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Investimenti pubblici: le ambizioni del Pnrr

Per la ripresa non bastano gli investimenti nelle infrastrutture, servono riforme per la modernizzazione del nostro paese. Su questa base il Pnrr disegna strategie chiare, con una concreta definizione di indirizzi e di tempi di attuazione delle opere.

Gli obiettivi del Pnrr

Secondo quanto previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, il rilancio del paese non passerà solo attraverso un ambizioso programma di investimenti, ma anche attraverso un altrettanto ambizioso progetto di semplificazione e razionalizzazione del quadro normativo, unito a un rafforzamento della dotazione di capitale umano nella pubblica amministrazione. L’indicazione è quella di cogliere la disponibilità delle risorse europee come una opportunità di modernizzazione non solo infrastrutturale, affrontando i limiti strutturali che frenano la crescita del paese e agevolando quei cambiamenti profondi di cui ha bisogno.

È un’impostazione che fa ben sperare sull’effettiva capacità di realizzare alcune riforme, come quella dei contratti pubblici, sulle quali negli ultimi anni si sono fatti più tentativi di adattamento della normativa, in un acceso e in fin dei conti proficuo confronto tra visioni contrapposte.

Tante risorse da spendere in fretta

I lavori pubblici in Italia hanno tempi di avvio e di completamento molto più lunghi di quelli massimi previsti dal Recovery Plan. Dall’affidamento della progettazione all’ultimazione dei lavori occorrono infatti mediamente sei anni per un’opera di importo superiore alla soglia comunitaria. Se poi si computano anche le fasi di programmazione e decisionale, la durata complessiva si allunga notevolmente e non è facilmente ricostruibile a partire dalle statistiche ufficiali.

A ciò si aggiunga che pure le risorse europee che già arrivano nel nostro paese ordinariamente, nell’ambito del ciclo di programmazione delle politiche di coesione, hanno ben note difficoltà di assorbimento. Anche al netto di queste ulteriori risorse, e senza considerare eventuali altre iniziative di investimento, è evidente che il valore delle opere che potrebbero essere avviate nel biennio 2021-2022 a valere sul Pnrr – 146 miliardi di euro – rappresenta un cambio di scala sostanziale per l’operato delle amministrazioni pubbliche e delle stazioni appaltanti in generale (Figura 1).

Tuttavia, il cambio di scala non riguarda solo l’ammontare complessivo delle procedure da attivare, ma anche la velocità di spesa associata alla realizzazione degli investimenti. Utilizzando le informazioni disponibili a livello di singola procedura di lavoro pubblico è possibile simulare un profilo di spesa associato alla realizzazione dell’opera, includendo nel computo anche la durata della fase di affidamento oltre a quella di esecuzione di opere simili aggiudicate e realizzate in anni precedenti.

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Sulla base di questo calcolo, la proiezione di spesa dei lavori pubblici avviati nel 2020 raggiungerebbe il suo massimo nel 2024 (T4 nel grafico 2) e consentirebbe di impiegare una percentuale delle risorse complessive almeno pari al 90 per cento solo a partire dal sesto anno successivo all’avvio della procedura (2026, T6 nel grafico 2). Se, a titolo puramente esemplificativo, a questo flusso di spesa si affianca un’ipotesi di un flusso simile però relativo alle procedure avviabili in uno dei due anni previsti per le procedure del Pnrr (per ipotesi pari al 50 per cento del totale del valore di investimenti pubblici previsti dal Piano, ovvero circa 73 miliardi di euro), emerge la necessità di triplicare (mediamente) la velocità di spesa al fine di ottenere che almeno il 95 per cento delle risorse venga speso nel limite massimo dei cinque anni.

Le riforme del Pnrr

Molte delle carenze strutturali del sistema preesistono al decennio di crisi economica e di investimenti pubblici, ma negli ultimi cinque anni sono diventate argomento di forte dibattito, sia a livello accademico che politico-istituzionale, sulla spinta di una sempre più pressante esigenza di rilancio della spesa infrastrutturale. Il dibattito ha preceduto e si è sviluppato attorno ai diversi interventi normativi intrapresi per risolvere i nodi strutturali del sistema e alla vigilia della attuazione del Pnrr è ancora aperto. Molti degli interventi realizzati sono stati infatti solo parzialmente efficaci o addirittura controproducenti sia, nel merito, per le misure che contenevano, sia per la poca decisione con la quale è stata perseguita la loro effettiva attuazione, rivedendone a più riprese i contenuti, sia per la mancanza di una coerente azione su più dimensioni dell’azione pubblica.

