La Banca centrale europea riempie le banche di finanziamenti a tassi negativi, per sostenere i prestiti alle imprese. Azione giusta nell’emergenza in corso, ma che potrebbe contribuire ad alimentare il circolo vizioso tra rischio bancario e rischio sovrano.
Nel corrente mese di giugno le banche europee stanno ricevendo una grande quantità di prestiti dalla Banca centrale europea: 1.300 miliardi di euro che, al netto di precedenti operazioni in scadenza, si riducono a circa 550 miliardi. Una cifra considerevole che si spiega anche con le condizioni di favore applicate dalla Bce su questi prestiti. Si tratta della quarta tranche delle cosiddette Targeted Longer Term Refinancing Operations (Operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine) di terza generazione: Tltro III, per distinguerle da altre operazioni analoghe avviate in passato. Si chiamano “mirate” perché la loro finalità è quella di fornire un supporto alle imprese: nell’intento di Francoforte, il sistema bancario dovrebbe girare i prestiti ricevuti al sistema produttivo per sostenerlo in questa fase estremamente delicata, per non dire drammatica. La risposta delle banche alla sollecitazione della Bce è stata per ora positiva: hanno aderito massicciamente all’operazione, prelevando grandi quantità di liquidità dalla banca centrale. Non è sempre andata così nei round precedenti: a volte il take-up, cioè l’effettivo ricorso delle banche ai prestiti Tltro, era stato molto inferiore all’ammontare massimo disponibile. Questa volta le banche hanno invece sfruttato appieno la possibilità accordata dalla banca centrale, e questo lascia ben sperare.
Ottimismo ma senza esagerare
Non bisogna però farsi prendere da un facile ottimismo. Contrariamente a quanto si sente spesso dire e si legge sui giornali, le regole delle Tltro non prevedono un obbligo a usare i fondi, prelevati dalla Banca centrale, per fare prestiti alle imprese. Prevedono solo un incentivo, legato alle condizioni applicate ai prestiti. In particolare, nel periodo tra il giugno di quest’anno e lo stesso mese dell’anno prossimo, il tasso d’interesse applicato dalla Bce a questi prestiti sarà pari a -0,50 per cento. Tuttavia, alle banche più virtuose, cioè quelle per le quali l’andamento dei prestiti alla clientela (esclusi i mutui ipotecari) tra il marzo 2020 e il marzo 2021 avrà superato un benchmark prefissato, il tasso applicato sarà il -1 per cento (vi possono essere situazioni intermedie).
Nel mondo capovolto dei tassi d’interesse negativi sarà in realtà la Bce, alla scadenza del prestito (triennale), a pagare alle banche un interesse per avere preso soldi in prestito. Il vantaggio sarà tanto maggiore quanto più una banca sarà stata in grado di “girare” i prestiti ottenuti ai suoi clienti: imprese e famiglie (ma non per l’acquisto della casa). La quantità lorda di prestiti ottenibili complessivamente tramite le Tltro III è molto ampia, essendo pari al 50 per cento dei prestiti alla clientela in essere alla fine di febbraio 2019. Per ottenere la somma netta di nuova liquidità effettivamente disponibile con le Tltro III, da tale quantità occorre sottrarre l’importo dei finanziamenti ancora in essere, derivanti dalle precedenti operazioni Tltro II.
L’evoluzione delle Tltro
Nel corso del tempo, le operazioni Tltro sono state via via affinate. Quelle di prima generazione (Tltro I), avviate nel 2014, non prevedevano incentivi di tasso ma solo di quantità: una banca poteva prendere a prestito tante più risorse quanto maggiore era la distanza tra la dinamica dei suoi prestiti e il benchmark. Con la seconda generazione (Tltro II), avviata nel 2016, venne introdotto un incentivo di tasso molto simile a quello usato poi nelle Tltro III, appena illustrato. Questo incentivo si rivelò efficace: l’80 per cento dei finanziamenti erogati dalla Bce con le operazioni Tltro II ha usufruito del tasso d’interesse agevolato (-0,40 per cento anziché zero) a testimonianza del fatto che, per la maggior parte delle banche partecipanti a quelle operazioni, l’evoluzione del credito alla clientela è stato superiore al benchmark.
Gli incentivi introdotti con le Tltro hanno prodotto un altro effetto positivo, riducendo l’uso dei prestiti ricevuti dalla Banca centrale per acquistare titoli di stato. Le prime operazioni di prestito a tre anni (Ltro) fatte dalla Bce tra le fine del 2011 e l’inizio del 2012 furono invece ampiamente usate per fare operazioni di carry trade: finanziamento a tasso agevolato presso la Banca centrale per investire in titoli di stato domestici, aumentando così l’esposizione del sistema bancario al rischio sovrano. Anche le banche centrali imparano con l’esperienza e mettono a punto col tempo le operazioni “non convenzionali” che ormai fanno parte stabilmente della “cassetta degli attrezzi” del banchiere centrale.
I rischi
Tutto bene quindi? Non proprio. Le banche si devono confrontare con un’impennata del rischio di credito, dovuta al precipitare dell’attività economica in seguito all’emergenza creata dalla pandemia. A fronte di ciò, molti governi europei (non solo il nostro) hanno messo in campo garanzie pubbliche a sostegno dei prestiti bancari, per attutire l’impatto della crisi sulle imprese e sulle banche. È prevedibile che vi sarà un massiccio trasferimento del rischio di credito dalle banche allo stato: parte della liquidità immessa dalla Bce verrà usata per fare prestiti bancari con garanzia statale, anche in sostituzione di prestiti già esistenti.
Se una quota significativa della nuova liquidità, messa a disposizione delle banche a condizioni molto vantaggiose tramite le Tltro III, verrà usata per acquistare titoli di Stato, assisteremo anche a un trasferimento di rischio dallo stato ai bilanci delle banche. E così il cerchio si chiude: l’abbraccio mortale tra banche e stato è destinato ad essere sempre più forte, con buona pace dei propositi con cui era partito il progetto di unione bancaria. Forse era inevitabile nelle attuali condizioni: a mali estremi, estremi rimedi. Tuttavia dobbiamo essere consapevoli che c’è un problema di fondo, quello del circolo vizioso tra rischio sovrano e rischio bancario, che attende ancora di essere risolto.
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Sergio Cesaratto
Caro Baglioni, l’espressione “le banche girano la maggiore liquidità della banca centrale alle famiglie ed imprese” può trarre in inganno i lettori nel ritenere che le banche prestino le riserve. E dato che per ogni 100e di depositi creati dal sistema bancaro basta 1e di riserva, allora davvero queste LTRO s giustificano come uno stimolo all’offerta di credito? Nel caso invece che le banche acquistino titoli di stato, allora lì sì, a 100e di titoli acquistati corrispondono 100e di riserve impiegate – che transitano, tecnicamente, dai conti di riserva delle banche al conto del governo presso la banca centrale (o presso le sue succursali nazionali nell’Eurosistema). Questo accadde col LTRO-I nel 2012, e con un carry trade di nuovo succoso, sta forse accadendo ora, come lei dice (si prendono fondi a tassi negativi e si comprano titoli di stato, magari italiani, a tassi positivi). Ma c’è dell’altro? Per esempio le banche italiane stan perdendo riserve per fughe di capitali? Per cui si gonfiano al contempo i saldi Target 2 e il ricorso al rifinanziamento, di nuovo come nel 2011-12? Oppure le banche sentono la necessità di buffer di liquidità a fronte di possibili crisi bancarie? Ha qualche altro elemento dal suo osservatorio?