificare al massimo si tratterebbe, in ultima istanza, di trasformare forzosamente una parte di quei 1.800 miliardi (il 5%, il 10%, il 20% o altra percentuale?) in un prestito irredimibile avente le seguenti caratteristiche:
• tasso variabile indicizzato ai Bot semestrali con uno spread interessante;
• cedola semestrale esente da imposte presenti e future;
• obbligazioni liberamente negoziabili sui mercati ufficiali;
• eventuale assistenza di una opzione call esercitabile dal Tesoro in qualsiasi momento trascorsi almeno sei anni dalla data di emissione.
Mi rendo conto che molti miei concittadini non ne sarebbero propriamente entusiasti; d’altro canto, quelle obbligazioni esentasse renderebbero molto più del parcheggio su un conto o su un certificato. Senza contare che l’alternativa più probabile, a mio giudizio, sembra essere quella di una robusta patrimoniale a fine anno
Infine, se è vero che siamo in guerra, come ha detto anche Mario Draghi, bé, allora: “à la guerre comme à la guerre”.