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I lavori pubblici tra Covid e decreto semplificazione

Il dl semplificazione ha l’obiettivo di sostenere la domanda aggregata attraverso la ripresa degli investimenti. Ma nel settore dei lavori pubblici, nonostante alcune misure di grande impatto, si tratta più di interventi emergenziali che di una riforma strutturale.

La ripresa degli investimenti alla prova del lockdown

Alla fine della più stretta fase emergenziale legata all’epidemia Covid-19, il numero e l’importo delle procedure avviate in questo periodo costituiscono preziose informazioni ai fini della previsione dell’andamento futuro della spesa in conto capitale delle amministrazioni pubbliche e degli investimenti fissi lordi. L’evento pandemico e le relative difficoltà nell’espletamento delle procedure amministrative hanno di fatto compromesso l’attività di investimento delle stazioni appaltanti, che pure stava mostrando segni di ripresa dopo un lungo decennio di criticità. Nel trimestre marzo-maggio 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019 si è verificata una corposa riduzione del numero delle procedure avviate (-41 per cento). Tuttavia, questa riduzione non si è verificata nel loro importo complessivo (+6 per cento) per effetto, soprattutto, dell’attività delle stazioni appaltanti di livello nazionale, in particolare dei concessionari di reti e infrastrutture, che hanno dato avvio, anche durante il lockdown, a pochi lavori ma di importo elevato (Grafico 1).

Il comparto che ha più risentito del lockdown è stato invece quello comunale, che avvia mediamente circa il 50 per cento delle procedure del paese e che mostra una importante flessione sia nel numero che nell’importo dei lavori pubblici rispetto al trimestre marzo-maggio del 2019 (Grafico 2). I comuni sembrano aver sostanzialmente congelato la loro attività di procurement, considerato che simili cali percentuali si registrano anche nei settori di acquisto beni (forniture) e servizi.

Cosa cambia con il decreto semplificazione

Il settore degli investimenti pubblici italiano sembra destinato a continue rivoluzioni. Tra il 2016 e il 2019, infatti, la normativa di settore ha subito almeno tre importanti revisioni: il varo del nuovo Codice dei Contratti (D.Lgs 5/2016), il correttivo al Codice (D.Lgs 56/2017) e il cosiddetto intervento “sblocca cantieri” (Dl 32/2019 e Legge 55/2019). È di questi giorni infine l’uscita del decreto “semplificazione”, che trae motivazione dalla necessità di imprimere una sostanziale accelerazione sia nel volume complessivo delle procedure avviate sia nella realizzazione dei singoli interventi nella fase successiva al lockdown.

In questo senso le misure contenute nel decreto sono un tentativo di rilancio affidato a un’operazione di deregolamentazione che, come nel caso dello “sblocca cantieri”, ha carattere transitorio e sperimentale. Il decreto interviene però su molti aspetti del quadro regolatorio, che attengono alle diverse fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici (programmazione, progettazione, affidamento, esecuzione) e presenta molti aspetti che meritano discussione. Primo fra tutti il fatto che venga prevista un’estensione senza precedenti dei lavori affidabili ricorrendo all’affidamento diretto e alla procedura negoziata rendendo di fatto potenzialmente esclusi dal meccanismo di gara circa il 99 per cento dei lavori pubblici (che ammontano a circa il 60 per cento del valore totale), con indubbie conseguenze in termini di concorrenzialità del mercato. Oggi le procedure aperte per lavori superiori a 150 mila euro fino alla soglia comunitaria rappresentano il 20 per cento dell’intero mercato in termini di numero e il 12 per cento in termini di importo. Si tratta senz’altro di una cura shock dalla quale ci si aspetta effetti visibili sin dalle prime fasi di applicazione della nuova normativa dal momento che l’obiettivo del legislatore sembra quello di consentire un immediato recupero di quanto perso nello scorso trimestre e un sostegno aggiuntivo alla domanda aggregata.