A partire da queste considerazioni, il Pnrr interviene con un quadro di riforme e strategie di spesa ben chiaro. Coerentemente con le indicazioni della Commissione Ue, la formulazione definitiva del Piano nazionale di ripresa e resilienza assegna infatti un peso eguale all’allocazione delle risorse e ai processi di riforma necessari non solo alla tempestiva ripartenza ma anche all’efficace gestione della spesa infrastrutturale.

Il disegno del Pnrr, in questo ambito, è prevalentemente concentrato sulla riforma “orizzontale” della pubblica amministrazione e su quella “abilitante” della semplificazione e razionalizzazione della legislazione, che include interventi sulla disciplina dei contratti pubblici, in materia ambientale, di contabilità degli enti e di revisione della spesa.

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Già nei prossimi mesi il Pnrr prevede interventi sui contratti pubblici, con misure urgenti (da adottare con decreto legge entro maggio 2021, sulle quali si presume che l’accordo politico sia già ampio) e successivamente, ma comunque entro il 2021, con misure a regime (da attuare con disegno di legge delega). Tra le prime, in particolare, vi è sostanzialmente la proroga fino al 2023 delle misure del decreto Semplificazioni che interessano, in particolare, la riduzione della cosiddetta “paura della firma” attraverso la limitazione della responsabilità per danno erariale dei responsabili unici del procedimento (Rup) e lo stimolo al rapido avvio e conclusione delle opere, attraverso l’individuazione di un termine massimo per l’aggiudicazione dei contratti e di misure per il contenimento dei tempi di esecuzione.

Dal lato degli interventi, definito l’elenco delle opere, è stato individuato un primo insieme di progetti attualmente sospesi (la cui esecuzione era già avviata o era in fase di prossimo avvio) sui quali procedere immediatamente ricorrendo alla figura commissariale. Pur con queste premesse, resta la grande sfida – che non è comunque fuori portata – di dare avvio a una quota corposa dei progetti e di incardinare molte delle riforme previste già entro il 2021.

Nonostante i molti punti interrogativi sulla reale attuabilità del disegno complessivo, il Piano, nella ampiezza delle riforme avviate, nella chiarezza delle strategie individuate, nella concreta definizione di indirizzi di policy e di tempi di attuazione pone valide premesse per un quanto mai ambizioso progetto di ripresa economica e di modernizzazione del paese.

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Ricadute sociali e politiche

  1. Enrico

    La riforma della pubblica amministrazione con l´assunzione di nuovo personale si tradurra´ inevitabilmente in un aumento del fabbisogno per lo stipendificio statale. Mi spiace essere in disaccordo, ma e´ l´attuale impostazione ad essere sbagliata: la PA non e´ amica del cittadino, spesso kafkiana (esperienza diretta), con linguaggio astruso e limitazioni assurde nel 2021. E´ recente la mia esperienza in questo senso: richiesta di domiciliazione di IMU e TARI (grande comune del nordovest), risposta: <>, Ulteriore domanda da parte mia <>, Risposta definitiva <>. Non era sufficiente rispondere che non si puo´ attivare la domiciliazione? (perche´ poi lo sanno solo loro, io vivo in un Paese Europeo in cui posso domiciliare tutto, anzi e´ l´opzione di default). Salvo poi che i bollettini TARI non sono arrivati e l´IMU per definizione non viene notificata (ridicolo, tutto sul cittadino: si deve ricordare e se non si ricorda c´e´ la mora).
    Per un ulteriore valutazione basta visitare i vari siti web della PA, Úniversita´, etc.

  2. Belzebu'

    Affidate la Progettazione Direzione dei Lavori, Calcolo delle Strutture ai liberi professionisti con partita iva, se volete risultati concreti in tempi certi.
    Pagamento fatture a lavoro eseguito e collaudato funzionante.
    Si eliminerebbero molti costi inutili, corruzione pubblica, abuso di assunzione di personale amico non preparato.
    Non si conoscono i percorsi obbigatori della formazione.
    Per preparare un ingegnere strutturista calcolatore di strutture o anche un architetto progettista occorrono, post laurea, 10 anni di pratica di lavoro professionale vero.
    Non quello dei controllori delle domande in bollo, se presentate in tempo, delle scartoffie inutili, dei giudizi immorali su progetti che spesso, nel pubblico, non sanno fare.
    La laurea triennale non garantisce competenza in queste materie, anche se spesso diventano dirigenti pubblici superpagati dallo statalismo becero e indecoroso, da paese sottosviluppato, che ha rovinato il paese.

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