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Irpef: se bonus e regimi speciali spingono a lavorare di meno

In media per ogni 100 euro in più guadagnati in un anno, 40 se ne vanno in imposte e contributi, disincentivando spesso l’offerta di lavoro. A parità di reddito si registrano poi grandi differenze. Regime forfettario e bonus Irpef i primi responsabili.

Come cambiano le aliquote marginali effettive

Si parla da qualche tempo di una riforma della tassazione sui redditi personali. Nel delinearla, oltre alle questioni riguardanti l’equità del prelievo, è importante studiare le distorsioni ai comportamenti individuali indotte dal sistema di imposte, contributi e benefici. Particolarmente rilevanti sono quelle che influiscono sull’offerta di lavoro.

In un nostro recente lavoro riportiamo alcune evidenze – basate su BIMic, il modello di microsimulazione della Banca d’Italia – sulle aliquote marginali effettive (Effective Marginal Tax Rates, Emtr) del nostro sistema tax and benefit, che danno una indicazione degli effetti distorsivi della tassazione.

Di fronte a un aumento marginale del reddito da lavoro, le aliquote marginali effettive ne misurano la quota che non viene goduta dal lavoratore per via delle maggiori imposte e contributi e dei benefici sociali persi. In linea di principio, le Emtr dovrebbero essere comprese tra 0 e 1. In pratica, possono anche essere superiori a 1, se di fronte a un incremento del reddito lordo, anziché aumentare, il reddito disponibile diminuisce: tipicamente, questo accade quando la variazione del reddito da lavoro causa il venir meno di una misura assistenziale (come, ad esempio, il reddito di cittadinanza). Le Emtr possono anche essere negative (sebbene non si verifichi spesso), se l’aumento del reddito disponibile è superiore a quello del reddito lordo: generalmente accade quando il maggior reddito da lavoro consente di accedere ad alcuni benefici altrimenti preclusi (ad esempio, il superamento della no-tax area per un lavoratore dipendente è una condizione necessaria per l’accesso al bonus Irpef).

È importante tenere presente che questi indicatori non sono di per sé esaustivi nel misurare gli effetti di disincentivo all’offerta di lavoro causati dall’imposta. Le aliquote marginali effettive infatti forniscono una descrizione di come varia il vincolo di bilancio degli individui a seguito di un maggior guadagno di reddito da lavoro, ma niente ci dicono sulle loro preferenze fra consumo e tempo libero. Comunque sia, le Emtr ci permettono di capire quanto conviene in termini monetari lavorare di più.

Conviene lavorare di più?

Quali sono dunque le aliquote marginali effettive dei lavoratori in Italia? Per la media di tutti i contribuenti con età compresa tra 18 e 64 anni e un reddito da lavoro superiore a 2.500 euro l’anno, su 100 euro aggiuntivi guadagnati sul mercato nel 2019 poco più di 60 restavano a disposizione della famiglia per i consumi: pertanto l’aliquota marginale effettiva media era il 40 per cento. Circa 26 euro erano assorbiti dall’Irpef, 8 euro dai contributi sociali a carico del lavoratore, 2 euro dal venire meno dei benefici assistenziali (compreso il reddito di cittadinanza) e quasi 2 euro dal venire meno del bonus Irpef.

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Al di là della media su tutta la popolazione, è particolarmente interessante analizzare l’andamento delle Emtr e delle sue componenti al crescere del reddito e valutare la loro variabilità per livelli di reddito simili.

La figura 1 è utile per il primo obiettivo, mostrando come variano le aliquote marginali effettive medie per decimi di reddito di lavoro, distinguendo tra le quattro componenti: Emtr dovute all’Irpef, ai contributi previdenziali, ai benefici sociali e al bonus Irpef.

Dalla figura si evince come la media delle Emtr complessive all’interno di ciascun decimo raggiunga livelli ragguardevoli (superiori al 40 per cento) già in corrispondenza di redditi intorno 20 mila euro annui (al quinto e sesto decimo della distribuzione).

L’analisi delle componenti rivela andamenti interessanti. Mentre quella legata all’Irpef cresce all’aumentare del reddito (coerentemente con l’andamento delle aliquote legali), l’effetto dei diversi istituti del sistema tax and benefit crea dei salti nelle Emtr complessive. Ad esempio, nel primo decimo, dove il peso dell’Irpef è ovviamente contenuto, il reddito di cittadinanza, che viene rapidamente meno all’aumentare del reddito, alza sensibilmente la media delle Emtr. Anche il bonus Irpef da 80 euro crea andamenti altalenanti: per i redditi più bassi ha l’effetto di ridurre i disincentivi, perché piccoli incrementi di reddito possono portare alla fruizione del bonus; invece per i redditi medi ha l’effetto opposto, in quanto il beneficio si riduce molto rapidamente all’aumentare del reddito.

Redditi uguali, aliquote diverse

Il secondo spunto di interesse guarda all’eterogeneità che si nasconde all’interno di ogni singolo decimo di reddito da lavoro: per livelli di reddito simili, le aliquote marginali effettive possono essere molto diverse (figura 2). Per i redditi da lavoro relativamente bassi (fino a circa 20 mila euro annui) ci sono molti casi di aliquote marginali effettive intorno al 100 per cento. Si tratta, ad esempio, di lavoratori che vivono in famiglie beneficiarie di misure di sostegno al reddito e che hanno un forte disincentivo a lavorare un po’ di più perché così rischierebbero di perdere in parte o del tutto l’assistenza pubblica. Anche nell’area tra 25 e 30 mila euro ci sono aliquote marginali effettive molto alte (fino all’80 per cento) dovute al rapido venir meno del bonus Irpef di 80 euro all’aumentare del reddito. E su un’ampia fetta di distribuzione (dai redditi bassi a quelli medio-alti), gli autonomi che rispettano i requisiti per l’adesione al “regime forfettario” hanno aliquote marginali effettive molto più basse di altri lavoratori con medesima capacità contributiva.