In effetti, prendendo in considerazione una definizione volutamente ampia della fase di affidamento (dalla pubblicazione del bando all’inizio dei lavori) emerge un non trascurabile guadagno in termini di velocizzazione che potrebbe realizzarsi con l’applicazione del decreto e un maggior ricorso alle procedure negoziate (Grafico 3). Il ricorso a procedure negoziate consente, in media, un risparmio di 6 giorni per ogni 100mila euro di valore dell’opera (53 giorni per le negoziate e 59 per le aperte). Il risparmio effettivo potrebbe dunque variare dai 9 giorni di un’opera da 150mila euro a quasi un anno per un’opera di importo pari alla soglia comunitaria. Considerato che l’importo medio delle procedure comprese tra 150mila euro e la soglia comunitaria e fino ad oggi avviate con procedura aperta è pari a circa 900mila euro, possiamo quantificare in circa due mesi il risparmio di tempo di affidamento associabile, in media, al passaggio tra procedura aperta e negoziata. A questo si aggiunga che, oltre al vantaggio della velocità di affidamento, le soluzioni negoziate comportano una riduzione dei casi di contenzioso in fase di affidamento (che sono i punti deboli delle gare, le procedure aperte).

Figura 3 – Distribuzione della durata della fase di affidamento per tipologia di procedura di scelta del contraente. Procedure di lavori pubblici di importo compreso tra 150000 euro e la soglia comunitaria.

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Nella prospettiva ancora poco definita di nuovi apporti di risorse comunitarie (Mes e/o RecoveryFund), l’intervento sulle regole di funzionamento del mercato degli appalti rappresenta comunque la strada oggi percorribile per ottenere risposte rapide e massimizzare la capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche.

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  1. Savino

    Da evidenziare: 1) La settorialità degli interventi, laddove l’edilizia sanitaria e scolastica ed alcune infrastrutture e manutenzioni hanno la priorità nella “corsia preferenziale” delle procedure, che non può essere generalizzata; 2) l’abuso della procedura emergenziale può comportare elusione della concorrenza, soprattutto contro le PMI locali, favorendo i big nazionali e multinazionali; 3) c’è una più generale “questione legalità” negli apparati burocratici che nasce con la depenalizzazione dell’abuso d’ufficio per “incentivare a firmare atti”, cosa francamente inspiegabile avendo come presupposto la trasparenza, laddove un funzionario che abbia “paura di firmare” deve spiegare bene questo timore reverenziale che, diversamente, avrebbe elementi di opacità e ambiguità.

  2. stefano antoniutti

    In occasione del decreto Renzi che sbloccava gli acquisti dall’obbligo MEPA sotto i 1000 € “salvo frazionamento”, l’interpretazione dei dirigenti della mia Università fu che i 1000 € (per evitare ogni dubbio di “frazionamento” in caso di controlli) andavano intesi “per fornitore/anno”, vanificando completamente l’effetto del decreto.
    Sono questi i funzionari pubblici di cui non abbiamo bisogno in questo paese, terrorizzati dal doversi assumere ogni minima responsabilità.

  3. Paolo Sbattella

    Il settore dei lavori pubblici rappresenta uno dei volani per lo sviluppo del Paese e va fatto tutto il possibile per accellerare la sua operativita’. Molti lavori si sarebbero potuti fare, seguendo la logica del buon senso e della praticita’, su strade ed autostrade (ma non solo) nel periodo del lockdown, quando queste erano libere da auto ed automezzi. Ma così non e’ stato. Il Governo del Presidente Conte ha mostrato anche qui lentezza, farraginosita’, indecisione ed inadeguatezza nel gestire la situazione. Occorre un cambio e che questo avvenga il prima possibile. Prima di un gia’ annunciato da autorevoli parti complicato e difficile autunno 2020 per cittadini ed imprese. Sono loro il termometro dell’ Italia.

  4. Fabrizio manzoni

    Vi è necessità che la normativa sia scritta anche da qualcuno che va in cantiere a vivere le difficoltà quotidiane. Gli operatori non ne possono più di continui cambi normativi. Il vero problema sono gli sconti troppo elevati, la mancanza di aggiornamento professionale di troppi tecnici pubblici, peraltro sotto pagati e infine la mancanza di professionalità e competenza di troppe imprese

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