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Nel complesso, i nostri risultati suggeriscono che l’interazione tra l’imposta e gli altri istituti del sistema tax and benefit rischia di generare salti e discontinuità nelle aliquote marginali effettive al crescere del reddito e di rendere molto eterogeneo il loro livello anche per redditi molto vicini. Entrambi sono aspetti decisivi nel determinare i disincentivi monetari all’offerta di lavoro. In particolare, si dovrebbe intervenire in corrispondenza del settimo e ottavo decimo della distribuzione dei redditi, dove il bonus Irpef ha determinato salti di aliquota marginale molto forti. In aggiunta, una revisione del perimetro di applicazione del “regime forfettario” contribuirebbe a ridurre le disomogeneità di trattamento tra redditi simili. L’annunciata riforma dell’imposizione sui redditi appare essere una buona occasione per affrontare queste questioni.

Figura 1 – Media delle aliquote marginali effettive per decili di reddito da lavoro (punti percentuali e migliaia di euro)

Fonte: BIMic.
Nota: il grafico rappresenta la media delle aliquote marginali effettive per tutti gli individui con età compresa tra 18 e 64 anni e con un reddito da lavoro superiore a 2.500 euro l’anno. Le cifre riportate sull’asse orizzontale rappresentano il reddito da lavoro minimo (in migliaia di euro) del decile corrispondente.

Figura 2 – Aliquote marginali effettive

Fonte: BIMic.
Nota: I punti nel grafico rappresentano le aliquote marginali effettive di ciascun individuo nel campione con età compresa tra 18 e 64 anni e con un reddito da lavoro superiore a 2.500 euro l’anno.

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  1. Enrico D'Elia

    Il lavoro mostra l’urgenza di una riforma coerente del sistema di tax benefit in cui le parole bonus e regimi speciali siano banditi per sempre. Sarebbe interessante verificare se il muro dei 25-30 mila euro abbia effettivamente frenato l’offerta di lavoro, ma per farlo sarebbe necessaria una base dati con le singole storie reddituali, che per il momento è a disposizione solo dell’Inps e dell’Agenzia delle Entrate. Paradossalmente il muro dei bonus potrebbe aver stimolato parecchi contribuenti a lavorare e guadagnare molto di più per scavalcare la fatidica soglia dei 25-30 mila euro l’anno. Per i lavoratori dipendenti questo salto “quantistico” richiede un passaggio di qualifica. Per gli autonomi sono necessari (difficili) cambiamenti radicali nella scala del proprio business. Durante una recessione, inoltre, le soglie fiscali possono aver attenuato le perdite di reddito disponibile.

  2. Roberto

    Il bonus Irpef avrà tanti difetti, ma ha contributo a ripristinare l’equità fra i dipendenti ed i redditi di impresa in contabilità semplificata e lavoro autonomo. Infatti i secondi, a differenza dei primi, determinano il reddito al netto delle spese ma entrambi godono di detrazioni specifiche: per un reddito di € 20.000 i dipendenti hanno una detrazione Irpef di € 1.338 solo se lavorano tutto l’anno mentre i secondi hanno una detrazione Irpef di € 769 a prescindere da quanto hanno lavorato nell’anno fiscale cioè fra le due categorie c’è una differenza al massimo di € 569 ma i dipendenti hanno il reddito tassato al lordo delle spese di produzione dello stesso.
    In altri termini non si comprende le ragioni di far godere di una detrazione soggetti che già determinano il reddito al netto delle spese, tanto più che il reddito dichiarato potrebbe essere inferiore a quello reale perché vi sono agevolazioni fiscali come il superammortamento e le deduzioni forfetarie come gli € 48 giornalieri degli autotrasportatori.

  3. Paolo Palazzi

    Non è un male che chi ha già un reddito elevato sia incentivato a lavorare di meno.

  4. Da alcuni anni si discute di riformare la tassazione dei redditi, stante i molteplici interventi asistematici effettuati dai diversi governi. Le proposte sono le più diverse, finanche la c.d. “cash-flow tax”, ossia l’imposta sul flusso di cassa (mensile o trimestrale) per il popolo delle partite IVA.
    Niente di più sbagliato. Continuare a dividere le basi imponibili, le imposte sostitutive e/o i regimi forfetari/speciali, hanno reso l’attuale IRPEF una imposta sul reddito per pochi soggetti. Ossia il contrario della sua natura (almeno iniziale). Ebbene se la riforma davvero si vuole e si deve fare, questa deve essere improntata all’equità e alla semplicità. In altre parole, devono essere abrogati tutti o quasi i regimi cedolari e similari; eliminate tutte le tax expenditures con la sola esclusione dei contributi previdenziali (obbligatori e facoltativi), A questo punto la somma dei redditi dovrà scontare delle aliquote giuste e non vessatorie per chi dal proprio lavoro deve vivere e offrire anche posti di lavoro. In definitiva, rimanendo sul pezzo degli autori, il lavoro non deve essere penalizzato ma incentivato e/o gratificato.

  5. Robert

    Con reddito di 30mila lordi qui al nord una famiglia fa la fame. Una flat tax già farebbe pagare imposte proporzionalmente e l aumento della progressività con gli scaglioni ha talmente appiattito i redditi da rendere sconveniente lavorare di più, laurearsi, di investire in azienda per aumentare il fatturato. Lo stato frena l iniziativa.

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